Intervista a Mons. Andrea Bruno Mazzocato,
Arcivescovo di Udine




Intervista a Mons. Andrea Bruno Mazzocato, Arcivescovo di Udine
L'Amico del Clero, n. 7-8 Luglio/Agosto 2015

Mons. Mazzocato come giudica per la Chiesa in generale, e per l'arcidiocesi di Udine in particolare, il ripristino del diaconato permanente?

II ministero del Diaconato permanente è sorto da oltre trent'anni nell'Arcidiocesi di Udine in ottemperanza agli orientamenti dati dal Concilio Vaticano II e dal successivo Magistero della Chiesa. Come ogni nuovo ministero (pur con origini antichissime) nella Chiesa ha avuto anche le sue fatiche e fasi alterne nel trovare la sua identità e il suo spazio.
In occasione della celebrazione del 30° anniversario delle prime ordinazioni (1981) la comunità diaconale ha svolto un'importante riflessione di verifica del cammino fatto, per guardare in avanti con più chiarezza. Si è vista, in particolare, la necessità che questo ministero ordinato sia valorizzato e organizzato secondo orientamenti più precisi e condivisi dentro la nostra Chiesa. Dopo molte riflessioni, credo abbia trovato la sua collocazione alta. Lo considero ormai parte integrante del ministero ordinato, che ha nel Diaconato il primo grado, accanto all'Episcopato e al Presbiterato.

Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?

Il diaconato permanente è una vocazione che viene da Dio, un dono che scende dal Padre, per usare le parole di S. Giacomo. Per questo, in primo luogo, è necessario un serio discernimento grazie al quale i candidati e coloro che li frequentano (sacerdoti, diaconi stessi) riconoscano i segni della vocazione.
In sintonia con vari documenti della Chiesa agli aspiranti al diaconato permanente sono richiesti: una buona maturità umana e cristiana e serietà professionale; uno spirito aperto e coraggioso alla missione per annunciare il Vangelo nei vari ambienti e situazioni sociali e culturali; un senso di appartenenza alla Chiesa locale ed esperienza di servizio pastorale; una chiara stabilità nella scelta del matrimonio o del celibato; una libertà evangelica e capacità di relazioni umane; una vita spirituale. Inoltre, è auspicabile che gli aspiranti al diaconato posseggano una adeguata conoscenza teologica che presuppone un diploma di scuola media superiore.

Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua arcidiocesi per chi diventa diacono?

Si prevede un percorso formativo in vista del diaconato, della durata di cinque anni, atto a fornire la più ampia preparazione spirituale, pastorale, teologico-culturale, psicologico-relazionale a coloro cui sarà affidato questo ministero. Distinta è la formazione teologica dal resto della formazione al ministero. Per la formazione teologica, si prevede la partecipazione ad un triennio di frequenza, con obbligo di esami, presso il nostro ISSR; inoltre, la formazione specifica si svolge attraverso la "Scuola di ministero" che consiste in incontri mensili specifici e articolati secondo un programma quinquennale.
Per il primo anno degli aspiranti, si prevede come tema di "rifondare la spiritualità battesimale"; il secondo anno degli aspiranti prevede l'approfondimento del tema della "vocazione al diaconato"; per i candidati (primo e secondo anno) si sviluppano le tematiche riguardanti "il ministero del diacono"; mentre per i candidati del terzo anno, "le responsabilità ecclesiali del diacono". Inoltre, si richiede che essi: abbiamo un rapporto stabile di direzione spirituale; preghino la liturgia delle ore (lodi, vespri, compieta e se possibile le altre ore); partecipino al Ritiro di avvento e di quaresima, agli Esercizi spirituali con la comunità diaconale, possibilmente assieme alle mogli.

Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?

Le fatiche si superano con il dialogo, la ricerca di comunione, con la chiarezza teologica, con l'approfondimento dei compiti, creando connessioni di collaborazione; facendo comprendere che il Diaconato non è tanto al servizio del presbiterato o in contrapposizione ad esso, ma in strettissima relazione con quello del vescovo.

Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nell'arcidiocesi di Udine?

Credo di poter affermare che sempre più il ministero del Diacono dovrà realizzarsi in stretto rapporto con il ministero episcopale, e quindi dovrà occupare maggiori responsabilità diocesane, direttamente affidate dal vescovo. Restano sempre validi i settori della pastorale della carità, la cura della pastorale dei settori di emergenza, del carcere, della pastorale della salute.

Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua arcidiocesi?

Prevedere il futuro non è semplice. Attualmente la Comunità diaconale udinese è composta da 29 membri, cinque aspiranti e un candidato. Il futuro è sicuramente nelle mani di Dio, e dell'azione del Suo Spirito operante nella Chiesa. Tanto più essa saprà essere una Chiesa fedele al Maestro e alle esigenze del popolo di Dio, tanto più si svilupperanno i ministeri e i carismi di cui ha bisogno. Fra questi, sicuramente il ministero del Diaconato occuperà un posto importante, specie per le relazioni con i lontani.

Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?

È una vocazione che deve essere fatta conoscere molto di più. Io personalmente, ho pensato di offrire un piccolo contributo chiedendo ai diaconi la carità di accompagnarmi nel mio ministero episcopale nelle parrocchie, creando delle occasioni per far conoscere i diaconi in vari posti. Possiamo e dobbiamo trovare i modi per annunciare questa vocazione; ma ciò sarà possibile se si chiariranno sempre più la teologia e i compiti ministeriali affidati al Diacono.

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