XV Domenica del Tempo ordinario (C)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 7/2019)



ANNO C – 14 luglio 2019
XV Domenica del Tempo ordinario

Deuteronomio 30,10-14 • Salmo 18 • Colossesi 1,15-20 • Luca 10,25-37
(Visualizza i brani delle Letture)

FARSI PROSSIMO

A Pasqua una serie di attentati contro chiese e alberghi, in diverse città dello Sri Lanka, hanno provocato 253 morti. Chi di noi ricorda queste vittime? Venerdì 15 marzo all'interno di due moschee in Nuova Zelanda è stato aperto il fuoco sui fedeli riuniti in preghiera e 49 persone hanno perso la vita. Chi ricorda questo fatto? Chi piange questi morti? Il 10 marzo un aereo dell'Ethiopian Airlines s'è schiantato a terra provocando 157 morti, e il 5 maggio un aereo russo ha preso fuoco dopo un atterraggio d'emergenza provocando 41 morti. Chi ha sofferto per questi incidenti? La risonanza che ha su di noi la sofferenza degli altri non è sempre uguale, dipende dalla somiglianza e dalla prossimità. La vicinanza e la similitudine amplificano la compassione, mentre la diversità e la distanza l'attutiscono fino a spegnerla. Diversità e distanza che possono essere di qualsiasi genere: etnica, religiosa, di colore della pelle o anche dallo spessore del portafoglio. È così, anche se ci costa molto ammetterlo.
Ciò che sconvolge ancora oggi della parabola del Buon Samaritano è proprio l'abbattimento del muro etnico-religioso, l'eliminazione della distanza fra uomo e uomo: l'unico che si fa prossimo all'uomo ferito è lo straniero, l'eretico, l'ignobile. La storia raccontata da Gesù rovescia i criteri del vicino e del lontano. Lo scriba aveva chiesto: «Chi è mio prossimo?», aspettando una risposta già conosciuta e accettata. Nella visione biblica, per quanto si parli spesso di rispetto per gli stranieri, il prossimo è il fratello ebreo, il membro del popolo eletto. Gesù rovescia il criterio, non parla di chi è prossimo ma presenta un Samaritano che si fa prossimo. Questo straniero, passando accanto a un uomo mezzo morto, lo vede, ne ha compassione e gli si fa vicino. Ha sentito il dolore di uno sconosciuto, ha provato compassione per un lontano, ha pianto per un uomo di un'altra fede, s'è fatto vicino a uno straniero.
Alla domanda dello scriba, Gesù contrappone una domanda che può sembrare banale: «Chi ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Era ovvio: non poteva sbagliare. Perché allora Gesù gliel'ha chiesto, se la risposta era così evidente? Semplicemente per riportarlo al piano della realtà e non delle idee.

Con questa parabola Gesù propone una cosa molto semplice, che è andare oltre i confini. Il Vangelo chiede di andare oltre queste barriere, oltre gli stereotipi che dividono gli uomini in vicini e lontani, oltre i pregiudizi di cui sono infarciti mass media e opinione pubblica. Se ci proclamiamo cristiani, la nostra politica estera e il tema dell'accoglienza non possono sottrarsi da questo dato evidente: tocca a noi farci prossimo del sofferente, del ferito dalla vita! È ovvio che i feriti non sono tutti uguali. Il mio familiare ha un peso nella mia vita che nessun altro può avere. Ma è pure vero che chi supera questa ovvietà, chi si fa "prossimo" come il Samaritano, lo fa in nome di un'altra ovvietà: che il dolore è uguale a qualunque latitudine, per ogni razza, in tutte le religioni. Lo capisci solo se ascolti Gesù e, come lui, ti fai prossimo.


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