a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 11/2017)
ANNO B – 24 dicembre 2017
IV Domenica di Avvento
2Samuele 7,1-5.8b-12.14a.16
Romani 16,25-27
Luca 1,26-38
(Visualizza i brani delle Letture)
IV Domenica di Avvento
2Samuele 7,1-5.8b-12.14a.16
Romani 16,25-27
Luca 1,26-38
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CHIAMATI IN QUESTO TEMPO
Quando pensiamo alla scena che si è svolta nella casa di Nazaret, immaginiamo Maria che, vedendo l'angelo, è intimorita, ma non stupita. Come se fosse stato normale avere angeli svolazzanti per casa che dicevano le cose di Dio. In realtà, da oltre quattrocento anni nessuno annunciava le cose di Dio, l'ultimo profeta risaliva a quattro secoli addietro. La Galilea era terra di confine, luogo in cui convivevano, più o meno pacificamente, uomini e donne di etnie diverse, con lingue e religioni diverse. Il paese era in mano ai romani, che battono la loro moneta e riscuotono le tasse. Era un tempo difficile. Niente coesione sociale, nessuna unità religiosa. L'impressione è che nemmeno Dio ci sia!
E, invece, Dio irrompe nella storia di Maria proprio in questa età di senzadio. Possiamo allora comprendere che lo stupore e il turbamento di Maria sono molto motivati: abituata a una religione che confida nell'Onnipotente ma che, in realtà, ha assuefatto le persone all'assenza di Dio, si domanda cosa stia succedendo, cosa può aver fatto per attirare così l'attenzione di Dio.
Il saluto dell'angelo parla di "grazia" cioè favore, gratuità, elezione… Maria è graziosa agli occhi di Dio perché Dio la ama: è l'amore che rende belli e non la bellezza che crea l'amore. Ed è sempre l'amore che fa avvicinare, che fa fare il primo passo. Dio dunque si avvicina, fa il primo passo verso Maria e la chiama per una missione speciale, così come ha chiamato Abramo, Giacobbe, Mosè: chiamandoli affida a ciascuno un compito e assicura la sua presenza nella missione affidata, la sua presenza nella loro storia, nella loro vita.
Per Maria la storia è Nazaret di Galilea, è Giuseppe con il suo casato importante, è lei stessa. Tutto è coinvolto in questa notizia, tutto prosegue come prima ma anche nella novità. È il paradosso di Dio riuscire a irrompere con la sua novità nel quotidiano dell'esistenza umana. E quando Dio irrompe e chiama, non mancano resistenze, dubbi, paure. Alla fine del racconto Maria è sola: l'angelo se ne va, Giuseppe non si sa dove sia, Elisabetta è un segno lontano. Anche noi spesso sentiamo questa solitudine. Dio, però, ha promesso e promettere significa aprire alla speranza, cioè dare un senso e una direzione al tempo, suscitare un'attesa. Soprattutto significa impegnare se stesso al futuro. Il Dio della promessa è il Dio fedele, che impegna e dona la propria presenza: lo Spirito la ricoprirà, il Figlio nascerà... ma tutto questo nel futuro. Aprirsi al futuro significa non fermarsi.
E Maria si mette in cammino verso Elisabetta, dove Dio è già in azione. Maria cammina, compie un percorso per vedere l'azione di Dio. Senza invidia per chi ha già iniziato ed è più avanti, senza remore nel condividere ciò che succede in lei.
Anche noi viviamo un tempo di senzadio, di difficile coesione sociale, di mancanza di unità religiosa... viviamo, quindi, un tempo favorevole all'azione di Dio. In questo tempo difficile Dio irrompe nella nostra vita chiedendoci di volgere lo sguardo al futuro, di cogliere la sua presenza nella nostra storia e in quella dei fratelli e di essere disponibili al suo progetto di salvezza per tutti.
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