Intervista a Mons. Roberto Busti,
Vescovo di Mantova




Intervista a Mons. Roberto Busti,
Vescovo di Mantova

L'Amico del Clero, n. 1 Gennaio 2015


Mons. Busti come giudica per la Chiesa in generale, e per la diocesi di Mantova in particolare, il ripristino del diaconato permanente?

Il Diaconato è un dono che il Signore fa alla sua Chiesa, un dono che ha sostenuto la vita della Chiesa fin dall'inizio, che poi non è stato valorizzato appieno e che il Concilio ha ripreso perché coerente con la nuova immagine di Chiesa.

Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?

Sono i requisiti di fondo necessari per chi, seguendo la chiamata del Signore, si fa suo discepolo, ascolta la sua Parola e imita il suo comportamento. Il Diaconato in particolare è chiamato a mettere in luce un aspetto della figura di Gesù, cioè la sua dedicazione come servo; non però come servo occasionale e tuttofare, ma come "ordinato", cioè in forma stabile, con finalità precise e dentro la Chiesa.

Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua diocesi per chi diventa diacono?

Nella nostra Diocesi il cammino formativo dura cinque anni. Prevede incontri periodici con il Direttore Spirituale e il Delegato, l'acquisizione della laurea almeno triennale presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose e un tirocinio pastorale presso l'unità Pastorale di residenza. In questo itinerario si prevede il coinvolgimento delle famiglie e in particolar modo delle mogli.

Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?

In questi anni le resistenze sono meno forti soprattutto a motivo di un sereno inserimento pastorale. Gli eventuali problemi spesso sono dovuti alla personalità e al carattere. Certo una qualificazione spirituale e culturale è di grande aiuto per dare solidità e identità al Diaconato permanente.

Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Mantova?

Nella nostra Diocesi il servizio diaconale non ha privilegiato settori pastorali specifici. Abbiamo inserito i Diaconi con gradualità, lasciando che fossero la prassi e i bisogni a guidarci. Saranno proprio questi bisogni a sostenere la ricerca teorica e pratica sul ruolo dei ministeri e in particolare modo del ministero diaconale.

Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?

Attualmente i Diaconi ordinati sono dodici e altri dieci sono gli aspiranti. Sarà la loro presenza positiva nelle comunità a dissipare dubbi e perplessità. Il Diaconato ha un ruolo ministeriale di grande valore: è un ministero "ordinato" e nello stesso tempo è vicino alla vita dei laici. Questo ruolo intermedio può essere di grande aiuto ai Presbiteri per esercitare la Presidenza e alle comunità di sentire valorizzata la vita laicale.

Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?

Il primo modo è quello di dare visibilità e non solo quella liturgica. In questi anni molti religiosi e laici si stanno proponendo per essere membra attive nella missione della Chiesa. Pur con tutte le sue difficoltà, questo movimento sta portando preziose energie nuove. Il Diaconato e in genere tutta la Vita Consacrata sono un dono del Signore per "fondare e ordinare" l'effervescente mondo delle ministerialità cristiana.

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