a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 1/2020)
ANNO A - 12 gennaio 2020
Battesimo del Signore
Isaia 42,1-4.6-7 • Salmo 28 • Atti 10,34-38 • Matteo 3,13-17
(Visualizza i brani delle Letture)
Battesimo del Signore
Isaia 42,1-4.6-7 • Salmo 28 • Atti 10,34-38 • Matteo 3,13-17
(Visualizza i brani delle Letture)
ADEMPIERE OGNI GIUSTIZIA
Abbiamo appena celebrato Natale dove al centro c'è Gesù bambino e, improvvisamente, ce lo troviamo davanti come un uomo maturo. È già passato tutto il tempo della formazione, è finito anche il tempo delle decisioni, scelte importanti, determinanti. Com'è passato questo tempo? Dove ha speso gli anni della sua giovinezza? Dove ha studiato le Scritture? Non lo sappiamo. I Vangeli non dicono nulla. Sappiamo però che, molto probabilmente, Giovanni il Battista lo aveva conosciuto, qualcuno dice addirittura che possa essere stato il suo maestro e, proprio per questa conoscenza che ha di lui, per la coscienza della sua rettitudine non vorrebbe battezzarlo: Gesù non ha bisogno di conversione.
Eppure, Gesù chiede a Giovanni di ricevere il battesimo, mettendosi in fila con tutti i peccatori che vogliono tornare a Dio. Il primo evento pubblico di Gesù adulto, la sua presentazione a Israele, è qui, in questa ma di peccatori dove mostra il suo abbassamento totale, la rinuncia alle sue prerogative divine. Per Gesù il battesimo non significa morire a un passato di ingiustizia e di peccato quanto piuttosto l'accettare la morte futura, perché è così che può realizzare fino in fondo il suo cammino di fedeltà.
Anche Giovanni fa parte di questo cammino: entrambi devono «adempiere ogni giustizia», cioè corrispondere alla volontà di Dio, anche quando la fedeltà a questo progetto diventa difficile da interpretare. Queste parole sono le prime che Gesù pronuncia nel vangelo secondo Matteo, e quindi è come se fossero la sua presentazione. In queste parole c'è l'annuncio del suo progetto di vita, il segno della sua dedizione alla missione che gli è stata affidata. Giovanni si adegua a queste parole, anche lui decide di compiere ciò che è giusto e immerge Gesù nel Giordano. Subito dopo il compimento di questa giustizia si aprono i cieli e scende su Gesù lo Spirito che si libra come una colomba. Il segno è accompagnato da una voce che proclama: «Questi è il mio Figlio, l'amato...».
Il figlio, ogni figlio ha il patrimonio genetico dei genitori, un patrimonio che non lo determina ma è un punto di partenza importante. Giovanni Vannucci diceva che «l'uomo è l'unico animale che ha Dio nel sangue», cioè che ha il Dna di Dio, è generato da Dio. Essere figlio significa essere come il Padre. E questo Figlio è amato. Sembra ovvio, Ma l'amore ha bisogno di essere detto. E un amore che gioca d'anticipo, che avvolge da subito a prescindere da tutto: un neonato non risponde all'amore, non merita amore, è egoista e ingrato, eppure la madre lo ama, prima di tutto e al di là di tutto. Gesù sente questo amore su di sé, e la sua capacità di vivere da figlio nasce proprio da questo amore che sente in sé e che trasmette a noi.
La voce di Dio dice anche che in questo Figlio ha posto il suo compiacimento, cioè che si lascia avvolgere dalla gioia di questa relazione. Dio si compiace del Figlio e la gioia del Padre incoraggia, stimola, accompagna. Ma Dio, da buon Padre, non fa differenza di persone - ci ricorda Pietro -, ma si compiace di tutti i figli che lo temono e praticano la giustizia, cioè che cercano la sua volontà, la relazione con lui. Di coloro che sentono il suo amore su di loro e restano in questo amore cercando la giustizia, sperando in Dio e non in loro stessi, nella sua misericordia e non nelle proprie giustificazioni.
--------------------
torna su
torna all'indice
home
torna su
torna all'indice
home