XX Domenica del Tempo ordinario (C)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 8/2019)



ANNO C – 18 agosto 2019
XX Domenica del Tempo ordinario

Geremia 38,4-6.8-10 • Salmo 39 • Ebrei 12,1-4 • Luca 12,49-53
(Visualizza i brani delle Letture)

ESSERE FUOCO


Com'è facile stancarsi, perdersi d'animo. Ci basta cosi poco per passare da una fiammata di entusiasmo a una desolata rassegnazione. Quanti desideri s'infrangono rapidamente contro le scogliere delle prime difficoltà. Quanti progetti rimangono soltanto nel chiuso delle intenzioni o vengono abortiti ancor prima di prendere la luce, archiviati ancor prima di muovere i primi passi.
Gesù ha incontrato la resistenza all'accoglienza della sua parola. Anche lui ha incontrato ostacoli, ha fatto esperienza dei bastoni tra le ruote posti da coloro i quali, invece, avrebbero dovuto sostenere il suo progetto messianico.
Questo piccolo testo del Vangelo si riferisce, probabilmente, a uno di quei momenti nei quali Gesù prende consapevolezza della resistenza, dell'opposizione al suo messaggio e al suo modo di intendere il regno di Dio. E ci mostra la sua reazione: una reazione "virile", decisa, coraggiosa.
Che cosa bisogna fare quando il vento è contrario? Gesù comprende che non c'è altra via per lui che ardere e consumarsi dello stesso fuoco della sua passione per Dio e del suo desiderio di dare comunione e vita agli uomini. Decide di diventare egli stesso fuoco. E lo fa nel modo più sorprendente e per noi "perdente".
C'è un battesimo che lo attende: è la sua passione e morte. Perché non scappare da questo battesimo, da questa drammatica immersione? Noi non avremmo fatto così, salvando la nostra vita e rinunciando al nostro desiderio?
Gesù, invece, sceglie di fare di questo fallimento il momento massimo della sua passione, del suo ardere per ciò che lo anima e a cui non vuole rinunciare. Arriva a dire: «Sono angosciato, finché non sia compiuto». Sì, Gesù desidera che si compia questo battesimo, che questa "sconfitta" venga portata a termine, perché in essa e attraverso di essa darà compimento al suo desiderio e brucerà lui per primo, al fine di incendiare la terra. Spesso, noi figli del "cristianesimo della pantofola", facciamo fatica ad accogliere questa pagina del Vangelo; una pagina nella quale Gesù si mostra come un incendiario che, anzitutto, incendia sé stesso per gettare il fuoco sulla terra. Se hai un desiderio, un desiderio autentico, che infiamma la vita, devi "morire" per esso. E farlo per scelta, non per un destino ineluttabile, altrimenti ti spegnerai e sarai abbracciato da una morte dolce, da una rassegnazione desolata.

Il Vangelo, dunque, ci interpella: siamo uomini e donne del desiderio o siamo persone spente, prive di passione? Noi viviamo, infatti, solo apparentemente in un'epoca amica del desiderio. In realtà, il nostro stanco Occidente e il nostro cristianesimo sonnacchioso ci segnalano che non stiamo vivendo un tempo di desiderio e di passione. Ma non è, forse, questa una forma radicale di peccato? Il peccato non è, anzitutto, trasgressione della legge, ma è prima di tutto tradimento della propria chiamata, del proprio desiderio, svendita del proprio dono più originario. Non siamo, a volte, colpevoli proprio di questo? Di questo tradimento di noi stessi, quindi della nostra vocazione e, in ultima analisi, di Dio che ci ha creato così?


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