a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 11/2018)
ANNO C – 2 dicembre 2018
I Domenica di Avvento
Geremia 33,14-16 • Salmo 24 • 1 Tessalonicesi 3,12-4,2 • Luca 21,25-28.34-36
(Visualizza i brani delle Letture)
I Domenica di Avvento
Geremia 33,14-16 • Salmo 24 • 1 Tessalonicesi 3,12-4,2 • Luca 21,25-28.34-36
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LOTTARE CONTRO LA PESANTEZZA DEL CUORE
Il tempo dell'Avvento inizia sempre parlandoci della fine dei tempi con un linguaggio che, nel nostro immaginario, evoca scene terribili. Esso, però, non ha il compito di spaventare; è piuttosto un modo con cui il Signore parla della nostra vita presente, più precisamente del momento in cui il nostro mondo va in crisi. Tutti noi attraversiamo momenti di crisi, in cui pare che quanto abbiamo costruito finisca in pezzi e tutte le strade davanti a noi siano sbarrate. Tali momenti non segnano solo la fine, ma possono essere anche il punto di partenza per imparare a radicarci in ciò che è essenziale, la promessa di Dio. Quando sentiamo crollare il nostro mondo, l'angoscia non è l'unico esito; è possibile alzare il capo.
Gesù chiede di stare attenti, di prendere coscienza di noi stessi, di vigilare: in altre parole, di vivere da svegli. L'atteggiamento è quello delle sentinelle, che stanno in piedi scrutando l'orizzonte. Solo se noi siamo così possiamo avere la forza di sfuggire a ciò che deve succedere e di presentarci in piedi, con dignità, alla presenza del Figlio dell'uomo. Se siamo addormentati, schiacciati sul presente, allora le cose che arriveranno (gli imprevisti, le disgrazie), ci schiacceranno, lasciandoci dentro un'angoscia mortale.
Questo appello del Signore ci pone una domanda centrale: in questo momento della vita mi sento sveglio o addormentato? C'è un'attesa che mi tiene attento o sono appesantito, schiacciato sull'oggi? Vivo il mio tempo lasciandolo passare, senza pensare? Ecco la domanda di fondo dell'Avvento.
Il Vangelo, poi, è ancora più concreto: parla di ciò che appesantisce la nostra vita e di quanto invece ci aiuta a vivere da svegli. Tre cose si appoggiano come un peso opprimente sul cuore soffocandoci: dissipazioni (cioè crapule, quando uno mangia fino a scoppiare), ubriachezze e affanni della vita (preoccupazioni per le banalità di tutti i giorni). Sono modi per dire che noi ci appesantiamo quando non siamo più capaci di lasciare uno spazio vuoto, quando siamo famelici in tutti i sensi, quando viviamo il bisogno ossessivo di riempire; oppure quando ci stordiamo, come da ubriachi, dove uno pensa di star meglio perché perde lucidità; infine, quando la nostra testa è completamente occupata dalle piccole cose di tutti i giorni e l'orizzonte si restringe sempre più.
L'alternativa è la preghiera: vigilate pregando. Perché la preghiera? Qui non si tratta di "dire le preghiere", vi è qualcosa di più profondo. La preghiera è pensare alla direzione della propria vita, lasciare uno spazio in cui ognuno può fare unità con sé, davanti al Signore. La preghiera, se fatta con verità, diviene luogo per la presenza intima di Dio, il quale parla nel nostro cuore e ci chiama. Questa preghiera dà forza, permette di avere la testa alta per guardare più avanti, di coltivare speranza e senso. E si oppone a tutto ciò che invece ci schiaccia sulle cose di oggi, facendoci addormentare. È grazie alla preghiera che noi possiamo vivere gli stravolgimenti della vita e del mondo senza morire di paura. Chiediamo al Signore di vivere questo tempo da svegli, facendogli spazio e non lasciando ci appesantire il cuore.
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