a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 8/2018)
ANNO B – 19 agosto 2018
XX Domenica del Tempo ordinario
Pr 9,1-6
Ef 5,15-20
Gv 6,51-58
(Visualizza i brani delle Letture)
XX Domenica del Tempo ordinario
Pr 9,1-6
Ef 5,15-20
Gv 6,51-58
(Visualizza i brani delle Letture)
SAZIATI DALL'INCONTRO CON GESÙ
La vita è un lungo cammino per imparare la "sapienza del vivere", che in realtà solo pochi sembrano raggiungere. Abbandonare l'inesperienza, come ci invita a fare il libro dei Proverbi, è un percorso difficile. Siamo consapevoli di ricadere sempre negli stessi sbagli e di rimanere inesperti nonostante il passare degli anni! Anche san Paolo raccomanda con insistenza: «Fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi... Non siate sconsiderati».
Nel cammino per diventare sapienti c'è, anzitutto, la difficile scuola di imparare a nutrirsi. Nutrirsi significa che per vivere non bastiamo a noi stessi, dipendiamo da qualcosa di esterno a noi. La vita dipende da ciò che mangiamo e beviamo, dalla terra e dal lavoro umano. Non è facile imparare a nutrirsi bene. Quanta fatica per trovare un rapporto equilibrato col cibo! Mangiamo troppo, mangiamo male, mangiamo disordinatamente, a volte cadiamo in dipendenze malsane da cibi o bevande... Vale la raccomandazione di san Paolo: «Non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé».
Dipendiamo dal cibo, ma soprattutto dipendiamo dagli altri per nutrirci. E non solo nei primi mesi di vita! L'uomo, infatti, mangia con gli altri, si nutre della relazione con gli altri. Per questo si mangia insieme, per nutrire il corpo e anche l'anima. Non solo per ingurgitare cibo, ma per nutrirsi della presenza dell'altro. Quando Gesù dice: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda», intende che noi possiamo nutrirci della relazione con lui. La sua carne, che è la sua umanità concreta, è vero cibo. Il suo sangue, che è la sua vita donata, è vera bevanda. Gesù sazia la nostra fame e disseta il nostro bisogno. Ci nutre con la sua umanità e le sue parole; ci disseta con i suoi gesti, pieni di vita. Proprio come quando stiamo con chi ci ama: ci sentiamo saziati e dissetati.
Noi viviamo grazie alle persone che ci offrono la loro carne e il loro sangue, cioè grazie al fatto che si donano per noi. Ci accorgiamo quando un coniuge o un prete, un insegnante o un educatore per noi "fa delle cose" oppure ci sta donando un pezzo della sua vita. La differenza sta nel sentirsi saziati da quell'incontro.
Gesù ci nutre di se stesso. L'eucaristia non è una "cosa" che lui fa per noi. Non dice: «Io vi do il pane della vita»; ma: «Io sono il pane vivo». Ci dà come cibo se stesso. E se mangiare vuol dire dipendere, dall'eucaristia impariamo a dipendere da lui. La dipendenza da Gesù è la fede. Lui vive grazie alla relazione col Padre. E noi viviamo grazie a lui. La fede in Gesù è una fede eucaristica, che si nutre della sua carne e del suo sangue. Ciò che ci nutre non è il numero di comunioni che facciamo, ma la relazione vera e seria con Gesù. Le relazioni sane fanno vivere. Così come quelle malate avvelenano.
Purtroppo c'è anche un modo di vivere la fede che fa stare male. Quando la religione colpevolizza, non è la fede in Gesù. Una religione che diventa solo tormento e sensi di colpa, non è il pane buono che il Signore ha preparato per noi. Seguire il Vangelo chiede di abbracciare la croce, può esigere perfino il martirio, ma non può essere soltanto la scelta di farsi tormentare e affliggere.
--------------------
torna su
torna all'indice
home
torna su
torna all'indice
home