Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.
ANNO C - Pasqua di Risurrezione
«DOMENICA DELLA RESURREZIONE DEL SIGNORE»
Atti 10,34a.37-43 • Sal 117 • Colossesi 3,1-4 [1Corinzi 5,6-8] • Giovanni 20,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)
1. Da morte a vita (Agostino, dalle "Lettere", Ep. 55,1,2-2,3; 3,5)
2. Chiesa e Sinagoga (Gregorio Magno, Hom. 22,2-3)
3. La Legge, i profeti, Cristo (Gregorio di Nazianzo, II orat. in S. Pascham, 23-25
4. La festa degli uomini e la festa eterna (Gregorio Magno, Hom. 26, 10-11)
5. La felicità e lo splendore della nuova terra (Ireneo di Lione, Contro le eresie, 5,34-35)
6. Gioia pasquale (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 14,1)
7. Passa la figura di questo mondo (Ireneo di Lione, Contro le eresie, 5,36)
8. «La vostra gioia, nessuno ve la toglierà» (Giovanni Crisostomo, Omelie sulle statue, 16,6)
9. Nessuna lingua può esprimere la gioia del cielo (Gregorio Magno, Omelia per la festa di un santo martire)
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Da morte a vita
Noi celebriamo la Pasqua in modo che non solo rievochiamo il ricordo d'un fatto avvenuto, cioè la morte e la risurrezione di Cristo, ma lo facciamo senza tralasciare nessuno degli altri elementi che attestano il rapporto ch'essi hanno col Cristo, ossia il significato dei riti sacri celebrati. In realtà, come dice l'Apostolo: Cristo morì a causa dei nostri peccati e risorse per la nostra giustificazione (Rm 4,25) e pertanto nella passione e risurrezione del Signore è insito il significato spirituale del passaggio dalla morte alla vita. La stessa parola Pascha non è greca, come si crede comunemente, ma ebraica, come affermano quelli che conoscono le due lingue; insomma il termine non deriva da passione, ossia sofferenza, per il fatto che in greco patire si dice πασκειν, ma dal fatto che si passa, come ho detto, dalla morte alla vita, com'è indicato dalla parola ebraica: in questa lingua infatti passaggio si dice Pascha, come affermano i dotti. A cos'altro volle accennare lo stesso Signore col dire: Chi crede in me, passerà dalla morte alla vita (Gv 5, 24).
Si comprende allora che il medesimo evangelista volle esprimere ciò specialmente quando, parlando del Signore che si apprestava a celebrare la Pasqua coi discepoli, dice: Avendo Gesù visto ch'era giunta l'ora di passare da questo mondo al Padre etc. (Gv 13,1).
Nella passione e risurrezione del Signore vien messo dunque in risalto il passaggio dalla presente vita mortale a quella immortale, ossia il passaggio dalla morte alla vita.
Presentemente noi compiamo questo passaggio per mezzo della fede, che ci ottiene il perdono dei peccati e la speranza della vita eterna, se amiamo Dio e il prossimo, in quanto la fede opera in virtù della carità (Gal 5,1) e il giusto vive mediante la fede (Gal 2,4). Ma vedere ciò che si spera, non è sperare: ciò che infatti si vede, perché sperarlo? Se invece speriamo ciò che non vediamo, lo aspettiamo con paziente attesa (Rm 8,24). In conformità a questa fede, speranza e carità, con cui abbiamo cominciato a vivere nella grazia, già siamo morti insieme con Cristo e col battesimo siamo sepolti con lui nella morte (2Tim 2,12; Rm 6,4), come dice l'Apostolo: Poiché il nostro uomo vecchio fu crocifisso con lui (Rm 6,6); e siamo risorti con lui, poiché ci risuscitò insieme con lui, e ci fece sedere nei cieli insieme con lui (Ef 2,6). Ecco perché l'Apostolo ci esorta: Pensate alle cose di lassù, non alle cose terrene (Col 3,1,2). Ma poi soggiunge dicendo: Poiché voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo, vostra vita, comparirà, allora voi apparirete con lui vestiti di gloria (Col 3,3); con ciò c'indica chiaramente che vuol farci capire come adesso il nostro passaggio dalla morte alla vita (che avviene in virtù della fede) si compie mediante la speranza della futura risurrezione e della gloria finale, quando cioè questo elemento corruttibile, ossia questo corpo in cui ora gemiamo, si rivestirà dell'immortalità (1Cor 15,33).
Il rinnovamento della nostra vita è pertanto il passaggio dalla morte alla vita, che s'inizia in virtù della fede, affinché nella speranza siamo contenti e nella sofferenza siamo pazienti, benché il nostro uomo esteriore si vada disfacendo mentre quello interiore si rinnova di giorno in giorno (2Cor 4, 16). Proprio in vista della nuova vita e dell'uomo nuovo di cui ci si comanda di rivestirci (Col 3,9s.). Spogliandoci di quello vecchio, purificandoci dal vecchio fermento per essere una pasta nuova, essendo già stato immolato Cristo, nostra Pasqua (1Cor 5, 7), proprio in vista di questo rinnovamento della vita è stato stabilito per questa celebrazione il primo mese dell'anno, che perciò si chiama il mese dei nuovi raccolti (Es 23,15). Inoltre poiché nel volgere dei secoli è adesso apparsa la terza epoca, la risurrezione del Signore è avvenuta dopo tre giorni. La prima epoca infatti è quella anteriore alla Legge, la seconda quella della Legge, la terza quella della Grazia, in cui si rivela il piano misterioso di Dio prima nascosto nell'oscurità delle profezie. Ciò è dunque indicato pure dal numero dei giorni d'ogni fase lunare poiché nelle Scritture il numero sette suol essere simbolo di una certa perfezione e perciò la Pasqua si celebra la terza settimana della luna cioè nel giorno che cade tra il quattordici e il ventuno del mese.
(Agostino, dalle "Lettere", Ep. 55,1,2-2,3; 3,5)
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2. Chiesa e Sinagoga
La lettura del santo Evangelo che or ora avete ascoltato, fratelli, è molto chiara nel suo aspetto storico, ma noi dobbiamo scrutarne brevemente i misteri. "Maria Maddalena si recò al sepolcro quand'era ancor buio" (Gv 20,1). In relazione alla storia è indicata l'ora, mentre in relazione al senso mistico è sottolineata l'intenzione di colei che cercava. Maria infatti cercava il Creatore di tutti, che aveva visto morto nella carne; lo cercava nel sepolcro; e siccome non lo trovò, ritenne che lo avessero rubato. "Si recò al sepolcro quand'era ancora buio". Corse in tutta fretta, e portò la notizia ai discepoli. Ma tra quelli corsero coloro che avevano amato più degli altri: Pietro e Giovanni. "Correvano insieme tutti e due, ma Giovanni corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro" (Gv 20,4); tuttavia non osò entrare per primo. Venne poi anche Pietro, "ed entrò" (Gv 20,6). Qual è, fratelli, il significato di questa corsa? Si può credere che una descrizione dell'evangelista così dettagliata sia priva di significati mistici? Niente affatto! Giovanni non avrebbe detto che era arrivato primo e non era entrato, se non avesse creduto che in quella sua trepidazione era contenuto un mistero. Cos'altro rappresenta Giovanni se non la Sinagoga, e cosa Pietro se non la Chiesa? Non sembri strano che il più giovane raffiguri la Sinagoga, mentre il più vecchio raffigura la Chiesa, perché se è vero che al culto di Dio venne prima la Sinagoga che non la Chiesa dei pagani, è vero anche che nella realtà della storia umana viene prima la moltitudine dei pagani che non la Sinagoga, come afferma Paolo, che dice: "Non è prima ciò che è spirituale, bensì ciò che è animale" (1Cor 15,46). Perciò il più vecchio, Pietro, rappresenta la Chiesa dei pagani, mentre il più giovane, Giovanni, rappresenta la Sinagoga dei Giudei. Corsero insieme tutti e due, perché dal loro inizio sino alla fine il paganesimo e la Sinagoga corsero con pari e comune via, se non con pari e comune sentimento.
La Sinagoga giunse per prima al sepolcro, ma non entrò, perché pur avendo ricevuto i comandamenti della legge e udito le profezie sulla Incarnazione e Passione del Signore, non volle credere in un morto. Giovanni, dunque, "vide le bende per terra, ma non entrò" (Gv 20,5); perché la Sinagoga, pur conoscendo gli obblighi della Sacra Scrittura, tuttavia indugiò, nel credere, a giungere alla fede nella Passione del Signore. Colui che da tanto tempo aveva profetato, lo vide presente, e pure negò [di credere in lui]; lo disprezzò in quanto uomo, non volle credere che Dio avesse assunto la carne mortale. Così facendo, corse più veloce, e tuttavia rimase incredula davanti al sepolcro: "Giunse intanto Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro" (Gv 20,6): cioè la Chiesa dei pagani, pur venendo dopo, nel Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo, riconobbe colui che era morto secondo la carne e lo adorò come Dio vivo.
(Gregorio Magno, Hom. 22,2-3)
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3. La Legge, i profeti, Cristo
Ecco ciò che vuole per noi la Legge, nostro pedagogo (cf. Gal 3,24); ecco ciò che vogliono i profeti, che si collocano tra la Legge e Cristo; ecco ciò che vuole Cristo, che compie la legge spirituale di cui è il termine (cf. Eb 12,2); ecco ciò che vuole questa divinità che si è annientata (cf. Fil 2,7); ecco ciò che vuole la carne assunta; ecco ciò che vuole questa nuova mescolanza di Dio e dell'uomo dove la dualità sfocia nell'unità e dove l'unità introduce la dualità. Ecco perché Dio si è fuso nella carne per l'intermediario dell'anima, e perché delle realtà separate sono state legate dalla parentela che questo intermediario aveva con ambedue. A causa di tutti, e in particolare a causa dell'unico antenato, tutto si è orientato verso l'unità: l'anima a causa di quella che aveva disobbedito, la carne a causa di quella che aveva collaborato e aveva condiviso la condanna - la prima a causa di un'anima e la seconda a causa di una carne -,e Cristo, più forte e più in alto del peccato, a causa di Adamo caduto in potere del peccato.
Ecco perché il nuovo è stato sostituito al vecchio e perché colui che aveva provato la passione è stato ristabilito dalla Passione nel suo stato primiero: per ogni cosa nostra è stata data in cambio ogni cosa di colui che è al di sopra di noi, e l'economia della bontà verso colui che la sua disobbedienza aveva fatto cadere si è trasformata in un nuovo mistero. Ecco l'origine della Natività e della Vergine, l'origine della greppia e di Betlemme. La creazione spiega la Natività, la donna spiega la Vergine. Il motivo di Betlemme è l'Eden; il motivo della greppia è il Paradiso. Ciò che è grande e nascosto rende conto di ciò che è piccolo e visibile. Ecco perché gli angeli proclamano la gloria dell'essere celeste e poi terrestre; perché i pastori vedono la gloria di colui che è agnello e pastore; perché la stella mostra la via; perché i Magi si prostrano recando doni per distruggere il culto degli idoli. Ecco perché Gesù è battezzato, riceve testimonianza dall'alto, giovane, è tentato e trionfa da trionfatore. Ecco perché i demoni sono cacciati, i malati guariti, il grande annuncio affidato ai piccoli e da essi portato felicemente a termine.
Ecco perché le nazioni fremono e i popoli meditano vani progetti (cf. Sal 2,1); ecco perché il legno si erge contro il legno e le mani contro la mano (cf. Gen 3,24): quelle che si sono tese generosamente si oppongono a quella che si è fatta avanti senza ritegno, quelle che sono state inchiodate a quella che si è aperta, quelle che uniscono le estremità della terra a quella che ha cacciato Adamo. Ecco perché l'elevazione si oppone alla caduta, il fiele al gusto, la corona di spine all'impero del male, la morte alla morte; ecco perché le tenebre si diffondono a causa della luce, la tomba si oppone al ritorno alla polvere e la risurrezione risponde all'insurrezione. Tutto ciò era per Dio un mezzo per educarci e guarire la nostra debolezza ristabilendo il vecchio Adamo nello stato da cui era caduto e conducendolo presso "l'albero della vita" (Gen 2,9) da cui l'albero della conoscenza, a causa del suo frutto preso intempestivamente e svantaggiosamente, ci aveva separati.
(Gregorio di Nazianzo, II orat. in S. Pascham, 23-25)
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4. La festa degli uomini e la festa eterna
Ecco, noi stiamo celebrando le feste pasquali; ma dobbiamo vivere in modo tale da meritare di giungere alla festa eterna. Passano tutte le feste che si celebrano nel tempo. Cercate, voi che siete presenti a queste solennità, di non essere esclusi dalla solennità eterna. Cosa giova partecipare alle feste degli uomini, se poi si è costretti ad essere assenti dalle feste degli angeli? La presente solennità è solo un'ombra di quella futura. Noi celebriamo questa una volta l'anno per giungere a quella che non è d'una volta l'anno, ma perpetua. Quando, al tempo stabilito, noi celebriamo questa, la nostra memoria si risveglia al desiderio dell'altra. Con la partecipazione, dunque, alle gioie temporali, l'anima si scaldi e si accenda verso le gioie eterne, affinché goda in patria quella vera letizia che, nel cammino terreno, considera nell'ombra del gaudio. Perciò, fratelli, riordinate la vostra vita e i vostri costumi. Pensate come verrà severo, al giudizio, colui che mite risuscitò da morte. Certamente nel terribile giorno dell'esame finale egli apparirà con gli angeli, gli arcangeli, i troni, le dominazioni, i principati e le potestà, allorché i cieli e la terra andranno in fiamme e tutti gli elementi saranno sconvolti dal terrore in ossequio a lui. Abbiate davanti agli occhi questo giudice così tremendo; temete questo giudice che sta per venire, affinché, quando giungerà, lo possiate guardare non tremanti ma sicuri. Egli infatti dev'essere temuto per non suscitare paura. Il terrore che ispira ci eserciti nelle buone opere, il timore di lui freni la nostra vita dall'iniquità. Credetemi, fratelli: più ci affannerà ora la vista delle nostre colpe, più saremo sicuri un giorno alla sua presenza.
Certamente, se qualcuno di voi dovesse comparire in giudizio dinanzi a me domani insieme al suo avversario, passerebbe tutta la notte insonne, pensando con animo inquieto a cosa gli potrebbe essere detto, a come controbattere, verrebbe assalito da un forte timore di trovarmi severo, avrebbe paura di apparirmi colpevole. Ma chi sono io? o cosa sono io? Io, tra non molto, dopo essere stato un uomo, diventerò un verme, e dopo ancora, polvere. Se dunque con tanta ansia si teme il giudizio della polvere, con quale attenzione si dovrà pensare, e con quale timore si dovrà prevedere il giudizio di una cosí grande maestà?
(Gregorio Magno, Hom. 26,10-11)
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5. La felicità e lo splendore della nuova terra
Ezechiele annuncia chiaramente la gioia alla risurrezione dei giusti, dicendo: Ecco, aprirò i vostri sepolcri e vi farò uscire dalle vostre tombe; libererò il mio popolo dalle sepolture. Vi darò lo spirito e vivrete; vi stabilirò sulla vostra terra, e comprenderete che io sono il Signore (Ez 37,12-14). E ancora: Questo dice il Signore: «Raccoglierò Israele da tutte le genti ove è stato disperso, e mostrerò la mia grandezza in loro, al cospetto di tutti gli uomini. Li farò abitare sulla loro terra che diedi a Giacobbe mio servo, vi dimoreranno nella speranza, edificheranno case, pianteranno vigne, vi dimoreranno sicuri, il giorno in cui farò giustizia di tutti coloro che li avevano disprezzati, di tutti coloro che li circuivano, ed essi conosceranno che io sono il Signore, il loro Dio, che sono il Dio dei loro padri (Ez 28,25-26).
Isaia dichiara che, per volere di Dio, ogni creatura crescerà e prospererà, per portare frutti e nutrimento tanto abbondanti: Su ogni monte eccelso, su ogni colle elevato scorrerà acqua in quei giorni, molti periranno e le mura saranno distrutte. La luce della luna sarà come la luce del sole, il giorno sarà sette volte più chiaro, quando il Signore curerà l'afflizione del suo popolo, e ne guarirà le piaghe dolorose (Is 30,25-26). Il dolore di queste piaghe è quello con cui fu afflitto l'uomo che all'inizio disobbedì in Adamo, cioè la morte, da cui Dio ci guarirà risuscitandoci alla vita e restituendoci all'eredità dei padri, come dice Isaia: Avrai fiducia nel Signore ed egli ti farà entrare nella sua terra ti darà il cibo colto dal terreno ereditato da Giacobbe, padre tuo (Is 58,14).
Tutto ciò viene espresso anche dal detto del Signore: Beati quei servi che il Signore, di ritorno, troverà vigilanti. Vi dico in verità che egli si cingerà, li farà accomodare e passerà a servirli. E se verrà alla veglia vespertina e li troverà vigilanti, beati loro, perché li farà accomodare e li servirà. E anche se verrà alla seconda o alla terza veglia, sono beati (Lc 12,37-38). E anche Daniele ripete ciò: Il dominio, la potenza, l'onore è stato dato ai santi del Dio altissimo; il suo regno è eterno e tutti i prìncipi lo serviranno e gli obbediranno (Dn 7,27). E perché non si creda che questa promessa si riferisca ai nostri tempi, il profeta aggiunge: E tu va' alla fine e riposa; poi sorgerai per ricevere la tua sorte alla fine dei giorni (Dn 12,13).
Ora, le promesse sono state fatte non solo ai profeti e ai patriarchi, ma anche alle Chiese radunate tra le genti, Chiese che lo Spirito Santo chiama isole, perché, esposte alle tempeste delle bestemmie, sono porto di salvezza ai naviganti in pericolo, e offrono rifugio a chi ama le altezze e si sforza di fuggire l'abisso dell'errore. Dice infatti Geremia: Udite, o genti, la parola di Dio e fatela sentire alle isole più lontane. Dite: «Colui che ha disperso Israele, ora lo custodisce come un pastore il suo gregge». Infatti il Signore ha redento Giacobbe, lo ha liberato dalle mani di uno più forte. Verranno festanti al monte di Sion, raggianti di gioia per i beni del Signore; per il frumento, per il vino, per l'olio, per i parti dei greggi e degli armenti. Il loro animo sarà come un albero fruttuoso e non avranno afflizione. Allora si allieterà nella danza la vergine, i giovani e i vecchi godranno; muterò il loro lutto in gioia, li riempirò di letizia, li glorificherò e impinguerò l'animo dei sacerdoti figli di Levi, e il mio popolo si sazierà dei miei beni (Ger 31,10-14).
Sul regno dei santi dice Geremia: Guarda a oriente, Gerusalemme, e vedi la gioia che ti viene proprio da Dio. Ecco, tornano i tuoi figli che hai redento, si radunano tutti, dall'oriente all'occidente, alla sua santa parola, lieti per lo splendore del tuo Dio. Togli, o Gerusalemme, l'abito del tuo lutto e del tuo dolore; vestiti della magnificenza che ti viene dal tuo Dio, dello splendore eterno; indossa il doppio abito della giustizia di Dio e mettiti sul capo la mitra di una gloria eterna. Dio mostrerà a chiunque sia sotto il cielo tutto il tuo fulgore; egli, per sempre ti chiamerà col nome: «Pace-al-giusto» e «Gloria-a-chi-onora-Dio». Sorgi, Gerusalemme, sali in alto e guarda a oriente; vedi i tuoi figli radunati dal sorgere del sole fino all'occidente, nella sua santa parola, lieti perché Dio si è ricordato di loro. Erano partiti a piedi da te, quando i nemici li deportarono. Dio li condurrà a te portati con gloria, come su trono regale. Egli infatti ha decretato che ogni monte eccelso sia spianato, che le valli siano riempite, perché il cammino sia piano e Israele vi proceda sicuro, a gloria di Dio. Anche le selve e ogni albero odoroso spanderanno ombra a Israele, per comando di Dio. Dio infatti precederà nella gloria del suo splendore, insieme con la misericordia e la giustizia che vengono da lui (Bar 4,36-5,9).
Queste, e tutte le espressioni simili, non si possono intendere di ciò che sta al di sopra dei cieli; infatti si dice: «Il Signore mostrerà a chiunque sta sotto il cielo tutto il suo fulgore». Si tratta invece del tempo del regno, quando la terra sarà rinnovata da Cristo, quando Gerusalemme sarà riedificata sul modello della Gerusalemme di lassù... Giovanni nell'Apocalisse l'ha vista discendere, tutta nuova sulla terra... Vidi un cielo nuovo e una terra nuova; il cielo e la terra di prima, infatti, erano spariti, e anche il mare non era più. E vidi la città santa, la Gerusalemme nuova, che discendeva dal cielo, preparata come sposa adorna per il suo sposo. E udii una gran voce dal trono che diceva: «Ecco la tenda di Dio tra gli uomini; egli abiterà con loro: essi saranno il suo popolo, e Dio stesso sarà il loro Dio. Egli cancellerà ogni lacrima dai loro occhi, non vi sarà più morte, non più lutto o gemito, non vi sarà più dolore, perché tutto ciò che era prima è passato» (Ap 21,1-4).
Lo stesso ripete anche Isaia: Vi sarà infatti un cielo nuovo e una terra nuova; non si ricorderanno più del passato, che più non li affliggerà in cuor loro, in essa avranno letizia ed esultanza (Is 65,17-18). Non si può affatto dare un'interpretazione allegorica a ciò: tutto è certo, è vero, è concreto, ed è stato voluto da Dio per la gloria degli uomini giusti. Come è veramente Dio che fa risuscitare l'uomo, così è veramente l'uomo che risuscita dai morti; non in modo allegorico, come abbiamo ripetutamente mostrato. E come risorge veramente, così veramente si allenerà all'incorruttibilità, aumenterà e si rinvigorirà, nel tempo del Regno, per potere accogliere poi la gloria del Padre. Quando poi tutto sarà rinnovato, egli abiterà veramente nella città di Dio.
(Ireneo di Lione, Contro le eresie, 5,34-35)
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6. Gioia pasquale
Esulta, Gerusalemme e rallegratevi voi tutti che amate Gesù: è risorto, infatti. Gioite, voi che dianzi eravate tutti in lutto (Is 66,10): chi, infatti, fu in questa città disonorato, è stato nuovamente richiamato in vita. Come dunque aveva recato una certa tristezza l'annuncio della croce, così ora la buona novella della risurrezione sia fonte di esultanza per i presenti. Si muti in gioia il dolore, il pianto in letizia (cf. Sal 29,12); la nostra bocca si riempia di gaudio e di tripudio (cf. Sal 70,8), secondo l'invito di colui che, dopo la sua risurrezione, disse: Esultate (Mt 28,9). Io so quanto hanno sofferto nei giorni scorsi coloro che amano il Cristo, allorché le mie prediche terminavano con la morte e la sepoltura... Il morto, però, è risorto: libero fra i morti (Sal 87,6) e liberatore dei morti. Colui che aveva tollerato l'oltraggio di venir cinto d'una corona di spine, si fregiò, risorgendo, con il diadema della propria vittoria sulla morte.
(Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 14,1)
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7. Passa la figura di questo mondo
La sostanza, la realtà del creato non viene distrutta (è vero e saldo colui che l'ha costituita), ma passa la figura di questo mondo (1Cor 7,31), quello cioè in cui vi è stato il peccato, e nel quale l'uomo è invecchiato. Per questo la «figura di questo mondo» è temporanea, secondo il volere di Dio che tutto sa... Quando questa figura se ne sarà passata, quando l'uomo sarà stato rinnovato e sarà maturo per l'incorruttibilità, quando cioè non potrà più invecchiare, allora vi sarà un cielo nuovo e una terra nuova, in cui l'uomo resterà per sempre, sempre conversando con Dio. Tutto ciò durerà in eterno; per questo dice Isaia: Come infatti il cielo nuovo e la terra nuova che io faccio dura per sempre al mio cospetto, dice il Signore, così durerà la vostra discendenza e il vostro nome (Is 66,22).
Dicono gli anziani che coloro, i quali saranno degni della conversazione celeste, se ne andranno lassù, cioè nei cieli; alcuni godranno le gioie del paradiso, altri gioiranno per la bellezza della città; ovunque si vedrà il Signore, come ciascuno sarà degno di vederlo. Vi è differenza infatti in quella santa dimora fra chi avrà portato il cento per cento di frutti, chi il sessanta e chi il trenta per cento... Per questo ha detto il Signore che presso il Padre vi sono molte dimore. Tutto è proprietà di Dio, il quale prepara per ciascuno il luogo adatto. Come dice il suo Verbo, il Padre dà a ciascuno i suoi beni a seconda che ciascuno ne è o ne sarà degno. E' questo il triclinio in cui si adageranno coloro che saranno invitati alle nozze.
E questo è l'ordine, la disposizione di coloro che si salveranno – come dicono gli anziani discepoli degli apostoli. E nei gradi di questo ordine essi avanzano e accedono per opera dello Spirito al Figlio; per opera del Figlio ascendono al Padre, poiché il Figlio cede al Padre la sua opera, come dice l'Apostolo: Infatti è necessario che egli regni, fino a quando avrà posto tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. Alla fine sarà distrutta la morte nemica (1Cor 15,25-26). Nel tempo del regno l'uomo giusto che vivrà sulla terra si dimenticherà ormai della morte. Ma quando la Scrittura dice che tutto gli sarà soggetto, esclude evidentemente colui che tutto assoggetta. Quando poi tutto a lui sarà assoggettato, allora egli stesso, il Figlio, si assoggetterà a colui che tutto gli ha assoggettato, affinché Dio sia tutto in tutti (1Cor 15,27-28).
Giovanni ha previsto con tutta esattezza la prima risurrezione dei giusti e come essi erediteranno la terra del regno; i profeti hanno parlato in pieno accordo con lui. Ciò è stato insegnato anche dal Signore, che ha promesso di mescere con i suoi discepoli un nuovo calice nel regno. L'Apostolo ha proclamato che tutto il creato sarà libero dalla schiavitù della corruzione, per la libertà della gloria che godranno i figli di Dio. E in tutto ciò e per tutto ciò si manifesta un unico e identico Padre, che ha plasmato l'uomo, che ha promesso ai padri la terra in eredità e che la donerà loro, alla risurrezione dei giusti, adempiendo le sue promesse nel regno del Figlio suo; e donerà loro con bontà paterna i beni che occhio non vide, orecchio non udì e cuore d'uomo mai sospettò (1Cor 2,9). Uno è il Figlio che ha adempiuto la volontà del Padre, uno è il genere umano in cui si realizzano i misteri di Dio, misteri che gli angeli desiderano vedere (1Pt 1,12), perché non possono sondare la sapienza divina, sapienza per cui la creatura di Dio giunge a perfezione, conformandosi e unendosi in un solo corpo al Figlio. La divina progenie, il Verbo primogenito discende nella creatura, nel plasma umano, e viene da questo accolto; la creatura dall'altro lato accoglie il Verbo e ascende a lui, sale al di sopra degli angeli e viene ad essere realmente a immagine e somiglianza di Dio.
(Ireneo di Lione, Contro le eresie, 5,36)
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8. «La vostra gioia, nessuno ve la toglierà»
Di nuovo vi vedrò e gioirete, e la vostra gioia nessuno ve la toglierà (Gv 16,22). Sono parole brevi, ma ricche d'immensa consolazione. Ma che significa: «La vostra gioia nessuno ve la toglierà»? Se possiedi delle ricchezze, molti possono toglierti la gioia che ne deriva: il ladro che fora la parete, lo schiavo che si impossessa di ciò che gli hai affidato, il re che te le confisca, l'invidioso che tenta di danneggiarti. Se hai autorità, molti possono toglierti la gioia che ne deriva; finito il potere, è finito il piacere; anzi, durante l'esercizio stesso del potere succedono molti fatti che creano difficoltà e preoccupazioni che limitano la tua gioia. Se hai la salute del corpo, una malattia che sopraggiunge ti toglie la gioia che ne deriva; se hai bellezza e avvenenza, viene la vecchiaia che ti appassisce e te ne toglie la gioia; se godi di una tavola riccamente imbandita, viene la sera e fa cessare la gioia del convito. Ogni bene di questa vita è estremamente vulnerabile, e non può procurarci una gioia duratura.
Ma la pietà, le virtù interiori, operano precisamente il contrario. Se fai dell'elemosina, nessuno può togliertene il merito: anche se un esercito, se un re, se mille delatori o insidiatori ti circondassero ovunque, non possono privarti della ricchezza che tu hai riposto nei cieli, e la gioia che ne deriva dura in eterno. E' scritto infatti: Ha fatto elargizioni e ha fatto doni ai poveri: la sua giustizia resta nei secoli (Sal 111,9). Ed è ovvio: il suo tesoro è stato rinchiuso nei forzieri del cielo, dove il ladro non scava, il predone non rapisce, la tignola non corrode. Se innalzi una preghiera incessante e intensa, nessuno può strappartene il frutto: anche in questo caso esso ha le sue radici nel cielo, è sicuro contro ogni danno e resta inespugnabile. Se subisci il male e ricambi con il bene, se sei biasimato e lo sopporti con pazienza, se sei maledetto e benedici, sono meriti che restano per sempre, e la gioia che ne deriva nessuno te la toglierà; anzi, ogni volta che te ne ricorderai, te ne rallegrerai e ne raccoglierai una grande letizia.
(Giovanni Crisostomo, Omelie sulle statue, 16,6)
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9. Nessuna lingua può esprimere la gioia del cielo
Se riflettiamo com'è importante e grande ciò che viene promesso nel cielo, tutto quello che vediamo sulla terra perde valore ai nostri occhi. Infatti tutti i beni temporanei, se confrontati con la beatitudine eterna, non sono più sollievo, ma peso opprimente. E la vita nel tempo, se paragonata con quella eterna, merita di esser chiamata piuttosto morte che vera vita. Il disfacimento quotidiano del corpo caduco, che altro è se non una morte prolungata?
Quale lingua può esprimere, e quale intelligenza può capire come sia grande la gioia di quelle celesti dimore, ove si vive uniti ai cori angelici, ove si partecipa, con tutti gli spiriti beati, alla gloria del Creatore, si contempla il volto di Dio, si vede una luce sconfinata, non si è angosciati dal timore della morte e ci si può allietare di un'immortalità che durerà in eterno? Di fronte a questa raffigurazione, l'anima si accende di brame ardenti: essa vorrebbe esser già lassù, dove spera di godere senza fine. Ma una grande ricompensa si raggiunge solo con un forte lavoro; per questo Paolo, eccellente maestro, dice: Nessuno ottiene la corona della vittoria, se non lotta secondo le regole (2Tm 2,5). Se dunque vi stimola la grande ricompensa, non dovete paventare la dura lotta.
(Gregorio Magno, Omelia per la festa di un santo martire)
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