Intervista a Mons. Lucio Soravito De Franceschi,
Vescovo di Adria-Rovigo
(Vescovo emerito dal 23/12/2015)
L'Amico del Clero, n. 6 Giugno 2015
Mons. Soravito, come giudica per la Chiesa, in generale, e per la diocesi di Adria-Rovigo, in particolare, il ripristino del diaconato permanente?
Io ho apprezzato molto positivamente che la Chiesa, con il Concilio Vaticano II, abbia ripristinato il ministero ordinato del diaconato permanente. La Chiesa lungo il corso della storia si è ispirata alla parola di Gesù, per trovare adeguate risposte alle esigenze dei tempi. Dopo il Concilio Vaticano II, sospinta dall'urgenza dell'annuncio della Parola e del servizio della carità, ha ripreso l'istituzione del diaconato, ispirandosi all'insegnamento di Gesù, che «non è venuto per farsi servire, ma per servire» (Mt 20,28), e all'esempio degli apostoli.
Il diacono è un "segno" di Cristo, che vive in mezzo a noi "come colui che serve", come ci ha insegnato l'apostolo Paolo: «Cristo, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò sé stesso, assumendo la condizione di servo e divenne simile agli uomini» (Fil 2,6-7).
Anche le Chiese del Triveneto, consapevoli di accogliere un dono dello Spirito, hanno avuto modo di sperimentare da alcuni decenni, con gioiosa gratitudine, la presenza del diaconato permanente. La diocesi di Adria-Rovigo ha potuto sperimentare la gioia dei primi diaconi permanenti solo cinque anni fa. Attualmente i diaconi permanenti in questa diocesi sono sei.
Il ripristino di questo servizio, auspicato dal Concilio Ecumenico Vaticano II (cf. Lumen Gentium, 29) e attuato successivamente nelle Chiese particolari, ha contribuito a maturare nelle nostre comunità una più intensa concezione "ministeriale" del cristiano e ha portato in esse la ricchezza di una specifica grazia sacramentale. Inoltre ha consentito di individuare delle linee comuni che, mentre attuano fedelmente le indicazioni anche recenti del Magistero, cercano di rispondere in modo concreto alla sensibilità e alle esigenze specifiche delle nostre comunità.
Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?
Il ministero del diaconato permanente suppone che il candidato abbia una struttura personale equilibrata, contrassegnata da una maturità affettiva, da un sano realismo e fiducia; da una capacità di dialogo, di comunicazione e di collaborazione con gli altri; dalla cordialità e semplicità, dalla carità, dalla sobrietà di vita e dalla fedeltà alla parola data. È pure molto importante l'attenzione verso i rapporti che il candidato al diaconato ha con la propria famiglia, soprattutto nelle dinamiche di rapporto con la moglie, perché possa inserirsi con positiva influenza sulle sue scelte e le sue decisioni in ambito pastorale.
Ogni servizio ecclesiale presuppone anche una fede consistente e una familiarità personale col Signore. Questo requisito chiede al candidato di fare quotidiano riferimento alla Parola di Dio, di confrontarsi con essa e di renderla l'asse portante della propria mentalità e azione; chiede al candidato di far diventare l'Eucaristia "centro della sua vita e la fonte di ogni grazia per il suo ministero"; gli chiede di assicurare uno spazio significativo alla preghiera.
Il candidato che chiede di essere ammesso al diaconato permanente, deve maturare anche rapporti di autentica comunione ecclesiale, di collaborazione con i presbiteri, i religiosi e i laici; deve essere disponibile ad accogliere e a condividere il progetto pastorale diocesano e parrocchiale; deve aprirsi altresì al ruolo di corresponsabile nel servizio pastorale.
Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua diocesi per chi diventa diacono?
La mia diocesi propone al candidato un itinerario formativo, che favorisce innanzitutto l'armonico sviluppo della personalità del candidato per quanto riguarda la maturità umana, la maturità della fede, il senso di appartenenza responsabile alla Chiesa e l'impegno missionario.
Il luogo della formazione del candidato continua a essere il normale ambiente di vita: la famiglia, la parrocchia, la professione. Egli però s'impegna a partecipare con regolarità agli incontri formativi programmati, che devono essere privilegiati rispetto a ogni altra attività.
La mia diocesi propone al candidato un cammino formativo che offre un'adeguata preparazione teologico-pastorale e lo abilita alla sua missione, in particolare all'annuncio qualificato del messaggio cristiano. Egli pertanto è tenuto a frequentare il cammino formativo teologico proposto dall'Istituto Superiore di Scienze Religiose presente nella vicina diocesi di Padova, per conseguire il magistero in Scienze Religiose o il baccalaureato in teologia.
Il periodo della formazione ha la durata di quattro anni ed ha la seguente struttura:
Primo anno: è l'anno del discernimento, dove si verifica l'autenticità della chiamata; si valutano le attitudini e la disponibilità del candidato e, se sposato, della moglie, al servizio diaconale. Al termine dell'anno, il candidato viene ammesso all'Ordine del diaconato.
Secondo anno: è l'anno della Parola, in preparazione al ministero del lettorato; si approfondisce il ruolo della Parola di Dio nella vita, affinché essa diventi sempre più norma di fede, criterio di giudizio, fondamento della spiritualità e anima del futuro ministero. Al termine del secondo anno ha luogo lo scrutinio canonico e il rito dell'istituzione al lettorato.
Terzo anno: è l'anno dell'Eucaristia, in preparazione al ministero dell'accolitato. Il candidato è condotto ad una adeguata comprensione della liturgia, fonte e culmine dell'esistenza cristiana, ad una piena partecipazione dell'Eucaristia, all'approfondimento dell'inscindibile rapporto tra mistero (Eucaristia) e ministero della carità (accolitato). Al termine dell'anno, dopo lo scrutinio canonico, il candidato viene ammesso al ministero dell'accolitato.
Quarto anno: è l'anno del diaconato, in preparazione immediata all'ordinazione. Il candidato approfondisce in particolare il tema del sacramento dell'Ordine (diaconato) in tutti i suoi aspetti: biblico, storico, teologico, pastorale, spirituale, giuridico. Al termine del percorso, il candidato viene ammesso al ministero del diaconato.
Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?
Ho constatato che il clero diocesano non ha opposto resistenze al diaconato permanente e alla formazione dei candidati. Innanzitutto ho voluto far riflettere i presbiteri, con la collaborazione di alcuni diaconi permanenti di diocesi vicine, sul ministero del diaconato permanente. Alcuni sacerdoti hanno facilitato la partecipazione di alcuni loro candidati al cammino di formazione. Altri non hanno promosso le vocazioni a questo ministero ordinato, però non si sono dimostrati contrari ad esso ed al servizio che svolgono i diaconi permanenti in diocesi.
Dopo avere ordinato i diaconi, ho cercato di valorizzarli, promuovendo il loro servizio pastorale sia in diocesi, sia nei vicariati, sia nelle loro parrocchie. Un diacono è corresponsabile nell'animazione del Centro Missionario Diocesano. Un altro diacono collabora nell'Ufficio Amministrativo e nell'Ufficio per i Beni Culturali della diocesi. Un altro diacono collabora nel Settimanale diocesano oltre che nell'insegnamento della Religione Cattolica nelle Scuole. Altri diaconi collaborano nelle loro parrocchie e vicarie nell'animazione pastorale e soprat tutto nell' ambito dell'evangelizzazione dei giovani e degli adulti. Tutti i diaconi collaborano con il Vescovo nelle celebrazioni liturgiche che si svolgono in diocesi e nelle parrocchie.
Ora è necessario che i presbiteri riflettano nuovamente sul diaconato permanente, riscoprano il ruolo pastorale che essi hanno nella Chiesa e cerchino nelle loro parrocchie nuovi possibili candidati al diaconato permanente.
Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione, rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Adria-Rovigo?
I diaconi sono mandati a svolgere il loro ministero a favore della Chiesa e, attraverso la Chiesa, a favore del mondo. Essi sono contemporaneamente ministri per la comunione nella Chiesa e per la missione della Chiesa nel mondo. Per questo essi devono essere a disposizione per il servizio che il vescovo ritiene necessario affidare loro. E il primo servizio che il vescovo deve affidare ai diaconi è quello dell'evangelizzazione: li manda ad annunciare il Vangelo.
Il documento ecclesiale Orientamenti e Norme afferma: «Attraverso il suo servizio il diacono è chiamato a esprimere, secondo la sua grazia specifica, la figura di Gesù Cristo servo, ricordando anche ai presbiteri e ai vescovi la natura ministeriale del loro sacerdozio».
I diaconi sono mandati ad offrire una testimonianza chiara di gratuità nel ministero, di libertà da ogni forma di tornaconto o di autoaffermazione personale, desiderosi unicamente di far conoscere l'amore di Cristo. Essi hanno il compito di aiutare ciascun battezzato a vivere la vita come dono, a trasformare la vita in un'offerta gradita a Dio e a metterla al servizio del prossimo.
In secondo luogo il diacono deve mettersi al servizio dei poveri, dei più deboli, degli ultimi, dei più infelici. «I poveri li avrete sempre con voi», ha detto Gesù ai discepoli (Mc 14,7). Il diacono istituzionalmente si fa carico di questa verità. I poveri ci saranno sempre e sempre andranno amati e serviti nel nome di Cristo. I poveri sono coloro che mancano del necessario per vivere, cioè di cibo, vestito, casa, lavoro, ma anche del conforto di una parola fraterna, un consiglio sapiente, una presenza amica.
I poveri sono coloro che portano il peso di grandi sofferenze, che subiscono ingiustizie e non possono difendersi; ma sono anche coloro che non riescono a liberarsi dalle proprie paure, che sono caduti schiavi delle proprie passioni, che hanno imboccato strade senza uscita, che non riescono a credere nella misericordia di Dio, che non hanno mai ascoltato la sua Parola di salvezza. Di tutto questo il diacono è chiamato a farsi carico in nome di Cristo, come "ministro della tenerezza di Dio" e della sua tenace volontà di redenzione.
Il diacono è per definizione l'uomo sensibile alla povertà, la "sentinella della carità", colui che ricorda a tutti i discepoli del Signore il dovere di soccorrere i deboli.
Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?
Attualmente nella mia diocesi di Adria-Rovigo ci sono sei diaconi permanenti; inoltre ci sono alcuni adulti sposati che si stanno preparando al diaconato permanente. Prossimamente chiederò ai presbiteri di cercare nelle loro parrocchie altri cristiani adulti, da invitare al ministero ordinato del diaconato permanente. La formazione di nuovi diaconi permanenti diventa più necessaria che mai, anche a causa della progressiva diminuzione dei presbiteri.
Io ritengo necessaria la presenza dei diaconi permanenti in tutte le parrocchie, prima di tutto, per realizzare l'evangelizzazione dei giovani e degli adulti, a partire dal primo annuncio, rivolto al numero crescente di persone non praticanti e non credenti. Poi ritengo necessari i diaconi per promuovere il servizio di carità, in favore di un numero crescente di anziani, di famiglie in crisi, di persone disperate e di situazioni economiche in crisi.
Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?
Per incrementare il numero dei diaconi permanenti, io ritengo che sia necessario parlare di questo servizio ministeriale negli incontri parrocchiali, vicariali e diocesani degli operatori pastorali, dei genitori e dei gruppi giovanili. La scarsa conoscenza che i fedeli hanno di questo ministero ordinato esige un forte impegno per far comprendere alle comunità cristiane cos'è veramente il diaconato. Tale comprensione potrà realizzarsi favorendo nelle nostre comunità la comunione come sinodalità e missionarietà.
Vescovo di Adria-Rovigo
(Vescovo emerito dal 23/12/2015)
L'Amico del Clero, n. 6 Giugno 2015
Mons. Soravito, come giudica per la Chiesa, in generale, e per la diocesi di Adria-Rovigo, in particolare, il ripristino del diaconato permanente?
Io ho apprezzato molto positivamente che la Chiesa, con il Concilio Vaticano II, abbia ripristinato il ministero ordinato del diaconato permanente. La Chiesa lungo il corso della storia si è ispirata alla parola di Gesù, per trovare adeguate risposte alle esigenze dei tempi. Dopo il Concilio Vaticano II, sospinta dall'urgenza dell'annuncio della Parola e del servizio della carità, ha ripreso l'istituzione del diaconato, ispirandosi all'insegnamento di Gesù, che «non è venuto per farsi servire, ma per servire» (Mt 20,28), e all'esempio degli apostoli.
Il diacono è un "segno" di Cristo, che vive in mezzo a noi "come colui che serve", come ci ha insegnato l'apostolo Paolo: «Cristo, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò sé stesso, assumendo la condizione di servo e divenne simile agli uomini» (Fil 2,6-7).
Anche le Chiese del Triveneto, consapevoli di accogliere un dono dello Spirito, hanno avuto modo di sperimentare da alcuni decenni, con gioiosa gratitudine, la presenza del diaconato permanente. La diocesi di Adria-Rovigo ha potuto sperimentare la gioia dei primi diaconi permanenti solo cinque anni fa. Attualmente i diaconi permanenti in questa diocesi sono sei.
Il ripristino di questo servizio, auspicato dal Concilio Ecumenico Vaticano II (cf. Lumen Gentium, 29) e attuato successivamente nelle Chiese particolari, ha contribuito a maturare nelle nostre comunità una più intensa concezione "ministeriale" del cristiano e ha portato in esse la ricchezza di una specifica grazia sacramentale. Inoltre ha consentito di individuare delle linee comuni che, mentre attuano fedelmente le indicazioni anche recenti del Magistero, cercano di rispondere in modo concreto alla sensibilità e alle esigenze specifiche delle nostre comunità.
Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?
Il ministero del diaconato permanente suppone che il candidato abbia una struttura personale equilibrata, contrassegnata da una maturità affettiva, da un sano realismo e fiducia; da una capacità di dialogo, di comunicazione e di collaborazione con gli altri; dalla cordialità e semplicità, dalla carità, dalla sobrietà di vita e dalla fedeltà alla parola data. È pure molto importante l'attenzione verso i rapporti che il candidato al diaconato ha con la propria famiglia, soprattutto nelle dinamiche di rapporto con la moglie, perché possa inserirsi con positiva influenza sulle sue scelte e le sue decisioni in ambito pastorale.
Ogni servizio ecclesiale presuppone anche una fede consistente e una familiarità personale col Signore. Questo requisito chiede al candidato di fare quotidiano riferimento alla Parola di Dio, di confrontarsi con essa e di renderla l'asse portante della propria mentalità e azione; chiede al candidato di far diventare l'Eucaristia "centro della sua vita e la fonte di ogni grazia per il suo ministero"; gli chiede di assicurare uno spazio significativo alla preghiera.
Il candidato che chiede di essere ammesso al diaconato permanente, deve maturare anche rapporti di autentica comunione ecclesiale, di collaborazione con i presbiteri, i religiosi e i laici; deve essere disponibile ad accogliere e a condividere il progetto pastorale diocesano e parrocchiale; deve aprirsi altresì al ruolo di corresponsabile nel servizio pastorale.
Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua diocesi per chi diventa diacono?
La mia diocesi propone al candidato un itinerario formativo, che favorisce innanzitutto l'armonico sviluppo della personalità del candidato per quanto riguarda la maturità umana, la maturità della fede, il senso di appartenenza responsabile alla Chiesa e l'impegno missionario.
Il luogo della formazione del candidato continua a essere il normale ambiente di vita: la famiglia, la parrocchia, la professione. Egli però s'impegna a partecipare con regolarità agli incontri formativi programmati, che devono essere privilegiati rispetto a ogni altra attività.
La mia diocesi propone al candidato un cammino formativo che offre un'adeguata preparazione teologico-pastorale e lo abilita alla sua missione, in particolare all'annuncio qualificato del messaggio cristiano. Egli pertanto è tenuto a frequentare il cammino formativo teologico proposto dall'Istituto Superiore di Scienze Religiose presente nella vicina diocesi di Padova, per conseguire il magistero in Scienze Religiose o il baccalaureato in teologia.
Il periodo della formazione ha la durata di quattro anni ed ha la seguente struttura:
Primo anno: è l'anno del discernimento, dove si verifica l'autenticità della chiamata; si valutano le attitudini e la disponibilità del candidato e, se sposato, della moglie, al servizio diaconale. Al termine dell'anno, il candidato viene ammesso all'Ordine del diaconato.
Secondo anno: è l'anno della Parola, in preparazione al ministero del lettorato; si approfondisce il ruolo della Parola di Dio nella vita, affinché essa diventi sempre più norma di fede, criterio di giudizio, fondamento della spiritualità e anima del futuro ministero. Al termine del secondo anno ha luogo lo scrutinio canonico e il rito dell'istituzione al lettorato.
Terzo anno: è l'anno dell'Eucaristia, in preparazione al ministero dell'accolitato. Il candidato è condotto ad una adeguata comprensione della liturgia, fonte e culmine dell'esistenza cristiana, ad una piena partecipazione dell'Eucaristia, all'approfondimento dell'inscindibile rapporto tra mistero (Eucaristia) e ministero della carità (accolitato). Al termine dell'anno, dopo lo scrutinio canonico, il candidato viene ammesso al ministero dell'accolitato.
Quarto anno: è l'anno del diaconato, in preparazione immediata all'ordinazione. Il candidato approfondisce in particolare il tema del sacramento dell'Ordine (diaconato) in tutti i suoi aspetti: biblico, storico, teologico, pastorale, spirituale, giuridico. Al termine del percorso, il candidato viene ammesso al ministero del diaconato.
Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?
Ho constatato che il clero diocesano non ha opposto resistenze al diaconato permanente e alla formazione dei candidati. Innanzitutto ho voluto far riflettere i presbiteri, con la collaborazione di alcuni diaconi permanenti di diocesi vicine, sul ministero del diaconato permanente. Alcuni sacerdoti hanno facilitato la partecipazione di alcuni loro candidati al cammino di formazione. Altri non hanno promosso le vocazioni a questo ministero ordinato, però non si sono dimostrati contrari ad esso ed al servizio che svolgono i diaconi permanenti in diocesi.
Dopo avere ordinato i diaconi, ho cercato di valorizzarli, promuovendo il loro servizio pastorale sia in diocesi, sia nei vicariati, sia nelle loro parrocchie. Un diacono è corresponsabile nell'animazione del Centro Missionario Diocesano. Un altro diacono collabora nell'Ufficio Amministrativo e nell'Ufficio per i Beni Culturali della diocesi. Un altro diacono collabora nel Settimanale diocesano oltre che nell'insegnamento della Religione Cattolica nelle Scuole. Altri diaconi collaborano nelle loro parrocchie e vicarie nell'animazione pastorale e soprat tutto nell' ambito dell'evangelizzazione dei giovani e degli adulti. Tutti i diaconi collaborano con il Vescovo nelle celebrazioni liturgiche che si svolgono in diocesi e nelle parrocchie.
Ora è necessario che i presbiteri riflettano nuovamente sul diaconato permanente, riscoprano il ruolo pastorale che essi hanno nella Chiesa e cerchino nelle loro parrocchie nuovi possibili candidati al diaconato permanente.
Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione, rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Adria-Rovigo?
I diaconi sono mandati a svolgere il loro ministero a favore della Chiesa e, attraverso la Chiesa, a favore del mondo. Essi sono contemporaneamente ministri per la comunione nella Chiesa e per la missione della Chiesa nel mondo. Per questo essi devono essere a disposizione per il servizio che il vescovo ritiene necessario affidare loro. E il primo servizio che il vescovo deve affidare ai diaconi è quello dell'evangelizzazione: li manda ad annunciare il Vangelo.
Il documento ecclesiale Orientamenti e Norme afferma: «Attraverso il suo servizio il diacono è chiamato a esprimere, secondo la sua grazia specifica, la figura di Gesù Cristo servo, ricordando anche ai presbiteri e ai vescovi la natura ministeriale del loro sacerdozio».
I diaconi sono mandati ad offrire una testimonianza chiara di gratuità nel ministero, di libertà da ogni forma di tornaconto o di autoaffermazione personale, desiderosi unicamente di far conoscere l'amore di Cristo. Essi hanno il compito di aiutare ciascun battezzato a vivere la vita come dono, a trasformare la vita in un'offerta gradita a Dio e a metterla al servizio del prossimo.
In secondo luogo il diacono deve mettersi al servizio dei poveri, dei più deboli, degli ultimi, dei più infelici. «I poveri li avrete sempre con voi», ha detto Gesù ai discepoli (Mc 14,7). Il diacono istituzionalmente si fa carico di questa verità. I poveri ci saranno sempre e sempre andranno amati e serviti nel nome di Cristo. I poveri sono coloro che mancano del necessario per vivere, cioè di cibo, vestito, casa, lavoro, ma anche del conforto di una parola fraterna, un consiglio sapiente, una presenza amica.
I poveri sono coloro che portano il peso di grandi sofferenze, che subiscono ingiustizie e non possono difendersi; ma sono anche coloro che non riescono a liberarsi dalle proprie paure, che sono caduti schiavi delle proprie passioni, che hanno imboccato strade senza uscita, che non riescono a credere nella misericordia di Dio, che non hanno mai ascoltato la sua Parola di salvezza. Di tutto questo il diacono è chiamato a farsi carico in nome di Cristo, come "ministro della tenerezza di Dio" e della sua tenace volontà di redenzione.
Il diacono è per definizione l'uomo sensibile alla povertà, la "sentinella della carità", colui che ricorda a tutti i discepoli del Signore il dovere di soccorrere i deboli.
Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?
Attualmente nella mia diocesi di Adria-Rovigo ci sono sei diaconi permanenti; inoltre ci sono alcuni adulti sposati che si stanno preparando al diaconato permanente. Prossimamente chiederò ai presbiteri di cercare nelle loro parrocchie altri cristiani adulti, da invitare al ministero ordinato del diaconato permanente. La formazione di nuovi diaconi permanenti diventa più necessaria che mai, anche a causa della progressiva diminuzione dei presbiteri.
Io ritengo necessaria la presenza dei diaconi permanenti in tutte le parrocchie, prima di tutto, per realizzare l'evangelizzazione dei giovani e degli adulti, a partire dal primo annuncio, rivolto al numero crescente di persone non praticanti e non credenti. Poi ritengo necessari i diaconi per promuovere il servizio di carità, in favore di un numero crescente di anziani, di famiglie in crisi, di persone disperate e di situazioni economiche in crisi.
Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?
Per incrementare il numero dei diaconi permanenti, io ritengo che sia necessario parlare di questo servizio ministeriale negli incontri parrocchiali, vicariali e diocesani degli operatori pastorali, dei genitori e dei gruppi giovanili. La scarsa conoscenza che i fedeli hanno di questo ministero ordinato esige un forte impegno per far comprendere alle comunità cristiane cos'è veramente il diaconato. Tale comprensione potrà realizzarsi favorendo nelle nostre comunità la comunione come sinodalità e missionarietà.
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