Battesimo del Signore (C)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 1/2019)



ANNO C – 13 gennaio 2019
Battesimo del Signore

Isaia 40,1-5.9-11 • Salmo 103 • Tito 2,11-14;3,4-7 • Luca 3,15-16.21-22
(Visualizza i brani delle Letture)

LA FEDE È RELAZIONE, NON MAGIA

Per comodo, per cattiva educazione, per mancata catechesi o semplicemente perché la fede è l'ultima preoccupazione della nostra vita, spesso trasformiamo i sacramenti in una magia, come se tutto avvenisse automaticamente nel momento in cui si mette piede in chiesa. Tuttavia le cose non stanno affatto così: i sacramenti non sono una magia, ma un atto di relazione.
I sacramenti sono un impegno che Dio assume con noi, un momento in cui Dio ci riconosce come figli e in cui a noi è dato di scoprire questo dono, di accoglierlo e di poter sentire una voce che ci dice: «Sì, sei figlio, sei amato!». Se noi accogliamo il dono dell'amore che lui ci offre e diciamo il nostro "sì" allora veniamo trasformati dai sacramenti; se invece li riceviamo e non vi diamo alcuna continuità, la relazione appassisce e non fa crescere nulla in noi.
Il vangelo di Luca, con questo racconto un po' paradossale nel quale non viene raccontato il battesimo di Gesù, ma lo dà per compiuto, ci aiuta a capire che i sacramenti non sono magia. Racconta infatti che: «Mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese su di lui lo Spirito santo [...] e venne una voce dal cielo: Tu sei mio figlio, l'amato». Dunque lo Spirito scende su di lui "mentre stava in preghiera" e lì, durante quella esperienza, Gesù sente la voce che lo chiama "figlio amato". Gesù non riceve lo Spirito durante il rito, ma dopo di esso. Non mentre riceve il battesimo, ma mentre si ferma in preghiera dopo aver compiuto questo gesto.
Non vi è nulla di magico in quanto accade a Gesù: non c'è la coincidenza tra battesimo e dono dello Spirito. Ma piuttosto vi è un itinerario che inizia con il battesimo, prosegue con la preghiera, cioè la ricerca, l'attesa, l'invocazione, ed ecco il dono dello Spirito. Non è il rito che salva, ma il suo prolungarsi nella vita nell'impegno per interiorizzarlo e farlo proprio.

Registrando i sacramenti su un enorme libro dell'archivio parrocchiale, noi li riduciamo a un atto giuridico, a un'iscrizione canonica, dimenticandoci che non abbiamo automaticamente il dono dello Spirito e che possiamo continuare a vivere una vita da orfani o da schiavi benché battezzati. Finché non riscopriamo che essi sono gesti di Dio che attendono i gesti dell'uomo, noi abbruttiamo i sacramenti rendendoli impersonali, convenzionali, come tante volte vediamo nelle chiese.
E quanta ambiguità abbiamo noi verso Dio! Noi vogliamo essere figli amati e stimati. Ma poi siamo sopraffatti da un altro desiderio, che confligge con questo: vogliamo essere lasciati in pace. Anche da Dio! Vorremmo essere amati senza che questo ci impegnasse, senza che questo significasse da parte nostra una passione, una lotta, un atto di coraggio. Vogliamo una fede rassicurante, non appassionante! Ma se accettiamo di essere amati le cose non staranno più come prima: accettare una relazione cambia la vita, fa assumere responsabilità, aumenta il dolore. Ecco perché è più facile vivere i sacramenti come atti magici oppure come riti amministrativi piuttosto che gesti di relazione. Perché vogliamo saperci figli di Dio senza avere l'onere di esserlo davvero.


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