Parola che si fa vita
Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)
1a domenica di Avvento (2 dicembre 2018)
La vostra liberazione è vicina (Lc 21,28)
Immacolata concezione della B.V. Maria (8 dicembre 2018)
2a domenica di Avvento (9 dicembre 2018)
Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te (Lc 1,28)
3a domenica di Avvento (16 dicembre 2018)
E noi che cosa dobbiamo fare? (Lc 3,14)
4a domenica di Avvento (23 dicembre 2018)
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? (Lc 1,43)
Natale del Signore (25 dicembre 2018)
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino (Lc 2,16)
Santa Famiglia (30 dicembre 2018)
Dopo tre giorni trovarono Gesù nel tempio (Lc 2,46)
Maria Madre di Dio (1° gennaio 2019)
Giornata mondiale della pace
I pastori... trovarono Maria e Giuseppe e il bambino (Lc 2,16)
Epifania del Signore (6 gennaio 2019)
Siamo venuti per adorare il Signore (Mt 2,2)
Battesimo del Signore (13 gennaio 2019)
Tu sei il Figlio mio, l'amato (Lc 3,22)
1a domenica di Avvento (2 dicembre 2018)
La vostra liberazione è vicina (Lc 21,28)
Il periodo liturgico dell'Avvento sottolinea, tra le altre, una dimensione molto importante della vita cristiana: quella che riguarda le realtà ultime. È un invito a volgere lo sguardo al futuro, come tempo della realizzazione piena dell'incontro con Dio. Questa si fonda sulla certezza che il futuro del mondo appartiene a Cristo e al suo Regno di giustizia e di pace. In questo senso vanno anche le promesse fatte da Dio alle attese umane. Si tratta del compimento della salvezza, dono gratuito di Dio, che chiama in causa anche la stretta collaborazione dell'uomo.
Il vangelo presenta Gesù che viene "su una nube con grande potenza e gloria" alla conclusione delle vicende del mondo attuale; viene come giudice universale. Egli inaugura l'ordine nuovo annunciato dal profeta. L'uomo è liberato da ogni forma di schiavitù, dalla paura collegata alla fragilità e alla precarietà della vita. L'uomo liberato non è più curvo, fermo, immobile, ma si rialza in piedi, si muove e riprende il cammino. L'effetto della liberazione sarà una relazione rinnovata con Dio e con il prossimo. Dio sarà a tutti gli effetti riconosciuto e amato come Padre, il prossimo diventerà il fratello col quale camminare.
La parola di Dio ci offre liberazione: ci libera dalla magia, dal sogno di soluzioni immediate, che ci esonerano dalla fatica e dalla responsabilità, per vivere la vigilanza (attenti alle presenze del Signore e dei fratelli), la fedeltà e la perseveranza.
Testimonianza di Parola vissuta
SONO LIBERO DI AMARE
I primi sintomi li avevo sottovalutati. Abbassamento del tono vocale, mal di schiena, difficoltà a deglutire, perdita dell'equilibrio, cadute accidentali, rottura del setto nasale. Poi, il 13 giugno 2016, a Bologna mi è stata diagnosticata la SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica. Poche parole del medico e una scarna lettera con un codice. Perché proprio a me? Per giorni mi sono tornati alla mente le parole di Paolo di Tarso: "Siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati…". Rileggendo per l'ennesima volta quella sigla, ho pensato: SLA, ovvero "Sono Libero di Amare". Quando i muscoli non rispondono, l'olfatto non percepisce più il profumo, il tatto è inesistente, il gusto ti ha abbandonato, posso sempre amare. Se trasformi il dolore in un dono d'amore, la vita ti sorriderà. L'uomo non è fatto per la sconfitta.
F. S. – Italia
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Immacolata concezione della B.V. Maria (8 dicembre 2015)
2a domenica di Avvento (9 dicembre 2018)
Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te (Lc 1,28)
È bello pensare e vivere nella certezza che all'inizio della nostra fede non c'è l'uomo che si mette alla ricerca di Dio, ma c'è un Dio che per amore viene incontro all'uomo. E gli offre un annuncio di salvezza, una possibilità imprevista di trovare una gioia piena e duratura.
L'esperienza cristiana è fondamentalmente esperienza di una buona notizia, del tutto inaspettata; è un'esperienza di grande gioia: Dio viene incontro alla sua creatura per offrigli la sua stessa vita, la sua amicizia. Sappiamo che tra Dio e l'uomo c'è una distanza infinita. Eppure Egli la supera e offre a ciascuno la sua amicizia, senza badare ai meriti dell'uomo, alla sua bontà o alla sua cattiveria. Quello che appare ai nostri occhi è la sua grazia, la bontà smisurata di Dio.
In Maria, che oggi contempliamo Immacolata, risplende l'amore "tenace" di Dio che prepara la sua creatura a diventare la Madre del suo Figlio. Oggi Maria davanti a noi è la "piena di grazia", colei che ha trovato grazia presso Dio. A Lei Dio si rivolge per chiederle di partecipare, da protagonista, al suo disegno di amore.
È bello vedere che Dio offre e chiede solo l'amore. Questa festa ci mette davanti all'incontro con Dio, che di solito avviene in modo del tutto inusuale. La prima esperienza è quella della "grazia", di un amore che si riversa su di noi senza alcun merito da parte nostra. Chiediamo al Signore la capacità di cogliere il suo amore che con abbondanza Egli ci dona.
Testimonianza di Parola vissuta
GIOIA DI SERVIRE
Quando, dopo tante inutili cure, nostro figlio è morto, per mia moglie è cominciato un periodo di depressione, in cui finanche la vista di altri bambini le causavano sofferenza. A poco a poco ci siamo isolati e la vita ha perso colore. Un giorno abbiamo conosciuto una comunità dove si leggeva e metteva in pratica il Vangelo. Una frase, in particolare, le ha cambiato la vita: "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere". Lei ne è rimasta toccata profondamente. Dopo un periodo di riflessione, è tornata al lavoro come assistente presso un centro di pediatria oncologica. Da allora, la ripresa è stata rapida. Un giorno mi ha confidato la gioia di poter servire altri bambini.
R. A. – Francia
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3a domenica di Avvento (16 dicembre 2018)
E noi che cosa dobbiamo fare? (Lc 3,14)
L'invito alla gioia perché "il Signore è vicino" e salva il suo popolo rappresenta la caratteristica di questa terza domenica di Avvento. Quale sia la strada che porta ad una gioia duratura e profonda, perché realizza l'incontro con il Signore, viene indicata nel vangelo: è quella della penitenza e della conversione. La gioia vera è solo frutto di una vita che si è lasciata completamente rinnovare dalla parola di Dio. E la parola di Dio oggi suona conversione. Questa non implica solo un cambiamento di mentalità, di sentimenti, di volontà: trova il suo compimento nell'azione.
quanto ci testimonia l'odierno brano evangelico: all'invito del Battista a convertirsi, fa subito seguito l'interrogativo della folla che si chiede in che cosa consista la conversione. Essa sta nelle opere dell'amore, nell'esercitare rettamente la propria professione, nel rispetto degli altri e nel tradurre nella concretezza della propria vita le esigenze della parola di Dio. Solo allora la pienezza di vita, che è da Dio, si comunica all'uomo, diventa sicurezza e pace interiore, cioè gioia che riempie l'esistenza.
La parola del vangelo alla domanda "che cosa dobbiamo fare?" dà risposte concrete: diventa invito a ripristinare l'equità, la giustizia, il rispetto degli altri, abbandonando ogni violenza, ogni arroganza. Ci chiama alla solidarietà e alla fraternità. Viviamo nella prossima settimana questi atteggiamenti: rendiamoci solidali e fraterni con ogni persona che incontriamo, in particolare con i più svantaggiati. Che il nostro cuore sia capace di colmare vuoti, disagi; non ci sia spazio per l'indifferenza.
Testimonianza di Parola vissuta
VISITA AI BARBONI
Durante le visite che periodicamente facciamo ad un ritrovo per persone senza fissa dimora, comunemente chiamate 'barboni', mi ritrovo a fare i conti con una realtà assolutamente diversa da quella a cui sono abituato. Però, ho capito che non importa tanto quello che sento, quanto amare tutti.
Un giorno, sto per andare a trovarli, ma dentro un dubbio non mi dà tregua: "Servirà veramente quello che faccio? In fondo non è un granché condividere quattro chiacchiere e qualche panino che prepariamo per loro!". Arrivato al ritrovo, cerco però, di seguire un'altra voce che mi dice di avvicinarmi ad un signore dal volto evidentemente triste. È vero, mentre mi raccontava del suo desiderio di farla finita, ascoltarlo e mangiare insieme quell'insignificante panino è l'unico modo che ho per amarlo, però, giunta l'ora di tornare a casa, quel signore mi dà un forte abbraccio e sorridendo mi dice: "Ciò che fate è molto bello e importante per me e per tutti noi". Il suo saluto mi ha riempito di gioia: ho sentito che l'amore è incredibilmente forte e si serve anche di gesti semplici.
Pedro - Cile
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4a domenica di Avvento (23 dicembre 2018)
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? (Lc 1,43)
Le promesse di Dio non vanno mai a vuoto. Il Messia annunciato, "colui che deve essere il dominatore in Israele", giunge tramite la disponibilità di Maria al piano di Dio. Egli viene per salvare l'uomo mediante l'offerta del proprio corpo. In Maria, nuova arca dell'alleanza, è Dio stesso che prende dimora e viene tra gli uomini: ora egli non abita più in case di pietra, ma in persone vive. Ciò è avvenuto perché Maria si è spalancata al grande mistero, all'iniziativa divina "ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto". Essa non ha tenuto gelosamente per sé la gioia della manifestazione di Dio, la salvezza che è sopraggiunta, ma "in fretta" la comunica, la condivide con gli altri.
E dove giunge la salvezza, ivi scoppia la gioia: il bambino "sussulta" nel seno materno, le persone vengono ricolmate di Spirito Santo e il povero ritrova fiducia in se stesso, perché ha scoperto chi è il suo Salvatore e innalza a Dio il suo inno di gratitudine.
È un incontro di gioia quello che avviene tra Elisabetta e Maria, una gioia che irraggia da queste due donne. E ognuno dei protagonisti di questo incontro interviene a suo modo: c'è il grido di Elisabetta, mossa dallo Spirito; c'è la danza del Battista nel grembo di sua madre; c'è il cantico di Maria che loda il Signore e la sua misericordia.
Come sarebbe bello se anche noi, come Elisabetta, nel linguaggio semplice e piano di ogni giorno, dessimo voce alla gratitudine di un popolo che vede i segni di Dio nella storia!
Testimonianza di Parola vissuta
NASCERE A BETLEMME
Un giorno ero seduta davanti al tabernacolo della cappellina in ospedale, quando alle mie spalle ho sentito il singhiozzo di una donna che veniva a consegnare ad Allah la sua angoscia. Era una musulmana che conoscevo molto bene, perché il figlio Mohamed era ricoverato nel reparto dove lavoro. Fin dalla sua nascita, quella donna ha cominciato un interminabile calvario. Ricoveri e dimissioni senza sosta per "arginare" una malattia metabolica diagnosticata pochi giorni dopo il parto. Mi sono alzata dalla sedia e le ho chiesto il motivo del suo pianto: a bassa voce mi dice che suo marito vuole da lei un figlio maschio e sano. Tutte e due conoscevamo bene le scarse possibilità che questo accadesse. La invito a pregare, io da cattolica e lei da musulmana. Ci lasciamo con questo patto, dopo esserci abbracciate.
Alcuni mesi dopo, mi ritrovo ancora a pregare in cappella. La scena si ripete: ancora il pianto di una madre alle mie spalle. La stessa donna, la stessa madre, ancora più disperata perché questa volta nel suo grembo si sta formando una nuova vita. La abbraccio forte perché capisco, anche se nessuna delle due pronuncia una parola. So solo dirle: "Preghiamo, chiediamo ad Allah e a Dio Padre che faccia nascere il bimbo sano". Passano i mesi e Mohamed viene ricoverato più volte durante la gravidanza della madre. Lei è serena, io un po' meno. La mia professione sembra prevalere sulla mia fede, ma non smetto di sperare. Anche il volto di quella donna ha bisogno della mia speranza.
Arriva il mese di dicembre e non vedendola più penso al peggio. Un giorno di metà gennaio la vedo entrare in ospedale con un fagottino tra le braccia. Mi avvicino e la guardo negli occhi che mi sembrano stranamente lieti. Sotto la copertina c'è una bellissima bambina che dorme pacifica. Guardo la mamma che esclama: "È sana!". Con le lacrime agli occhi ringrazio Dio e la Madonna. Abbraccio quella donna così forte e coraggiosa, mentre lei mi sussurra all'orecchio: "È nata il 25 dicembre".
Suor Donatella Lessio - Betlemme (tratto da Avvenire)
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Natale del Signore (25 dicembre 2018)
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino (Lc 2,16)
"La grande luce" appare al popolo che cammina nelle tenebre. "Un bambino è nato per noi. Ci è stato dato un figlio". Gerusalemme che attende la salvezza è l'umanità a cui Dio, per grazia, dona il Salvatore. La salvezza è Gesù. Con la sua nascita la condizione dell'uomo è rovesciata: egli è cercato, amato e santificato. La salvezza è misericordia, amore che si effonde. Essa raggiunge l'uomo, non è frutto di conquista. Davanti all'azione di Dio, alla sua parola che illumina e alla sua presenza nella storia, il credente non è uno che resta fermo al suo posto. E allora come i pastori, anche noi ci mettiamo per strada, senza indugio: andiamo, ascoltiamo, vediamo e troviamo. Anche noi siamo chiamati ad essere docili alle sollecitazioni dello Spirito Santo, ad abbandonarci nella fiducia e nell'amore.
Quali segni oggi ci indicano la presenza di Gesù? Dove "troviamo" la sua bontà fatta carne per salvarci? Nell'Eucaristia prima di tutto, ma anche nella povertà felice, nel nascondimento, nella quotidianità di una vita umile, nelle cose non appariscenti, che non fanno rumore, nel nostro prossimo, nella Parola che Dio ci rivolge, nella Chiesa, nel nostro cuore, nelle sofferenze che ogni giorno incontriamo. "Trovarono Maria e Giuseppe e il bambino", una famiglia come infinite altre. Eppure unica. I pastori vanno perché avevano ascoltato. La parola udita si fa subito azione: andare senza indugio, vedere, riferire. L'ascolto della grande notizia sospinge ad una ricerca, ad una comunicazione che iniziano subito. Sia così anche per noi, il Natale: un trovare Maria, Giuseppe e il Bambino. E anche noi racconteremo.
Testimonianza di Parola vissuta
NUOVO CLIMA COSTRUITO
Quella mattina una signora mi si avvicina e mi chiede come mai avevo pensato di vendere le stelle di natale quando lei e il suo gruppo lo facevano in piazza. Era pronta a darmi battaglia. Ma mi son detto "devo amare" e l'ho accolta bene facendole vedere che ero ammirato del loro progetti di beneficenza e che ero pronto a perdere il mio.
Lei rimane lì e poi mi dice che era contenta che anch'io partecipassi alle loro riunioni e che purtroppo non veniva in chiesa. Ma la rassicurai: "non si preoccupi presto ci vedremo in chiesa".
La domenica successiva la vidi in chiesa.
Da lì nacque un insieme di colloqui che sfociarono con altre associazioni in una lettera che invitava tutte le associazioni a ritrovarsi dopo tanti anni di piccole rivalità. Lo vedevo come un piccolo miracolo. Frutto di questo nuovo clima costruito è stata l'idea di fare un grande pranzo per sostenere l'asilo parrocchiale in difficoltà. Tutte le associazioni parteciperanno alla preparazione del pranzo collaborando insieme.
È un piccolo segno che si sta diffondendo lo stile di fare famiglia lasciando vecchie ruggini.
Don Nelson F.
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Santa Famiglia (30 dicembre 2018)
Dopo tre giorni trovarono Gesù nel tempio (Lc 2,46)
Al centro dell'ultimo brano del "vangelo dell'infanzia" si trova Gesù in mezzo ai maestri, mentre li ascolta e li interroga. Egli è presentato dall'evangelista come un modello di saggezza per la comunità cristiana tutta. Però vediamo anche che Gesù impara dal Padre e dai suoi genitori, nelle due case, presentate dal brano evangelico odierno: il tempio e la casa di Nazareth. Il tempio era il luogo di Dio per eccellenza.
Certo, Gesù ci ha insegnato che ogni "luogo di vita" è "luogo di Dio". Ma oggi Gesù lo troviamo nel tempio. Possiamo chiederci: cosa ha imparato Gesù nella "casa del Padre suo"? Innanzi-tutto vive l'obbedien-za filiale passando attraverso le diverse "stanze" della pedagogia divina. La prima "stanza" è rappresentata dalla "mensa del perdono", dalla quale potrà uscire preparato per invocare sulla croce "Padre, perdonali". Gesù imparerà qui l'arte di essere amico dei pubblicani e dei peccatori e medico dei malati. La "seconda stanza" può essere chiamata il "tesoro della misericordia", scrigno che custodisce tutte le attenzioni di Dio verso i poveri, i deboli, gli oppressi e i piccoli. Una "terza stanza" coincide con il mondo intero che sarà la "strada della missione", di un apostolato che non conosce il freno del legame parentale e la chiusura della porta di casa. Un'altra "stanza" sarà il luogo del "rotolo delle Scritture", dove è raccontato l'infinito amore di Dio per il suo popolo sotto il segno della promessa e della fedeltà.
Anche le case abitate dalle nostre famiglie, sull'esempio della santa Famiglia, possono diventare luogo di perdono, di misericordia, di scoperta della propria missione, della Parola vissuta che illumina il cammino quotidiano.
Testimonianza di Parola vissuta
MA SE FOSSE VERO?
Ero senza fede e prendevo gusto a mettere in ridicolo i preti e la Chiesa. Un giorno una mia conoscente della parrocchia mi ha chiesto un favore: dovevo portare una coperta a una donna che vive nella miseria. "Però -mi dice- non si tratta di fare una elemosina, bisogna vedere Gesù in quella donna rifiutata da tutti. Se vedi Gesù in lei, ti assicuro: farai l'esperienza di sentire la presenza di Dio".
Mentre ero in strada con il pacco della coperta pensavo: "Io insegno matematica, sono abituato a ragionare. Le parole della mia amica mi sembrano pura favola. Ma se fosse vero? Mi piacerebbe avere la certezza che Dio c'è".
Ho trovato la povera donna in una baracca. Le diedi la coperta cercando di sorriderle e intanto con la volontà dicevo dentro di me: "Gesù, lo faccio a te!". Mi sembrò in quel momento che diventasse evidenza ciò che prima stava solo scritto: Ciò che fai al più piccolo, lo fai a me!, ho sentito con certezza che lì c'era Gesù.
Ora vivo con pienezza la vita della Chiesa, ma sento che tutto è cominciato da quel gesto.
G. C.
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Maria Madre di Dio (1° gennaio 2019)
Giornata mondiale della pace
I pastori... trovarono Maria e Giuseppe e il bambino (Lc 2,16)
Il vangelo di questa prima festa dell'anno ci presenta i pastori che vanno "senza indugio". Hanno ascoltato l'annuncio degli angeli e si mettono in cammino; non restano immobili, perché la vita stessa è cammino. E il loro cammino è ricerca. Non è un vagare qua e là, a caso; ha una meta. E arrivano. Essi trovano: una famiglia con un bambino. "Trovarono Maria e Giuseppe e il bambino". Quando arrivano, raccontano quello che a loro era accaduto. Chi ascolta è meravigliato, è stupito. L'incontro con il divino, presente nella nostra storia, è sempre un incontro che affascina e che cambia.
Dopo l'annuncio dato ai pastori, gli angeli si erano allontanati. A dirci che la rivelazione è grazia; che l'intuizione della verità è grazia di un attimo. Ma quell'attimo ti mette in cammino. I pastori che vanno a Betlemme sono gli uomini che cercano, a tutti i livelli e in tutte le direzioni dell'esperienza umana. "Andarono…. e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia". Tutto avviene semplicemente, come era stato detto. C'è una condizione fondamentale per accogliere l'annuncio. Luca la mette in particolare rilievo: la povertà. Dio si manifesta ai poveri. Poveri di spirito, poveri di sé. Solo l'umiltà permette di cogliere, almeno in piccola parte, qualche percezione della vita nuova che nasce con Gesù.
Abbiamo celebrato il Natale. Oggi cominciamo un nuovo anno. Lo iniziamo nel segno della benedizione. Gesù, quel bambino nato in mezzo a noi, e che noi in queste feste abbiamo trovato, è il volto della benedizione di Dio. Se lo accogliamo come i pastori saremo nella pace, che è guarigione, forza e sostegno.
Testimonianza di Parola vissuta
LA PACE INIZIA CON I VICINI
L'idea di trovarci insieme nel cortile delle due palazzine del condominio per un momento di preghiera per la pace ci è venuta per il susseguirsi di fatti terroristici. Il passaparola si è rapidamente diffuso fra i diversi inquilini. Si sono messe insieme spontaneamente le proposte: una ragazza ha suggerito di piantare un ulivo. Alcune famiglie che non avrebbero potuto esserci quella sera, hanno voluto fare un gesto di presenza: una ha comprato una bella pianta di ulivo, un'altra ha acquistato il vaso e la terra e un'altra si è resa disponibile per il trapianto. Anche Papa Francesco aveva piantato un albero a Nairobi spiegando che "piantare un ulivo ci provoca a continuare ad avere fiducia, a sperare, e soprattutto a impegnarci concretamente a trasformare tutte le ingiustizie e il degrado che oggi soffriamo".
Il nostro cortile, quella sera, è diventato un luogo di comunione. Oltre all'ulivo un cesto raccoglieva numerose candeline accese che predisponevano alla preghiera. Un inquilino ha animato con la sua chitarra alcuni canti. Noi abbiamo letto un pensiero del patriarca Atenagoras. "Bisogna fare la guerra più dura che è la guerra contro noi stessi". Ne è seguita una comunione-preghiera spontanea: quella di una madre che raccomandava a Dio tutti i giovani che sono sotto le armi "perché tutti è possano tornare alle loro case"; quella di un uomo maturo che manifestava il desiderio di diventare il condominio una vera comunità; quella di una giovane signora che apriva il suo cuore attraverso un testo profondo e poetico scritto da lei.
Un momento all'insegna della semplicità: con gli inquilini delle nostre due palazzine ci siamo fermati, guardati, salutati con calore, parlati con calma. Ci vuole poco, basta dare spazio a un'idea e condividerla, perché diventi un'iniziativa di pace. Tutti vogliono creare altre occasioni per fermarci insieme: stiamo pensando di festeggiare il 98° compleanno dell'inquilina veterano del nostro palazzo.
Roma (da Città Nuova)
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Epifania del Signore (6 gennaio 2019)
Siamo venuti per adorare il Signore (Mt 2,2)
Epifania: manifestazione di Dio agli uomini, in Cristo. A tutti: giudei e pagani, greci e barbari. Cristo libera l'uomo dalle barriere, dalle prigionie di ogni tipo. E si rivela ad ognuno in modo diverso. La sua pienezza è anche pienezza di rivelazione.
Noi leggiamo solo segni, che rimandano alla rivelazione piena. Cogliere i segni è vivere l'epifania di ogni giorno. Evento non appariscente, ma importante, incisivo. Evento che apre alla speranza. Epifania che si fa nostra nella realtà. Ma anche epifania che diventa per gli altri. Ognuno di noi deve farsi manifestazione di Dio per i fratelli. Deve vivere rivelando qualcosa di Lui.
Sappiamo dal vangelo che il messaggio di questa festa è forte e anche severo: Gesù chiede una scelta decisa: i giudei lo rifiutano, i pagani lo accolgono. Questo accogliere o rifiutare è costante nella storia. E si ripresenta anche a noi, ad ogni uomo e donna. Si impone una scelta. Espressa dall'evangelista Matteo nel presentarci i Magi prostrati in adorazione. Avevano diretto il loro sguardo verso il cielo nella contemplazione della stella, adesso sono con il capo chinato, riversi per terra e comprendono quale grande dono abbia fatto Dio attraverso l'Emmanuele. Davanti hanno un piccolo segno nel bambino che trovano in casa, a Betlemme, accanto all'amore di sua madre: trovano ora la stella della misericordia, della gioia, della festa "di un popolo che camminava nelle tenebre". È la stella del piccolo che veste i panni dell'affamato, dell'assetato, del carcerato, del nudo, del malato e dello straniero. Sia così anche per noi.
Testimonianza di Parola vissuta
IL DOLORE DI SILVANA
Un giorno è venuta Silvana, una giovane quasi trentenne. Mi aveva chiesto un quarto d'ora di tempo. Alla fine però sono diventate due ore abbondanti. Una storia e una vita di così tanta sofferenza io non l'avevo mai sentita prima d'ora. Per la prima volta mi capita, ascoltando una persona, di non trattenere le lacrime. Mi tornano alla mente le parole di San Paolo: "Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto" (Rm 12,15).
Silvana se ne va risollevata: in cuor mio sento tanta impotenza per una vicenda più grande di me, per alcuni tratti assurda. Sento però che il mio cuore si è dilatato un po' di più sul Suo.
S.M.
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Battesimo del Signore (13 gennaio 2019)
Tu sei il Figlio mio, l'amato (Lc 3,22)
Con la festa odierna viene continuato il tema liturgico della "manifestazione del Signore", proposto dall'Epifania. Il battesimo di Gesù al Giordano vuole infatti rivelare Gesù stesso alle folle, in particolare la sua divinità. I testi della prima e seconda lettura chiariscono ulteriormente la figura del messia: è l'eletto. Il vangelo racconta di un popolo in attesa. Gli occhi di tutti sono puntati sul Battista, ma costui nega chiaramente di essere il messia, pur dichiarandosi in stretto rapporto con Lui. Tra la folla dei battezzati c'è uno in preghiera: su di Lui il cielo si apre, scende lo Spirito in forma visibile, si ode una voce "Tu sei il Figlio mio, l'amato".
Che cosa ci viene manifestato di Gesù in questo episodio? Il primo fascio di luce che investe Gesù è quello che ce lo fa conoscere nella relazione con il Padre attraverso la preghiera. Gesù poi è rivelato come il Figlio, venuto nel mondo per realizzare il progetto del Padre. Infine Gesù ci viene presentato come l'amato. Questo è il titolo che i vangeli scelgono per presentarci Gesù. Perché è proprio la forza dell'amore a rendersi visibile nella sua missione. Un amore palpabile nei suoi gesti di compassione, di misericordia e di guarigione. Un amore che si fa parola di speranza, di consolazione, di gioia. Un amore che va fino in fondo, fino al dono totale di sé. La liturgia odierna non vuole però che ci fermiamo al Giordano, perché anche noi, come Gesù e in Gesù, siamo figli amati. E per questo capaci di amore, di compassione, di misericordia e di guarigione.
Testimonianza di Parola vissuta
UN AMICO SUONA ALLA PORTA
A dire la verità non ha suonato alla porta solo uno, ma sono molti quelli che quotidianamente bussano alla porta per chiedere qualcosa perché si trovano nel bisogno. Con molta pazienza e delicatezza, per fare bene le cose, li invito a rivolgersi al nostro Centro Caritas interparrocchiale per avere un aiuto concreto, anche quando loro sono insistenti e un po' poco educati.
Un giorno mi si presenta un amico mai visto: mi colpiscono subito gli occhi. Sono letteralmente spenti. Ha una borsa con alcune cose. "Mi comperi qualcosa padre, non voglio aiuti, ma solo guadagnarmi onesta-mente qualcosa da mangiare". Nella borsa ha 7-8 articoli. A dire la verità di quello che ha non mi serve nulla. Decido però di prendere un articolo e dargli qualcosa in più rispetto al prezzo indicato. Lui si illumina. L'acquisto diventa il pretesto per un dialogo: come ti chiami, da dove vieni, dove vivi, cosa fanno i tuoi figli, cosa ti piace fare, … e poi a bruciapelo (non so neanch'io perché) gli chiedo: "Tu preghi per la pace?". Nasce un dialogo bellissimo: anche lui vuole un mondo di pace e di dialogo tra le religioni. Ci lasciamo con l'impegno di ricordarci entrambi nella preghiera: lui è musulmano e la cosa mi piace ancor di più. Quando se ne va via sento in cuor mio tanta gioia. Anche con il mio amico sto lavorando "perché tutti siano una cosa sola".
don Stefano
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