Tempo ordinario (A) [2] - 2020

Parola che si fa vita

Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)

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"Parola-sintesi" proposta per ogni domenica,
corredata da un commento e da una testimonianza.


Santissima Trinità (7 giugno 2020)
Dio ha tanto amato il mondo (Gv 3,16)

Corpus Domini (14 giugno 2020)
Io sono il pane vivo disceso dal cielo (Gv 6,51)

12a domenica del tempo ordinario (21 giugno 2020)
Non abbiate paura (Mt 10,31)

13a domenica del tempo ordinario (28 giugno 2020)
Chi accoglie voi accoglie me (Mt 10,40)

14a domenica del tempo ordinario (5 luglio 2020)
Io sono mite e umile di cuore (Mt 11,29)

15a domenica del tempo ordinario (12 luglio 2020)
Il seminatore uscì a seminare (Mt 13,3)

16a domenica del tempo ordinario (19 luglio 2020)
Un uomo ha seminato del buon seme nel suo campo (Mt 13,24)

17a domenica del tempo ordinario (26 luglio 2020)
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto.(Mt 13,44)

18a domenica del tempo ordinario (2 agosto 2020)
Tutti mangiarono a sazietà (Mt 14,20)

19a domenica del tempo ordinario (9 agosto 2020)
Coraggio, sono io, non abbiate paura! (Mt 14,27)

Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2020)
L'anima mia magnifica il Signore (Lc 1,46)

20a domenica del tempo ordinario (16 agosto 2020)
Donna, grande è la tua fede! (Mt 15,28)

21a domenica del tempo ordinario (23 agosto 2020)
Ma voi, chi dite che io sia? (Mt 16,15)

22a domenica del tempo ordinario (30 agosto 2020)
Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso (Mt 16,24)

23a domenica del tempo ordinario (6 settembre 2020)
Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro (Mt 18,20)

24a domenica del tempo ordinario (13 settembre 2020)
Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette (Mt 18,22)

25a domenica del tempo ordinario (20 settembre 2020)
Sei invidioso perché io sono buono? (Mt 20,15)

26a domenica del tempo ordinario (27 settembre 2020)
Ma poi si pentì e vi andò (Mt 21,41)

27a domenica del tempo ordinario (4 ottobre 2020)
C'era un uomo che… piantò una vigna (Mt 21,33)

28a domenica del tempo ordinario (11 ottobre 2020)
Chiamateli alle nozze (Mt 22,9)

29a domenica del tempo ordinario (18 ottobre 2020)
Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio (Mt 22,21)

30a domenica del tempo ordinario (25 ottobre 2020)
Amerai il Signore Dio tuo… e amerai il tuo prossimo (Mt 22,37.39)

Tutti i Santi (1° novembre 2020 - 31a dom. del t. o.)
Beati i poveri in spirito (Mt 5,3)

32a domenica del tempo ordinario (8 novembre 2020)
Ecco lo sposo! Andategli incontro! (Mt 25,6)

33a domenica del tempo ordinario (15 novembre 2020)
Sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto (Mt 25,21)

Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (22 novembre 2020)
L'avete fatto a me (Mt 25,40)



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Santissima Trinità (7 giugno 2020)
Dio ha tanto amato il mondo (Gv 3,16)

Nella festa della SS. Trinità viene proposta alla nostra contemplazione l'immagine stessa di Dio, autore della storia della salvezza e ragione ultima di ogni umano divenire. Liturgicamente viene sottolineato che il nostro Dio è una comunità di persone, profondamente unite nell'amore. Una famiglia affiatata e colma di gioia, che non è rimasta chiusa in se stessa, ma ha voluto effondere il suo amore su tutte le creature.
Nel brano evangelico che ascoltiamo in questa festa possiamo cogliere come Gesù, nell'incontro notturno con Nicodemo, ci inviti a sostituire la Legge con il dono dello Spirito: "Se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio". A Nicodemo, che riconosce la sua incomprensione, Gesù si rivela come "il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo" e proprio perché ha una conoscenza personale di Dio, può rivelare pienamente l'opera divina e il suo progetto. L'amore di Dio per l'umanità è così grande che lo ha portato a donare il suo unico Figlio, perché ogni persona umana possa avere la vita eterna: una vita realizzata, piena e perfetta in ogni sua dimensione.
Noi fin d'ora possiamo raggiungere la pienezza del nostro essere personale, portando a pieno sviluppo le umane potenzialità. È questo il dono dell'amore del Padre. Ogni papà e ogni mamma sono contenti quando i figli raggiungono la pienezza della loro vita. Così anche le tre divine Persone: la loro mutua e perfetta comunione si apre all'umanità incapace di amare e il generoso dono di sé che caratterizza il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo mette ogni persona nella condizione di realizzarsi pienamente come dono agli altri.

Testimonianza di Parola vissuta

ACCOGLIENZA

Nostro figlio Mareck, quindicenne, aveva un compagno di scuola che per il suo comportamento rischiava di essere espulso dall'istituto. Indagando, ci è stato detto che J. aveva genitori alcolizzati.
A questo punto un'idea, suggeritaci dal Vangelo: accoglierlo a casa nostra ed offrirgli il calore di una famiglia che a lui era mancata. Ma prima occorreva che sia Marek che le nostre figlie fossero d'accordo. Pronto il loro consenso. Così abbiamo accolto con gioia il ragazzo.
I primi giorni è emersa qualche difficoltà, del resto prevedibile, ma col tempo la presenza di J. ha stimolato in tutti un'intelligenza nuova nell'amare, nel sopportare, nel prevenire...
Da allora sono trascorsi alcuni anni. Ora J. lavora, è sposato ed ha un bambino. È bello vedere come il suo modo di condurre la famiglia sia pieno d'amore e di attenzione.
Quanto ai nostri figli, si interessano a lui come e più che a un fratello. Insomma, tutta la famiglia ci ha guadagnato.

H. e M. - Polonia

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Corpus Domini (14 giugno 2020)
Io sono il pane vivo disceso dal cielo (Gv 5,51)

La solennità del Corpus Domini oggi diviene l'occasione festosa in cui la Chiesa celebra il trionfo del suo Signore vincitore della morte e Lo ringrazia immensamente per la sua continua e amorevole presenza nel segno del Pane e del Vino, sacramenti del suo Corpo e del suo Sangue.
Il brano evangelico proposto per questa festa è tolto dal capitolo sesto del quarto vangelo. La scena si svolge in coincidenza con la festa di Pasqua ed è ambientata nel deserto; nel segno dell'esodo, che ricorda l'uscita dalla schiavitù d'Egitto verso la terra promessa e il nutrimento miracoloso del popolo. Il discorso di Gesù si apre con un invito deciso: "Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna e che il Figlio dell'Uomo vi darà". Qual è il cibo che rimane per la vita eterna? Poco prima Gesù aveva detto: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera". Dunque è il cibo che offre una vita piena, realizzata è "fare la volontà del Padre", cioè imitare il Figlio.
E nel proseguire il discorso Gesù può aggiungere: "Io sono il pane", cioè io sono la Parola, che dà vita, che nutre. Il pane eucaristico ci ricorda la vita, morte e risurrezione di Gesù, il suo dono per la vita del mondo. Per questo quando ricevo l'Eucaristia, accolgo il pane "disceso dal cielo", accolgo in me Gesù e se lo accolgo con le giuste disposizioni interiori, Egli trasforma la mia vita e la rende simile alla sua: anch'io chiamato ad essere come Lui dono.

Testimonianza di Parola vissuta

IL PORTACHIAVI

Mi trovavo per studi all'estero. Una sera, dopo una festa in un centro culturale, mi accingevo a tornare al collegio fuori città con un taxi. In una piazza chiesi a un tassista il costo del viaggio. Mi sembrò una cifra molto alta: così rinunciai e rimasi ad attendere sperando nel passaggio di qualche bus notturno. Trascorse del tempo, anche per il tassista rimasto ad attendere clienti. Mi ero seduto sul gradino di un grande negozio con la certezza che Dio mi avrebbe aiutato.
Ad un tratto il tassista, forse mosso a pietà, uscì dalla sua auto e mi venne incontro: "Venga, la porterò al collegio gratis". Nel taxi, dando un'occhiata al tassametro, mi resi conto d'aver capito male il prezzo. Era accessibile alle mie tasche, e glielo dissi. L'altro concluse: "Talvolta non capirsi aiuta a compiere qualche gesto di gentilezza: il viaggio resta gratuito". Prima di scendere, cercai qualcosa da regalargli: un portachiavi. Il tassista mi ringraziò con un sorriso: quell'oggetto - disse - gli avrebbe ricordato l'importanza di essere attento agli altri.

T . M. - Repubblica Ceca

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12a domenica del tempo ordinario (21 giugno 2020)
Non abbiate paura (Mt 10,31)

Il nuovo popolo di Dio non è esente da difficoltà e da conflitti; anzi la sua storia è segnata, fin dagli inizi, da rifiuti e da persecuzioni. E così sarà anche nel corso del tempo. Dove trovare senso e forza? La risposta del Vangelo è chiara: Dio sarà la forza del suo popolo. Perciò il Vangelo invita a non aver paura. La persecuzione può trasformarsi in beatitudine. La sofferenza non è la parola ultima. La luce della risurrezione può illuminare anche il dolore.
Gesù nel vangelo di questa domenica esorta tutti quei discepoli che dovranno affrontare sofferenze a non aver paura della loro fede e della testimonianza. Per tre volte il vangelo ripete: "Non abbiate paura". Gesù invita a fidarsi di Dio. Questa parte del vangelo fa parte dell'ultimo tratto del discorso missionario fatto da Gesù e inizia con un invito, rivolto ai discepoli mandati in missione, a non temere.
È il coraggio nella persecuzione, che è il più alto grado di partecipazione alla comunione con il Signore. Poi il coraggio di parlare chiaro, sapendo che il Padre non perde di vista i suoi figli. Infine il coraggio di non avere vergogna di Cristo davanti agli uomini.
E cosa sostiene tale coraggio? La certezza di essere nelle mani del Padre; la certezza che condividere la croce di Cristo significa anche condividere la sua risurrezione; la certezza infine che gli uomini non possono fare nulla per toglierci la vera vita. Essa è preziosa per noi e per Dio, che ce l'ha regalata. Se è preziosa viviamola "alla grande", non barattandola con piccole cose, ma puntando alla meta grande che è per ciascuno: la santità.

Testimonianza di Parola vissuta

DIVORZIO

Era arrivata nel nostro ufficio per sostituire la segretaria ammalata. Simpatizzammo subito. Era sposata e aveva due bambini. Qualche tempo dopo mi confidò che da due mesi aveva fatto domanda di divorzio: una decisione dovuta ad un suo nuovo "legame".
Come cristiana sentii la spinta ad aiutarla e cercai l'occasione per parlarle a fondo: pur comprendendola, le dissi, non ero d'accordo con la sua decisione, soprattutto pensando ai bambini. Violenta la sua reazione, come se un ponte fosse crollato fra noi. Continuai tuttavia a rispettarla come prima.
Più tardi, per un'assenza di entrambe, passarono diverse settimane senza vederci. Al ritorno pranzammo insieme: "Ho molto riflettuto - mi disse -: avevi ragione, il divorzio sarebbe stato uno sbaglio". E mi mise a parte della sua decisione di tornare a vivere con il marito.
Anni dopo, quando già da tempo non lavorava più da noi, incontrai l'amica per strada. Mi abbracciò: "Grazie per quello che mi hai detto quella volta. Sei stata la sola persona che non mi ha spinto a fare un passo di cui mi sarei pentita".

A. M. - Francia

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13a domenica del tempo ordinario (28 giugno 2020)
Chi accoglie voi accoglie me (Mt 10,40)

Il brano evangelico di questa domenica costituisce l'ultima parte del discorso di Gesù sulla missione e riguarda la relazione del discepolo con la sua Persona e di conseguenza quella del discepolo stesso con la sua famiglia di appartenenza.
Seguire il Cristo per l'evangelista Matteo ha queste caratteristiche. Innanzitutto un amore radicale per il Signore, che trasfigura anche le relazioni umane, comprese quelle più sacrosante, come quelle familiari. Seconda caratteristica è il dono totale di sé per Gesù e per i fratelli, espresso nel sapere prendere ogni giorno la propria croce e seguire il Signore lungo la via del Calvario. Infine, una terza caratteristica è l'accoglienza del prossimo in cui si riconosce la stessa persona di Cristo, da amare e soccorrere. Queste tre caratteristiche del seguire il Signore si compenetrano a vicenda, in quanto l'amore esclusivo per il Signore si esprime nel dono di sé e nell'accoglienza dei fratelli. Ed è un amore che può arrivare fino al martirio.
Accogliere: per ben sei volte ritorna questo verbo in poche righe, ad indicare la sua importanza nel contesto del brano evangelico. Accoglienza che non nasce da semplice compassione filantropica o dal buon carattere di una persona sensibile alle necessità altrui. Ma dal riconoscere nel volto del fratello la stessa presenza di Cristo. Gesù invita ad accogliere in particolare due categorie di persone: da un lato i profeti, gli inviati di Dio, dall'altro i piccoli che hanno bisogno anche solo di un bicchiere d'acqua. Un'accoglienza che riconosce Gesù nel fratello, soprattutto nei più piccoli e poveri. Viviamo le opere di misericordia!

Testimonianza di Parola vissuta

SOLIDARIETÀ CONTAGIOSA

Anni fa un'amica assistente sociale ci aveva chiesto di ospitare per una settimana una diciassettenne quasi cieca che per vari motivi non poteva restare nell'istituto né tornare a casa dai suoi.
Dopo averne parlato con i ragazzi, ormai adolescenti, decidemmo di comune accordo per il sì, anche se questa scelta avrebbe comportato sacrifici per ciascuno: la casa era già piccola per 4 figli studenti che aveva bisogno di spazio.
Miriam venne da noi e, aiutata da tutti, si inserì talmente bene da aiutare i ragazzi per il compleanno di uno di loro che ricorreva in quel periodo. Finì che, invece di una sola, le settimane divennero tre. Le ricordiamo come un momento forte di famiglia.
Quella esperienza di accoglienza sarebbe stata efficace anni dopo. Nostra figlia, sposata e madre di due bambine, ha ospitato un bambino disadattato che per Pasqua sarebbe rimasto solo nell'istituto. Un altro nostro figlio, lui pure sposato e con tre bambini, ha accolto per il pranzo di Natale, oltre la suocera, una persona inferma di mente.
La solidarietà è contagiosa.

H. G. - Austria

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14a domenica del tempo ordinario (5 luglio 2020)
Io sono mite e umile di cuore (Mt 11,29)

Il Signore Gesù, in virtù della sua intima comunione con il Padre, è davvero colui che può rivelare al mondo la vita di Dio. Gesù, dopo aver rimproverato le città, perché pur avendo visto le sue azioni straordinarie, non si sono convertite, non hanno cioè riconosciuto in lui la presenza del Messia, cambia tono e le sue parole lasciano trasparire gioia e intima commozione. Il cambiamento è determinato proprio dal fatto che l'attenzione passa da coloro che rifiutano il Cristo a coloro che lo accolgono. E Gesù invita l'umanità a mettersi alla sua scuola. Una scuola che è comunione di vita con lui e alimenta il desiderio di imparare da lui, di averlo cioè come modello. Gesù propone il suo "giogo", che non è una nuova legislazione, ma la sua stessa persona da accogliere e da imitare.
E in particolare Gesù ci propone due sue caratteristiche: la mitezza e l'umiltà.
La mitezza che Gesù ci propone non è avere un atteggiamento da perdente, ma fare nostro il suo modo di guardare agli altri pieno di compassione e di misericordia: fare nostro il suo modo di stare davanti al dolore e alla sconfitta. La croce è la scuola più grande della mitezza perché è la cattedra dell'amore più grande.
E poi l'umiltà, che è riconoscere che quello che io sono è dono di Dio che mi chiama ad essere a mia volta dono. Posso in questa settimana vivere la sobrietà nell'uso dei beni e la sincerità nei rapporti con gli altri.

Testimonianza di Parola vissuta

L'ESPERIENZA CON IL CORONAVIRUS

In questo periodo di lock-down come famiglia stiamo facendo un'esperienza che non avremmo mai pensato di fare. Dei nostri cari amici e vicini di casa stanno tuttora vivendo l'esperienza con coronavirus. In seguito all'infezione da parte della figlia, che lavorava in una RSA della zona, è rimasta contagiata tutta la famiglia composta di padre, madre, zio (convivente e disabile) figlia e una nipotina di 2 anni. La figlia e la bimba asintomatiche, sono rimaste sempre a casa, e sono tuttora positive al tampone. Tre settimane fa, gli altri tre componenti della famiglia, sono stati ricoverati in ospedale ed attualmente due (gli uomini) sono in terapia intensiva e intubati, mentre la madre, lunedì scorso è tornata a casa anche se ancora positiva e quindi in quarantena.
Questa situazione non ci ha lasciato indifferenti e fin dal primo momento ci siamo resi disponibili alle loro necessità, tipo fare la spesa alimentare e andare in farmacia, visto che erano tutti confinati in casa, chiaramente con le dovute precauzioni. Oltre alle necessità materiali stiamo facendo il nostro meglio, con telefonate e messaggi whatsapp, per cercare di tenerli su moralmente e incoraggiarli a non mollare.
In questo periodo di dolore stiamo assistendo ad una loro vera conversione. In un colloquio telefonico con P. nei primi giorni di ricovero in ospedale, lui ci diceva che in stanza era solo lui e il Crocifisso. Allora gli abbiamo suggerito di rivolgersi a Lui come ad un amico certo che Lui non lo avrebbe mai lasciato da solo. Quindi ci ha confidato che Lo ha sempre pregato anche se non ha frequentato la chiesa e ci ha chiesto di pregare per lui.
Anche la moglie non fa altro che pregare e ci chiede di pregare per loro e non fa altro che ringraziarci, fra le lacrime, per il nostro aiuto senza il quale non avrebbe saputo come fare. Da questa situazione dolorosa sicuramente il buon Dio saprà trarre cose buone, chiediamo a Lui anche la pronta guarigione di tutta la famiglia e non solo.

Edda e Mario - Cappelle sul Tavo

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15a domenica del tempo ordinario (12 luglio 2020)
Il seminatore uscì a seminare (Mt 13,3)

Il vangelo di oggi è l'inizio del discorso che Gesù fa usando delle parabole. La prima parabola, rivolta alla folla, è articolata in due fasi principali: l'attività del seminatore e la sorte dei semi in rapporto ai terreni e si conclude con un'esortazione all'ascolto. La parabola poi è accompagnata da una dettagliata interpretazione. L'unica azione del seminatore ha esiti diversi a seconda del terreno che riceve il seme.
La narrazione di Gesù, legata alla realtà agricola palestinese del suo tempo, presenta una comune attività umana in cui parte del lavoro e della fatica vanno sprecati, ma nonostante tutto la seminagione produce un buon raccolto.
Questo racconto serve a Gesù per chiarire lo sviluppo della sua missione segnata da rifiuto e adesione, e soprattutto per confermare i discepoli nella sicurezza del successo.
Troviamo un seminatore che non si preoccupa di scegliere la terra dove seminare: lancia con generosità la semente, sicuro che essa porterà frutto. È la logica di Dio, il modo di fare di Gesù. Con generosità e con tenacia ci dona la sua Parola, ci dona se stesso. Perché anche noi diventiamo parole vive.
Tutti, almeno qualche volta, abbiamo sperimentato che accogliere la Parola di Dio nella nostra vita, nei risvolti della storia, nelle profondità del creato trasforma la nostra esistenza. Quando tu ascolti e metti in pratica, quando cioè la Parola passa dalla mente al cuore e alle mani allora questa Parola produce effetti sorprendenti, del tutto imprevisti. Come una spiga dai cento chicchi, che nessun agricoltore del tempo aveva mai visto. I santi sono lì a ricordarcelo: creature come noi, hanno accolto la Parola loro rivolta e le loro vite si sono trasformate e hanno moltiplicato la Parola nei discepoli.

Testimonianza di Parola vissuta

UN PO' DI PANE… OLTRE LE REGOLE!

Terminato il lavoro di riparazione del generatore di corrente di un noto supermercato, salgo nell'ufficio del direttore per fargli firmare il rapporto di lavoro. Quando entro nell'ufficio scopro che sta inveendo ad alta voce su qualcuno, sta discutendo con un uomo, indiano. La cassiera lo ha scoperto mentre nascondeva un pacco di pan carré dentro il giubbotto.
Il direttore è molto arrabbiato e, dopo averlo sgridato, lo minaccia di chiamare i carabinieri per furto.
Guardo l'uomo indiano: è di età avanzata,vestito in malo modo e senza denti in bocca, costretto in un angolo, spaventato e impaurito; sento di doverlo aiutare, ma non so come pormi con il direttore che nel frattempo sta cercando il numero della vigilanza. Ho paura di espormi ma penso alla Parola di Vita e mi viene in mente la frase: 'Gesù vuole che tu creda al suo amore anche nelle situazioni difficili'.
Devo avere fede, penso. Prendo l'iniziativa e lo faccio perché vedo un Gesù che soffre in quell'uomo…
Mi avvicino al direttore e comincio a dialogare con lui, cercando di convincerlo a condonare il piccolo furto e offrendomi a risarcire il negozio per il costo del pane. Inizialmente, il direttore non accetta perché crede sia importante dare una lezione a quell'uomo, ma lo invito a guardarlo e, con calma, ribadisco che probabilmente aveva fame e non aveva soldi ponendo la domanda: e se anche noi ci fossimo trovati nelle sue condizioni? Dopo qualche minuto di silenzio, il direttore si avvicina all'indiano, gli fa delle raccomandazioni e lo lascia andare via!

M.T.

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16a domenica del tempo ordinario (19 luglio 2020)
Un uomo ha seminato del buon seme nel suo campo (Mt 13,24)

Anche in questa domenica ascoltiamo alcune parabole raccontate da Gesù. L'intento di queste parabole è farci conoscere "i misteri del regno", rivelati ai piccoli-discepoli. Gesù infatti non ha più davanti a sé le folle, ma è in casa. Agli amici, in privato "spiega".
La parabola del buon grano e della zizzania, seminata in mezzo, riprende molte immagini di quella precedente. Tuttavia aggiunge diversi elementi nuovi che diventano particolarmente significativi: l'attenzione è rivolta alla presenza degli ostacoli e al comportamento concreto da tenersi verso tali ostacoli.
Ai tempi di Gesù il regno di Dio era atteso come un evento straordinario, decisivo e discriminante, come la netta separazione tra buoni e cattivi. Di fronte al ministero di Gesù, mite e umile di cuore, che non spezza la canna incrinata e non spegne il lucignolo fumigante (Is 42,3), si poneva il problema del suo presentarsi come Messia. Per questo Gesù racconta la parabola invitando a porre attenzione sul presente: "Lasciate che l'uno e l'altra crescano insieme". La pazienza, l'umile presenza di Gesù, l'abbondanza e la bontà del seme della sua parola: tutto questo è l'intervento decisivo di Dio. Certo, ci sarà anche la separazione tra grano e zizzania, ma sarà un evento futuro e sarà operato da Dio. È bello questo Dio: egli continua imperterrito a coltivare grano, mentre il nemico distribuisce zizzania velenosa. Gesù resta tenacemente ottimista, perché la fiducia nell'amore del Padre è più forte dell'inquinamento messo in atto dal nemico.
Allora anche noi, senza chiudere gli occhi di fronte alla presenza e alla forza del male in noi e attorno a noi, come Gesù possiamo far crescere il buon grano, il bene, l'amore, l'attenzione, il dialogo, l'accoglienza. E più cresce il bene ci sarà meno spazio per il male.

Testimonianza di Parola vissuta

SAPER COGLIERE IL BELLO E IL POSITIVO

Stiamo vivendo una situazione quasi surreale, in questo periodo di pandemia. Non siamo abituati al silenzio, alla mancanza di traffico, ai negozi vuoti, non siamo abituati ma piano piano vedo che le persone stanno, per forza di cose, cambiando le loro abitudini. Lavorando in un supermercato mi accorgo che non hanno più fretta come prima, salutano e ringraziano (cosa che molti prima non facevano), fanno ordinatamente la fila e quasi non sento più brontolare. Mi trovo in questi giorni a dover tranquillizzare colleghi più giovani che sono spaventati da questo momento particolare, mi viene chiesto di portare fiducia e serenità in ogni momento, stando attento a non passare per incosciente. Devo riuscire a cogliere tutto il bello e il positivo che Dio mi mette a disposizione per poterlo trasmettere agli altri. Mi manca moltissimo la vita con gli altri, così come la Santa messa, ma so che fra di noi circola ancora di più Gesù.

G. T.

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17a domenica del tempo ordinario (26 luglio 2020)
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto.(Mt 13,44)

Molti racconti parlano di fortunate scoperte e di uomini intelligenti che hanno saputo acquistare tesori. Anche Gesù propone queste immagini ai suoi discepoli per incoraggiarli nella scelta del regno di Dio, presentato come la scoperta più fortunata che un uomo possa fare.
Nella parabola del tesoro nascosto, l'immagine del tesoro vuole designare il valore inestimabile della sapienza, obiettivo auspicabile della ricerca di ogni uomo. Il "campo" indica il mondo e quindi l'umanità. Il racconto poi fa leva sull'abitudine, attestata nell'antichità, di sotterrare tesori nei poderi, considerati depositi sicuri in tempo di guerra e di incertezza. La reazione dell'uomo davanti alla scoperta è la gioia, stato d'animo che descrive l'accoglienza umana della rivelazione di Dio.
Il vertice della parabola sta nella decisione sulla base dello scoprimento del tesoro. Egli vende tutto ciò che ha allo scopo di ottenere il campo e impossessarsi del tesoro. La gioia segnala che l'azione della vendita non corrisponde ad un atto di rinuncia o di sacrificio. Al contrario, il regno è una scoperta talmente positiva che tutto il resto vi è subordinato, anche l'acquisto del campo, dov'è nascosto il tesoro.
Esemplari in questa decisione immediata e senza ripensamenti sono i discepoli che, incontrando Gesù, hanno lasciato tutto per seguirlo. Così anche ognuno di noi: ho incontrato Gesù Cristo Signore e ho trovato il senso e il significato di tutta la mia vita. Sento che la ricerca è quotidiana: ogni giorno sono chiamato a cercare il tesoro e ogni giorno sono invitato a "vendere" qualcosa per acquistarlo.

Testimonianza di Parola vissuta

QUELLA VOCE… IL MIO TESORO

Nei pomeriggi liberi dai compiti, mi piace un sacco ritrovarmi col mio gruppo di amiche a parlare tra di noi. Altre compagne di scuola, invece, preferiscono andare a spasso per la città ed il giorno dopo in classe hanno sempre nuove avventure da raccontare. «Ieri siamo andate al cyber café - ci hanno detto un giorno tre di loro - e navigando in internet, siamo entrati in un sito dove, chattando, puoi iniziare un rapporto con i ragazzi». In ogni momento libero non parlavano d'altro.
Erano così entusiaste che, incontrandole per caso in biblioteca, ho deciso di seguirle: quella novità mi incuriosiva. Ben presto sono diventata loro amica ed un giorno mi hanno chiesto: «Perché, quando vieni con noi al cyber café, non ti metti anche tu in contatto con qualche ragazzo? "Entrare in rete", come dice sempre il nostro professore, allarga gli orizzonti e ci aiuta a fare nuove conoscenze…».
Come mi risvegliassi da un sonno, di colpo ho capito che la mia curiosità mi aveva ingannato, trascinandomi in un mondo falso. Quei rapporti che le mie amiche, tramite la chat, avevano iniziato, non erano un arricchimento, anzi, Gesù presente nel mio cuore mi spingeva a rifiutare simili relazioni così occasionali. Perciò ho detto di no alla loro proposta, aggiungendo che non le avrei più accompagnate al cyber café. Poi ho raccontato al mio vecchio gruppo di amiche ciò che avevo imparato da questa esperienza e la nostra amicizia è diventata più forte.
Ho sperimentato che andando controcorrente ed essendo coerente con ciò che Gesù mi dice dentro, posso essere davvero felice e far felici anche i miei amici.

V. R.

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18a domenica del tempo ordinario (2 agosto 2020)
Tutti mangiarono a sazietà (Mt 14,20)

Il pane è uno degli elementi fondamentali del nostro cibo. Proprio per questo si presta facilmente ad indicare i doni di Dio, fino a diventare la forma sacramentale del dono più grande di tutti: l'Eucaristia, il dono della vita stessa di Dio.
Gesù ha terminato il discorso fatto con parabole e sente il bisogno di dedicarsi alla formazione dei discepoli, con cui condivide la vita. Viene a sapere della morte del Battista per mano di Erode, e si allontana verso un luogo solitario. A questo spostamento di Gesù corrisponde quello della folla, che lo segue provenendo dalle città vicine.
Il comportamento popolare suscita la compassione di Gesù, il quale compie verso la grande folla due gesti di spontanea e gratuita generosità: guarisce i malati e nutre tutti i presenti. Il secondo gesto diventa il motivo dominante del racconto sia per la sua originalità sia per il grande valore simbolico, che viene ad assumere.
Gesù è il protagonista e viene descritto con un atteggiamento autorevole mentre dà il comando alla folla di sedersi. Poi compie due azioni: benedice e dà il pane. Allora insieme alla guarigione delle malattie, l'abbondante e insperato dono di cibo nel deserto, assume un alto significato. Ci aiuta a comprendere chi è Gesù: è la Parola di Dio vero alimento, è Colui che è capace di soddisfare ogni ricerca umana. Il dono del pane nel deserto inaugura il tempo nuovo della convivialità e della condivisione.
Il fatto poi che a distribuire il pane siano stati i discepoli mette in evidenza la loro funzione come Chiesa: sono loro a portare a Gesù la realtà bisognosa del popolo e distribuiscono alla folla il dono del Cristo per saziarne la fame. Nei gesti dei discepoli ci viene suggerito il nostro modo di fare. Siamo cristiani non per noi, ma per gli altri. Il Vangelo oggi ci rivela la sollecitudine di Gesù che accoglie e placa la ricerca dell'uomo, e rivela anche il nostro ruolo di cristiani fatto di attenzione, di generosità e di saper condividere. Dio ha aperto la sua mano usando le nostre.

Testimonianza di Parola vissuta

TUTTI… COSTRUTTORI DI UNA SOCIETÀ NUOVA

Lavoro in una comunità con scopi umanitari. Per circostanze varie, ci sono mancati lavoro e sostentamenti. Avremmo voluto rimettere a posto alcuni edifici ma, privi di forze e materiale, lo eravamo anche di una certa competenza. In quel periodo un nostro amico che si occupa del reinserimento nella società di ex-carcerati ci ha chiesto se, per breve tempo, potevamo dare alloggio a un ex detenuto appena uscito dal carcere, uno che aveva esperienza nelle costruzioni. Lo stesso amico ci ha dato inoltre una mano a comprare il materiale necessario. Per tutta la comunità, dove cerchiamo di aprire orizzonti anche nella fede, il nuovo arrivato è stato una mano provvidenziale, arrivata puntualmente. Di meglio non avremmo mai immaginato. Passato il "breve tempo", l'ex detenuto ci ha chiesto di rimanere ancora per finire i lavori e anche perché, diceva, «sentiva la gioia di essere costruttore della società». È stato un vero dono anche per la nostra famiglia e ora che, trovato un lavoro, sta costruendosene una sua, torna da noi quando ci sa nel bisogno.

F.L. - Italia

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19a domenica del tempo ordinario (9 agosto 2020)
Coraggio, sono io, non abbiate paura! (Mt 14,27)

I discepoli, soli sulle onde burrascose, vedono con grande stupore Gesù, che cammina sul mare; nella notte della paura, Gesù li aiuta a riconoscere in Lui colui che si fa loro vicino, che è lì per loro. Così fanno esperienza di un Dio che tende la sua mano ai peccatori per salvarli. Gesù, aveva moltiplicato i pani e i discepoli li avevano distribuiti alla folla. Poi Gesù "costringe" i suoi amici a "salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva". Nel frattempo Gesù si ferma, congeda la folla e sale sul monte a pregare e vi rimane fino a tarda notte. Matteo precisa che Gesù si mette in disparte e se ne sta solo a pregare. Nel frattempo i discepoli sono in mezzo al lago. Si alza un forte vento e le onde agitano fortemente la barca. Sul finire della notte Gesù compare camminando sul mare.
Sappiamo che nella tradizione biblica il "mare" ha una valenza negativa: indica ogni situazione confusa e pericolosa della storia; ha finito così per indicare il male stesso e la sua forza oscura. Quindi il fatto che Gesù cammini sul mare indica il suo potere contro il male.
I discepoli al vederlo sono turbati e pensano ad un fantasma e per la paura si mettono a gridare. La voce di Gesù, però, li rassicura subito con un invito al coraggio. Bellissimo: nella notte della paura un raggio di luce nel cuore! Poi Gesù si presenta: "sono io": in mezzo alle tenebre e al vento contrario, mentre le onde "tormentano" la barca dei discepoli, Gesù, angosciato per la morte del Battista e desideroso di solitudine e di preghiera, si fa conoscere come il Signore, Colui che è capace di dominare il mare e superare la forza del male.
Infine Gesù esorta i discepoli a scacciare la paura. È un invito anche per noi, che siamo sulla barca della Chiesa a tentare l'impossibile di Dio, che si traduce nella costruzione di un mondo diverso, in relazioni diverse e accoglienti, in un perdono che va oltre… perché lavoriamo con Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

DIO CI AMA IMMENSAMENTE

Ci viene quasi da sorridere pensando che molte delle nostre esperienze più belle avvengono in luoghi pubblici frequentate da tantissime persone che si conoscono solo di vista o addirittura non si sono mai viste. Eppure anche questa volta la certezza che Dio ci ama immensamente è passata da un semplice gesto d'amore avvenuto in un supermercato.
Mi avvicino al banco dei salumi e mi appresto a prendere il famoso biglietto numerato che dovrebbe evitare discussioni tra i clienti in coda, quando mi accorgo che la persona che mi precede non l'ha preso affatto. Quest'ultima, forse un po' in imbarazzo, si accorge della sua mancanza e decide a sua volta di rimettersi in coda prendendo il biglietto. Senza pensarci troppo, gli porgo il mio appena staccato. Rimane stupito e meravigliato e guardandomi mi ridà il numerino dicendomi: "Per questo gesto, ti cedo il mio posto. Passa davanti visto che hai anche un bambino in braccio". Poi rivolgendosi al salumiere che aveva assistito alla scena, dice ad alta voce: "Una persona così gentile non l'avevo mai incontrata!".
Di ritorno a casa sistemando la spesa scorgo in fondo al sacchetto dei salumi un piccolo pacchetto. Lo apro e con sorpresa trovo un pezzo di coppa in omaggio. Capisco subito che è una risposta di Dio a quel semplice e forse banale gesto di cortesia ma fatto con amore ed attenzione e che è proprio questo che la gente ha bisogno di incontrare.

D.A.

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Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2020)
L'anima mia magnifica il Signore (Lc 1,46)

L'assunzione di Maria al cielo, in anima e corpo, corrisponde alla sua resurrezione e glorificazione: quindi questa è la Pasqua di Maria, ma in dipendenza da quella del Figlio Gesù. Come rappresentante perfetta dell'umanità e ideale del discepolo cristiano, Maria è segno di speranza e garanzia di salvezza per ogni creatura.
Oggi perciò contempliamo una creatura, che partecipa alla pienezza della vita risorta, propria di Gesù. Maria, donna, una di noi, vissuta su questa terra e discepola fedele, oggi è accolta gloriosamente nella dimensione celeste. In Lei la Chiesa contempla la propria primizia e il destino a cui è chiamata.
Come brano evangelico per questa festa, ci viene presentato il tratto del Magnificat, la preghiera cordiale e filiale di Maria che celebra le grandi opere compiute in Lei e nell'umanità dal Signore. La struttura di questo inno è molto semplice: un'introduzione, dove Maria loda Dio. Poi una prima parte, che narra ciò che Dio ha fatto in Maria, segue una seconda parte che descrive ciò che Dio fa abitualmente e riguarda tutta la storia dell'umanità. Infine la conclusione, dove Maria afferma con solennità che l'azione di Dio corrisponde all'impegno che si era preso.
Il Magnificat si presenta come il canto di una persona credente che esprime la beatitudine della fede, non dice nulla di sé, ma proclama ciò che Dio ha fatto. E Dio l'ha fatto perché è fedele alle sue promesse, mantiene la parola data. Dio si rivela nelle opere, negli interventi che capovolgono le situazioni.

Testimonianza di Parola vissuta

L'AMORE CHE SA CREARE AMICIZIA

Avendo in cuore il desiderio di assomigliare un po' a Maria, la mamma di Gesù, mi sono proposta di essere attenta ad ogni persona che mi passa accanto.
Ed è perciò che mi sono accorta di una compagna di scuola con problemi di comportamento. Ho cercato di starle vicina e mostrarle che le ero amica. Dopo qualche tempo lei stessa mi ha confidato che in casa viveva una situazione terribile e spesso veniva picchiata dai genitori. Cosa potevo fare? Sicuramente trovare il modo per continuare ad amarla e, dato che da sola non ci sarei riuscita, ho chiesto aiuto ad una professo-ressa di cui avevo fiducia. Insieme siamo andate a trovarla a casa dove ci siamo rese conto con i nostri occhi della situazione in cui viveva. Anche lei era d'accordo: almeno per un periodo, avrebbe dovuto andare in una casa famiglia. Per un po' ha dovuto assentarsi da scuola, ma le ho promesso di non abbandonarla e con un'altra compagna ci siamo fatte dare dal preside un permesso speciale per andare a trovarla.
Grazie a quest'amore che ho in me da quando ho iniziato a vivere il Vangelo anche questa amica sta ritrovando la gioia di vivere.

Ilenia, Italia

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20a domenica del tempo ordinario (16 agosto 2020)
Donna, grande è la tua fede! (Mt 15,28)

Gesù, nel suo annunzio itinerante, si reca in territorio pagano nella zona di Tiro e Sidone, a nord della Galilea, abitata prevalentemente da Fenici. Qui avviene l'episodio di una guarigione compiuta da Gesù in terra straniera.
Leggendo con attenzione il racconto che Matteo ci fa, ci accorgiamo che al centro dell'attenzione non sta il miracolo di guarigione o l'esorcismo, quanto piuttosto il dialogo tra la madre implorante e Gesù: dalla loro relazione scaturiscono conseguenze per la sorte della donna e di sua figlia, ma anche sulla comprensione del rapporto cristiano con gli stranieri.
Matteo inizia il racconto presentando subito la co-protagonista come "donna cananea", quasi a calcare la mano per connotare in modo negativo il personaggio, facendo forza sul sentimento di ostilità e di inimicizia che esisteva tra Ebrei e Cananei sin dai tempi di Noè. Da quel tempo i Cananei erano per definizione "reietti". Tale era la donna che si avvicinò a Gesù. Irrompe sulla scena gridando una supplica che spiega il suo dramma familiare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è tormentata da un demonio". Di fronte a tale accorata invocazione, Gesù reagisce con un silenzio impressionante: non la degna neanche di una risposta. Neppure quando intervengono i discepoli che invitano Gesù ad ascoltarla. Gesù non fa quello che gli suggeriscono, ma coglie l'occasione per riflettere sul senso della sua missione.
Nonostante l'esplicito rifiuto, la donna non si scoraggia; anzi si avvicina di più e compie un atto di adorazione, rinnovando la sua supplica in forma essenziale: "Signore, aiutami". Sappiamo poi che nasce un dialogo tra Gesù e quella mamma, di cui Gesù ammira la fede e la propone a modello. Quella fede è una relazione forte con Lui, il Signore; è un abbandono fiducioso; è la capacità di accettare il posto anche sotto la tavola pur di essere con Lui e cibarsi delle sue briciole. Chiediamo anche per noi una fede simile.

Testimonianza di Parola vissuta

IN GESÙ IL SUPERAMENTO DI OGNI PAURA

Abito vicino al muro che è stato costruito nel mio Paese per divederci tra arabi ed ebrei. Lo vedo ogni giorno aprendo la finestra della mia stanza.
Lungo la strada, poi, ci sono dei posti di blocco dove i soldati fermano chiunque voglia passare per controllare i documenti, così andare a scuola, visitare i parenti o amici diventa un'impresa avventurosa...!
Mi viene l'agitazione ogni volta che i soldati ci fermano, ma poi mi ricordo che posso offrire la mia paura a Gesù e che quel soldato è un uomo come me, quindi devo amarlo.
In questo modo sento che Gesù diventa tutto per me e, dandomi la forza di ricominciare ogni giorno, il peso delle difficoltà si fa più leggero.

Juliana - Terra Santa

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21a domenica del tempo ordinario (23 agosto 2020)
Ma voi, chi dite che io sia? (Mt 16,15)

Il Signore guarda verso l'umile, ma rivolge al superbo uno sguardo da lontano (salmo responsoriale): con tale espressione del salmo possiamo sintetizzare l'atteggiamento di Gesù, che conferisce a Pietro il grande incarico di essere roccia della nuova comunità (vangelo). Riconoscere che Gesù è il Cristo e il Figlio di Dio non è risultato delle forze umane, ma dono e rivelazione della benevolenza divina. Pietro è l'uomo di fede perché si è fidato di Gesù e ha accolto l'illuminazione del Padre.
Il racconto evangelico di questa domenica riporta la domanda fondamentale: chi è Gesù per noi?
L'episodio non è ambientato nella città, ma nella regione di Cesarea: è un luogo "all'estero", lontano dalla folla degli amici e dei nemici, in un momento di quiete per il Maestro e i suoi discepoli. Gesù chiede agli apostoli che cosa dicono di Lui gli uomini. La risposta comprende un semplice elenco di opinioni. E Gesù rincalza con una seconda domanda che mette i discepoli di fronte ad una scelta. Essi non possono più limitarsi a catalogare le opinioni correnti e a riportare giudizi altrui. Devono impegnarsi personalmente, uscire allo scoperto e manifestare la propria esperienza: quello che hanno sperimentato di Gesù a quale conclusione li ha condotti? Che idea si sono fatti di Lui? Improvvisamente Pietro manifesta una professione di fede matura e completa. Gesù è il Cristo, cioè il Messia, l'uomo scelto da Dio per il suo grande intervento salvifico a favore del suo popolo.
Gesù è il Figlio di Dio, egli stesso Dio e non un semplice inviato da Dio. Gesù è mandato a costruire il regno dei cieli, ma la sua vita è dentro questa missione perché è la presenza stessa di Dio, è il Figlio del Dio vivente.
Chi è Gesù per me? Come lo sento presente nella mia vita? Quale esperienza potrei comunicare di Lui?

Testimonianza di Parola vissuta

TESTIMONIARE IL VANGELO

Sono l'unica in classe a partecipare all'ora di religione. Spesso i miei compagni mi bombardano letteralmente di domande mettendo in discussione tanti punti della nostra fede. Dopo la pubblicazione del libro "Il codice da Vinci", poi, soprattutto una compagna non perdeva occasione per ripetermi che ciò in cui credo è tutto falso.
Lo sapevo che non aveva ragione, ma ero incapace di risponderle con delle esatte motivazioni. Parlando di questo mio problema con le altre ragazze che come me vogliono vivere il Vangelo, abbiamo deciso di approfondire insieme la figura di Gesù, cercando di capire come rispondere alle domande della mia compagna. È stata un'esperienza bellissima. Se prima era chiaro solamente che la mia compagna aveva torto, adesso ho degli argomenti per risponderle veramente.

L. – Spagna

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22a domenica del tempo ordinario (30 agosto 2020)
Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso (Mt 16,24)

Credere in Gesù significa accettare la parola di Dio, anche se sconvolgente e superare le crisi con un fiducioso abbandono, in una costante ricerca mossa da profondo desiderio.
Domenica scorsa il vangelo ci ha fatto conoscere la risposta di Pietro a nome degli altri discepoli, alla domanda di Gesù: Chi dite che io sia? E Pietro ha risposto: Tu sei il Messia (il Cristo) e il Figlio di Dio. Subito dopo questo episodio si trova il brano evangelico che la liturgia ci propone in questa domenica. Gesù fa una catechesi sul suo destino di sofferenza, morte e risurrezione: egli è davvero il Cristo, il consacrato; ma fare il Cristo significa "morire". Il Maestro infatti comincia a spiegare ai suoi discepoli ciò che è troppo grande per loro e molto difficile da accettare. Gesù annuncia espressamente il suo destino di morte e mette in evidenza il fatto della grande sofferenza che rientra nel progetto di Dio. Con un po' di cautela e di rispetto, Pietro prende in disparte Gesù e "si mette a rimproverarlo". Gesù lo chiama pubblicamente "satana" davanti a tutti e lo invita solennemente a seguirlo con docilità.
A questo punto Gesù si rivolge a tutti i discepoli, quindi anche a noi, con un'istruzione catechistica per cambiare la nostra mentalità troppo umana. Per andare dietro a Gesù il discepolo deve fare tre cose: anzitutto deve dire di no alla propria mentalità, al proprio progetto; poi avere il coraggio di rischiare la condanna a morte e infine accogliere la proposta del Maestro e imitarne la vita.
Innanzitutto "rinnegare se stesso": non metterti al centro, perché il centro è Lui, Gesù. Tu buttati fuori, annuncia con la vita e con la parola il tuo essere discepolo. Affida a Gesù il cammino della tua esistenza perché sia Lui a guidarti, a sorreggerti nella difficoltà: sia Lui ad essere ringraziato e lodato per quanto di buono e di santo scopri nella tua vita.

Testimonianza di Parola vissuta

LE MASCHERINE

Giorni fa, una nostra cara amica impegnata in politica per il bene comune, sollecita a donare mascherine per gli operatori sanitari qualora ne avessimo avute in casa.
Ho letto il messaggio e poi accantonato non avendo mascherine a disposizione, anzi, essendo il mio papà ricoverato in ospedale, ne avevo comprate un paio anch'io per poter circolare.
L'altro giorno, sistemando l'armadietto dei medicinali, mi imbatto in un bustone di carta contenente 7 mascherine chirurgiche. Erano lì da alcuni anni e non mi ricordavo più di averle. Visto che nel pomeriggio dovevo recarmi all'ospedale per il cambio biancheria del papà, ho preso il bustone e l'ho consegnato all'infermiera del reparto che l'ha preso molto volentieri.
Il giorno seguente ci chiama nostra figlia al telefono confidandoci la sua preoccupazione: il lunedì successivo doveva tornare al lavoro, in ufficio, e non riusciva a recuperare mascherine da nessuna parte. Sperava di poter lavorare da casa, ma a causa di alcuni problemi tecnici ai computer non era possibile.
Quando è terminata la telefonata mi sono sentita morire… un pugno nello stomaco: mia figlia incinta di tre mesi, doveva tornare in ufficio senza le dovute protezioni mentre io avevo dato via le mascherine che avevo in casa!
Passato il primo momento di sconforto, io e mio marito ci siamo ripetuti che noi confidiamo nella Provvidenza e che spesso abbiamo sperimentato quel DATE E VI SARÀ DATO…, sicuri che Dio avrebbe provveduto in qualche modo anche questa volta.
Poche ore dopo ci richiama nostra figlia per comunicarci che il problema con il computer sembrava risolto e quindi da lunedì avrebbe iniziato a lavorare da casa!!!

K. T.

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23a domenica del tempo ordinario (6 settembre 2020)
Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro (Mt 18,20)

Il vangelo di questa domenica fa parte di un "discorso" messo in bocca a Gesù che riguarda la vita comunitaria della nuova comunità da Lui proposta. E Gesù che conosce a fondo il cuore umano ci suggerisce tutta una serie di "mezzi" che permettono ai cristiani di vivere rapporti fraterni.
Gesù allora ci propone la "correzione fraterna". Portare il discepolo a riconoscere il proprio errore non è solo contribuire alla sua personale conversione, ma significa ristabilire una fraternità ferita e quindi permettere a tutti la riscoperta della presenza del Signore, perché "dove due o tre fratelli sono insieme nel suo nome, lì Cristo è presente". È bellissima questa promessa che Gesù ci ha fatto perché la comunità cristiana non è un insieme qualsiasi di persone. La comunità è vera quando c'è la sua Presenza.
È difficile dire che le persone che vanno allo stadio formano una comunità. Certo possono essere numerose, sono attratte dagli stessi campioni, fanno il tifo per la stessa squadra… ma essere comunità è qualcosa di diverso. Quando termini di stare insieme non finisce tutto. Ti porti i fratelli in cuore, condividi con loro gli stessi ideali, vivi per lo stesso Maestro… e poi senti che quello che ha promesso Gesù, la sua presenza, è una realtà particolare.
Quante volte abbiamo partecipato ad una celebrazione e ci siamo detti "che bello!", "che gioia!". E non per qualcosa di "stravagante", ma per quell'atmosfera che ti fa sentire felice dentro. Quante volte dopo un incontro sei tornato felice, non soltanto per quello che hai ascoltato, ma per quello che hai sperimentato. La presenza di Gesù infatti riscalda il cuore e ti mette in movimento, ti converte. E scopri che la Chiesa è una comunità di fratelli che si vogliono bene, tanto da stimolarsi a vicenda al bene; che si trovano insieme perché Lui, Gesù, sia presente oggi come ieri nelle strade della Palestina.

Testimonianza di Parola vissuta

UNA NUOVA SPERANZA

In Usa per gli studi, avevo deciso di rimpatriare per l'insistenza dei miei, ma ero rimasto bloccato per la quarantena in un istituto vicino al confine insieme a circa 500 persone. Con la sensazione esatta di trovarmi in carcere. Per fortuna il cellulare mi teneva collegato al mondo esterno. Quando ho avuto modo di vedere qualcuno, leggevo in loro le stesse mie domande su ciò che stava accadendo. Durante quei giorni ho conosciuto "a distanza" un prete salesiano. Pur isolato come me, emanava una pace che né io né gli altri avevamo. Era come se lui non si sorprendesse di nulla. Inizialmente celebrava da solo nella sua cameretta, poi ho cominciato a partecipare alla messa. In breve, sono ritornato ai sacramenti e alla vita di fede di prima, anche se non più come prima. Anche la mia ragazza ha notato che sono cambiato.
A volte penso: se questa trasformazione è avvenuta in me, non può darsi che sia avvenuta anche in altri? E mi nasce dentro una nuova speranza: che quel mondo che prima sembrava togliermela possa ora riprendere il cammino su altri binari.

V. K. – Slovacchia

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24a domenica del tempo ordinario (13 settembre 2020)
Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette (Mt 18,22)

"Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette", cioè sempre. L'unità di misura del perdono è perdonare senza misura. Perché vivere il vangelo di Gesù non è spostare un po' più avanti i paletti del modo di comportarsi, del bene e del male, ma è la lieta notizia che l'amore di Dio non ha misura.
Perché devo perdonare? Perché devo rimettere il debito? Perché cancellare l'offesa del mio fratello? La risposta è molto semplice: perché Dio fa così, perché accogliere ed entrare nel regno di Dio è fare mio il cuore di Dio e poi immetterlo nelle mie relazioni.
Gesù lo dice con la parabola dei due debitori. Il primo doveva restituire una cifra enorme al suo signore, qualcosa come il bilancio di uno stato: un debito insolvibile. Di fronte al servo che supplica, quel signore non è il campione del diritto, ma il modello della compassione: sente come suo il dolore del servo e quel dolore conta più di tutti i suoi diritti. Il dolore pesa più dell'oro. Il servo perdonato, appena uscito, trovò un servo come lui che gli doveva qualche denaro. Appena uscito: ancora immerso in una gioia insperata, appena liberato, subito dopo aver fatto l'esperienza di come era grande il cuore del suo signore: "presolo per il collo, lo strangolava gridando: restituiscimi quello che devi".
L'insegnamento della parabola è chiaro: rivendicare i miei diritti non basta per essere secondo il vangelo una "creatura nuova". "Non dovevi anche tu avere pietà di lui?". Cioè non potevi anche tu essere come me? Questo è il motivo del perdono: fare come Dio fa, acquisire il cuore di Dio. Il perdono fraterno è la conseguenza del perdono di Dio. Il primo servo della parabola è condannato perché tiene il perdono per sé e non permette che il perdono ricevuto diventi gioia e perdono anche per il fratello.

Testimonianza di Parola vissuta

QUANDO LA VITA CONFERMA LA FEDE

Stavo giocando con un mio amico quando è arrivato un altro ragazzo che senza motivo ha cominciato a picchiarmi sulla testa con una bottiglia di vetro. Per le tante ferite sono stato portato in ospedale. Ritornato a casa, il dolore era così forte che avevo un solo pensiero: quello di vendicarmi. Il giorno dopo, il papà di quel ragazzo, è venuto a casa mia a scusarsi di quanto era accaduto dandomi il permesso di fare a suo figlio ciò che lui aveva fatto a me "…forse così capirà quanto si è comportato male!".
Proprio mentre lui parlava, mi sono ricordato che noi dobbiamo amare anche il nemico. Allora ho subito risposto: "Non farò niente contro suo figlio perché l'ho perdonato". Lui non si aspettava questa mia risposta che sconvolgeva le sue abitudini, e felicissimo ha chiamato il figlio, anche lui molto sorpreso. Ci siamo perdonati a vicenda.

Dionisio, Africa

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25a domenica del tempo ordinario (20 settembre 2020)
Sei invidioso perché io sono buono? (Mt 20,15)

La logica di Dio sovverte i criteri del mondo. La legge del Regno che Gesù ci annuncia, sembra avere come caratteristica il paradosso, l'imprevedibile. Mentre il mondo privilegia i forti, Dio sceglie i deboli, Dio ritiene degno di stima e sceglie chi è disprezzato. Dio fa più festa per il peccatore che si converte, che per il giusto, al sicuro nel suo onorato recinto.
La parabola del vangelo odierno dei lavoratori chiamati a diverse ore del giorno a lavorare nella vigna, fa capire quali sono i criteri del Regno, che Gesù va annunciando e mostra la distanza tra i criteri di Dio e quelli dell'uomo. La considerazione più immediata parte dal fatto che il padrone dà a tutti gli operai la stessa paga, anche agli ultimi. Non è giusto, dicono gli operai della prima ora. E certamente questa può essere una reazione di noi lettori. Una sola ora di lavoro non merita la stessa paga di un'intera giornata.
Ad un esame attento il testo offre molteplici possibilità di interpretazioni. Si può prestare attenzione alla chiamata: Dio chiama a tutte le ore, quando e come crede. Si può sottolineare il giudizio di Dio "molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti". Oppure ci si può soffermare anche sulla proclamazione della misericordia di Dio, la proclamazione della sua grazia: Dio dona il suo Regno non in base a meriti, ma per grazia. Oppure può sorprendere il trattamento, che rende tutti uguali.
Di fronte a questa pagina proviamo a chiederci: ma io sono felice di essere cristiano? Certo, se qualche volta pensassimo che nella nostra vita stiamo lavorando con e per Dio, lavorando perché il suo Regno cresca, che stiamo lavorando nella sua vigna… allora la nostra vita potrebbe avere un significato più pieno. E questo non per merito, ma per grazia.

Testimonianza di Parola vissuta

UNA LETTERA FRUTTO DI MEDIAZIONI E RICERCA DI UNITÀ

Faccio parte del direttivo di un gruppo che opera nel sociale. Si doveva inviare ad un ente pubblico una lettera importante ed urgente per richiedere della documentazione che precedentemente non ci era mai stata consegnata. Proprio per questo fatto, la lettera terminava con una frase determinata che annunciava una denuncia pubblica per l'eventuale nuova inadempienza.
Come sempre abbiamo condiviso la lettera tra tutti prima di spedirla. Qualcuno ha risposto subito che la lettera era perfetta ma la frase finale era ricattatoria e priva di senso civico. È iniziato uno scambio di messaggi sulla frase: chi sosteneva che non era ricatto far valere il diritto di accesso agli atti e chi invece sosteneva che non potevamo arrogarci questo diritto. Per tutto il giorno c'è stato un continuo rimbalzo di queste posizioni sempre più forti, tanto da pensare di riscrivere tutta la lettera. Dopo una cinquantina e più di messaggi e chiamate personali, i toni erano sempre più alti: si erano costruiti dei muri.
Ero molto addolorata nel vedere queste forti incomprensioni. Ho condiviso con una persona del gruppo questa situazione e ho chiesto ad altri di pregare per questo fatto. Alla fine della giornata, stanca dopo tanti tentativi, mi sembrava di aver fatto di tutto, ma più forte dentro di me sentivo che non potevo lasciare questa spaccatura. L'amare non ha mai una misura predefinita. Così ho provato a lanciare una ennesima mediazione con una proposta di modifica della famosa frase finale della lettera. Una persona ha scritto che andava bene, poi un'altra… e alla fine abbiamo tutti condiviso la nuova scrittura. Dopo due giorni di tensione si è potuto spedire la lettera frutto dell'unità che tutti hanno cercato di costruire rielaborando le proprie idee dopo aver accettato le idee degli altri.

A. M.

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26a domenica del tempo ordinario (27 settembre 2020)
Ma poi si pentì e vi andò (Mt 21,41)

La fede può essere vissuta più o meno intensamente, ma resta sempre segnata dalle nostre fragilità a cui è soggetta ogni esperienza umana. Tutti i credenti dunque hanno bisogno di conversione. Nell'impegno di integrare ogni giorno fede e vita siamo invitati ad essere capaci di cambiare, di orientarci sempre meglio e di più alla Parola di Dio che deve guidare le nostre vite.
Chi fa veramente la volontà di Dio? La parabola dei due figli, nel vangelo di questa domenica, non vuole esaltare i peccatori e disprezzare i devoti. Annuncia invece la sorprendente vicinanza di Dio che offre sempre la possibilità di cambiare vita, di ripensare le proprie scelte. Malgrado i nostri "no", Dio non ci rifiuta.
La pagina evangelica di oggi, lo notiamo subito, è costruita su un duplice contrasto: il primo sta nella risposta antitetica dei due figli alla richiesta da parte del padre di andare a lavorare nella vigna. Il secondo sta nella differenza tra la loro risposta e l'atto pratico. Il secondo figlio, che all'inizio aveva aderito prontamente, alla fine declina l'invito del padre, mentre il primo figlio va poi a lavorare alla vigna. La non corrispondenza tra il dire e il fare, comune ad entrambi i figli, viene risolta dall'evangelista dalla parte del "fare": il dire rimane sempre ambiguo, solo il fare è decisivo.
Nessuno dei due figli può vantare un'obbedienza perfetta, una piena corrispondenza tra il dire e il fare. La salvezza non è data da questa perfetta conformità, ma al contrario dalla capacità di ricredersi: è il pentimento che deve sopraggiungere almeno "alla fine", che deve diventare la sorgente ispiratrice della decisione finale. Al centro della proposta della Parola evangelica oggi ci sta la conversione: la capacità cioè di guardare a Gesù per essere come Lui creature nuove. Proviamoci!

Testimonianza di Parola vissuta

PRONTO A PAGARE DI PERSONA

Una sera mio figlio Angelo, 12 anni, mi chiede del minestrone per un povero. Dopo un po' ritorna e mi chiede una coperta: "Vuole dormire sulla panchina dei giardini e indossa solo una giacca". Mi sono arrabbiata e ho detto di portarlo dai Frati. "Preferisce stare all'aria aperta, -mi risponde- dai Frati gli sembra di andare in prigione". Gli dico di andare in garage a prendere una coperta di lavoro. E lui: "Mamma, ma che cristiana sei! Sei catechista e mi hai sempre detto di vedere Gesù in tutti. E per Lui vuoi darmi una coperta piena di polvere e di colla? No, cara mamma, io prendo quella del mio letto!". Ed è uscito con la sua coperta sotto il braccio. Mentre prendevo dal baule un'altra coperta per il suo letto, ripensavo al mio comportamento: Angelo mi aveva aiutato a prendere sul serio il Vangelo, a non fermarmi alle belle parole.

Una mamma di Trento

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27a domenica del tempo ordinario (4 ottobre 2020)
C'era un uomo che… piantò una vigna (Mt 21,33)

L'immagine della vigna richiama il rapporto tra Dio e il suo popolo, le attenzioni che vengono prodigate e anche il giudizio, se il popolo tradisce l'alleanza. L'immagine diventa sintesi di una storia di relazione, dell'agire di Dio nei confronti dell'umanità. La parabola evangelica di questa domenica, dei vignaioli assassini, si inserisce nello scontro tra Gesù e i capi del popolo. Il motivo del rifiuto è un aspetto centrale di questo racconto.
L'evangelista Matteo si rivolge ai fedeli della sua comunità cristiana anche per ammonirli: in fondo anche i cristiani non sono preservati dal pericolo di "perdere" la vigna, se non restano fedeli alle esigenze del vangelo. Guardando alla parabola possiamo notare che essa si sviluppa in due sequenze. La prima mette i risalto la figura del proprietario con tutto il suo amore verso la sua vigna. La seconda descrive i diversi tentativi di riscossione dei frutti da parte del padrone. Quei vignaioli, cui era stata affidata la cura della vigna, vogliono solo accaparrarsi la sua proprietà a spese del proprietario. Appaiono non solo cattivi, ma anche incapaci di far fruttare la vigna loro affidata. Essi non producono frutti.
Eppure Dio non si ritira in un angolo a piangere per la delusione. Ha piantato la sua tenda sulle macerie prodotte dall'uomo e ha ricominciato a scrivere una storia nuova, scrivendola con il suo amore che ci ha donato il suo Figlio… e il Figlio che ha donato la sua vita per noi. A dirci che solo l'Amore può scrivere una storia degna dell'uomo, di Dio e del mondo. E per scrivere questa storia Lui chiede sempre collaboratori (Abramo, Mosè, i profeti, Maria, gli apostoli…). E ora Dio si serve di noi!

Testimonianza di Parola vissuta

ACCANTO AL FIGLIO

Dopo un primo periodo trascorso presso una comunità terapeutica, nostro figlio adolescente ne è uscito, affermando di essere cambiato. Ma non era così: presto è ricaduto nel vortice delle droghe e dell'alcol.
La situazione ormai degenerata ci ha costretti ad esporre denuncia, a cui è seguito la carcerazione. Nel buio che ci avvolgeva ci siamo rivolti a Dio. Ci è parsa una risposta aver conosciuto un gruppo impegnato a vivere il Vangelo, dove siamo stati accolti come in famiglia.
Per noi è iniziato un nuovo modo di vivere e di stare accanto a nostro figlio, che dopo altri episodi drammatici si è convinto a proseguire il recupero presso un'altra comunità terapeutica.

F. e B. - Italia

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28a domenica del tempo ordinario (11 ottobre 2020)
Chiamateli alle nozze (Mt 22,9)

Anche oggi Gesù ci racconta una parabola: che cosa vuole farci capire? Quale bella notizia (questo è il significato della parola vangelo) vuole darci per la nostra vita? Possiamo partire da una piccola riflessione: le pagine bibliche non sono una finestra nel cortile del passato, che ci permette di vedere che cosa è accaduto allora. Piuttosto sono come uno specchio che fa vedere che cosa accade ora in chi legge o ascolta.
Questa pagina evangelica parla di noi, di ciascuno. Certamente se pensiamo alla nostra vita troviamo di aver incontrato Gesù, di averlo seguito, di essere entrati a far parte della sua famiglia. Ma basta questo per essere già salvati? Sappiamo per esperienza che nel campo del nostro cuore oltre al buon grano cresce anche la zizzania. Qualche volta capita a tutti noi di rifiutare gli inviti del Signore. Ed ecco perché il Signore oggi ci racconta questa parabola. Per dirci che la vita nostra, secondo il cuore di Dio, è un invito a nozze: una festa da vivere insieme a tanti altri fratelli nell'accoglienza reciproca, nella condivisione, nella partecipazione ai doni che il Signore ci fa.
Dio ci chiama a vivere una vita piena. Per questo usa l'immagine del banchetto: esso è all'insegna dell'abbondanza e della gratuità, dello stare insieme nell'amicizia e nella solidarietà. "Il regno dei cieli è simile ad un re": così inizia la parabola evangelica e così ci viene presentato Dio per dirci la dignità che ci dona: essere liberi come Lui, perché suoi figli.
E questo "re" non è chiuso in se stesso; desidera rendere partecipi anche noi: per questo ci invita: "Chiamateli alle nozze!". Gli inviti, ripetuti, ci fanno conoscere gli infiniti appelli di Dio a partecipare alla sua vita. E gli appelli sono per tutti: cattivi e buoni, dice la parabola. E l'invito è per fare famiglia, essere raccolti nella famiglia di Dio, essere avvolti dalla sua misericordia e diventare a nostra volta misericordia per il prossimo, ogni prossimo.

Testimonianza di Parola vissuta

DRAMMI UMANI

Mio marito ed io seguiamo un gruppo di famiglie in un paese dell'Aspromonte. Agli incontri sono molto più numerose le donne (alcuni mariti, infatti, sono latitanti). Condividere certi drammi umani ci ha aiutati a superare pregiudizi, pur condannando l'errore, a capire che solo seminando carità e speranza si può contribuire alla rinascita della nostra terra.
Nell'atmosfera familiare di questi colloqui, in cui si affrontano vari temi (la fedeltà, il dono delle vita, l'educazione dei figli alla giustizia, all'onestà, alla non-violenza…), le persone avvertono la bellezza del mes-saggio cristiano e il desiderio di vivere anche loro così.
Un giorno, superando la sua timidezza, una di queste signore ci ha confidato privata-mente la sua situa-zione drammatica. Le promettiamo di pregare perché tutto si risolva. Da quel giorno le sue telefonate si susseguono, alternando momenti di tranquillità ad altri di scoraggiamento, di buio. Quando, inaspettatamente, l'incubo finisce, grande è la gioia comune e lei ci ringrazia: attraverso noi ha percepito la vicinanza di Dio.

D. A. - Italia

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29a domenica del tempo ordinario (18 ottobre 2020)
Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio (Mt 22,21)

Alla domanda cattiva e astuta di chi vuole metterlo o contro Roma o contro la sua gente, Gesù risponde giocando al rialzo, come al suo solito, e con due cambi di prospettiva che allargano gli orizzonti della domanda. Con il primo cambio di prospettiva muta il verbo pagare (il tributo a Cesare) in restituire: rendete a Cesare quello che è di Cesare. Con il secondo cambio introduce l'orizzonte di Dio.
Innanzitutto parla di un dare e un avere: voi usate questa moneta, usate cioè dello stato romano, che vi garantisce strade, giustizia, sicurezza, mercati… Avete ricevuto e ora restituite. Pagate tutti le tasse per un servizio che tocca tutti. Come non applicare questa chiarezza semplice di Gesù ai nostri giorni in cui la crisi economica porta con sé infiniti dibattiti su manovre, tasse, evasione fiscale? Applicarla a noi, oggi: "restituisci, perché sei in debito". Io sono in debito verso i genitori, amici, insegnanti, medici, verso chi mi ha insegnato ad amare e a crescere, chi mi ha trasmesso affetto e valori, verso i cercatori di Dio, verso i moltissimi lavoratori sconosciuti, verso l'intera società. Un tessuto di debiti è la mia vita. Certamente io ho ricevuto molto di più di quello che ho dato. Ma, posso pensare; "restituire a Cesare di cui poco mi fido?". "A Cesare che ruba?". Sì, ma al modo di Gesù. Se Cesare sbaglia, il mio tributo sarà anche quello di correggerlo; e se mi sembra, gli ricorderò la voce della coscienza e il dovere della giustizia.
Il secondo cambio di prospettiva: Gesù inserisce la dimensione spirituale. Da Dio hai ricevuto, a Dio restituisci. Da Lui viene il respiro, il volere e l'operare, il gioire e l'amare, i talenti, il seme di eternità deposto in me; suo è il giardino del mondo. Davanti a Lui siamo debitori grati. E sappiamo che solo a Lui noi apparteniamo: l'uomo è cosa di Dio, figlio di Dio. È creatura che ha Dio nel sangue.

Testimonianza di Parola vissuta

LEGALITÀ

Mentre mi taglia i capelli, il barbiere mi confida le sue difficoltà per arrivare alla fine del mese… Al momento di pagare, non mi dà la ricevuta. Ci resto male anche se non ho il coraggio di dirglielo.
La volta seguente la cosa si ripete. Al che gli chiedo se questo è un modo per superare la crisi economica. Lui si giustifica accusando lo Stato che con le sue tasse annienta i piccoli imprenditori. Gli suggerisco di seguire le vie della legalità e di contare su di me. Infatti, commentando l'episodio con alcuni colleghi, chiedo loro di sostenere il mio amico barbiere andando da lui.
Sembra ora che le cose vadano molto meglio.

M. B. –Italia

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30a domenica del tempo ordinario (25 ottobre 2020)
Amerai il Signore Dio tuo… e amerai il tuo prossimo (Mt 22,37.39)

Si potrebbero dire tante cose su questa pagina stupenda del vangelo… Innanzitutto: l'importante è l'amore... prima di tutto... e in tutto: prima delle cose da fare o da non fare è necessario verificare se le facciamo o no per amore. Poi, l'amore: non sono parole... ma mette in movimento tutta la persona: cuore, mente, anima... Gesù ci dice che per amare Dio non basta dire: Signore, Signore... È necessario compiere la volontà del Padre... e fare la volontà di Dio coinvolge tutto il cuore, tutta la mente e tutte le forze.
Ancora: ciò che rende vero l'amore a Dio è l'amore al prossimo. Il tempo poi che abbiamo per amare Dio e il prossimo è il momento che diventa il presente della vita: cioè in questo momento (Tu lo sai, Signore, che per amarti non ho che adesso, diceva santa Teresina). Questo ci impegna a compiere azioni intere, pulite, perfette, cioè con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze... Poter dire: Sì, mio Dio, in questo attimo, in questa azione ti ho amato con tutto me stesso...
Ancora: Gesù unisce l'amore a Dio all'amore al prossimo (è la sua novità!). E noi non possiamo disgiungere questi due amori. Come in un albero: non si possono separare le radici dalla chioma: più amiamo Dio, più è necessario intensificare l'amore al prossimo; e più amiamo il prossimo, più è importante approfondire l'amore a Dio. L'albero senza radici e senza terra non può vivere... ma non può vivere neanche senza rami e senza cielo...
Allora amare da cristiani è accogliere le persone e dire loro attraverso gli occhi, i gesti, la parola: sono contento che tu esista. Mario Pomilio diceva: Cinque sono in realtà i vangeli, e il quinto è come un libro aperto. Lo scriviamo tutti noi con le opere che compiamo, e ogni generazione vi aggiunge un parola.

Testimonianza di Parola vissuta

LAVORO DI RICERCA

Stavo lavorando a una ricerca per la quale c'era una scadenza, quando ha bussato la vicina: mi chiedeva di far compagnia al marito, molto malato, mentre lei andava a fare la spesa. Conoscevo la situazione e non ho potuto dirle di no. Lui ha cominciato a parlarmi del suo passato, degli anni di insegnamento…
Mentre ascoltavo, veniva di tanto in tanto a distrarmi il pensiero del lavoro interrotto. Finché mi sono ricordato del consiglio di un amico: riuscire ad ascoltare un prossimo per amore è un'arte che esige il vuoto di sé. Ho provato a fare questo esercizio essendo interamente presente all'altro.
A un certo punto il malato si è interessato a sua volta di me, chiedendomi del mio lavoro. Saputo di cosa mi stavo occupando, mi ha suggerito di cercare nella libreria un suo quaderno di appunti presi a una conferenza proprio sul tema che stavo trattando. L'ho trovato e abbiamo cominciato a discutere sull'argomento. In breve, ho acquisito nuovi elementi per vedere più chiaramente come concludere la mia ricerca. E pensare che avevo temuto di perdere tempo!

Z. I. - Francia

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Tutti i Santi (1° novembre 2020 - 31a dom. del t. o.)
Beati i poveri in spirito (Mt 5,3)

Sappiamo che tutti i bambini sono curiosi, vogliono sapere. Un giorno la catechista con il suo gruppetto di bambini si recò in chiesa. Mentre stava raccontando la storia di quella chiesa si accorse che due bambini si erano avvicinati all'altare. Incuriosita chiese loro che cosa stessero facendo. Essi risposero, nella loro innocenza: "vogliamo vedere, toccare Gesù". Quando la catechista ha raccontato l'episodio mi è venuto in mente la pagina del vangelo dove alcuni greci volevano vedere Gesù da vicino.
Tutti noi vogliamo vedere Gesù, vogliamo toccare Gesù, cogliere la sua presenza nella nostra vita. Questo è il desiderio di santità: perché Gesù è il Santo, Dio è il Santo. E questo desiderio è scritto nel nostro cuore. Allora possiamo chiederci: chi sono i santi? Tutti i battezzati sono santi. Quale differenza c'è allora tra noi e quelli che sono dichiarati e chiamati santi? È che essi hanno vissuto da santi. I santi sono quelli che hanno detto di sì… all'Amore. A quello di Dio che è stato riversato nei nostri cuori da Dio stesso. Hanno amato come ha amato Gesù. Se ci chiedessimo perché i santi attirano tanta gente, penso che potremmo rispondere perché danno una grande prova che c'è davvero quel Dio che ciascuno vuole incontrare, vuole vedere, vuole toccare.
Perché san Francesco è tanto amato? Perché era povero e la sua vita era presa totalmente da Dio. Ha preso sul serio e ha vissuto la pagina delle beatitudini e l'ha realizzata. Ha permesso che questa pagina scolpisse il suo ritratto. E per questo è beato: era ed è tutto di Dio e quando uno è in mano a Dio e si lascia portare da Lui certamente ne esce un capolavoro. In fondo i santi sono così: poveri di tutto ma con nel cuore l'amore di Dio e sono diventati capaci di scoprire le tracce di Dio in ogni angolo della loro vita.

Testimonianza di Parola vissuta

CAMBIARE IL CUORE

Mia suocera è molto affezionata a suo figlio, mio marito, fino ad esserne gelosa; atteggiamento che ha sempre creato difficoltà tra di noi e che mi ha indurito il cuore nei suo confronti. Un anno fa le viene diagnosticato un tumore: necessita di cure ed assistenza che la sua unica figlia non è in grado di darle.
Le parole del Vangelo, che da qualche tempo cerco di vivere, mi hanno cambiato il cuore: sto imparando ad amare. Superando ogni timore, accolgo mia suocera a casa nostra. Inizio a vederla con occhi nuovi e ad amarla: è Gesù che curo e assisto in lei. Lei, non è indifferente all'amore, con mia grande sorpresa ricambia ogni mio gesto con altrettanto amore. La grazia di Dio opera il miracolo della reciprocità!
Trascorrono mesi di sacrifici che non mi pesano e, quando mia suocera ci lascia per il Cielo, resta la pace in tutti.
In quei giorni mi accordo di essere in attesa di un bambino, che da 9 anni desideriamo! Questo figlio è per noi il segno tangibile dell'amore di Dio che ci ricolma.

Una mamma - Argentina

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32a domenica del tempo ordinario (8 novembre 2020)
Ecco lo sposo! Andategli incontro! (Mt 25,6)

Dieci giovani escono nella notte: hanno solo un po' di luce in mano. Escono per andare incontro allo Sposo. È l'immagine del Regno: è simile ad un incontro, appartiene a chi sa uscire, a chi sa vivere di incontri. Il Regno dei cieli è simile a dieci piccoli occhi di luce nella notte: è la luce che guida i passi necessari all'incontro. Cinque ragazze non prendono con sé olio e vedono le loro lampade spegnersi. Anch'esse scompaiono nella notte: la loro vita come la mia, o è presenza luminosa o non è nulla; o porta luce e illumina qualcuno o non esiste.
Tutti rischiamo di dissol-versi nell'insignificanza di una notte senza incontri autentici. Il vangelo però non con-danna la dimenticanza di un momento, ma tutta la vita vuota, che non si è accesa, che non si è occupata di conoscere lo Sposo - non vi conosco, si sentiranno dire - e di non farsi riconoscere come segno di luce, come luce che illumina il fratello.
Le cinque ragazze sagge si identificano con le loro lampade: ciascuna è una persona-lampada, luminosa e illuminante. Hanno vivo in sé il desiderio dell'incontro. Gesù non dice che cosa sia l'olio per le lampade. Sappiamo però che ha a che fare con la luce e col fuoco. In fondo è saper bruciare per Qualcuno, vivere accesi: così risplenda la vostra luce davanti agli uomini. Per questo quando risuona la voce "Ecco lo Sposo" quelle cinque ragazze sono pronte. Tutta la loro vita era una vita accesa. Quella voce ridesta da tutte le stanchezze e consola dicendoci che Dio non si stanca mai di noi e che è contento di fare una festa luminosa con ciascuno di noi.

Testimonianza di Parola vissuta

LUCE DAVANTI AGLI UOMINI

Nell'ambulatorio cardiologico del policlinico presso cui lavoro, la direzione mi aveva assegnato un'infermiera con la quale nessuno voleva lavorare a causa del suo carattere difficile. All'inizio non ero troppo entusiasta di quel "regalo": avere una collaboratrice poco efficiente avrebbe significato un lavoro doppio per me. Ma poi ho considerato che anche in lei c'era Cristo e ho cominciato a trattarla con la massima stima, come fosse la migliore dell'ospedale. Naturalmente tante cose che sarebbe spettato a lei fare le dovevo fare io… Finché, un passo dopo l'altro, lei ha cominciato ad essere più attenta al servizio.
I colleghi e pazienti stessi si meravi-gliavano dell'armonia e della cordialità che notavano nel mio reparto. Tanto che la direzione, favorevolmente colpita, ha iniziato a mandare da me le infermiere che avevano problemi.
È stata una sorpresa quando di recente questa signora, che si dichiara atea, mi ha fatto un regalo accompagnato da un biglietto con questa frase del Vangelo: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini".

Frantisek - Slovacchia

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33a domenica del tempo ordinario (15 novembre 2020)
Sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto (Mt 25,21)

Oggi ascoltiamo la pagina evangelica dei talenti. Spesso li pensiamo come le doti e le capacità che abbiamo. Sì, anche questo; ma di più sono le occasioni che la vita offre, le responsabilità che siamo chiamati ad assumere, le possibilità che si aprono sul nostro cammino, i compiti che ci vengono affidati.
I primi due servitori sono l'immagine dell'operosità e dell'intraprendenza: trafficano ciò che è stato loro affidato e consegnano il doppio di ciò che hanno ricevuto. Sono definiti perciò buoni e fedeli. Il terzo servo invece è pigro, passivo, non traffica, non corre rischi, ma si limita a conservare e viene perciò definito malvagio e pigro, e buono a nulla. Ha sbagliato l'immagine del suo signore e ha sbagliato vita: una vita vuota, senza fare nulla. Il contrasto è fra operosità e pigrizia, intraprendenza e passività.
La parabola però non intende essere un'esaltazione di ciò che noi oggi chiamiamo efficienza. San Matteo vuole dirci che non c'è posto per comunità cristiane intorpidite, rinunciatarie, paurose di fronte ad ogni progetto evangelico. Il servo pigro non è l'uomo che non lavora, ma l'uomo che nel campo della fede è ricco di parole e povero di fatti, pauroso di fronte ad ogni rinnovamento dettato dalle esigenze evangeliche.
Dio sorprende i servi: non vuole indietro i talenti affidati, ma rilancia: sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto. Non di una restituzione si tratta, ma di un rilancio. Noi non esistiamo per restituire a Dio i suoi doni. Questa è l'immagine di Dio dettata dalla nostra paura. Noi viviamo per essere come Lui, a nostra volta, donatori di gioia, di fratellanza, di pace, di libertà. Cose di Dio che affidate alle nostre mani diventano seme di altri doni, sorgente di energie, albero che dà buoni frutti.

Testimonianza di Parola vissuta

MENSA DEI POVERI

Per aderire alla Giornata mondiale per i poveri indetta da Papa Francesco, in una parrocchia della nostra città è nata l'iniziativa di offrire un pranzo per i poveri, due domeniche al mese. Fra quelli che fanno questo volontariato c'è chi cucina al momento, chi prepara a casa le pietanze da portare.
Insieme ad alcuni adulti, anche noi bambini abbiamo dato al parroco la nostra disponibilità per servire ai tavoli. All'inizio un po' timidamente, ma col sorriso sempre pronto per riscaldare il cuore di queste persone meno fortunate. Infatti, oltre a un pasto, cerchiamo di donare loro qualcosa di più: il calore dell'amore.
Con diverse famiglie italiane e straniere c'è ormai un rapporto tale di amicizia che qualcuno, a volte, ci confida le proprie sofferenze.
Partecipare alla mensa dei poveri è per noi un'esperienza unica perché ci fa sentire parte di un'unica famiglia.

Ismaele e Valerio - Italia

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Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (22 novembre 2020)
L'avete fatto a me (Mt 25,40)

Quando preghiamo la preghiera che Gesù ci ha insegnato diciamo: Padre nostro che sei nei cieli… Oggi la pagina del Vangelo ci dice che il cielo di Dio sono i poveri. E quando la tua mano tocca un povero dalla vita sofferente, le tue dita sfiorano il cielo di Dio. Dove entreremo solo se saremo prima entrati nella vita di chi soffre.
Pensando alle cose ultime, vediamo che Dio non giudicherà scorrendo l'elenco delle nostre fragilità, ma quello dei nostri gesti di bontà; non indagherà sulle nostre zone d'ombra, ma sui semi di luce che siamo riusciti a seminare nel cammino della vita su questa terra. Nell'ultimo giorno Dio distoglierà il suo sguardo dal male commesso e per sempre lo fisserà sul bene. Sul bene concreto e ci dirà che l'umiltà della materia che fa parte della nostra vita, è talmente importante che Lui, Dio, l'ha legata alla nostra salvezza. L'ha unita ad un po' di pane, ad un bicchiere d'acqua, ad un vestito donato, al cammino di una visita. Anche se poi sappiamo che non le cose sono importanti, ma il cuore detto dalle cose.
Cielo e Paradiso sono generati dal bene che abbiamo donato. Il giudizio di Dio è legato alle mie relazioni: alla porzione di poveri (e tutti siamo poveri!) che mi è affidata e che devo custodire con la mia vita. Perché se c'è qualcosa in noi che rimane per sempre, lo sappiamo, è l'amore. Ed è bello vedere che Dio non ti sorprende in un momento di debolezza, ma sempre ti sospinge ad amare, ti incanala verso il bene, ti vuole accogliente. Un'accoglienza fattiva e concreta. Matteo già ci ha ricordato che l'essenziale della vita cristiana non è dire e nemmeno confessare Cristo a parole, ma praticare l'amore concreto per i poveri, i forestieri, gli oppressi. Perché questo è il vero riconoscimento della regalità di Cristo: l'avete fatto a me.

Testimonianza di Parola vissuta

ALUNNO DA BOCCIARE

Una collega mi confida preoccupata che un alunno, che anch'io conosco per altre materie, è da proporre per la bocciatura. Le chiedo se ci sono materie dove lui va bene: "Non sarebbe da aiutare e sostenere?". La collega cambia tono: "Beh, in realtà in alcune è addirittura bravo". Insieme riflettiamo su come e cosa fare. Poi invitiamo l'alunno per un colloquio e gli prospettiamo la situazione. Nel giro di poche settimane le cose cambiano in modo impensato.
Trovandomi un giorno con la stessa collega, mi confida: "Questa storia mi ha fatto bene anche con i figli. Ero tremendamente arrabbiata col maggiore che perde tempo con la chitarra e trascura tutto il resto. Dopo questo impegno con l'alunno, ho cominciato a incoraggiarlo. Mi ha cantato due poesie che lui aveva musicato: una sorpresa non solo per me, ma anche per mio marito. I fratelli invece, complici, sapevano del suo talento. Fai qualcosa per qualcuno e il tuo cuore si apre e vedi quello che non vedevi".

C. A. - Polonia

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