Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.
ANNO A - V Domenica del Tempo Ordinario
DOMENICA «DELLA LUCE DEL MONDO E DEL SALE SULLA TERRA»
Isaia 58,7-10 • Salmo 111 • 1 Corinzi 2,1-5 • Matteo 5,13-16
(Visualizza i brani delle Letture)
1. Incontro alla luce, (Sofronio, Discorso sulla Purificazione, 6,7)
2. La lucerna sul candelabro (Massimo il Confessore, Quesito 63 a Talassio)
3. La preghiera è la luce dell'anima (Giovanni Crisostomo, Omelia 6, sulla preghiera)
4. La lampada non risplende per se stessa, ma per coloro che sono nelle tenebre (Giovanni Crisostomo, dalle «Omelie su alcuni passi del Nuovo Testamento»)
5. Il sale della terra (Giovanni Crisostomo, In Matth. 15, 6 s.)
6. La ricchezza di doti, segno della vocazione alla predicazione (Gregorio Magno, Regula pastor. 1, 5-6)
7. Dar gloria a Dio con la condotta della vita (Giovanni Crisostomo, In Matth. 43, 5)
8. La via della luce e la via delle tenebre (Lettera di Barnaba, 18-21)
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1. Incontro alla luce
Corriamo tutti incontro a Cristo, noi che tanto sinceramente e profondamente adoriamo il suo mistero; mettiamoci in cammino verso di lui pieni di gioia... Portiamo con noi anche dei ceri accesi, come simbolo dello splendore divino di colui che viene. Grazie a lui tutta la creazione risplende, anzi, viene inondata da una luce eterna che disperde le tenebre del male. Ma i ceri accesi saranno soprattutto il simbolo dello splendore interiore con cui dobbiamo prepararci all'incontro con Cristo. Come infatti la madre di Dio, vergine purissima, portò tra le sue braccia la vera luce offrendola a coloro che si trovavano nelle tenebre, così anche noi, tenendo fra le mani quella luce visibile a tutti e illuminati dal suo splendore, affrettiamoci incontro a colui che è la vera luce. Sì, la luce è venuta nel mondo mentre esso era avvolto nelle tenebre, e lo ha rischiarato con il suo splendore; colui che sorge dall'alto ci ha visitati per illuminarci mentre sedevamo nelle tenebre (cf. Lc 1,78-79). Questo è il nostro mistero. Per questo camminiamo, corriamo verso Cristo, tenendo in mano dei ceri accesi: essi sono insieme simbolo della luce che è Cristo e anticipazione dello splendore di cui saremo nei stessi penetrati per opera sua.
Corriamo dunque insieme, corriamo tutti verso Dio: se cediamo alla pigrizia, egli ci potrebbe accusare o di essere ingrati o addirittura di disprezzarlo, che sarebbe peccato ancor più grave. Ascoltiamo le parole rivolte dal Signore stesso agli ebrei che, immersi nelle tenebre, fuggivano la luce: La luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato più la tenebra che la luce, perché le loro opere erano malvagie (Gv 3,19). La volontà di male infatti oscura l'anima e le impedisce di vedere la luce. Il Vangelo dice ancora: La luce risplende nella tenebra e la tenebra non l'ha compresa (Gv 1,5).
La luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo è dunque venuta. Offriamoci tutti ad essa, fratelli, lasciamocene penetrare. Nessuno si escluda dal suo splendore, nessuno rimanga immerso nelle tenebre. Andiamo invece tutti insieme verso Cristo, lasciandoci investire dal suo splendore; riceviamo con il vecchio Simeone questa eterna luce vivente. Con lui esultiamo di gioia e cantiamo un inno di ringraziamento a Dio, Padre della luce, che ci ha mandato la luce vera per trarci fuori dalle tenebre e renderci luminosi. A lui appartiene la salvezza: egli l'ha preparata di fronte a tutti i popoli e l'ha manifestata per noi, suo popolo e nuovo Israele (cf. Lc 2,31-32}). Anche noi, in lui, abbiamo visto, e siamo stati immediatamente liberati dalle tenebre del nostro antico peccato, come Simeone, dopo aver visto Cristo, fu liberato dai vincoli della vita terrena.
(Sofronio, Discorso sulla Purificazione, 6,7)
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2. La lucerna sul candelabro
La lampada posta sul candelabro è la vera luce del Padre, quella che illumina ogni uomo che viene nel mondo: il nostro Signore Gesù Cristo, che prendendo la nostra carne, s'è fatto e s'è chiamato lampada. Colui cioè che è per natura Sapienza e Parola del Padre; colui che nella Chiesa di Dio è proclamato dalla fede; colui che è esaltato e fatto risplendere tra i popoli con una vita virtuosa grazie all'osservanza dei comandamenti, e che brilla per tutti quelli che sono nella casa, cioè in questo mondo. Così infatti afferma lo stesso Dio e Verbo: Nessuno accende una lucerna e la mette sotto il moggio, ma sul candelabro, dove brilla per tutti quelli che sono nella casa (Mt 5,15). Egli chiama evidentemente se stesso lucerna, in quanto è Dio per natura e s'è fatto carne secondo l'economia della salvezza... Credo che anche il grande Davide pensasse a questo quando chiamò lucerna il Signore, dicendo: Lucerna per i miei piedi è la tua legge, e luce sui miei sentieri (Sal 118,105). Il mio Salvatore e mio Dio è liberatore dalle tenebre dell'ignoranza e del vizio: è per questo che anche dalla Scrittura è stato detto lucerna. Lui solo, dissipando quale lucerna la caligine dell'ignoranza e le tenebre del peccato, si è fatto per tutti cammino di salvezza. Mediante la virtù e la conoscenza, egli porta al Padre quelli che vogliono percorrere questa via di giustizia con l'osservanza dei comandamenti di Dio. Quanto al candelabro, è la santa Chiesa. Basata sulla sua predicazione, la parola di Dio splende e illumina con lo sfavillio della verità tutti quelli che si trovano in questo mondo, come fossero in una casa, riempiendo le menti di tutti della conoscenza di Dio...
La Parola non vuole in nessun modo essere tenuta sotto il moggio: essa vuole essere posta ben in alto, dove più sublime è la bellezza della Chiesa. Tenuta infatti sotto la lettera della Legge come sotto un moggio, la Parola lasciò tutti privi della luce eterna, senza dare la contemplazione spirituale a quanti cercavano di svestirsi del senso ingannevole, capace soltanto d'illusione, atto a percepire solo le cose corruttibili. Ma posta sul candelabro che è la Chiesa, cioè sul culto razionale nello Spirito, essa illumina tutti... Perché la lettera, se non è compresa spiritualmente, ha solo il senso limitato della sua espressione, e non permette alla forza di quello che è stato scritto di aprirsi una strada verso l'intelligenza...
Se accendiamo dunque la lucerna, cioè la Parola luminosa della conoscenza, con la contemplazione e con l'azione, non mettiamola sotto il moggio, al fine di non essere condannati per aver circoscritto entro la lettera l'incomprensibile forza della Sapienza. Mettiamola piuttosto sopra il candelabro, cioè sulla santa Chiesa, sulla sommità della vera contemplazione, perché possa far risplendere su tutti la luce della divina verità.
(Massimo il Confessore, Quesito 63 a Talassio)
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3. La preghiera è la luce dell'anima
Il bene supremo è la preghiera, il rapporto intimo di amicizia con Dio: essa è comunione con Dio, e ci rende una sola cosa con lui. Come gli occhi del corpo sono illuminati dalla luce, così l'anima che è tutta tesa verso Dio viene investita e penetrata dalla sua ineffabile luce. La preghiera non è un atteggiamento esteriore, ma viene dai cuore, non è limitata a ore o tempi determinati, ma si attua ininterrottamente di giorno e di notte. Non basta infatti dirigere prontamente il pensiero a Dio solo nei momenti dedicati alla preghiera; ma anche quando si è impegnati in altre occupazioni, come l'assistenza ai poveri o altri doveri e opere che arrechino aiuto alle persone, è necessario mettervi dentro il desiderio e la memoria di Dio, perché queste occupazioni, rese gustose col sale dell'amore di Dio, diventino per il Signore un cibo piacevolissimo.
La preghiera è la luce dell'anima, la vera conoscenza di Dio, la mediatrice tra Dio e gli uomini... Con la preghiera l'anima si innalza verso il cielo e si unisce al Signore con un ineffabile abbraccio: come un bambino chiama piangendo sua madre, essa grida verso Dio bramosa del cibo che viene da lui. Esprime i suoi desideri intimi, e riceve doni infinitamente superiori alla natura. La preghiera, con cui ci presentiamo rispettosamente al Signore, è la gioia del cuore e la pace dell'anima...
Mentre il corpo resta sulla terra, la preghiera conduce l'anima alla sorgente celeste e la disseta con quell'acqua che diverrà in lei una fonte zampillante per la vita eterna (cf. Gv 4,14). Essa ci dà la vera sicurezza dei beni futuri e, nella fede, ci fa conoscere meglio il dono di Dio... Quando dico preghiera, non pensare che si tratti di parole. Essa è desiderio di Dio, amore ineffabile che non viene dagli uomini, ma è operato dalla grazia di Dio. L'apostolo dice infatti: Noi non sappiamo pregare come dovremmo, ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti ineffabili (Rm 8,26).
Questa preghiera, quando il Signore la concede a qualcuno, è una ricchezza che nessuno può portar via, è un cibo celeste che sazia l'anima. Colui che l'ha gustata, è posseduto da un desiderio eterno di Dio, simile a un fuoco violento che gli infiamma il cuore. Lascia che si compia in te nella sua pienezza, e, per decorare la tua casa di dolcezza e di umiltà, illuminala con la luce della giustizia, rivestila di buone opere come di una superficie lucente. Al posto dei mosaici, metti la fede e la grandezza d'animo. Per compiere l'edificio, poni ancora la preghiera alla sua sommità. Così la casa che preparerai per il Signore sarà completa: lo potrai dunque accogliere come in una splendida reggia, e ne possederai la gloria, per sua grazia, nel tempio della tua anima.
(Giovanni Crisostomo, Omelia 6, sulla preghiera)
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4. La lampada non risplende per se stessa, ma per coloro che sono nelle tenebre
Quanto dispiacere provo giustamente quando ricordo che nei giorni festivi le assemblee erano simili alle vaste estensioni del mare e che invece ora non si vede qui riunita neppure una minima parte di quella moltitudine! Dove sono in questo momento coloro che nelle solennità sono causa per noi di tanta tristezza? Ne sento la mancanza e mi affliggo per causa loro al pensiero che moltissimi di quelli che erano sulla via della salvezza vanno in perdizione. Quale grande perdita di fratelli dobbiamo subire, quanto esiguo diventa il numero di coloro che conseguono la salvezza; così che la parte più considerevole della Chiesa assume l'aspetto di un corpo morto e inerte.
E che cosa c'entriamo noi? dirà qualcuno. Vi riguarda invece moltissimo, perché non ve ne curate, non li esortate, non li aiutate con il vostro consiglio, non riuscite ad attirarli e quasi a costringerli a venire, e non li richiamate che con grande negligenza. Cristo infatti, quando ci chiamò sale e lievito e luce, volle dimostrare che non dobbiamo essere utili solo a noi stessi, ma a molti altri. Quegli elementi in realtà servono e recano vantaggio agli altri: la lampada non risplende per se stessa, ma per coloro che sono nelle tenebre; e tu sei lampada non per godere da solo della luce, ma per ricondurre chi è smarrito. A che giova la lampada quando non fa luce a chi è nelle tenebre? E a che serve esser cristiano se non si converte nessuno alla virtù?
Allo stesso modo, il sale non purifica soltanto se stesso, ma arresta la corruzione dei corpi e non permette che si dissolvano e periscano. Così anche tu: dal momento che Dio ti ha reso sale spirituale, raccogli e riunisci le membra corrotte, cioè i fratelli negligenti, come pure coloro che si affaticano continuamente in lavori meccanici, di modo che, liberati dall'accidia dello spirito come da una piaga cancrenosa, possano entrare a far parte del corpo della Chiesa. Per questo ti ha definito lievito: esso, benché piccolo, non fermenta se stesso ma tutta la massa, per quanto ingente e immensa.
Così anche voi, benché pochi di numero, siate molti e potenti per la fede e l'amore verso il culto di Dio. Come infatti il lievito non è inerte a causa della sua piccolezza, ma per il calore insito nella sua natura e in forza delle sue proprietà ha il sopravvento sulla massa, così anche voi, se volete, potete ricondurre un numero ben più grande allo stesso fervore e allo stesso amore.
(Giovanni Crisostomo, dalle «Omelie su alcuni passi del Nuovo Testamento»)
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5. Il sale della terra
"Voi siete il sale della terra" (Mt 5,13). Con tali parole egli mostra che era necessario dar loro quei grandi precetti. Dice, in sostanza, che non soltanto per la loro vita personale, ma anche per la salvezza di tutti gli uomini quell'insegnamento verrà affidato a loro. Io non vi mando - sembra dire - come un tempo furono mandati i profeti a due città, o a dieci, o a venti, o a un popolo in particolare, ma vi invio alla terra, al mare, al mondo intero, a questo mondo che vive nella corruzione. Dicendo: «Voi siete il sale della terra», fa capire che la sostanza degli uomini è stata resa insipida e corrotta dai peccati. Per questo egli esige soprattutto dai suoi apostoli quelle virtù che sono necessarie e utili per convertire molti. Quando un uomo è mansueto, umile, misericordioso e giusto, non tiene chiuse in sé simili virtù, ma fa sì che queste eccellenti sorgenti, scaturite dalla sua anima, si diffondano a vantaggio degli altri uomini. Inoltre chi ha il cuore puro, chi è pacifico, chi subisce persecuzioni a causa della verità, pone la sua vita per il bene di tutti. Non crediate, dunque - è come se dicesse Gesù - che io vi trascini a battaglie occasionali e che sia per ragioni di poco conto che io vi «il sale della terra» . Ma perché allora? Essi hanno forse guarito ciò che era corrotto e putrefatto? No, non è questo che hanno fatto gli apostoli. Il sale non può rimediare alla putrefazione. Gli apostoli, ripeto, non hanno fatto questo. Ma quando la grazia di Dio avrà essi si dimostreranno veramente il «sale della terra», mantenendo e conservando gli uomini in questa nuova vita che hanno ricevuta da Dio.
È opera di Cristo liberare gli uomini dalla corruzione del peccato, ma tocca agli apostoli, con la loro sollecitudine e con i loro sforzi, impedire ad essi di ricadere in quello stato di corruzione. Osservate come, a poco a poco, Gesù manifesta che gli apostoli sono al di sopra dei profeti. Egli non li chiama soltanto dottori della Palestina, ma maestri di «tutta la terra» e maestri severi e terribili. E ciò che è degno di ammirazione è il fatto che essi, senza adulare e senza compiacere gli uomini, ma, al contrario, comportandosi come fa il sale, si sono fatti amare da tutti. Non stupitevi, quindi - sembra continuare Gesù - se, tralasciando gli altri, mi rivolgo in particolare a voi e vi trascino in così grandi rischi. Considerate quante e quali sono le città, i popoli e le genti a cui sto per inviarvi. Perciò, non voglio che vi limitiate ad essere prudenti e sapienti, ma voglio che facciate anche gli altri simili a voi. Quanto devono essere saggi coloro dai quali dipende la salvezza degli altri! Occorre loro una virtù sovrabbondante, in modo da parteciparne i vantaggi anche agli altri uomini. Ebbene se voi non avrete abbastanza virtù per comunicarla anche agli altri - sembra concludere Gesù - non ne avrete neppure abbastanza per voi stessi.
Non lamentatevi, quindi, quasi fosse troppo duro e difficile quanto vi chiedo. Agli altri, infatti, che si trovano nell'errore, sarà possibile la conversione per mezzo vostro. Ma se voi perderete il vostro vigore, perderete voi stessi e gli altri con voi. Quanto più sono importanti i compiti che vi vengono affidati, tanto più dovete dedicarvi agli altri con zelo.
Per questo Gesù dice le parole seguenti: "Ma se il sale diviene insipido, con che gli si renderà il sapore? A null'altro più è buono che ad essere buttato via perché sia calpestato dagli uomini" (Mt 5,13). Quando gli altri uomini ricadranno in mille colpe, essi potranno ottenerne il perdono. Ma se il maestro stesso diventa colpevole, niente potrà scusarlo e la sua colpa sarà punita con estrema giustizia. Nel timore che gli apostoli, sentendo dire che il mondo li avrebbe coperti di ingiurie che li avrebbe perseguitati e che avrebbe detto di loro tutto il male possibile avessero avuto paura di farsi avanti e di mettersi in mezzo a parlare alla gente, Gesù dichiarò apertamente che, se essi non erano pronti ad affrontare questo, invano li aveva scelti. Voi non dovete temere - sembra dire - di essere calunniati; dovete piuttosto temere di apparire adulatori, perché allora diverreste un sale insipido, «a null'altro buono che ad essere buttato via, perché sia calpestato dagli uomini». Ma, se voi conservate tutta la vostra sapidità di fronte alla corruzione, e se allora la gente dirà male di voi, rallegratevi perché questo è l'effetto che fa il sale, che morde e punge le piaghe. Le maledizioni degli uomini vi seguiranno inevitabilmente; ma, lungi dal procurarvi del male, esse testimonieranno la vostra fermezza. Se, invece, il timore delle calunnie vi farà perdere il vigore che vi è indispensabile, allora patirete conseguenze ben peggiori e sarete coperti dalle ingiurie e dal disprezzo di tutti: questo significano le parole «calpestato dagli uomini».
Subito dopo il Salvatore passa a un paragone ancor più elevato: "Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,14), - egli dice. Non li chiama soltanto luce di una gente o di venti città, ma «luce del mondo», di tutta la terra, e luce intellegibile, più splendente dei raggi del sole, come anche il sale, di cui ha appena parlato, è un sale del tutto spirituale. Parla dapprima del sale, e dopo della luce, per mostrare quale vantaggio proviene da parole aspre come il sale e quale utile effetto deriva da una dottrina severa, che consolida le anime e non permette che si rilassino e si corrompano, ma le eleva e le conduce come per mano sulla strada della virtù.
"Non può una città che sia posta sopra un monte restar nascosta; né si accende una lucerna per porla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere e così essa fa lume a quanti sono in casa" (Mt 5,14-15). Gesù Cristo stimola ancora una volta con queste parole i suoi apostoli a vigilare sulla loro condotta, avvertendoli di stare sempre sul chi vive, poiché sono esposti agli occhi di tutti gli uomini e combattono in un'arena elevata nel mezzo della terra. Non fermatevi - egli dice - a considerare dove noi ora ci troviamo seduti e che noi, qui, siamo in un piccolo angolo del mondo. Voi sarete al cospetto di tutti gli uomini, così come lo è una città posta in cima a una montagna o una lampada che splenda su un candelabro in una casa...
"Risplenda allo stesso modo la vostra luce agli occhi degli uomini, affinché vedendo le vostre buone opere diano gloria al Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,16). Io, infatti - sembra dire Gesù - ho acceso la luce perché essa continui ad ardere; voi dovete essere vigilanti e pieni di zelo non solo per voi, ma anche per quelli che hanno ottenuto questa stessa legge e sono stati condotti alla verità. Le calunnie non potranno oscurare il vostro splendore, se voi vivrete con perfezione e in modo da convertire tutti gli uomini. La vostra vita sia degna della grazia e della verità che avete ricevuto: e, come questa va predicata ovunque, così anche la vostra vita vada di pari passo con essa. Ma, oltre la salvezza degli uomini, Gesù mette in risalto un altro effetto, valido a mantenerli vigilanti nel combattimento e a stimolarne tutto lo zelo. Non solo, infatti, convertirete tutto il mondo - egli aggiunge - vivendo in questo modo nuovo, ma procurerete la gloria di Dio. Se invece voi agirete diversamente, sarete colpevoli della perdizione degli uomini e del fatto che il nome di Dio sarà disonorato dai bestemmiatori.
(Giovanni Crisostomo, In Matth. 15, 6 s.)
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6. La ricchezza di doti, segno della vocazione alla predicazione
Vi sono non pochi che hanno ricevuto doni esimi di virtù e per i loro grandi doni eccellono nella guida degli altri: sono puri per la cura della castità, sono forti per l'impegno nell'astinenza, nutriti di dottrina spirituale, umili per pazienza longanime, elevati per forza di autorità, benigni per pietosa indulgenza, rigidi per giusta severità. Se dunque costoro, chiamati ad assumersi il sommo governo pastorale, se ne sottraggono, privano per lo più se stessi di quei doni che hanno ricevuto non solo per sé, ma anche per gli altri. Pensando al proprio guadagno e non al bene altrui, si privano dei beni che vogliono godere essi soli. Per questo la Verità dice ai suoi discepoli: "Non si può nascondere una città posta sul monte, né accendere la lucerna e porla sotto il moggio, ma sopra il candelabro, affinché risplenda a tutti coloro che sono nella casa" (Mt 5,14s). Per questo disse a Pietro: "Simone di Giovanni, mi ami?" E questi, avendo subito risposto di amarlo, si sentì dire: "Se mi ami, pasci le mie pecore" (Gv 21,16). Se dunque la cura pastorale è testimonianza di amore, chiunque, pur ricco di virtù, rifiuta di pascolare il gregge di Dio, mostra di non amare il suo pastore. Per questo Paolo dice: "Se Cristo è morto per tutti, sono dunque morti tutti; e se egli è morto per tutti, quelli che vivono non devono vivere più per loro stessi, ma per colui che è morto ed è risuscitato per loro" (2Cor 5,14s).
Vi sono dunque non pochi che, arricchiti di grandi doni, come abbiamo detto, ardendo solo di amore per la contemplazione, ricusano di procurare utilità al prossimo con la predicazione: preferiscono la quiete indisturbata, il ritiro in meditazione. Se costoro vengono giudicati con rigore, senza dubbio sono tanto colpevoli, quanto avrebbero potuto giovare agendo in pubblico. E con quale giustificazione colui che potrebbe segnalarsi per il bene al prossimo antepone il proprio ritiro all'utilità degli altri, quando lo stesso Unigenito del sommo Padre per giovare a molti uscì dal seno del Padre e venne in mezzo a noi? E vi sono non pochi che se ne sottraggono solo per umiltà, perché non vogliono venir preposti a coloro di cui si stimano inferiori. Certo la loro umiltà se è circondata anche dalle altre virtù, è vera agli occhi di Dio, purché non sia pertinace nel rifiutare il peso cui vien loro comandato di sobbarcarsi per l'utilità altrui. Non è infatti veramente umile chi comprende che la volontà di Dio gli impone di comandare, ed egli tuttavia si rifiuta. Ma, soggetto alle divine disposizioni, libero dal male dell'ostinazione, quando gli viene imposto il governo pastorale supremo, se è stato già arricchito di doni con cui giovare agli altri, deve pur contro la sua volontà obbedire.
(Gregorio Magno, Regula pastor. 1, 5-6)
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7. Dar gloria a Dio con la condotta della vita
Iniziamo, dunque, una vita nuova. Facciamo della terra cielo e così mostreremo a coloro che non credono di quali grandi beni essi son privi. Quando infatti vedranno la nostra vita e la nostra comunità bella e armoniosa, essi avranno la visione stessa del regno dei cieli. Quando ci vedranno modesti, senz'ira, puri di ogni cattivo desiderio, privi d'invidia, esenti d'avarizia, e attivi in tutte le virtù, diranno: Se i cristiani sono angeli in questa vita, che cosa saranno dopo la morte? Se qui, dove sono pellegrini, risplendono in tal modo, che diverranno quando giungeranno nella loro patria? E così anche i pagani diverranno migliori e la predicazione della religione si diffonderà non meno che al tempo degli apostoli. Dodici uomini poterono allora convertire città e regioni intere: se tutti noi faremo della perfezione della nostra vita un insegnamento, pensate fin dove potrà diffondersi la nostra religione. Un pagano, infatti, non è così attratto dal vedere un morto che risuscita quanto dal contemplare un uomo che vive virtuosamente. Di fronte a quel prodigio rimarrà, sì, sorpreso, ma la vita virtuosa di un cristiano gli porterà vantaggio. Il prodigio avviene e passa, ma la vita cristiana resta, e continuamente edifica e fa crescere la sua anima.
Vigiliamo dunque su noi stessi per avvantaggiare anche gli altri. Non vi dico niente di troppo duro e pesante. Non vi proibisco di sposarvi, non vi ordino di abbandonare le città e di lasciare gli impegni politici e civili. No, rimanendo dove ora vivete e nelle funzioni attualmente esercitate, mettete in atto la virtù. A dire il vero io preferirei che per la perfezione della loro vita brillassero coloro che vivono nelle città, piuttosto che quelli che si sono ritirati a vivere sulle montagne. Per qual motivo? Perché da questo fatto potrebbe derivare un grande vantaggio. "Nessuno", infatti, "accende una lampada per metterla sotto il moggio" (Mt 5,15). Per questo io voglio che tutte le lampade siano sopra il candelabro, in modo che si diffonda una grande luce. Accendiamo, dunque, questo fuoco e facciamo che quanti si trovano seduti nelle tenebre siano liberati dall'errore. E tu non venire a dirmi: Ho impegni, moglie e figli; devo occuparmi della casa, e non posso fare ciò che tu dici. Io ti assicuro che se tu fossi libero da tutti questi impegni, ma rimanessi nella stessa apatia in cui ora giaci, tutto ugualmente svanirebbe. Se al contrario, pur con tutti questi impegni, tu fossi pieno di fervore, riusciresti a praticare la virtù. Una sola cosa è richiesta: la disposizione di un'anima generosa. Allora, né l'età, né la miseria, né la ricchezza, né la mole degli affari e delle occupazioni, né qualunque altra cosa vi impedirà di essere virtuosi. E in verità si son visti vecchi e giovani, coniugati e padri di famiglia, operai, artigiani, professionisti e soldati che hanno messo in pratica i comandi di Dio.
Daniele, infatti, era giovane, Giuseppe era schiavo, Aquila esercitava un lavoro manuale, Lidia, venditrice di porpora, dirigeva un laboratorio, uno era carceriere, un altro un centurione, come Cornelio; uno era quasi sempre ammalato, come Timoteo, e un altro ancora era uno schiavo fuggiasco, come Onesimo. E tuttavia, queste diverse condizioni non furono di ostacolo a nessuno di essi; anzi, tutti rifulsero per la santità della loro vita: uomini e donne, giovani e vecchi, schiavi e liberi, soldati e privati cittadini.
Non adduciamo dunque vani pretesti, ma cerchiamo di avere la più decisa e ferma volontà. Qualunque sia il nostro stato e le nostre condizioni sociali, disponiamoci con tutto il nostro essere a praticare la virtù e così otterremo un giorno i beni celesti, per la grazia e l'amore di nostro Signore Gesù Cristo.
(Giovanni Crisostomo, In Matth. 43, 5)
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8. La via della luce e la via delle tenebre
Due sono le vie della dottrina e della potestà; una della luce, l'altra delle tenebre. Grande è la differenza tra le due vie. All'una sono preposti angeli di Dio portatori di luce, all'altra angeli di Satana. E quegli è il Signore dei secoli nei secoli, questi il principe di questo tempo iniquo.
Questa è la via della luce. Se qualcuno vuol percorrerla fino al luogo prestabilito, vi si impegni con le sue opere. E questa è la conoscenza a noi concessa per camminare su di essa: ama chi ti ha creato, abbi timore di chi ti ha plasmato, onora chi ti ha liberato dalla morte. Sii semplice di cuore e ricco di spirito. Non unirti a quelli che camminano nella via della morte. Abbi orrore di compiere ciò che non piace a Dio e odia ogni ipocrisia. Non abbandonare i precetti del Signore. Non esaltare te stesso, ma abbi di te bassa stima e non darti gloria da solo. Non prendere decisioni cattive contro il tuo prossimo. Non abbandonare la tua anima all'impudenza. Non commettere fornicazione, adulterio o pederastia. Non esca dalla tua bocca la parola di Dio di fronte all'impurità altrui. Non aver riguardo alla persona quando redarguisci qualcuno per i suoi errori. Sii mansueto, sii quieto e abbi timore delle parole che hai udito. Non serbare rancore a tuo fratello. Non titubare se le promesse si adempiranno o no. Non nominare invano il nome del Signore.
Ama il tuo prossimo più dell'anima tua. Non uccidere la prole con l'aborto e non toglierla di mezzo appena nata. Non distogliere la tua mano da tuo figlio o da tua figlia, ma insegnagli dalla fanciullezza il timore di Dio. Non essere bramoso dei beni del tuo prossimo e non essere avaro. Non unirti interiormente ai superbi, ma sii del numero dei giusti e degli umili. Accetta come beni le molestie che ti sopraggiungono e sappi che nulla avviene senza il volere di Dio. Non essere doppio nel pensare, né nel parlare, perché la doppiezza è un cappio della morte. Assoggettati ai padroni con rispetto e timore come immagini di Dio. Non essere amaro quando comandi alla tua ancella o al tuo schiavo che, come te, sperano nel medesimo Signore, altrimenti non dimostri timore di Dio, che su di voi due domina. Egli è venuto a chiamare non considerando le persone, ma l'intima preparazione dello Spirito Santo. Di tutto rendi partecipe il tuo prossimo e non considerare nulla come tuo proprio: infatti se avete in comune i beni incorruttibili, quanto più quelli corruttibili! Non essere linguacciuto, perché la lingua è un cappio della morte.
Per quanto ti è possibile, conservati puro nell'anima tua. Non allungare la tua mano per ricevere né ritrarla per non dare. Ama come la pupilla del tuo occhio tutti coloro che ti annunciano la parola di Dio. Tieni presente alla memoria, notte e giorno, il dì del giudizio. Ricerca ogni giorno il volto dei santi [cristiani] e pondera i loro discorsi; affrettati ad esortarli e rifletti come salvare un'anima con le tue parole. Lavora anche con le tue mani, per liberarti dai peccati. Non riflettere a donare, e non mormorare quando dai. Da' a chiunque ti chiede e saprai chi è colui che dà la bella mercede. Custodisci ciò che hai ricevuto, nulla aggiungendogli e nulla togliendogli. Odia in eterno il male. Giudica con giustizia. Non provocare scissioni, ma sii operatore di pace consigliando i contendenti. Confessa i tuoi peccati. Non metterti in preghiera con la coscienza cattiva. Questa è la via della luce.
La via delle tenebre è tortuosa e piena di maledizione. E' infatti la via della morte eterna, la via del castigo. In essa vi è tutto ciò che rovina l'anima: idolatria, sfrontatezza, esaltazione per il potere, simulazione, doppiezza di cuore, adulterio, omicidio, rapina, superbia, inganno, scaltrezza, malvagità, arroganza, veneficio, magia, avarizia, mancanza di timor di Dio. Perseguitano i buoni, odiano la verità, amano la menzogna, non conoscono il premio della giustizia, non si attaccano al bene, non si accostano alla vedova e all'orfano né fanno per loro giusto giudizio, non si curano del timor di Dio, ma del male, sono lontani assai dalla mitezza e dalla pazienza, amano le vanità, cercano le ricompense, non hanno pietà del misero, non si danno da fare per chi soffre, sono pronti al pettegolezzo, non riconoscono colui che li ha creati, uccidono gli infanti, mandano in rovina, con l'aborto, le creature di Dio, aborriscono il bisognoso, opprimono l'afflitto, difendono il ricco, giudicano ingiustamente il povero, commettono ogni peccato.
È bene dunque che chi ha imparato tutti i precetti del Signore che vi ho scritti, cammini in essi. Chi fa così, sarà glorificato nel regno di Dio; chi sceglie le altre opere, con le sue opere andrà in rovina. Per questo vi è la risurrezione, per questo vi è la retribuzione. Scongiuro voi, o superiori, se volete accettare da me un consiglio intelligente: avete sotto di voi coloro che potete beneficare: non rinunciatevi! È vicino il giorno in cui, con il male, tutto andrà in rovina. È vicino il Signore e la sua mercede. Vi supplico e ancora vi supplico: siate buoni legislatori da voi stessi. Restate consiglieri fedeli di voi stessi, liberate voi stessi da ogni ipocrisia.
E Dio, dominatore di tutto il mondo, vi doni sapienza, comprensione, intelligenza, conoscenza dei suoi precetti e perseveranza. Siate edotti da Dio, ricercate ciò che Dio da voi richiede, e poi fatelo, per ottenere la salvezza nel giorno del giudizio. E se vi è in voi il ricordo del bene ricevuto, ricordatevi di me meditando tutto ciò, perché il mio desiderio, la mia sollecitudine giunga a ottenere un po' di bene. Ve ne prego, vi chiedo questa ricompensa. Fino a quando il bel vaso del corpo è con voi, non venite meno a nessuno dei vostri doveri, ma cercate ad ogni istante di adempiere tutti i precetti: ne sono ben degni. Per questo mi sono tanto preoccupato di scrivervi per allietarvi, in quanto ho potuto. State bene, o figli d'amore e di pace. Il Signore della gloria e di ogni grazia sia con il vostro spirito.
(Lettera di Barnaba, 18-21)
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