VI Domenica del Tempo ordinario (B)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 2/2018)



ANNO B – 11 febbraio 2018
VI Domenica del Tempo ordinario

Levitico 13,1-2.45-46
1 Corinzi 10,31-11,1
Marco 1,40-45
(Visualizza i brani delle Letture)

DAVVERO UN UOMO COME NOI

L'incontro di Gesù con il portatore di una malattia che lo separa dagli altri genera in lui due diverse reazioni: compassione e rabbia. La prima è tale anche in ordine cronologico, perché questa patologia comportava l'allontanamento dalla vita sociale e l'esclusione religiosa. Il lebbroso non era soltanto portatore di una malattia contagiosa, ma era pure un maledetto da Dio, un impuro indegno di presentarsi all'interno delle assemblee liturgiche. Entrare in contatto con lui significava contrarne impurità ed essere, a propria volta, annoverati tra gli esclusi. Gesù non rimane indifferente di fronte a questa sua condizione e si adopera per poter fare qualcosa. Avviene una guarigione fisica e anche una purificazione: a Gesù importa che il lebbroso possa rientrare nella sua vita sociale e religiosa. Per fare questo è il primo a toccarlo, rompendo un tabù e ricongiungendolo all'umanità.

Questo è uno di quei fatti che hanno trasformato l'uomo di Nazaret in un taumaturgo, una sorta di guaritore universale. Brutta fama, per Gesù, che lo rese ricercato a tal punto da non poter più entrare in nessuna città. Infatti, leggiamo un ammonimento severo che Gesù destina all'uomo guarito: quello di non dire nulla a nessuno. Sembra quasi che Gesù si penta di essersi compromesso così tanto, sapendo che ci sarebbe stato un esplodere di popolarità tale da impedirgli di poter incontrare le persone; oppure sapendo che il tocco avrebbe potuto trasformarlo in un intoccabile, innescando la polemica dei farisei. Si avverte come un tentennamento nell'operato di Gesù, nel raccomandare una segretezza che non avrebbe potuto realizzarsi: l'ex-lebbroso era talmente felice da non riuscire a onorare quella ingiunzione severa di Gesù.

La storia della Chiesa ci consegna un altro tocco. È quello di san Francesco, che ci è stato descritto da Tommaso da Celano: «Francesco sentiva ripugnanza istintiva per i lebbrosi. Ma, ecco, un giorno ne incontrò proprio uno, mentre era a cavallo nei pressi di Assisi. Ne provò grande fastidio e ribrezzo; ma per non venire meno alla fedeltà promessa, come trasgredendo un ordine ricevuto, balzò da cavallo e corse a baciarlo. E il lebbroso, che gli aveva steso la mano, come per ricevere qualcosa, ne ebbe contemporaneamente denaro e un bacio».

Anche Gesù non si limita a dare al lebbroso quanto chiede: il tocco esprime vicinanza e compassione. Toccare è compromettersi, il tatto comunica assai più della vista o della parola, perché la vicinanza si fa tangibile. È una delle esperienze più compromettenti. Dei problemi della vita è più facile parlare che impegnarsi in prima persona. Più semplice scrivere documenti e fare proclami che sporcarsi le mani. La vicenda di Gesù è molto simbolica: una volta compiuti certi gesti, le conseguenze non sono più calcolabili.

Così quel Gesù che aveva chiesto ai discepoli di non fermarsi a Cafarnao, si ritrova a non poter entrare in nessuna città e a dover frequentare luoghi deserti. Anche Gesù si ritrova coinvolto in quelle sorprese della vita per cui uno non è più padrone del proprio destino. A volte a causa delle proprie scelte, altre volte a causa degli errori altrui. Davvero un uomo come noi...


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