«Sono al mio posto?»


Il diaconato in Italia n° 214
(gennaio/febbraio 2019)

CONFRONTI


«Sono al mio posto?»
di Luca Garbinetto


Il 22 gennaio 1969 vennero ordinati a Vicenza i primi sette diaconi permanenti di Italia. Erano tutti religiosi della Pia Società San Gaetano, congregazione missionaria fondata dal servo di Dio venerabile don Ottorino Zanon (1915-1972). Furono anche i primi religiosi diaconi permanenti al mondo, dopo il Concilio Vaticano II. La storia di questa piccola Famiglia si è intrecciata negli anni con il cammino della Comunità del diaconato in Italia, con una reciproca e feconda collaborazione. A 50 anni da questo evento storico, importante per tutta la Chiesa, ci proponiamo di percorrere in questi numeri della rivista un itinerario spirituale, per approfondire alcuni punti chiave del cammino di santità del venerabile don Ottorino. Lo proponiamo come un vero e proprio vademecum di spiritualità diaconale.
La prima esperienza fondamentale per ogni battezzato è quella di scoprirsi amato da Dio e pensato da sempre dal Padre. L'universo intero è stato creato per un atto di amore gratuito del Signore, che ha pensato il mondo e la storia, la natura e il firmamento intero come un meraviglioso mosaico in cui ogni creatura occupa un posto unico e insostituibile, divenendo così come le tesserine di questa opera d'arte voluta e realizzata da Dio (cf. Gen 1-2).

Esperienze fondanti
Nel creato, ogni uomo e ogni donna che nasce alla vita è unico e insostituibile ed è stato desiderato e plasmato con un atto di assoluta gratuità e di amore incondizionato dal Signore. L'esperienza fondante di ogni cammino cristiano, che illumina di bellezza l'esistenza di ogni persona, è dunque quella di riconoscersi importanti per il Creatore, chiamati alla vita per rivestire un ruolo e un compito che nessun altro può svolgere al posto nostro. Ciò riempie il cuore; di gioia e di gratitudine.
«Ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni» (Is 43,1), dice il Signore attraverso il profeta. Questa consapevolezza matura nella cura di un rapporto personale con Dio, e genera stupore e meraviglia. Possiamo dire che la prima diaconia è quella del Creatore, il Dio Uno e Trino che, così come avviene all'interno delle relazioni trinitarie, nel creare si ritira e fa spazio affinché le creature, e in particolare l'essere umano, possano esistere. La diaconia è l'esercizio dell'umiltà di Dio. A partire da questa azione di assoluta gratuità, l'uomo di fede scopre di appartenere a un Dio che è solo e infinitamente amore. Da questa esperienza di sapersi creati e amati da sempre, nasce la consapevolezza di non essere al mondo per caso. Così il Signore si rivolge a ciascuno di noi: «tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo» (Is 43,4). Ogni persona dunque è speciale, è conosciuta e amata personalmente, la sua esistenza ha un senso illuminato dall'esperienza dell'Eterno che abita in lei e di cui lei è parte.
Questo progetto d'amore ha in Cristo il suo compimento. Egli, vero Dio e vero uomo, manifesta pienamente la predilezione del Creatore per le sue creature, e mostra la meta del cammino di maturazione che l'umanità intera, assieme a tutta la creazione, è chiamata a percorrere. È Gesù «l'Alfa e l'Omèga, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine» (Ap 22,13).

Tu sei prezioso ai miei occhi
Tutto ciò don Ottorino lo ha voluto rappresentare con una immagine assai efficace e suggestiva: una croce a mosaico, di colore dorato su uno sfondo argentato, in cui ogni tassellino rappresenta una creatura. Una di queste tesserine, però, è raffigurata "fuori posto", lasciando intravedere nella croce una disarmonia, una mancanza. Perché questo dettaglio? L'immagine vuole indicare l'esperienza comune per cui accade spesso che le persone, soprattutto le più deboli, i poveri e gli emarginati, sperimentino un senso di abbandono e di solitudine tale da credere di essere al mondo per caso, di essere dimenticati anche da Dio. Guardando al mosaico, si può pensare a quella tesserina come a una persona che si percepisce fuori posto in quanto inadeguata, inutile, addirittura inopportuna. E tuttavia, per restare alla metafora, sappiamo bene che un mosaico, per quanto bello o grande che sia, se è privo anche solo di un tassellino, risulta incompleto, addirittura brutto. Fuor di metafora, comprendiamo che ognuno è necessario al progetto meraviglioso dell'amore di Dio. Ecco allora l'invito a cercare senza timore il proprio posto in questa storia di predilezione che il Signore vuole scrivere con ciascuno di noi.
L'immagine di don Ottorino porta così impressa una domanda suggestiva e provocante: "Sono al mio posto?". È l'invito a scoprirsi chiamati a vivere la propria vita come unica e irripetibile, come assai importante agli occhi del Creatore. A chi tocca ricordare questa verità al popolo santo di Dio? Certamente ogni battezzato è responsabile per sé e per i fratelli di vivere e annunciare continuamente tanta bellezza, specialmente quando viene deturpata o dimenticata. Ma i ministri ordinati hanno una missione speciale per aiutare tutta la comunità cristiana a riconoscersi come il nuovo popolo eletto, e in esso ogni pecorella come conosciuta personalmente dal Bel Pastore (cf. Gv 10, 14). E il diacono è inviato a cercare in modo particolare proprio le pecorelle smarrite, coloro che più di ogni altro si trovano ai margini del mosaico della creazione, per aiutarli a scoprire e a riconoscere di essere anche loro indispensabili alla storia di salvezza del mondo.

Conosciamo il progetto di cui facciamo parte?
È evidente che il diacono potrà vivere e compiere questo mandato solamente se a sua volta si sarà riconosciuto parte di questo meraviglioso progetto di amore. Il che significa sostanzialmente che il diacono vive un apostolato efficace se si sente chiamato personalmente da Dio al proprio ministero in una dimensione profondamente vocazionale. Ecco la radice della santità. È santo colui che scopre di essere al mondo per grazia, di avere ricevuto tutto come dono da Dio, di essere destinatario di un inestinguibile e incomparabile amore che fin dal concepimento fa della sua vita un tesoro prezioso e della sua persona un prodigio (cf. Sal 139,14). «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato» (Ger 1,5): è il grido accorato di un Padre premuroso che ama immensamente suo figlio. Tale coscienza, custodita e coltivata quotidianamente in un rapporto intimo con il mistero di Dio, va progressivamente smussando gli spigoli della personalità del diacono, per renderlo immagine credibile dell'amore divino anche nei suoi comportamenti e atteggiamenti vissuti in ogni relazione.

Una domanda da tenere nel cuore
La domanda, quindi, dovrà abitare il cuore del diacono nel proprio itinerario di fede giornaliero: "Sono al mio posto?". Il che non significa tanto o primariamente chiedersi se si sta "facendo" ciò che il Padre vuole che in questo momento si faccia, ma soprattutto se si abita la propria giornata "come" il Padre vuole che la si abiti: con un atteggiamento profondo di umiltà e di servizio che trasformi ogni azione in una manifestazione dell'amore di Dio.
"Sono al mio posto?" è il quesito che dinamizza l'esistenza dell'uomo che, sapendosi amato da Dio, torna insistentemente a Lui per raccogliere i suggerimenti interiori che orientano e sostengono la diaconia verso i fratelli. In questo modo, il ministero non sarà tanto un personale e gratificante esercizio di funzioni rivolte ai bisogni degli altri, bensì una instancabile epifania della cura del Padre verso i suoi figli, accolti e amati come fratelli e sorelle nel Signore.
(L. Garbinetto è religioso presbitero della Pia Società San Gaetano)


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