Santissima Trinità (C)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 6/2019)



ANNO C – 16 giugno 2019
Santissima Trinità

Proverbi 8,22-31 • Salmo 8 • Romani 5,1-5 • Giovanni 16,12-15
(Visualizza i brani delle Letture)

I LEGAMI CHE LIBERANO

La Trinità non è un concetto: è una vita che abbiamo imparato a conoscere nella vita di Gesù. E il Vangelo ce la racconta proprio così. Il brano di questa domenica, nella sua semplicità, ci dice che la Trinità è un legame dove si respirano libertà e fiducia. Il Figlio si fida dello Spirito, perché lo Spirito dirà le parole del Figlio; al tempo stesso, queste parole non sono del Figlio ma del Padre. Vi è una relazione stretta, di fiducia, dove tutto è condiviso. Oggi, parlare della Trinità significa parlare delle relazioni. Come i nostri legami possono essere una piccola narrazione della Trinità? Il Vangelo ci indica almeno due piste.
     1. Gesù fa una cosa per noi (quasi) impensabile: lascia i suoi discepoli senza dire tutto. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete in grado di portarne il peso. Gesù capisce che c'è un limite: più di così lui non può fare. C'è un tempo di attesa che non è più in suo possesso. Sceglie, dunque, di fermarsi. Chi di noi, se ama qualcuno, accetta di fermarsi, di non dire tutto, di lasciare "il lavoro a metà"? Far così mette in uno stato di ansia insopportabile, perché il rischio è alto. «E se poi l'altro non capirà mai? Se si farà male? Se prenderà una via sbagliata?». Sono domande comprensibili, che tutti abbiamo. Eppure, Gesù riesce a vivere questa rinuncia, perché ha fiducia: lo Spirito verrà, guiderà in tutta la verità, insegnerà, ricorderà, prenderà del suo, gli darà gloria... Posso accettare di non dire tutto se so che un altro continuerà la mia opera; se so che, alla fine, ci sarà un riconoscimento per quanto ho fatto. La fiducia permette a Gesù di non lasciarsi divorare dall'ansia; lo aiuta a guardare al bene dei suoi amici; lo libera dalla pretesa.
     2. Gesù riconosce di non essere il centro di tutto e non si sente in competizione con lo Spirito. Il Vangelo ne spiega chiaramente il motivo: le parole sono sue, è vero, ma prima di tutto sono del Padre. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quello che è mio e ve lo annuncerà. Ecco, Gesù riconosce di avere una fonte a cui attingere costantemente, una fonte gratuita e abbondante. Pertanto, non è geloso delle proprie parole. In fondo, anche lui ha ricevuto gratuitamente dal Padre.

Questo stile di Gesù interroga le nostre relazioni, sempre minacciate dalla tentazione dell'ansia e dell'accentramento. L'ansia ci fa perdere la misura di ciò che è l'altro e l'attenzione ai suoi tempi di crescita. Ci fa dire che tutto dipende da noi, i passi fatti sono sempre troppo lenti e ogni caduta dell'altro è un disastro. È la tentazione verso coloro che riconosciamo come figli, siano essi naturali o persone verso cui abbiamo un ruolo di guida. Dietro l'ansia c'è la tentazione d'essere noi al centro. Forse, non al centro della scena, ma sicuramente in cabina di regia. Siamo noi che dobbiamo dimostrare - prima di tutto a noi stessi - di essere capaci.
Alla radice c'è la solitudine. Ed è qui dove vuole arrivare il Vangelo. Chi si sente solo diventa avaro, manipolatore... Chi, invece, sente d'esser legato a relazioni che gli hanno dato - e gli danno - la vita gratuitamente, è più capace di libertà. Gesù è libero perché sa di avere una fonte a cui attingere sempre. Chiediamoci: come sono le mie relazioni? C'è libertà o pretesa? C'è ansia o ascolto? C'è riconoscenza o avarizia? C'è onestà o manipolazione?


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