V Domenica di Pasqua (C)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 5/2019)



ANNO C – 19 maggio 2019
V Domenica di Pasqua

Atti 14,21b-27 • Salmo 144 • Apocalisse 21,1-5a • Giovanni 13,31-33a.34-35
(Visualizza i brani delle Letture)

IL SEGNO DELL'AMORE PER GLI ALTRI

Il Vangelo di oggi ci parla del "segno" dell'amore per gli altri. Si tratta del comandamento nuovo che Gesù ci ha lasciato, il cuore della vita cristiana. Il discepolo di Gesù, infatti, non si distingue perché prega o perché fa miracoli, né perché ha una sapienza raffinata. Si distingue perché ama, ama come Gesù! Amarsi gli uni gli altri vuol dire essere segno della vita nuova, presente in ciascuno di noi che aderisce a Cristo. Si tratta di fare comunione nelle relazioni, perché non vinca lo spirito di inimicizia e separazione. Se vogliamo vivere la nostra condizione di famiglia e di vita nella comunione, dobbiamo amarci a vicenda. Ogni tipo di vita costruisce una comunione solo attraverso l'amore reciproco.
Il male che è in noi ci rimanda all'egoismo che ci abita e che può diventare violenza, bisogno di possesso contro gli altri, incapacità di comunicare e vivere. L'esperienza concreta dell'amore reciproco, trova nel perdono una delle concretizzazioni più significative. Gesù era venuto come agnello di Dio che toglie i peccati del mondo e questo rende i cristiani abilitati a perdonare i peccati degli altri.
Inutile che ciascuno di noi chieda a Dio di perdonare i peccati se noi non li perdoniamo. Anche la riconciliazione che facciamo è distorta se pensiamo che basti chiedere perdono a Dio, ma dimentichiamo il Padre nostro, quando dice che noi riceviamo il perdono nella misura in cui lo doniamo: «Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori».
Non illudiamoci: sarebbe una scorciatoia troppo facile dire che basta confessare il peccato e invocare la sua misericordia. Questo mandato di perdonare è dato a ogni cristiano. Ed è veramente ciò che edifica la comunità, in tutte le sue forme. La misericordia è un esercizio che noi prima di tutto dobbiamo fare verso gli altri. La vita ordinaria chiede la misericordia: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Fa molta impressione questo sbilanciamento di Gesù verso l'amore per gli altri, quasi dimenticandosi dell'amore per Dio.
Comprendiamo allora la parola di Gesù che dice ai suoi che per il momento non possono seguirlo, perché abbracciare questa logica significa decidere di giocare tutta la vita e quindi attraversare la morte. Qui è evidente come l'essere cristiani sia molto bello e, al tempo stesso, molto esigente, perché è un modo di pensare che diventa un modo di vivere.

Questo è vero prima di tutto nelle nostre relazioni. L'amore per l'altro è possibile, è alla nostra portata. È l'esperienza cui siamo chiamati, non perché facciamo finta di non vedere quello che non va, ma perché smettiamo di guardare l'altro con occhio cattivo e giudicante. E diventiamo capaci, con franchezza e per amore, di dire il nostro pensiero senza cadere in permalosità e infantilismi. Finché nelle nostre relazioni non attraversiamo la delusione dell'altro e abbandoniamo l'illusione di poterlo cambiare, non approderemo all'esperienza dell'amore. Nella vita familiare e comunitaria non è forse così? Cambiare l'altro non è possibile, si può, però, cambiare il modo di guardarlo.


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