Tempo ordinario (C) [2] - 2019

Parola che si fa vita

Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)

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"Parola-sintesi" proposta per ogni domenica,
corredata da un commento e da una testimonianza.


Santissima Trinità (16 giugno 2019)
Lo Spirito vi guiderà a tutta la verità (Gv 16,13)

Corpus Domini (23 giugno 2019)
Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13)

13a domenica del tempo ordinario (30 giugno 2019)
Tu invece va' e annuncia il regno di Dio (Lc 9,60)

14a domenica del tempo ordinario (7 luglio 2019)
Pregate il Signore della messe (Lc 10,2)

15a domenica del tempo ordinario (14 luglio 2019)
Vide e ne ebbe compassione (Lc 10,33)

16a domenica del tempo ordinario (21 luglio 2019)
Maria ha scelto la parte migliore (Lc 10,42)

17a domenica del tempo ordinario (28 luglio 2019)
Chiedete e vi sarà dato (Lc 11,9)

18a domenica del tempo ordinario (4 agosto 2019)
Tenetevi lontani da ogni cupidigia (Lc 12,15)

19a domenica del tempo ordinario (11 agosto 2019)
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese (Lc 12,35)

Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2019)
L'anima mia magnifica il Signore (Lc 1,46)

20a domenica del tempo ordinario (18 agosto 2019)
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra (Lc 12,49)

21a domenica del tempo ordinario (25 agosto 2019)
Sforzatevi di entrare per la porta stretta (Lc 13,30)

22a domenica del tempo ordinario (1 settembre 2019)
Chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,11)

23a domenica del tempo ordinario (8 settembre 2019)
Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Lc 14,33)

24a domenica del tempo ordinario (15 settembre 2019)
Rallegratevi con me, perché ho trovato a mia pecora (Lc 15,6)

25a domenica del tempo ordinario (22 settembre 2019)
Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13)

26a domenica del tempo ordinario (29 settembre 2019)
C'era un uomo ricco… (cf Lc 16,19)

27a domenica del tempo ordinario (6 ottobre 2019)
Accresci in noi la fede! (Lc 17,6)

28a domenica del tempo ordinario (13 ottobre 2019)
Si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo (Lc 17,16)

29a domenica del tempo ordinario (20 ottobre 2019)
Necessità di pregare sempre, senza stancarsi (cf Lc 18,1)

30a domenica del tempo ordinario (30 ottobre 2019)
O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18,13)

Tutti i Santi (1° novembre 2019)
Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli (Mt 5,12)

31a domenica del tempo ordinario (3 novembre 2019)
Zaccheo,… oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5)

32a domenica del tempo ordinario (10 novembre 2019)
Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38)

33a domenica del tempo ordinario (17 novembre 2019)
Avrete allora occasione di dare testimonianza (Lc 21,13)

Cristo Re - 34a domenica del T. O. (24 novembre 2019)
Gesù, ricordati di me… (Lc 23,42)



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Santissima Trinità (16 giugno 2019)
Lo Spirito vi guiderà a tutta la verità (Gv 16,13)

La festa della Trinità ci invita ad approfondire il mistero divino. Dio è il Padre che con sapienza ha creato e guida l'universo, che si è fatto vicino all'uomo per liberarlo dalla sua situazione di peccato mediante Gesù Cristo, che ora porta a compimento la redenzione mediante il dono del suo Spirito.
Lo Spirito della Verità è lo Spirito di Gesù che permette di conoscere a fondo il Padre. Per questo la verità non è tanto una conoscenza intellettuale, ma è una relazione interpersonale da vivere. Lo Spirito infatti ci conduce pian piano a tutta la verità, cioè a conoscere chi è Gesù e il suo messaggio. Lo Spirito crea un legame vivo con Gesù, così come Gesù lo crea con il Padre. Gesù infatti è la via al Padre e lo Spirito è la via a Gesù. Gesù è la verità del Padre e lo Spirito di Verità è colui che fa muovere il primo passo per entrare pienamente nella vita di Dio.
A noi che vorremmo avere tutto chiaro e definito, Gesù promette un lungo cammino, una ricerca, una guida: "lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità". Il verbo è al futuro a dirci lo stile che dobbiamo avere: essere aperti al nuovo, al dialogo, alla ricerca, all'accoglienza. E tutta la verità non consiste in definizioni nuove, ma è tradurre il vangelo in vita, mettere in pratica, far diventare sapienza di vita la parola di Dio. Quella Parola che ci fa conoscere un Dio di amore, di reciprocità, di scambio, di superamento di sé, di abbraccio.

Testimonianza di Parola vissuta

OCCHI TRISTI

Ero appena uscito di casa. Un uomo mi si avvicina, sporco, con occhi immensamente tristi. Sono quei momenti in cui pensi che non puoi cambiare il mondo e assumerti tutti i problemi.
Ma quegli occhi guardano solo me. "Sono tre giorni che non mangio", mi dice. Gli chiedo di aspettare e corro a casa a scaldare qualcosa di pronto. Poi torno da lui, che divora tutto in un attimo. Quindi lo invito al bar all'angolo. La gente mi guarda un po' sorpresa, ordino un caffè e quattro croissant, tre per lui e uno per me. Ma il mio amico li divora tutti. Mi racconta la sua storia di dolore e sofferenza.
A un certo momento mi viene il dubbio che sia tutto vero, ma la cosa importante è ascoltarlo. È un fiume in piena. Un altro caffè, altro latte, esaurisco i pochi soldi. Gli do l'indirizzo di un centro per persone senza fissa dimora. «È la prima volta che qualcuno si interessa a me, ci andrò. Svegliarsi ha avuto un senso stamattina».

N.N.

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Corpus Domini (23 giugno 2019)
Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13)

La moltiplicazione dei pani come espressione della capacità di Gesù di soddisfare i più profondi bisogni dell'uomo, sono segni che fanno riferimento alla comunione con Dio e con i fratelli, che è espressa e realizzata dal pane eucaristico, memoriale della morte del Signore. Gesù dona non parole ma se stesso; vuole incontrare l'uomo nei suoi bisogni concreti. Nel segno del pane moltiplicato si presenta come Colui che può sfamare le profonde esigenze dell'uomo. Egli sa che il pane "spezzato" e condiviso è il grande miracolo che sfama le folle. Anche se i beni a disposizione sono inadeguati (cinque pani e due pesci), quando vengono condivisi, sono sempre sufficienti; anzi ne avanza qualcosa.
Ma quando Gesù opera non fa mai le cose da solo. Chiede collaborazione: chiede i pochi pani e i pesci, chiede l'aiuto dei discepoli: "voi stessi date loro da mangiare". Gesù sa che l'uomo vive solo dell'amore, solo per mezzo dell'amore. Per questo provoca i suoi amici a diventare dono col poco che hanno: "Date". "Quando ho fame, Signore, manda sulla mia strada qualcuno da sfamare. Quando ho bisogno, mandami qualcuno che abbia ancora più bisogno di me" (Madre Teresa di Calcutta). La fine della fame non consisterà mai nel mangiare a sazietà, da solo, il tuo pane, ma nel condividere spartendo il pane che hai, i cinque pani e i due pesci, il bicchiere d'acqua fresca, olio e vino sulle ferite, un po' di tempo… un po' di cuore. Noi siamo ricchi solo di ciò che doniamo e abbiamo donato.

Testimonianza di Parola vissuta

"BEATI GLI INVITATI ALLA CENA DEL SIGNORE..."

Per trent'anni abbiamo accompagnato, a questo invito, con il cuore e con il pensiero, i nostri fratelli che si preparavano ad accogliere nell'Eucarestia il Signore e pregato per la nostra Comunione spirituale con loro, chiedendo allo Spirito Santo l'aiuto per accogliere e ricevere la presenza di Gesù nel nostro cuore.
Ed oggi, dopo la Grazia ricevuta, all'invito "Beati gli invitati alla cena del Signore..." il cuore si commuove e la gioia lo pervade perché, oggi, anche noi siamo tra i "beati", anche noi, oggi, tra gli invitati, possiamo incamminarci verso l'Eucarestia e riceverla sacramentalmente, anche noi, oggi, possiamo sederci al banchetto dell'Agnello e stringere fortemente Gesù Eucarestia con noi, e, non lo nascondiamo, che l'emozione e la gioia ci pervade perché sentiamo intimamente l'ampiezza e la profondità del Dono stupendo che abbiamo ricevuto; Grazia non meritata ma da sempre attesa e sperata, e per questo non possiamo non ricordare e portare con noi, alla "cena", il dolore e la sofferenza di tutti quei fratelli che si trovano nella situazione, come noi un tempo, di non poter ricevere Gesù.
In questi mesi ogni occasione di ricevere Gesù è stata cercata, come a farne indigestione, come a voler colmare la fame atavica di questi trent'anni di digiuno, ed ogni volta, camminando verso il Sacerdote per ricevere il Corpo di Gesù, è come la prima volta, con il cuore in santa agitazione e pieno di timore, chiedendoci se è Lui che viene in noi o è Lui che ci accoglie, ma ringraziandoLo per averci chiamato tra i "beati".
Lode e Gloria al Signore per la Sua Misericordia e per il Suo infinito Amore.

Luigina e Luciano

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13a domenica del tempo ordinario (30 giugno 2019)
Tu invece va' e annuncia il regno di Dio (Lc 9,60)

Seguire Gesù è molto più di un'intenzione entusiastica, e non ammette riserve in linea di principio: messi di fronte alla scelta: o Gesù Cristo o tutto il resto, non ci deve essere dubbio alcuno. Questa è la sintesi del vangelo di oggi. La libertà dell'uomo poi non significa fare o non fare, accettare o rifiutare, ma scegliere il criterio che orienterà la nostra vita.
Nel cammino verso Gerusalemme, ogni cosa viene fatta vedere da Luca nella prospettiva della passione. Solo perché ogni cosa si sta compiendo, la via è tracciata, il regno ha avuto inizio, Gesù sembra mostrare nel vangelo odierno una certa insofferenza e durezza nei confronti di coloro che l'avvicinano. La fretta di Gesù non può avere altro senso che la necessità di fare una scelta netta di fronte al messaggio della croce, senza compromessi. Infatti Gesù poco prima aveva dichiarato: "è necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio alle altre città: per questo sono stato mandato". Questo fa capire molto bene come l'annuncio del regno, che ha la sua massima realizzazione nella croce, sia la priorità assoluta della sua missione.
Ogni chiamata: quindi anche il mio essere discepolo, il mio essere cristiano. Il vangelo di Gesù è annuncio di grazia per tutti, per tutti è il suo amore. Ancor oggi il vangelo di Gesù, la gioia essenziale dell'amore che salva, va annunciato a tutti. Soprattutto attraverso la testimonianza di una vita illuminata dalla certezza che Dio ci ama.

Testimonianza di Parola vissuta

LA LEZIONE

Ogni mattina, sul treno per andare al lavoro, unica donna tra otto colleghi maschi che non parlavano se non di avventure sentimentali, pur dicendosi "felicemente sposati", invano cercavo di manifestare il mio fastidio e di sviare il discorso: sembravano fare apposta a rincarare la dose, sapendo le mie convinzioni cristiane, quando non si divertivano a sciorinarmi davanti qualche rivista pornografica.
Un pomeriggio, poco prima dell'uscita dal lavoro, uno di loro, sposato e padre di figli, entrò con fare spavaldo nel mio ufficio per farmi delle avances. Volergli bene significava parlargli con durezza ed estrema chiarezza. Così gli ho replicato: "Hai sbagliato indirizzo con me. Io credo a valori di cui, se vorrai saperne di più, ti dirò qualcosa un giorno. Ora non è il caso". E lo piantai lì, ammutolito. Il giorno seguente, con la scusa di una pratica urgente da evadere, mi si ripresentò davanti, quasi timido stavolta: "Scusami per ieri - mi disse -: è stato balordo quanto ho osato chiederti. Comunque sappi che il tuo rifiuto m'è servito da lezione".

Francesca - Italia

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14a domenica del tempo ordinario (7 luglio 2019)
Pregate il Signore della messe (Lc 10,2)

I cristiani si fanno promotori della speranza che le profonde aspirazioni dell'uomo verso la pace, la giustizia e la gioia possano realizzarsi, annunciando che "il regno di Dio è vicino", curando gli infermi, diffondendo la pace e vincendo qualsiasi forma di male. In quest'opera è bene siano mossi da uno spirito nuovo, il solo che possa suscitare "la pace e la misericordia" negli individui e nella collettività.
Gesù manda i settantadue discepoli in missione: "andare davanti a lui in ogni città e luogo dove egli stava per recarsi". La missione è nel suo nome, per rappresentarlo. Appena posti di fronte a questa prospettiva, che riempie di entusiasmo, il Signore si preoccupa di mettere in guardia gli inviati circa la realtà che dovranno affrontare; una realtà tutt'altro che ideale: sovrabbondanza di lavoro e scarsità di manodopera. Essi dovranno affrontare situazioni a rischio della propria incolumità, con pochi strumenti a disposizione, mettendo al primo posto l'urgenza della missione da portare a compimento, senza attardarsi o perdersi in chiacchiere. Unica risorsa a disposizione: la preghiera: "Pregate il Signore della messe".
Il verbo che Luca usa per indicare la preghiera indica il "chiedere qualcosa a qualcuno". È una richiesta che viene dalla chiara coscienza del bisogno. C'è una "messe" abbondante: per questo con fiducia possono rivolgersi al Signore affinché mandi operai nella messe. Il campo non è terra di nessuno: la messe appartiene al Signore, che rimane il primo e il principale protagonista dell'annuncio evangelico.
Dalla costatazione della nostra piccolezza, noi mandati possiamo passare alla fiducia nel padrone del campo. Ecco la preghiera: aggrapparsi a Lui per fare insieme a Lui.

Testimonianza di Parola vissuta

PRONTI A DARE LA VITA

Da vari anni la Repubblica Centrafricana è scossa da una violenta guerra civile. Il paese è insanguinato dalla lotta tra cristiani e musulmani. Intere comunità, persone le cui famiglie vi hanno pacificamente vissuto per secoli sono costrette a nascondersi, o sono in fuga per sfuggire a minacce e violenze. Nel solo mese di dicembre 2017 oltre mille i morti e un milione gli sfollati, un vero e proprio genocidio. N.J., sacerdote in questa nazione, con una telefonata ha condiviso con noi quanto sta vivendo con tanto coraggio in queste settimane, a rischio anche della vita. Qualche mese fa il luogo in cui don N. è parroco, era stato assalito da ribelli di estrazione mussul-mana e oltre 500 cristiani si erano rifugiati nella sua parrocchia. Poi sono sopraggiunti, ed hanno avuto il sopravvento, ribelli di estrazione cristiana. Sono stati allora centinaia di musulmani a cercare rifugio nella stessa parrocchia. Più volte don N., che li ha accolti e difesi, è stato preso e minacciato dalle milizie cristiane, tanto che gli altri sacerdoti che vivono in quel luogo suggerivano che sarebbe stato meglio andarsene via. «Anch'io avevo molta paura - ci ha detto don N. - ma, pensando a quanto sono importanti i rapporti coi mussulmani, mi sono detto: questo è il momento di dare la vita, devo essere pronto a morire piuttosto che venga uccisa una sola di queste persone». Ha quindi scritto il suo testamento ed ha celebrato la Messa, cosciente che poteva essere l'ultima. Vedendo la sua determinazione, altri due sacerdoti hanno deciso di rimanere sul posto. A un certo punto i ribelli volevano dare alle fiamme la chiesa con tutti i rifugiati. La situazione stava per precipitare quando all'ultimo momento è arrivato l'esercito e si è evitato il peggio.

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15a domenica del tempo ordinario (14 luglio 2019)
Vide e ne ebbe compassione (Lc 10,33)

Il tema proposto dalla Parola di questa domenica è la legge di Dio, che il vangelo sottolinea nel suo aspetto concreto che consiste nella costruzione di una società veramente umana fondata sull'amore. Non è un regolamento cui si è tenuti per evitare dei castighi; ma è l'indispensabile per realizzare pienamente la nostra vita. Per questo essa ci viene dall'alto come un dono; dono che si è incarnato nel Figlio stesso di Dio. Allora la prossimità, il farsi prossimo, è lo stile di Dio ed è lo stile del discepolo, che risponde alla chiamata del Signore e accetta di essere inviato nel suo nome.
Gesù, nella pagina evangelica odierna, sceglie di proposito il personaggio: si tratta di un samaritano. Questi passò, vide il malcapitato mezzo morto, gli andò appresso e ne ebbe compassione, che non si esaurisce sul piano emotivo, ma si traduce in azioni concrete per chi è in difficoltà. E quello diventa il prossimo e tu ti fai prossimo.
In fondo il prossimo è quello che il mio amore inventa. In un certo senso è come lo specchio di me stesso, perché non posso sapere chi sono io se non quando vedo gli altri. Il prossimo è l'umanità ai margini della strada.
L'uomo caduto nelle mani dei briganti è un uomo qualunque, sconosciuto, anonimo. Di lui non viene detto nulla di più dettagliato, se non il suo essere uomo. Ma questo è ciò che conta. Dio non ha scelto chi salvare, ma ha inviato suo Figlio come buon Samaritano per salvare tutti. Allora la nuova società inaugurata dal Cristo è fondata sull'amore.
L'Eucaristia esprime il massimo della prossimità tra Dio e l'uomo: la sua presenza si fa dono, diventa nostro cibo, perché anche noi possiamo diventare cibo per gli altri.

Testimonianza di Parola vissuta

QUNDO L'AMORE FA MIRACOLI

Una famiglia in Iraq, ha accolto 40 persone in casa propria e ad un certo punto il padre, dopo aver sistemato tutti, rendendosi conto che non c'era più un angolo libero nella casa, si è ritrovato a dormire in macchina. Una quarantina di persone, invece, si erano rifugiate in un'altra zona del nord dell'Iraq, dove abbiamo due o tre famiglie, che hanno aperto loro le proprie case. Vedendo che erano angosciati e turbati si sono radunati, tutti insieme, a pregare il Rosario: adesso sono in 60 e ogni sera si aggiunge qualcuno del villaggio e pregano per la pace, ma pregano anche per i terroristi.
Rendendosi conto che qualcuno aveva bisogno di coperte, hanno messo insieme un po' di soldi per andare a comprare una cosa e poi un'altra; ma poi mancava ancora dell'altro e la Provvidenza ha fatto arrivare altri soldi… Dicevano: "La piccola somma che noi abbiamo messo, pur non avendo granché, ne ha attirata un'altra e un'altra e questa somma piccola non finiva più! Mi rendo conto che questo amore autentico, forse distillato dal dolore, ci fa vedere che l'amore è più forte. Personalmente ho visto gente che non aveva più niente, ma aveva mantenuto la fede e, sentendo la solidarietà degli altri, ha ritrovato il senso della vita, dell'amore, della pace vera e ci crede. Anzi ora sono testimoni ancora più forti".

M. F., Iraq

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16a domenica del tempo ordinario (21 luglio 2019)
Maria ha scelto la parte migliore (Lc 10,42)

L'ospitalità è sacra: è il ma proposto dalla Parola di questa domenica. Le sorelle di Lazzaro accolgono gli ospiti come fossero i loro "signori", oltre che come amici. Vedono in loro, in un atteggiamento tutto spontaneo, sincero e popolare, i rappresentanti di quel Dio che non hanno mai visto, ma che ispira la loro esistenza.
San Luca ci racconta che nel suo viaggio verso Gerusalemme, Gesù è accolto come ospite da due sorelle: Marta e Maria. Marta si occupa della parte pratica dell'ospitalità; Maria invece intrattiene l'ospite. Marta ospita Gesù, lo accoglie in casa, gli mette a disposi-zione la propria abitazione e assicura all'ospite tutto quanto è necessario ai suoi bisogni materiali. Maria invece si siede ai piedi di Gesù con il proposito chiaro di ascoltare la sua parola. Essa, seduta ai piedi di Gesù mette in evidenza l'atteggiamento dell'ascolto; la sua vicinanza fisica esprime il suo desiderio e la sua volontà di apprendimento: Maria si mette accanto ai piedi di Gesù per essere formata da Lui.
Sappiamo che ad un certo punto Marta si fa avanti e "fa presente" a Gesù la sua situazione di disagio. Ma Gesù mette in evidenza la bellezza della scelta compiuta da Maria e la propone come modello del discepolo: per il seguace di Gesù un'unica cosa è necessaria, di un'unica cosa c'è bisogno e Maria l'ha intuito. L'unica necessità è quella di mettersi ai piedi del Signore ed ascoltare. Il gesto di accogliere viene così proposto non come uno svuotarsi, ma come il ricevere il dono di Dio: la parola di Dio per Marta e Maria. Una parola accolta e messa in pratica.
Una sola cosa è importante: affidare tutto a Dio e in questa fiducia nel Signore mettersi totalmente a disposizione di colui che ha bisogno di noi.

Testimonianza di Parola vissuta


SAPERSI ACCOGLIERE

Quando conobbi Waldek, studiava per diventare prete. Siccome non aveva parenti, talvolta veniva a trascorrere qualche ora con me e mio fratello, più o meno suoi coetanei. Un giorno mio fratello gli chiese perché aveva deciso di entrare in seminario. Ascoltai curioso di sentire la risposta. Ma Waldek non rispose, anzi mi sembrò confuso. Capii che quello era un tasto da non toccare. In altre occasioni seppi che il padre aveva abbandonato la madre; in seguito lei si era suicidata, e Waldek, era vissuto ospitato da vari parenti. Un giorno osai chiedergli se più che una vocazione, la sua non fosse ricerca di una famiglia. Tra le lacrime, ammise che cercava un luogo che lo proteggesse.
La mia famiglia fu pronta ad accoglierlo quando lasciò il seminario. Ora è papà di due bellissimi bambini e ha una moglie meravigliosa. Con loro facciamo parte di una comunità in parrocchia, tante famiglie con bambini come i nostri. Comunicarci le esperienze anche di dolore ci aiuta a crescere insieme.

D.M. - Polonia

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17a domenica del tempo ordinario (28 luglio 2019)
Chiedete e vi sarà dato (Lc 11,9)

La preghiera fiduciosa e perseverante si fa ascoltare da Dio. Ci sono però condizioni ben precise perché sia efficace. L'invocazione del discepolo: "insegnaci a pregare" significa anche: "insegnaci a vivere, ad essere figli del Padre, ad essere donne e uomini come Gesù". La preghiera del cristiano, in particolare, ha valore solo se collegata ad una vita conforme a quella del Maestro.
Nella pagina evangelica odierna si possono distinguere tre parti: la prima con la richiesta di un discepolo di imparare a pregare e il dono del Padre nostro. La seconda con la parabola dell'amico importuno. La terza con alcuni insegnamenti di Gesù sulla preghiera.
Le richieste sono quelle di un figlio che si rivolge al proprio papà. Il bambino chiede al papà qualcosa da mangiare. A nessun padre verrebbe in mente di sostituire l'oggetto della richiesta con qualcosa che nuoce al figlio. La relazione tra padre e figlio è tale da tenere lontana ogni cattiveria. A maggior ragione per quanto riguarda Dio, al quale la malvagità è del tutto estranea.
Il dono da chiedere è lo Spirito Santo. Sappiamo che lo Spirito Santo non dimentica le necessità concrete della creatura umana, pur non esaurendo in esse la sua azione. Egli opera soprattutto per creare un legame filiale tra l'uomo e Dio. In questo legame noi ci sentiamo "liberi" di chiedere. Lo sappiamo per esperienza che la preghiera di domanda è quella che ci è più familiare, quella che ci esce più spontanea.
Cerchiamo in questa settimana di far nascere la nostra preghiera dal nostro amore di figli; chiediamo il dono dello Spirito che ci mostra la vera realtà di Dio: un Padre che ci ama di amore infinito.

Testimonianza di Parola vissuta

ANCHE UN CONCORRENTE È GESÙ

Mi chiama al telefono il responsabile dello stabilimento di produzione di cemento che è il nostro principale concorrente in zona e mi chiede se possiamo vendere loro una certa quantità di cemento perché gli altri fornitori non gli facevano più credito. Era noto che stavano attraversando un momento molto difficile dal punto di vista finanziario, per la separazione della società familiare e le conseguenze che questo fatto stava generando.
Io sapevo che la situazione era grave e sentivo dentro che era arrivato il momento che avevo tanto atteso: avevo l'occasione di cambiare la storia; questo concorrente giocava molto forte contro di me nel mercato e aveva detto ad altri colleghi che il suo errore era stato quello di lasciarmi alzare la testa.
La conversazione più o meno è andata così: Non ti preoccupare, il lunedì avrai il cemento. Ma non so se gli assegni potranno essere pronti per lunedì; io sono due mesi che non ricevo il mio stipendio. Non c'è problema; chiamami quando saranno pronti. Quanti soldi ti dovrò pagare? Sicuramente tu adesso paghi quanto pago io. Mi dovrai pagare quello. Ma così non guadagni niente. Non ha senso che in quest'operazione io guadagni; voi non sarete mai miei clienti e ora avete bisogno di una mano.
Mi ringrazia e la conversazione finisce lì.
La pienezza e la felicità che ho provato in quel momento, vi posso assicurare, valgono molto più del cemento; mi sono sentito pienamente realizzato umanamente. Questo fatto ha causato sorpresa nei miei dipendenti che all'inizio non capivano e ho dovuto spiegargli che la cosa più importante non era il fatto in sé, ma ciò che questo può generare dentro e fuori la nostra azienda.
Quel mese abbiamo raggiunto il record di vendite e proprio nel bel mezzo della crisi ora riusciamo a vendere circa il 30% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Germano Jorge

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18a domenica del tempo ordinario (4 agosto 2019)
Tenetevi lontani da ogni cupidigia (Lc 12,15)

Se il mondo è una realtà passeggera, è certamente un atteggiamento sbagliato quello di affidare la propria vita unicamente o in modo preponderante alle realtà terrene. È bello invece pensare alle cose di lassù, evitando ogni comportamento che dovesse pregiudicare l'effettiva realizzazione dell'uomo nuovo.
Il vangelo di questa domenica parla del rapporto del discepolo con i beni economici. Il punto di partenza è un caso concreto della vita. Uno della folla chiede a Gesù di intervenire in una lite familiare a causa dell'eredità. La reazione di Gesù sembra esprimere il rifiuto del ruolo che gli è richiesto. Gesù si pone su un piano diverso: non vuole dare una soluzione per quanto riguarda il rapporto con i beni terreni; vuole invece indicare dei principi che possano costituire un punto di riferimento per l'agire. Gesù suggerisce dei criteri che guidino le azioni, seguendo i quali sarà difficile trovarsi in situazioni che minano la fraternità a causa del possesso.
Il primo suggerimento di Gesù esorta a tenere gli occhi ben aperti, a vegliare, come nell'imminenza di un pericolo. Gesù ci chiede di essere attenti alla cupidigia: l'avidità nei confronti delle cose, ardentemente desiderate. La vita, dice Gesù, non dipende dalle cose possedute; queste non garantiscono la sua riuscita. La vita non dipende né dall'abbondanza, né dalle proprietà. Ecco perché gli occhi devono essere bene aperti ed è necessario evitare il pericolo. Fatalmente si potrebbe infatti cadere nell'illusione che, accumulate le sostanze, sia garantita la vita.
Le cose sono mezzi e mezzi da condividere perché anche altri possano godere del necessario per vivere.

Testimonianza di Parola vissuta

SAPER VEDERE GESÙ NEL PROSSIMO

Di ritorno dal gommista, che ha fatto importanti lavori alla mia auto, avverto di essere privilegiata se ho potuto pagargli 360 euro senza problemi, considerando quante famiglie faticano ad arrivare a fine mese. Lavoro in Svizzera e con il mio stipendio mensile, dopo che il mio matrimonio è stato dichiarato nullo, riesco a mantenere mia figlia praticamente da sola e a condurre una vita dignitosa, senza particolari pretese. Dopo aver parcheggiato l’auto, mi accingo a entrare in casa, quando una signora di mezza età mi viene incontro: è venuta a Luino dalla sua città dietro la promessa di un lavoro come badante, ma questo non è più disponibile e ora lei non ha i soldi per il viaggio di ritorno. Mi offro di pagarle io il biglietto, e siccome è quasi ora di pranzo, aggiungo qualcosa perché si compri da mangiare. Se ho potuto consegnare quella somma al gommista senza batter ciglio, posso anche offrire un pasto a Gesù che vive in questa signora che si trova in necessità.

Annalisa - Svizzera

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19a domenica del tempo ordinario (11 agosto 2019)
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese (Lc 12,35)

Nella pagina evangelica odierna l'invito alla vigilanza risuona deciso: sono significative e degne di attenzione le espressioni con le quali Gesù descrive l'atteggiamento di colui che è pronto ad incontrare il Signore: le vesti strette ai fianchi, le lampade accese, il bussare alla porta da parte del padrone di casa e la capacità e la prontezza di aprire subito. Sono immagini che ci aiutano a pensare con serenità al giorno del ritorno del Signore e a tutti gli incontri personali che il Signore desidera avere con ciascuno.
Lo sappiamo per esperienza: veglia chi ha paura; ma veglia soprattutto chi ama. Quante volte i genitori vegliano per i propri figli! E questa "veglia" nasce dall'amore. Qual è il modo di vegliare suggerito? Con le vesti strette ai fianchi in modo da permettere di essere sciolti, liberi nei movimenti: essere operosi senza affanni, senza attaccamenti. Perché la cosa più bella è l'incontro con il Signore.
E poi con le lampade accese. Nella Sacra Scrittura la lampada rimanda alla parola di Dio. Per essere pronti ad incontrare il Signore la luce della sua parola è indispensabile. La parola ascoltata e messa in pratica ci mette sulla strada giusta, ci permette di camminare incontro al Signore.

Testimonianza di Parola vissuta

COGLIERE IN OGNI SITUAZIONE IL GIUSTO SENSO

Ancora nubile e non avendo una famiglia mia, dedicavo tutto il mio tempo libero ai nipoti, alle attività della parrocchia, agli amici. Da qualche anno la mamma, che abitava da me, accusava seri disturbi cardiaci e un giorno mi ha rinfacciato il fatto che, con tutti i miei impegni, un giorno l'avrei trovata morta. Questa affermazione non mi ha lasciata tranquilla, ma credendo nell'amore di Dio per me e per la mamma ho affidato tutto a lui. Un lunedì mattina, mentre chiudevo la porta del garage, ho preso una storta alla caviglia e il medico mi ha prescritto otto giorni di riposo. Così sono stata costretta a cancellare gli impegni previsti. Proprio in quei giorni la mamma, dopo un brutto raffreddore degenerato in bronchite, ne è uscita con il cuore indebolito e due giorni prima che riprendessi il lavoro si è spenta serenamente. Alla mia tristezza si mescolava una profonda riconoscenza verso Dio per quel periodo in cui avevo potuto restarle accanto, circondandola di tenerezza e di attenzioni.

C.H. - Belgio

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Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2019)
L'anima mia magnifica il Signore (Lc 1,46)

Il vangelo di Luca scelto per la liturgia odierna racconta l'incontro di Maria con la cugina Elisabetta, entrambe in attesa di un figlio, che per loro rappresenta un inatteso dono di Dio. Al centro del racconto è perciò Dio, che realizza il suo progetto attraverso due donne. In Maria, in particolare, trovano compimento tutte le promesse fatte ad un intero popolo. Per questo motivo la sua vita diventa motivo di lode per tutti coloro che si pongono sulla scia di questa storia di salvezza.
Maria canta il Magnificat. È un inno che loda e ringrazia Dio perché interviene con misericordia nelle vicende umane e ribalta le situazioni con il suo amore: "ha guardato l'umiltà della sua serva… ha disperso i superbi… ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha colmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote".
Nella storia dell'umanità, in ogni epoca e in ogni luogo, sono sempre esistite situazioni che aspettano di essere ribaltate. A livello di rapporti interpersonali abbiamo molto egoismo che deve essere trasformato in amore; molte situazioni di ingiustizia che necessitano di essere cambiate; vi sono ancora "potenti" arroccati sui loro troni di potere economico e politico.
Ma anche a livello personale, interiore, spirituale ciascuno di noi vive nel suo cuore situazioni che andrebbero rimosse, modi di fare che andrebbero cambiati.
Per tutte queste situazioni la festa di oggi, con il cantico del Magnificat, è un invito a lavorare, ciascuno nel proprio ambito e con le proprie possibilità, per rendere questo mondo un po' più fraterno, un po' migliore. Maria ha fatto bene la sua parte.

Testimonianza di Parola vissuta

VIVERE IL VANGELO CAMBIA LA VITA

Sul bus con cui andavo al lavoro, una signora seduta accanto a me dava ogni tanto un'occhiata a quello che stavo leggendo: era il "Foglio della Parola". Ad un certo momento mi sono sentito interpellare da lei: "Sa, la mia vita è cambiata grazie al Vangelo. Dieci anni fa ero lontana da Dio, mi era stata diagnosticata una grave malattia e un giorno qualcuno mi ha passato questo foglietto: invitava ad amare il prossimo, ogni prossimo che ci passa accanto, nel quale si ama Dio stesso. Ho provato, cominciando in famiglia, e ho ritrovato la fede. Oggi sono quasi guarita da quel male" E ha proseguito: "Da cinque mesi mio marito ha perso il lavoro. I nostri due figli sono preoccupati per il futuro, ma io dico loro che in qualche modo il Signore ci aiuterà. Sento che la Parola di Dio mi dà forza per affrontare anche questa nuova prova". Al momento di salutarci, le ho regalato il foglietto che stavo leggendo. "Grazie! - mi ha detto -. Oggi è un giorno nuovo per me".

U. – Italia

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20a domenica del tempo ordinario (18 agosto 2019)
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra (Lc 12,49)

La pace portata dal Cristo non è una pace qualunquista, ottenuta anche a scapito della verità o della giustizia; in una parola, che sia contro l'uomo. Scegliere il bene, annunciare la "scomoda" parola di Dio, contestare i prepotenti comporta sempre, come inevitabile conseguenza, la persecuzione. Per portare avanti sino in fondo il proprio impegno occorre perseveranza e lo sguardo fisso sull'esempio di Cristo.
Il vangelo odierno ci avvicina a Gesù gettando una luce nuova sulla sua persona. Gesù inizia il suo discorso con l'espressione "sono venuto": essa introduce una dichiarazione con la quale egli indica lo scopo della sua missione. Egli in questo momento sta per dire una cosa importante: sta aggiungendo un altro aspetto che ci aiuta a capire per quale fine è venuto sulla terra e come sta portando avanti la sua missione. La parola chiave della sua dichiarazione è "fuoco".
Nel linguaggio della Bibbia il fuoco richiama spesso l'aspetto di purificazione. Dio non vuole eliminare il malvagio assieme al male, ma purificarlo in vista di un nuovo inizio. Allora qui potremo cogliere l'ardente desiderio di Gesù di vedere il male superato attraverso il giudizio di Dio, che purifica e salva.
Ma il termine fuoco si può riferire anche alla parola di Gesù: egli desidera ardentemente che il suo messaggio trovi presto larga diffusione. Il desiderio di Gesù quindi è legato al compimento della sua missione: è il fuoco del sacrificio della croce gradito a Dio, è il fuoco dello Spirito donato ai credenti, è il fuoco che purifica i cuori e compie la giustizia di Dio. È il fuoco che riscalda i nostri cuori e ci rende famiglia di Dio; è il fuoco dell'entusiasmo nel vivere l'amore di Dio che diventa amore del prossimo; è il fuoco che "fa ardere i nostri cuori" (come ai discepoli di Emmaus) quando ascoltiamo e mettiamo in pratica la parola di Gesù.

Testimonianza di Parola vissuta

COLLABORAZIONE TRA INSEGNANTI

Lavoro in una scuola a rischio. C'è stato un momento molto difficile durante un consiglio di classe in cui io verbalizzavo. Sono arrivati i carabinieri, l'autoambulanza, ecc; il clima era incandescente. Sono, poi, partite lettere d'ingiunzione, minacce di querele, denunce… È stato un momento molto negativo,vedevo i colleghi schierarsi con l'uno o con l'altro, mettere a volte ancora più zizzania e poi farsi ognuno i fatti propri. Cercavo di ascoltare tutti senza pregiudizi. Sentivo che dovevo fare qualcosa per ricostruire i rapporti. A questo punto mi sono messa davanti a Gesù Eucarestia chiedendogli di farmi essere un suo canale, perché sapevo di non essere capace di risolvere quella situazione con le mie sole forze. Allora, con tanto batticuore, ho chiamato il collega coinvolto e ora a rischio di licenziamento. Lui, appena ha visto il mio interesse verso la sua situazione si è subito sciolto. Abbiamo parlato della sua vita, delle sue motivazioni e si è detto pronto a tornare sui suoi passi, a chiedere scusa per alcuni atteggiamenti avuti, non certo per i principi che difendeva. Sono andata poi dalla Preside; anche lì ascolto e condivisione. Alla fine si sono incontrati e chiariti, dissipando i tanti malintesi che altri avevano generato. Il mio collega mi ha detto: "Ti ringrazio soprattutto perché mi sono liberato dal rancore ed ho perdonato, in modo laico, cioè sono riuscito ad andare oltre". Io, invece, sapevo che dovevo ringraziare Dio per il suo amore e la sua misericordia.

G. B. – Italia

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21a domenica del tempo ordinario (25 agosto 2019)
Sforzatevi di entrare per la porta stretta (Lc 13,30)

L'invito a far parte del regno di Dio è rivolto a tutti, ma il vangelo odierno richiama i discepoli di Gesù alla loro responsabilità: il regno di Dio è simboleggiato da un banchetto: una opportunità di incontro, di comunione e di festa; ma questa opportunità va accolta e vissuta come un dono che richiede umiltà. La comunione di mensa, infatti, rivela il volto di chi ci sta vicino e anche le sue necessità.
Gesù parla di "entrare": il verbo richiama una realtà fondamentale: è il traguardo della vita. Per questo Gesù ci dice di "sforzarsi": ci impegna a fare tutto il possibile per raggiungere l'obiettivo. Come un atleta che vuole vincere il premio; come un soldato che ce la mette tutta pur di salvare la sua vita. Allora l'impegno proposto da Gesù richiede l'agilità dell'atleta e la strategia di un soldato. La prima cosa che viene in mente è che per passare attraverso una porta stretta è necessario essere liberi da tante cose. La porta poi ci richiama l'espressione in cui Gesù si identifica: "Io sono la porta, se uno entra attraverso di me, sarà salvato". Per la salvezza è essenziale Gesù Cristo: rimanere uniti a Lui, amare la sua persona, ascoltare e mettere in pratica la sua parola.
In fondo ogni giorno noi passiamo attraverso la porta che è Gesù quando bussiamo a Lui con fiducia nella preghiera; quando celebriamo l'Eucarestia, quando nell'amore al prossimo si accorgiamo che stiamo amando Lui.

Testimonianza di Parola vissuta

QUANDO SI VIVE IL VANGELO…

Avevo atteso con tanta impazienza il periodo di vacanze dopo un anno abbastanza impegnativo per l'anno scolastico vissuto tra i nuovi compagni. Mi aspettavano gli amici del campeggio al mare, dove da anni andiamo con la mia famiglia.
Squilla il telefono. Dall'altra parte c'è il parroco che mi propone di fare l'animatore di un gruppo di adolescenti, per tutto il mese. Prendo tempo, rispondendo che devo vedere il programma con i miei genitori.
In me la decisione è sicura, dirò di no a questo invito! Frequentavo la parrocchia, ma non mi ero mai preso un impegno concreto.
Continuavo a fare qualche piccolo lavoro in casa, ma ogni tanto mi passava per la mente quella proposta.
Trovavo in me tante scuse: è un compito che non ho mai svolto; sono ancora troppo piccolo; troveranno altri… Ma in realtà non ero contento. Ad un certo punto mi sembrava che in me si facesse forte una voce: "te lo chiedo io!". Gesù che da un po' di tempo avevo iniziato a conoscere un po' di più, anche attraverso la "Parola da vivere", mi chiedeva di amarlo nei più piccoli. Parlando la sera con i miei genitori, ho parlato loro della proposta del parroco. Quando mi hanno chiesto cosa pensavo, ho risposto con gioia che mi sarei messo in gioco e che avrei ritardato l'andata in campeggio.

Luca – Italia

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22a domenica del tempo ordinario (1 settembre 2019)
Chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,11)

Mentre la logica del mondo è costruita sull'orgoglio, sulla corsa ai primi posti, quella proposta da Gesù è fondata sull'umiltà davanti a Dio e sul rispetto verso il prossimo. È nei piccoli che Dio trova la sua lode; è con loro che si manifesta e si realizza la comunità dei salvati.
Nel vangelo odierno troviamo Gesù che partecipa ad un banchetto offerto da uno dei capi dei farisei; questo gli dà modo di osservare il comportamento dei notabili di allora. In particolare la loro corsa ai primi posti, con il grosso rischio di essere rimossi all'ultimo posto per il sopraggiungere di personalità più ragguardevoli. Gesù prende spunto da ciò per proclamare ciò che avrà valore al termine di tutto: Dio umilierà i superbi e innalzerà gli umili.
L'umiltà è soprattutto un atteggiamento interiore: di chiara coscienza di se stessi con le proprie capacità e i propri limiti, di aperta disponibilità agli altri, riconoscendo il valore, i diritti e lo spazio che ad essi compete. A Gesù non interessa insegnare norme di galateo, ma dare istruzioni per educare all'accesso del Regno. E ci dice che l'umiltà è un atteggiamento necessario da fare proprio. Umiltà nel valutare se stessi, ma anche in rapporto a Lui che ci chiama. Umiltà non vuol dire disprezzarsi, ma riconoscersi come creature. Quello che sono e possiedo non è mio, ma l'ho ricevuto. Allora il mio compito è quello di usarlo bene, non per sopraffare o per farmi vedere, ma per servire.
Umiltà deriva da un termine latino che indica "terra". Da un parte siamo "di grande valore" perché figli di Dio, dall'altra siamo creature fragili che hanno bisogno di tutto e di tutti. Dio è tutto, io sono niente; ma un "niente" infinitamente amato, un "niente" che vale la vita stessa di Gesù.

Testimonianza di Parola vissuta

FIDARSI DELL'AMORE DI DIO

Si sposava una delle mie figlie. Essendo la nostra una famiglia di condizioni molto modeste, era difficilissimo affrontare tutte le spese che un matrimonio comporta. Ma abbiamo rinnovato la nostra fiducia nella Provvidenza.
Mancavano appena dieci giorni ed io non avevo ancora il vestito per la cerimonia e neanche soldi per comprarlo. Anche trovarne uno in prestito era difficile a causa della mia taglia. Proprio in quel periodo è arrivato da Firenze un container pieno di indumenti e oggetti per la casa, preparato e spedito per la nostra comunità da alcune famiglie italiane. Un fine settimana, un'amica ha lasciato i bimbi col marito per mettersi a cercare, in mezzo a quel mare di cose ancora da selezionare, qualcosa che servisse per me. Con grandissima gioia ha trovato una stoffa molto bella che faceva proprio al caso mio e ha pensato anche al modello del vestito. A chi, il giorno del matrimonio, metteva in rilievo la mia eleganza, rispondevo che la Provvidenza si era servita di amici lontani e vicini per fare bella la nostra festa.

M. A. – Paraguay

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23a domenica del tempo ordinario (8 settembre 2019)
Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Lc 14,33)

Se già la comprensione delle realtà terrene riesce difficile, ancor più difficile sarà quella delle cose invisibili, del volere di Dio. Con il fatto che il Figlio di Dio diventa uomo, però, tutto diventa più chiaro: si tratta di mettersi alla sua sequela, collocando in secondo piano ogni altra prospettiva. Questo comporta, tra l'altro, il superamento di ogni barriera tra gli uomini, perché con tutti siano stabiliti rapporti di vera fraternità.
Gesù, nel vangelo, propone, a chi vuole accogliere il regno di Dio e a collaborare alla sua costruzione nel nostro mondo, di rispondere alla sua chiamata.
Diventare suoi discepoli non significa solo condividere idee; significa soprattutto condividere il cammino proposto. Il brano evangelico ci fa vedere Gesù attorniato da folle. A queste egli si rivolge proponendo un cammino impegnativo: mettere i propri cari dopo di lui, camminare dietro a lui e seguendo lui portare la croce.
Anche il rapporto con i beni economici è altrettanto importante per Gesù. A coloro che lo seguono Gesù chiede di vivere la preminenza del rapporto con Dio. Questa relazione con Dio fonda ogni relazione personale, caratterizza lo stile del discepolo, aiuta a rileggere le relazioni parentali nello stile del servizio e della dedizione alla causa di Dio.
Pure la libertà dai beni materiali è una condizione indispensabile per seguire Gesù È necessario affermare il primato del Maestro in modo concreto; altrimenti la sequela non sarà possibile.

Testimonianza di Parola vissuta

"POVERI"... NON SOLO DI BENI MATERIALI

Avevo cominciato a riavvicinarmi alla fede. Tutte le sere, con sorpresa dei miei, mi chiudevo in stanza a leggere quel Vangelo che mi stava cambiando la vita. Mi sembravano così nuove, quelle parole: mi spingevano ad uscire fuori dal mio egoismo e ad andare verso gli altri. In particolare ero attratto dalle persone più bisognose, dagli ultimi, nei quali Gesù si è identificato; e fra questi, i giovani. Cominciai a pensare seriamente al mio futuro. Mentre ero in questa ricerca, l'incontro con un salesiano mi chiarì che potevo essere al servizio della gente, specialmente dei ragazzi, con lo stile di don Bosco. La decisione che presi sorprese tutti, e in special modo i miei familiari. La prima esperienza fu piuttosto scioccante: mi ritrovai a fare il mio tirocinio in una scuola prestigiosa di Roma, frequentata da giovani ricchi che arrivavano magari in Mercedes. Ed io che avevo scelto di spendermi per i ragazzi più poveri! Solo più tardi compresi che pure quei giovani erano "poveri", anche se non di cose materiali: pure in loro c'era da riconoscere Cristo.

Maurizio - Italia

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24a domenica del tempo ordinario (15 settembre 2019)
Rallegratevi con me, perché ho trovato a mia pecora (Lc 15,6)

Gesù ci rivela un Dio dalle braccia aperte, un Dio che va alla ricerca, un Dio che è amore e misericordia, un Dio che perdona il peccato e porta alla comunione con sé. Sentirsi amati singolarmente in modo incondizionato è l'esperienza che nessun progresso tecnologico né le conoscenze scientifiche e neppure l'economia del superfluo possono dare. Se riusciamo ad accorgerci che Dio ci ama in questo modo potremo anche avvertire che la lontananza da lui e l'indifferenza verso gli altri che ne deriva, significano perdere il nostro tempo, perdere veramente la vita.
Nella pagina evangelica odierna troviamo un Dio che si lascia coinvolgere dalle vicende umane. L'iniziativa divina appare chiara: è lui che si mette alla ricerca della pecora, della moneta e quando vede il figlio prodigo ancora lontano gli corre incontro. È immensa la sua gioia quando può dare libero corso al suo amore. Sbocco naturale infatti delle parabole è la gioia, che non rimane chiusa nel cuore del pastore o della donna di casa o del padre misericordioso. Tutti sentono la necessità di condividere la letizia. Allora è un invito anche per noi ad "entrare" nella gioia.
La fede in un Dio buono e misericordioso non è un trucco per tranquillizzare la coscienza; è l'esperienza di un incontro che significa perdono, proposta di vita, crescita e liberazione. Il suo perdono infatti e la sua misericordia significano inserimento nella sua famiglia, nella sua intimità. Dio ama e perché ama ci salva, ci perdona. Il perdono di Dio è superamento del peccato e dell'esclusione; è ritorno nella comunione con lui e con i fratelli. Il perdono di Dio diventa quindi sempre anche perdono fraterno. E anche il nostro perdono al fratello si colloca nella linea del perdono di Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

PRENDERE L'INIZIATIVA SENZA ASPETTARCI NULLA

Avevo sette anni quando i miei genitori hanno divorziato. Mio padre era buono ma, purtroppo, non si poteva fare affidamento su di lui: programmava di venirci a trovare nei weekend e se ne dimenticava; prometteva di portarci in vacanza e questo non si realizzava; per mesi non ci ha dato un sostegno economico.
Dopo sposata, con la nascita dei primi figli, eravamo sempre noi a fargli visita, mentre lui non ricambiava mai. Questo suo comportamento mi sembrava sempre più difficile da capire, finché con mio marito sono giunta ad una conclusione: toccava a noi prendere l'iniziativa senza aspettarci nulla in cambio così come richiede il Vangelo. In questo modo, le vecchie ferite hanno cominciato a rimarginarsi. Il frutto più visibile è stato il rapporto che i nostri figli hanno costruito col nonno. L'anno scorso la sua salute è andata peggiorando e a settembre ci ha lasciati. È morto nella pace, sapendo che ci saremmo presi cura di ogni sua cosa, dei suoi amici, dei suoi interessi, del suo cane.

N.N. - Usa

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25a domenica del tempo ordinario (22 settembre 2019)
Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13)

Il vangelo della misericordia divina non annuncia una grazia a buon mercato, ma un dono impegnativo: per il ricco accogliere tale annuncio vuol dire trasformare i beni da oggetto di egoismo a strumento di condivisione.
Nel vangelo odierno la parabola dell'amministratore disonesto ci pone davanti all'esigenza radicale del regno di Dio annunciato da Gesù: sottrarsi alla schiavitù dei beni terreni, in particolare del denaro, per creare alcuni atteggiamenti importanti. Gesù ci racconta la parabola dell'economo infedele per farci capire che come lui è stato rapido e avveduto nel disporre del suo futuro, altrettanto lo devono essere i cristiani nel decidere del loro futuro in rapporto al Regno da lui annunciato.
Gesù poi ci suggerisce che il migliore investimento del denaro è la condivisione. E ci ricorda che la fedeltà nelle piccole cose è il test che ci abilita a ricevere in gestione i beni più importanti, i tesori del Regno: il discepolo viene abilitato a ricevere tutto nella quotidiana attenzione ai poveri.
Infine c'è un'ultima "sentenza" che conclude la breve raccolta di detti. Essa esprime l'assoluta incompatibilità tra Dio e la ricchezza. Quest'ultima infatti può esercitare un fascino sul cuore dell'uomo fino a conquistarlo completamente, fino ad esercitare su di lui una vera e propria signoria, vale a dire la pretesa di una dedizione incondizionata. Ma tutto questo non va d'accordo con Dio, che chiede di essere amato con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze e con tutta la mente. L'alternativa allora non sta nel non usare le ricchezze, ma nell'usare i beni terreni nella condivisione e nella solidarietà con i poveri.

Testimonianza di Parola vissuta

ALMENO NEL CUORE DISTACCATI DA TUTTO

Fin da giovani, spinti dalle nostre convinzioni cristiane, mio marito ed io ci eravamo riproposti di adoperarci per gli altri. Proveniamo da famiglie povere: i miei lavoravano in miniera, mentre i genitori di Ramon erano contadini, e conosciamo bene i disagi e i bisogni dovuti alla mancanza di risorse.
Il nostro desiderio si è concretizzato quando ci è stato proposto di gestire un fondo per bambini inseriti i un progetto di adozione a distanza. Grazie ai contributi ricevuti ora possiamo seguire 23 bambini e abbiamo potuto acquistare un pezzo di terra dove abbiamo realizzato una struttura che ospita una ventina di bambini di famiglie povere, permettendo così ai genitori di andare a lavorare. È in funzione anche un piccolo atelier di cucito per le mamme. Attraverso la generosità di tanti, possiamo far crescere questa attività a beneficio non solo dei bambini ma anche delle loro famiglie.

R. J. – Bolivia

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26a domenica del tempo ordinario (29 settembre 2019)
C'era un uomo ricco… (cf Lc 16,19)

La parabola del ricco "epulone" narrata dal vangelo odierno non può legittimare atteggiamenti fatalistici o strutture economiche consolidate in cui i ricchi diventano sempre più ricchi a danno dei poveri sempre più poveri. Questa legittimazione sarebbe una caricatura del vangelo: qui un ricco egoista, intento a godersi i piaceri della vita, non riesce a vedere le sofferenze di chi giace alla sua porta. Gesù denuncia tale cecità e la chiusura a cui la ricchezza, fatta idolo, può portare.
Il racconto evangelico parte con la descrizione di colui che dal punto di vista sociale, occupa la posizione migliore: il ricco. Doveva essere certamente famoso per le disponibilità finanziarie di cui godeva, ma agli occhi di Gesù questo non ha valore: per lui il ricco non ha nome. Entra poi in scena il secondo personaggio della parabola. A lui Gesù dà il nome del suo amico più caro: Lazzaro. Lazzaro è affetto da piaghe, il suo abbigliamento è ridotto al minimo indispensabile. In lui c'è la brama di saziarsi con ciò che cade dalla tavola del ricco. Ma l'ardente desiderio del povero resta inascoltato: nessuno gli dava niente. Al termine della vita le due situazioni si capovolgono: uno lo troviamo all'inferno e l'altro nel seno di Abramo.
In che cosa consiste, possiamo chiederci, il peccato del ricco? Nella cultura del piacere? Nell'amore del lusso sfrenato? Negli eccessi della gola? No! Il suo peccato è non aver dato: non un gesto di attenzione, non una briciola, non una parola al mendicante, lasciato solo con i suoi cani. Il peccato è l'indifferenza assoluta: come se Lazzaro non esistesse. Il ricco non fa del male al povero. Soltanto non fa nulla per lui. Chi non ama è omicida, dirà l'apostolo Giovanni.
Nessuno di noi è così povero da non aver niente da dare, né così ricco da non aver la possibilità di ricevere. Io cosa posso dare? Tempo, sorriso, mano, ascolto, compagnia…

Testimonianza di Parola vissuta

IL "DI PIÙ" DI CHI È?

Avevo ricevuto in regalo una mountain bike, ma la utilizzavo solo in rare occasioni. Un giorno si è intromesso in maniera prepotente nella mia vita san Basilio, leggendo queste sue parole scritte 1700 anni fa: "La tunica appesa nel vostro armadio è di chi è nudo. Le scarpe che non mettete sono quelle di chi non ne ha. I soldi che tenete nascosti sono quelli dei poveri". Ogni volta che ho del sovrappiù mi rendo conto che potrebbe spettare e servire ad altri. Mi sono confrontato con degli amici decisi anch'essi a vivere sul serio la comunione dei beni e ci siamo chiesti chi fosse il "legittimo proprietario" della mia bicicletta. L'abbiamo individuato in un ragazzo di 14 anni, con una situazione familiare molto difficile, garzone di un negozio e incaricato di portare la spesa a domicilio. Abbiamo lavato ben bene la bici, infiocchettata con tanto di nastro rosso e poi posizionata davanti alla porta di casa sua. Robin Hood ha colpito ancora? Diciamo piuttosto che Gesù ha sconvolto per l'ennesima volta la nostra tranquilla esistenza.

Francesco

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27a domenica del tempo ordinario (6 ottobre 2019)
Accresci in noi la fede! (Lc 17,6)

Di fronte a tanti grossi interrogativi che mettono in crisi, provocati da situazioni insostenibili, l'unica risposta adeguata rimane la fede, e un servizio che non vanti pretese. Il vero cristiano non si vergogna della testimonianza di fede e d'amore che rende a Cristo, né lo spaventa la sofferenza che necessariamente si accompagna alla sua testimonianza.
La fede è l'unica via in grado di dare una risposta agli enigmi della storia e al mistero di Dio. Da qui, e forse perché consci di tutto questo, la pressante richiesta dei discepoli a Gesù: "Accresci in noi la fede". Alla quantità Gesù però non bada. Gli interessa la qualità: anche la più piccola espressione di fede può compiere ciò che agli uomini sembra impossibile.
La richiesta di fede, di una fede maggiore, nasce dalla consapevolezza di non avere tutto, di non essere tutto. La fede non è un'opinione su qualcosa, su un sistema di formule e definizioni. Piuttosto la fede è un modo preciso di essere: vivere, amare, soffrire e morire. La fede è una relazione che ti permette di guardare alla vita con occhi diversi, cioè con gli occhi di Dio e vissuta nella Sua vicinanza e con la Sua forza, cioè con il Suo Spirito.
La fede è simile a quando due persone si innamorano: fanno tutto come prima ma con cuore, occhi, mente diversi… a partire dalla persona amata. È un regalo di Dio e ci aiuta a vedere la vita in un modo nuovo e diverso. È una forza che muove, spinge, cambia, che supera tutte le aspettative. Per questo è bella e in questa settimana possiamo fare nostra la richiesta degli apostoli: accresci in me la fede!

Testimonianza di Parola vissuta

UNA SCOPERTA INASPETTATA

Tornare a casa scoprendo la fede in Cristo. Per lui, ventiquattrenne tarantino, questa è stata la prima Giornata Mondiale della Gioventù (Cracovia 2016) ma soprattutto il primo passo di un percorso spirituale. Gianluca Imperio non era credente. Dio l'ha scoperto passando attraverso il mondo del volontariato. Dalla carità a Cristo e non viceversa.
«Sono partito senza sapere a cosa andassi incontro, senza conoscere nessuno del gruppo della diocesi di Taranto. Ero anche tra i più anziani in realtà, ma ho stretto subito amicizia con tutti. La proposta di partecipare mi è arrivata da don Francesco Mitidieri, che ha ascoltato i tanti interrogativi di senso che mi potevo negli ultimi mesi. Qualche tempo fa – aggiunge Gianluca – lavoravo in una cooperativa sociale che si occupa di minori a rischio e si trova nello stesso quartiere in cui c'è una struttura di accoglienza per migranti. Per caso ho conosciuto dei ragazzi che vivevano lì ed è nata un'amicizia. Andavo a trovarli tutti i giorni nella loro casa, gestita da un sacerdote. Si trattava proprio di don Francesco e con lui, a distanza di poco, ho anche iniziato a svolgere missione notturna in stazione, dando una mano con i senzatetto».
Dalle opere alla preghiera. La Gmg Gianluca l'ha vissuta calandosi completamente nel silenzio dello spirito. «Ho scoperto le vite dei santi e dei beati di questi luoghi. Tra tutti gli esempi mi ha colpito quello del beato don Popieluszko, che ha combattuto per la libertà della Polonia dal regime comunista ed è stato ucciso per questo. Mi ha entusiasmato la semplicità e la forza della fede di quest'uomo. Mi porto dietro il suo insegnamento. Da adesso viene il bello. Sarà un percorso in salita ma sono entusiasta».

(da Avvenire, 28.09.2016 - di Marina Luzzi)

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28a domenica del tempo ordinario (13 ottobre 2019)
Si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo (Lc 17,16)

Incontrarci con i profeti di Dio specialmente se si è alla ricerca della verità e si è coscienti della propria situazione di infermità, non può essere che un momento di salvezza e di liberazione. Come lo fu per Naaman il siro quando incontrò il profeta Eliseo, così fu per i dieci lebbrosi del vangelo odierno quando incontrarono Gesù. In loro c'è iniziativa, richiesta di aiuto, inizio di fede.
La lebbra era per gli Ebrei segno di condanna celeste e di peccato e si traduceva nell'esclusione dalla vita sociale. Purificando questi infelici dalla lebbra, Gesù li reinserisce nella società e dimostra che in lui si è fatto presente il regno di Dio e il superamento di ogni forma di schiavitù e di emarginazione. Con lui Dio non è più lontano, ma per strada, in casa, nel posto di lavoro, incarnato nell'uomo. Con lui ci si apre alla speranza e si ritorna a lodare Dio. Come ha fatto il lebbroso samaritano: percorre la strada di ritorno a Gesù "glorificando Dio". Ha colto nella sua vita non solo la guarigione fisica, ma un intervento di Dio. E, arrivato davanti a Gesù, compie un atto di profonda venerazione: "si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo".
Ringraziare significa credere che la nuova condizione non è frutto di una propria conquista, ma un dono ricevuto per pura benevolenza. Impariamo a ritmare di gratuità riconoscente la nostra vita. A Dio che ci ama "gratis" possiamo offrire l'unica nostra cosa "gratis": la lode, il grazie.

Testimonianza di Parola vissuta

MANCATO SUICIDIO

Prestavo servizio in un incrocio molto trafficato quando vidi più volte sfrecciare un giovane con una moto ad altissima velocità. Correva il rischio di schiantarsi contro i mezzi che circolavano. Gli intimai di fermarsi. Quando arrivò davanti a me notai il suo volto turbato: "Voglio farla finita!" dichiarò. Lo ascoltai a lungo raccontarmi le sue difficoltà, i suoi problemi. Gli offrii la mia disponibilità per aiutarlo e dimenticai di fargli la multa. Se ne andò via rasserenato.
Passarono alcuni anni, ero di servizio in piazza. Si avvicinò un giovanottone sorridente che mi abbracciò commosso. Gli feci notare che forse mi aveva scambiato per un'altra persona. "No, sono il ragazzo della moto ad alta velocità all'incrocio. Ricorda? Ora sono felicemente sposato e contento di vivere. Sono venuto qui da Foggia, dove ora abito con la mia famiglia, perché volevo ringraziarla".

B.A. - Italia

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29a domenica del tempo ordinario (20 ottobre 2019)
Necessità di pregare sempre, senza stancarsi (cf Lc 18,1)

Il processo della liberazione dell'uomo si fa strada solo nell'impegno costante. Gesù nel vangelo di questa domenica, con il racconto della vedova insistente e del giudice iniquo, vuole richiamare alla necessità della fiducia in Dio e alla costanza nella preghiera. Una vedova, quindi una delle persone più deboli, deve ottenere giustizia da un giudice iniquo. Costui alla fine è costretto a cedere alle pressanti insistenze della vedova, almeno per non venire più scocciato. La tenacia della vedova ci è proposta come esempio: la fiducia e la perseveranza nel perseguire i propri progetti di giustizia vengono premiate.
La parabola evangelica riguarda la necessità di pregare sempre, senza stancarsi. Tutti noi durante le nostre giornate dedichiamo tempo, tante volte bello e abbondante, alla preghiera. Essa è un dialogo d'amore con il Signore della nostra vita. Essa è "un cuore a cuore" con Dio; impegna Dio all'ascolto, lo sollecita ad uscire dal suo silenzio per agire. Nello stesso tempo la preghiera vera e sincera non è un'azione magica, ma chiede la disponibilità e la collaborazione dell'orante. Innanzitutto la disponibilità a rinunciare ai propri per affidarsi ai piani di Dio. Attraverso la preghiera il discepolo "impara" Cristo. Nella preghiera impara l'amorosa, paziente attesa dello Sposo.

Testimonianza di Parola vissuta

L'UMANITÀ DI GESÙ

I primi sintomi del mio male, una sclerosi multipla, risalgono a quando mia moglie Susi era in attesa di nostra figlia Tecla. Io, che ero abituato a lavorare, a fare sport, mi sono ritrovato a fare i conti con una sempre maggiore difficoltà a muovermi, fino alla totale immobilità.
Eppure, fin dall'esordio della malattia, ho avvertito in me un risveglio e una sete di valori veri.
Sono passati molti anni da allora. Essere ammalato, vedere che le gambe non rispondono più, dipendere dagli altri in tutto, soffrire, conoscere l'umiliazione, sentirsi diverso: ho sperimentato tutto questo.
Ma la sofferenza mi ha aiutato a capire molto più di prima l' "umanità" di Gesù.

Renato – Italia

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30a domenica del tempo ordinario (30 ottobre 2019)
O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18,13)

Dio non si compra con semplici azioni cultuali o con le belle facciate. Gli è gradito chi non vanta pretese davanti a lui, come il fariseo capace solo di innalzare se stesso e disprezzare gli altri e non può che sperimentare la condanna.
La parabola evangelica odierna non solo propone un modo di pregare, ma soprattutto un modo di essere davanti a Dio.
Il fariseo è il modello dell'uomo religioso: sa andare, anche con sacrificio personale, oltre le prescrizioni della legge. È sicuro davanti a Dio, ostenta i propri meriti, è sicuro della propria salvezza, perché appartenente al popolo eletto e buon osservante della legge. Non si mette in discussione, né si condanna la sua giustizia, ma la pretesa di autogiustificazione davanti a Dio, la superbia, il disprezzo per gli altri. La sua è una preghiera che suona solo lode personale.
Gesù, preferendo il pubblicano, sconvolge ogni misura di valutazione. Egli presenta un Dio che salva chi è senza sicurezze, chi davanti a Lui va a mani vuote e attende solo da Lui la salvezza.
L'umiltà è necessaria nel rapporto con Dio. Essa infatti situa l'uomo nella verità della sua relazione con Dio, facendolo vivere del dono divino. Tutto ciò che l'uomo è ed ha è dono di Dio. L'umiltà è la perseverante memoria del dono di Dio. In quanto memoria costante, l'umiltà è grata, "eucaristica" e guida a vivere l'esistenza quotidiana sotto l'insegna del dono proveniente da Dio e ti ricorda che tu stesso sei chiamato a diventare dono per gli altri.

Testimonianza di Parola vissuta

HO TROVATO IL MIO POSTO NELLA CHIESA

Sono sposata civilmente con un divorziato. Ho vissuto con ribellione la privazione dei Sacramenti. Ero certa che Dio mi capiva nella mia scelta e mi ribellavo alla Chiesa e al prete che non mi capiva. Il passare degli anni e le difficoltà nella vita di coppia mi hanno cambiata.
La privazione dei Sacramenti mi faceva soffrire: non aveva senso per me la Messa, se non potevo ricevere l'Eucarestia e così non partecipavo più. Apparentemente un taglio netto, ma dentro un vuoto sempre più grande. Quel vuoto che tanta sofferenza mi procurava - l'ho capito dopo - era la presenza di Dio, che non mi lascia e che non smette di amare la sua creatura anche se essa volta le spalle. Questo è il Dio che ho ritrovato: un Dio che è Misericordia.
Ho seguito le indicazioni del mio parroco e ho ripreso poco a poco, anche con l'aiuto della comunità, la capacità di rivedere la mia vita non secondo le mie convinzioni, ma alla luce della Parola di Dio e degli insegnamenti della Chiesa. Io e Dio, io sola davanti alla sua Parola.
È cambiato tutto. Non posso ricevere i Sacramenti e questa rimane una sofferenza. Cerco però l'incontro con Gesù nella contemplazione del Crocifisso: da lì viene il dono della Misericordia divina. Ho trovato quindi anche il mio posto nella Chiesa: aiutare nella pastorale dei casi difficili di matrimonio.

Roberta

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Tutti i Santi (1° novembre 2019)
Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli (Mt 5,12)

La liturgia della Parola ci chiede oggi di riconoscere la santità diffusa, ordinaria, quel lievito nascosto che trasforma il quotidiano in esperienza di risurrezione. La Parola ci invita a vedere i santi di casa nostra, quei volti innumerevoli che sono per noi un modello di fede, segno di speranza e dono d'amore; di celebrare la santità come vocazione universale, come cammino verso il nostro destino di pie-nezza; di riconoscere l'esistenza di una storia "altra", costruita dai poveri, afflitti, miti, operatori di pace, assetati di giustizia e perseguitati.
Gesù per nove volte ripete il termine beati, felici, prosperi. La felicità e la prosperità sono un dono di Dio a cui l'uomo è chiamato a corrispondere. Le beatitudini dipingono ai nostri occhi il volto di Gesù povero, mite, costruttore di pace e di giustizia, misericordioso, puro di cuore a tal punto da vedere tracce di Dio dappertutto, perseguitato.
E dipingono anche la nostra identità più profonda: di noi che a partire dal battesimo abbiamo scelto di essere discepoli di Gesù. E capiamo che le beatitudini, essendo epifania dell'amore, ci ricordano che la santità non consiste nelle visioni ma nell'amore.
Sappiamo per esperienza, da una parte quanto è bello e come riempie la vita essere discepoli di Gesù; dall'altra, sperimentiamo la fatica di accogliere la croce, il fallimento e l'opposizione. Questo ci ricorda che l'essere cristiani è un dono: siamo servi di un progetto che appartiene ad un Altro. Sul quale però possiamo contare pienamente perché è nostro Padre.

Testimonianza di Parola vissuta

LA VERA UMILTÀ È RIPORTARE OGNI COSA AL PADRE

Avevo un complesso di inferiorità verso tutti, dovuto sia alla povertà che a un piccolo difetto di balbuzie. Perciò, anche se di natura allegro ed estroverso, consideravo gli altri sempre più dotati di me.
Con gli anni ho capito che questo mio atteggiamento era orgoglio. Sì, perché oltre all'orgoglioso che dice: «Io sono bravo, io so fare questo, so fare quello», c'è quello che dice: «Io non sono capace, io non so... io, io, io...». È sempre l'io che emerge. Ho capito che il modello del non orgoglio è Maria che canta: «Tutte le generazioni mi chiameranno beata... Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente». Non sempre infatti l'umiltà coincide col dire «Io non valgo niente», ma piuttosto nel riportare ogni cosa buona al sommo Bene, al Padre.
Fin da bambino avevo la passione per il canto e la musica e così sono entrato in un com-plesso musicale che annuncia il Vangelo. Ricevere applausi e lodi all'inizio mi imba-razzava, ma ho im-parato ad accoglierli non come diretti alla mia persona, ma a Dio che testimoniavo con il canto. Da allora anche i "momenti di gloria" non sono un problema per me: grato per essi, in cuor mio li indirizzo a chi mi dona una bellissima voce. So bene che, ad equilibrare tutto, prima o poi arrivano anche le purificazioni.

Mario, Italia

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31a domenica del tempo ordinario (3 novembre 2019)
Zaccheo,… oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5)

La liturgia odierna ci obbliga a ripensare al volto del Dio in cui crediamo e che annunciamo. Troppe volte, infatti, trasformiamo il Dio "giusto" nel Dio "contabile", che ripaga ognuno secondo le proprie azioni. Il vangelo oggi manifesta lo sguardo del Figlio che raggiunge la persona dove si trova, persino appollaiata su un albero, per amarla senza condizioni e ricondurla alla propria dignità filiale.
Il racconto dell'incontro tra Zaccheo e Gesù è uno dei più noti e amati. Di Zaccheo conosciamo il nome, la professione e la condizione economica "capo dei pubblicani e ricco". Da ultimo anche un dato fisico: "piccolo di statura". Nel corso della narrazione Zaccheo verrà caratterizzato in modi diversi e contradditori: un uomo, un peccatore; un figlio di Abramo. Zaccheo "cerca" di vedere chi fosse Gesù. E questo è importante. Ma il cambiamento è causato dall'essere "visto" e incontrato da Gesù: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". È bello vedere che il viaggio di Zaccheo termina faccia a faccia con Gesù, riconosciuto come il suo Signore. Il Cristo entra in uno spazio contaminato dal peccato, ma la sua entrata lo trasforma nel terreno sacro dell'incontro con Dio.
"Oggi devo fermarmi a casa tua"; "oggi per questa casa è venuta la salvezza". La salvezza accade "oggi", nel momento dell'incontro con il Cristo. Quel "devo" di Gesù esprime il cuore di Gesù: un cuore fatto per amare e pieno di amore. Un cuore che per ognuno ha da sempre un progetto di salvezza. Bello un Dio che non vede l'ora di amare, di aiutare la sua creatura a ricominciare, a ripartire, a dare il meglio di sé.

Testimonianza di Parola vissuta

DIO PUÒ ESSERE TUTTO IN ME

L'apostolo Pietro (dopo la triplice negazione) ha capito. Egli sa troppo bene che cosa Gesù gli chiede. Amare Lui, Gesù, non significa dire sì con molto entusiasmo; significa dare la vita per lui.
In questi giorni un fatto mi ha colpito tanto: Dio vuole da me proprio ciò che vorrei nascondere in me: il fallimento, la limitatezza, il dolore.
Perché Dio vuole proprio ciò che mi sembra negativo?
Nel cercare una risposta, il fallimento di Pietro mi era di aiuto. Ho capito. Dio non si contenta di ciò che gli ho dato finora. Vuole tutto. Vuole persino la mia miseria. Questo è inconcepibile; ma ora so che è l'unica cosa che posso dare veramente al Signore.
Così l'avrà sentito anche Pietro; il suo fallimento va capovolto: anziché una condanna, un nuovo invito ad amare di più il Signore.
Ora capisco anch'io; pian piano fiorisce in me una gioia profonda: Dio colmerà ogni mia deficienza. Meno posso offrirgli, più egli colmerà questo mio vuoto con la sua presenza.
Che logica strana! Poiché io spesso non ho niente su cui appoggiarmi, Dio può essere tutto in me.

Dieter (Germania)

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32a domenica del tempo ordinario (10 novembre 2019)
Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38)

Ci avviciniamo alla fine dell'anno liturgico. Le Letture iniziano a presentare le ultime realtà. Il tema odierno riguarda la risurrezione. Si tratta del motivo centrale della fede cristiana. Dio, infatti, non è un Dio dei morti, ma dei viventi, che premia con la vita i credenti in lui; è un Dio fedele, che libera dal male e dirige nell'amore.
Il Dio che amiamo, nel quale crediamo, ci viene presentato come il Dio dei viventi. Nella sua diatriba con i sadducei, che gli hanno presentato un caso concreto sul tema della risurrezione, Gesù supera la concezione farisaica di un aldilà inteso in senso molto materialistico e afferma la novità assoluta, la diversità radicale dalla presente condizione terrena, appunto perché i figli della risurrezione e i figli di Dio hanno superato ogni bisogno, ogni condizionamento e limite. Sono semplicemente nel mondo della vita, che è dono della potenza di Dio e della sua fedeltà verso la creatura.
Dio ama e l'amore di Dio non può venire meno, non può tradire: per questo anche la vita non può tradire. Non tradirà se ora è vissuta nell'amore, nella fedeltà, nel dono di sé. Quante volte abbiamo sperimentato che un servizio, un atto di dedizione hanno reso bella e piena la vita. Lo sentiamo, è così. L'apostolo Giovanni ci dice che chi è nell'amore è in Dio. E Dio è per sempre. Così anche la vita vissuta nell'amore è per sempre, perché vissuta in Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

RIORDINARE LE PRIORITÀ

Lo scorso anno abbiamo voluto dedicare parte delle vacanze ad attività che ci permettessero di entrare in contatto con ragazzi più svantaggiati in Paesi e culture diverse dalla nostra.
Con i piccoli ospiti di un centro educativo risistemiamo il giardino e il campo da calcetto; ma ci sono anche tanti momenti di gioco insieme! Non dimenticherò mai l'abbraccio forte di Jhasino, uno tra i più piccoli, che mi ha visto un po' stanco mentre lavoravo.
Siamo andati a trovare quei bambini nelle loro case, per conoscere le famiglie. Il paradosso della loro condizione di povertà materiale con la genuina felicità che esprimevano con sguardi e sorrisi ha rovesciato il mio modo di pensare perché una gioia di vivere così spontanea e libera non l'ho mai trovata in persone che hanno tutto dal punto di vista materiale. Dovevo riordinare le mie priorità eliminando tante cose inutili che occupano spazio e tempo e spesso si frappongono nel rapporto con gli altri.

Angelo I.

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33a domenica del tempo ordinario (17 novembre 2019)
Avrete allora occasione di dare testimonianza (Lc 21,13)

Il messaggio di questa penultima domenica dell'anno liturgico verte sulle ultime realtà della storia. Nel giorno del Signore verrà finalmente fatta giustizia: condanna per gli empi, salvezza per i giusti. La comunità del Risorto è chiamata a trasformare l'attesa in annuncio, preparando l'avvento del Regno attraverso una testimonianza libera e coraggiosa. Bisogna attendere "quel giorno" non nella inoperosità e nell'ozio, ma nell'impegno e nella quotidiana fatica.
Nel vangelo, la richiesta di un segno da parte dei discepoli trova una risposta inaspettata: come la croce è il segno che annuncia l'alba della risurrezione, così la persecuzione, il rifiuto, la piccolezza sono i segni che confermano il discepolo nel suo seguire quotidiano il Crocifisso Risorto.
Gesù invita i suoi a camminare lungo il sentiero tracciato dalla Parola. L'invito è a fidarsi e ad affidarsi al Signore, nel quale crediamo. In Lui il buio si trasformerà in luce e il rifiuto in una nuova possibilità. Importante è vivere ciò che appartiene all'essenziale perché da questo "centro incandescente" scaturiranno gli strumenti, le parole e le azioni adatte per essere efficaci. Come è successo alle origini: proprio grazie alla persecuzione, apostoli e discepoli lasciano Gerusalemme e la corsa della Parola può avere inizio.
Accogliere, mettere in pratica, comunicare la Parola vissuta: questo ci permette di essere testimoni credibili. Sappiamo, come diceva papa Benedetto XVI, che i cristiani "vengono tirati nell'intimo di Dio mediante l'essere immersi nella Parola di Dio".

Testimonianza di Parola vissuta

ESSERE DONO

Andando a visitare la mia famiglia, vorrei fare qualcosa per essere un dono per i miei vicini.
Arrivando a casa per le vacanze di Natale, la strada era completamente ghiacciata! Vado ad aiutare mia madre che pulisce il viale di fronte a casa nostra dal ghiaccio e mi presenta un vicino di casa che non conoscevo. Abbiamo parlato un sacco!
Mentre stavo scavando il ghiaccio vedo un anziano vicino, con cui non avevo parlato da molto tempo, che da poco aveva avuto un infarto. Così decido di andare ad aiutarlo a pulire il suo ghiaccio. Ho continuato ad aiutarlo, anche dopo che lui era rientrato in casa, nonostante insistesse a dire "non devi sentirti obbligato…".
In tutto questo pomeriggio mi sembra che dal "ghiaccio" si sia creato un clima di "calda amicizia".

Aldo

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Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (24 novembre 2019)
Gesù, ricordati di me… (Lc 23,42)

L'anno liturgico si chiude indicando in Cristo, Re dell'universo, la chiave di lettura del mondo e della storia.
La croce con la scritta "costui è il re dei Giudei" è l'immagine di Cristo re che ci presenta la liturgia. Il suo regno, il frutto della sua sovranità è la salvezza, che si accoglie come un dono. Il re è colui che si è spogliato di tutto, delle vesti e della dignità; il suo regnare viene dal dono totale di sé e il vivere per gli altri giunge alla sua conclusione più tragica: venire ucciso. È lui che poche ore prima aveva detto: "non c'è amore più grande di colui che dà la vita per gli amici". Ed è per questo che san Luca fa emergere l'attenzione di Gesù verso gli altri, anche sulla croce. C'è una promessa nei confronti del malfattore che riconosce i suoi errori e che gli chiede di ricordarsi di lui: "oggi sarai con me nel paradiso".
Il donare la vita, il porre in una situazione di salvezza aveva caratterizzato tutta l'esistenza terrena di Gesù: era naturale quindi che così fossero anche gli ultimi istanti. E Gesù offre a tutti e in ogni momento la possibilità di incontrarlo come il Signore della vita. Allora come è bella l'invocazione di quel ladrone: "Gesù, ricordati di me". Gesù, mettimi nel tuo cuore. Sempre Gesù aveva messo le persone incontrate nel suo cuore: le aveva amate donando tutto se stesso. Così possiamo fare anche noi.

Testimonianza di Parola vissuta

FINO IN FONDO

M. si offre per andare a cercare, per conto di un'amica, alcune cose, tra le quali delle medicine, di cui una certa persona ha urgente bisogno. Entra in diverse farmacie, ma quel prodotto non si trova.
Intanto, si è allontanata dal centro città e si trova in vie dove non ci sono autobus. Fa molto caldo e M. si domanda se continuare, perché ovunque le dicono che la medicina è esaurita. Vuole però amare come Gesù insegna, fino in fondo.
Decide allora di consegnare all'amica le cose che ha già comprato, per poi proseguire la sua ricerca. Ma non la trova in casa. Bussa all'appartamento vicino per lasciarle almeno un messaggio. Le apre una signora che si interessa di lei e di ciò che sta facendo. Con sua grande sorpresa, M. si sente dire: "Ma io ho questa medicina ce l'ho. Se vuole gliela do per la sua amica!".

M.B. - Thailandia

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