L'altro crocifisso


Il diaconato in Italia n° 214
(gennaio/febbraio 2019)

OMELIA


L'altro crocifisso
di Mario Delpini

La croce di Gesù giudica il mondo. Il giudizio del mondo non è una sentenza che viene pronunciata, ma è la decisione sulla vita o sulla morte, è la decisione di entrare attraverso la porta stretta o di restare fuori. È una questione di vita o di morte. La gente che passa vicino alla croce di Gesù, i soldati che eseguono la condanna a morte, si pongono di fronte a Gesù crocifisso e vi trovano conferma dell'assurdità della vita, della dimostrazione del fallimento della missione di Gesù, dell'inconsistenza della sua pretesa. I passanti e i soldati decidono della loro vita: non esiste una salvezza, non è affidabile chi parla in nome di un Dio che salva, non c'è altro destino che la morte.

Il giudizio della croce
Il malfattore appeso anche lui alla croce, cioè l'uomo che subisce la condanna a morte vicino a Gesù lo insulta. Al momento estremo emerge la rabbia per una vita sbagliata, la constatazione della vita fallita, la disperazione per la vita perduta. La vita che finisce è un insulto per colui che si dichiara il Cristo. La storia sembra senza via d'uscita, senza giustizia, senza speranza. Ma l'altro crocifisso ha ancora una parola da dire: la storia è ingiusta, l'innocente è condannato come il malfattore, il giusto muore come muore l'ingiusto, ma la morte di Gesù è la porta di ingresso nel paradiso, la vita di Gesù offerta in sacrificio introduce nel Regno di Dio! I discepoli di Gesù che si presentano per l'ordinazione diaconale sono quelli che hanno imparato dall'altro crocifisso.

Imparando dall'altro crocifisso
Quelli che imparano dall'altro crocifisso non sono gli ingenui che credono alle favole, gli illusi che inseguono fantasie: la vita è troppo dura, la storia è troppo sbagliata, il soffrire è troppo ingiustamente distribuito per assestarsi in una vita giuliva. C'è chi si distrae, chi si stordisce, chi chiude gli occhi e le orecchie allo spettacolo desolante della storia: questi forse per qualche tempo possono anche dire "finché sto bene io, va tutto bene". Ma per l'altro crocifisso non è più il tempo di andare avanti in una ottusa inerzia, in una opaca indifferenza.

Voce di ogni disperato sulla terra
Quelli che imparano dall'altro crocifisso sono quelli che contrastano la rabbia dei condannati alla stessa pena. I condannati alla pena di morte si ribellano con l'insulto cieco, con il bisogno di prendersela con qualcuno, di ritenere irrimediabile la cattiveria di qualcuno. Il crocifisso disperato è la voce di molti disperati della terra che non possono accettare di morire e non vogliono credere che sia possibile la speranza. Quelli che imparano dall'altro crocifisso riconoscono Gesù come il Salvatore, il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli e sulla terra e sotto terra. Riconoscono in Gesù il destinatario della missione che il Padre affida al suo servo: «è troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe... io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino dall'estremità della terra».
Quelli che imparano dall'altro crocifisso e ne condividono la fede e trovano speranza nella stessa promessa, hanno qualche cosa da dire a tutti, ai cieli, alla terra e ai sotterranei della storia: persino negli abissi più impenetrabili del male entra l'annuncio della speranza, perché la nostra speranza è Gesù che è condannato alla stessa pena e così entra nel suo regno.

Perché non possiamo smettere di pregare
I diaconi sono servi della speranza. Questi uomini che si presentano per l'ordinazione diaconale dichiarano di aver imparato dall'altro crocifisso e si fanno servi della speranza di tutti, in cielo, sulla terra e sotto terra. Se domandate che cosa fanno i diaconi, quale sia il ruolo specifico del diacono, quali poteri ricevano con la grazia dell'ordinazione, rimanete solo alla superficie del mistero che celebriamo. I diaconi sono quelli che hanno imparato dall'altro crocifisso e quindi portano vicino alla croce di Gesù tutta la vita, portano all'altare la loro vita, portano all'altare la vita della loro famiglia, dei colleghi di lavoro, degli abitanti dello stesso condominio, dei collaboratori della parrocchia: portano tutto all'altare e pregano: «Gesù, ricordati ti me quando entrerai nel tuo regno, ricordati dei miei cari, ricordati della gente che si trova nei cieli, sulla terra e sotto terra!».
E partecipando alla celebrazione dei santi misteri accolgono la promessa di Gesù: «oggi, con me sarai nel paradiso! ». Perciò percorrono la terra, salgono le scale del condominio, vanno al lavoro, visitano i malati e condividono con tutti la loro speranza: sarai anche tu in paradiso, sarete anche voi tutti nel paradiso. Il vescovo ha bisogno di questi collaboratori, come ha bisogno dei preti perché si formi un corpo di ministri ordinati sui quali può contare perché il giudizio sulla vita e sulla morte raggiunga tutti i tempi e tutti i luoghi e perché la testimonianza di Gesù offra a tutti la speranza. lo li ringrazio!
(Milano, ordinazioni diaconali, 10 novembre 2018)


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