Pentecoste (C)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 6/2019)



ANNO C – 9 giugno 2019
Pentecoste

Atti 2,1-11 • Salmo 103 • Romani 8,8-17 • Giovanni 14,15-16.23b-26
(Visualizza i brani delle Letture)

UN ALTRO CONSOLATORE

Lo Spirito santo è un ospite misterioso: non si vede, non ha volto, si può riconoscere solamente per gli effetti che produce nella nostra vita. Ecco perché, nel Vangelo di questa domenica, Gesù, promettendolo in dono ai suoi discepoli, lo definisce attraverso la sua azione: lo Spirito è "Paraclito", colui che "insegnerà" e "ricorderà" tutto ciò che il Signore ha detto.
Il paraclito era l'avvocato difensore, letteralmente colui che viene chiamato nei processi, ma anche colui che consola. Questo è stato il ruolo di Gesù per i discepoli: è lui che li ha difesi, consolati, aiutati a stare davanti alle contraddizioni e agli ostacoli senza disperarsi. Lo Spirito, dunque, è un altro Paraclito, perché la sua consolazione è far sentire loro la presenza di Gesù, che prima di lasciarli ha promesso: «Non vi lascerò orfani». Ciò si concretizza in due azioni precise: insegnare e ricordare.
Insegnare può far pensare alla conoscenza intellettuale, fatta di nozioni trasmesse e apprese, di retta dottrina. Non è questo, però, ciò che indica il Vangelo. Poco oltre il brano odierno, Gesù parla ai discepoli di un peso che loro non sono ancora in grado di portare. Per questo lui accetta di non dire altro, lasciando allo Spirito il compito di guidare in tutta la verità. Vi è un futuro che si svela pian piano, in proporzione alla crescita dei discepoli. Insegnare e ricordare vanno letti in questa prospettiva: non si tratta solo di imparare bene contenuti già dati, ma di dare risposte originali alle nuove sfide del presente, che prima sarebbe stato impossibile.
Ricordare, in particolare, è un verbo che parla di futuro. Possiamo comprenderlo con un esempio. Tutti abbiamo una memoria selettiva: ricordiamo ciò che ci sembra importante. Mentre ciò che ci appare più oscuro, difficile o minaccioso, lo dimentichiamo. Poi, quando la nostra vita è maturata, spesso le cose dimenticate tornano fuori. Prima non eravamo pronti; ora invece lo siamo. Ed è per tale motivo che le ricordiamo e riusciamo a comprenderle. L'azione dello Spirito in noi e nella Chiesa è simile.

Pensiamo alla tradizione ecclesiale: quante volte la nostra predicazione s'è focalizzata su alcune parole del Vangelo, lasciandone completamente indietro altre! Pensiamo alle parole di Gesù su povertà e ricchezza. Nella prima Chiesa erano oggetto d'una predicazione accesa e costante. Pian piano si sono perse, e oggi sono tornate fuori con prepotenza, divenendo terreno di scontri anche duri tra i cristiani. Così per il matrimonio, dove la parola del Signore s'è concretizzata in più prassi e tradizioni. E oggi, ancora una volta, ha la necessità di un insegnamento e di un ricordo nuovi. Insegnare e ricordare non sono azioni legate solo al passato, ma sono un'apertura su un futuro che ancora non conosciamo.
Se l'azione dello Spirito è questa, chiediamoci dove lo Spirito soffi oggi nella nostra vita e nella Chiesa. Sentiamo dentro di noi la sua opera di consolazione, che non ci fa sentire soli? O siamo piuttosto orfani? Ancora: la fede è una serie di cose che ripetiamo, abitudini imparate da conservare, o è la forza per affrontare sfide nuove guidati da una Parola che ci invita a tracciare piste inesplorate? Da ultimo: quali sono le situazioni che ci chiedono come Chiesa di "ricordare meglio" le parole del Signore?


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