a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 6/2019)
ANNO C – 2 giugno 2019
Ascensione del Signore
Atti 1,1-11 • Salmo 46 • Ebrei 9,24-28;10,19-23 • Luca 24,46-53
(Visualizza i brani delle Letture)
Ascensione del Signore
Atti 1,1-11 • Salmo 46 • Ebrei 9,24-28;10,19-23 • Luca 24,46-53
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I DISTACCHI CHE FANNO CRESCERE
Ci sono momenti in cui le separazioni fanno male, appaiono ingiuste, non le possiamo accettare. Così è quando una persona se ne va troppo presto e sappiamo che non potremo più vederci. Così è per la morte. Ci sono, invece, momenti in cui la separazione è in vista di una crescita, è per qualcosa di più grande. Nel cuore di Gesù, il distacco dell'Ascensione ha proprio questo significato.
Parlando con i suoi discepoli, infatti, a un certo punto afferma: «Voi siete testimoni di queste cose». Come a dire: «Ora che avete visto e capito la mia morte e risurrezione, spetta a voi portare l'annuncio a tutti, siete pronti per farlo». È un attestato di grande fiducia. Eppure, nessuno di noi si sognerebbe di pensarla come Gesù. Poco prima, egli era apparso per strada ai due di Emmaus ed essi, appena riconosciuto il Signore, erano tornati di corsa a riferirlo a tutti. Riuniti insieme, si erano detti l'un l'altro che davvero il Signore era risorto. Ma mentre ancora parlavano, Gesù era apparso nuovamente, gettando nel panico la sua comunità: tutti gridavano per la paura, credendo di vedere un fantasma. La gioia dei discepoli era scomparsa in un attimo, sostituita dal terrore.
E non era stato sufficiente a Gesù mostrare le ferite, nemmeno mangiare in loro presenza. Solo la spiegazione delle Scritture aveva aperto loro la mente alla comprensione. Ecco, questo è esattamente il momento in cui Gesù afferma che i discepoli sono testimoni. Noi diremmo che ciò non è possibile, che chiaramente non sono pronti, che basterà un niente per ricacciarli nel terrore. Eppure, Gesù ha fiducia. Le sue parole sono un modo per richiamarli a ciò che sono: hanno paura, è vero, ma hanno visto e pertanto sono testimoni. Questa fiducia è simbolizzata attraverso due gesti: la benedizione e lo staccarsi da terra. Gesù "dice bene" dei discepoli e immediatamente li lascia. Fidarsi significa affidare all'altro le cose più importanti, lasciandogli la decisione - e anche la responsabilità - di condurle. È così che l'altra persona cresce. Gesù sceglie il momento buono per attuare la sua consegna. Ciò non significa che i discepoli siano abbandonati. Nel lasciarli, infatti, Gesù fa la promessa di donare lo Spirito e chiede loro di attendere a Gerusalemme. Non un'attesa passiva, non rimanendo "con il naso per aria"; nemmeno un'attesa frenetica e ansiosa. L'attesa è quella che porta i discepoli a lodare Dio, a sentire la presenza del Signore e la sua promessa anche nella separazione fisica.
Il racconto dell'Ascensione parla di fiducia, di crescita, di testimonianza. Due domande possono aiutarci a declinare queste parole nella nostra vita: 1. Noi, di cosa siamo testimoni? Quale esperienza di Vangelo - in comunità, nelle relazioni, nel rapporto con Dio - possiamo raccontare? Pur con i dubbi, le paure e le incertezze, anche noi siamo testimoni e il Signore si fida! Solo in questa fiducia possiamo radicare la responsabilità di non demandare sempre ad altri l'annuncio del Vangelo; 2. Siamo capaci, a nostra volta, di dar fiducia alle persone? Riusciamo, a un certo punto, a staccarci perché gli altri crescano? È difficile assumersi la responsabilità della vita dell'altro; ancor più duro è lasciargli una libertà reale.
Chiediamo al Signore il dono di essere una Chiesa adulta che, pur con le sue fatiche, sa dare libertà e ha il coraggio d'essere testimone.
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