Benedetto XVI

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da Come il Padre ha amato me...
365 pensieri per l'anno sacerdotale
(Raccolta per autore)


Benedetto XVI


Passaggio di proprietà
La via della trasformazione
Condurre fuori dal deserto
Un nuovo orizzonte
Chiamati alla santità
Professionisti del sacro?
Realizzarsi nel "sì"
Essere e agire
Pervasi dalla Parola
Parliamo perché abbiamo trovato
Essere "voce" della Parola
Con gli occhi di Cristo
Duplice comunione
Laici corresponsabili
Un futuro dalla comunione
Moltiplicare le piccole comunità
Perché il mondo creda
La missione di Pietro: servire l'unità
Accogliere la crisi dell'alterità
Vendetta d'amore
Confessionali deserti?
Dialogo di salvezza
Perdonarci instancabilmente
Non più muri di separazione
Unità, non somma di individui
Scuola di vita e libertà
L'Amore oltre ogni amore
Dare la luce
La nuova Famiglia
Come risolvere i problemi
Davanti al Tabernacolo
Una nuova primavera


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Passaggio di proprietà

Consacrare qualcosa o qualcuno significa dare la cosa o la persona in proprietà a Dio, toglierla dall'ambito di ciò che è nostro e immetterla nell'atmosfera sua, così che non appartenga più alle cose nostre, ma sia totalmente di Dio (...).
Nell'Antico Testamento, la consegna di una persona a Dio, cioè la sua "santificazione", si identifica con l'ordinazione sacerdotale e in questo modo si definisce anche in che cosa consista il sacerdozio: è un passaggio di proprietà, un essere tolto dal mondo e donato a Dio. Con ciò si evidenziano ora le due direzioni che fanno parte del processo della santificazione/consacrazione. È un uscire dai contesti della vita del mondo - un "essere messi da parte" per Dio. Ma proprio per questo non è una segregazione. Essere consegnati a Dio significa piuttosto essere posti a rappresentare gli altri. Il sacerdote viene sottratto alle connessioni del mondo e donato a Dio e, proprio così, a partire da Dio, deve essere disponibile per gli altri, per tutti.

Missa Chrismalis, 9 aprile 2009
Come il Padre…, vol. I, Uomini di Dio per il tempo d'oggi

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La via della trasformazione

Nella storia della Chiesa, in forme diverse, ci sono sempre queste questioni che ci tormentano realmente: che cosa fare? La gente sembra non avere bisogno di noi, sembra inutile tutto quanto facciamo.
Condivido con voi queste domande, queste questioni. Soffro anch'io. Ma tutti insieme vogliamo, da una parte, soffrire su questi problemi e, anche, soffrendo trasformare i problemi, perché proprio la sofferenza è la via della trasformazione e senza sofferenza, non si trasforma niente.
Questo è anche il senso della parabola del chicco di grano caduto in terra: solo in un processo di sofferta trasformazione si giunge al frutto e si apre la soluzione. (...)
Dobbiamo prendere a cuore queste difficoltà del nostro tempo e trasformarle soffrendo con Cristo e trasformare noi stessi. E nella misura nella quale noi stessi siamo trasformati, possiamo anche vedere la presenza del Regno di Dio e farla vedere agli altri.

Ai sacerdoti della diocesi di Aosta, 25 luglio 2005
Come il Padre…, vol. I, Uomini di Dio per il tempo d'oggi

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Condurre fuori dal deserto

Vi sono tante forme di deserto. Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell'abbandono, della solitudine, dell'amore distrutto. Vi è il deserto dell' oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell'uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi. Perciò i tesori della terra non sono più al servizio dell'edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione.
La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l'amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza.

Omelia alla Messa per l'inizio del Pontificato, 24 aprile 2005
Come il Padre…, vol. I, Uomini di Dio per il tempo d'oggi

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Un nuovo orizzonte

«Dio è amore; chi sta nell' amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1Gv 4, 16). Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l'immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell'esistenza cristiana: «Noi abbiamo riconosciuto l'amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto».
Abbiamo creduto all'amore di Dio - così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva (...). Siccome Dio ci ha amati per primo (cf 1Gv 4,10), l'amore adesso non è più solo un "comandamento", ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro.

Deus caritas est 1
Come il Padre…, vol. I, Amati e chiamati

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Chiamati alla santità

Non sottolineeremo mai abbastanza quanto la nostra personale risposta alla chiamata alla santità sia fondamentale e decisiva. È questa la condizione non solo perché il nostro personale apostolato sia fruttuoso ma anche, e più ampiamente, perché il volto della Chiesa rifletta la luce di Cristo (cf LG 1), inducendo così gli uomini a riconoscere e ad adorare il Signore.
La supplica dell'apostolo Paolo a lasciarsi riconciliare con Dio (cf 2Cor 5,20) dobbiamo accoglierla anzitutto in noi stessi, chiedendo al Signore con cuore sincero e con animo determinato e coraggioso di allontanare da noi tutto ciò che ci separa da Lui ed è in contrasto con la missione che abbiamo ricevuto. Il Signore, siamo sicuri, è misericordioso e saprà esaudirci.

Ai sacerdoti e diaconi della diocesi di Roma, 13 maggio 2005
Come il Padre…, vol. I, Amati e chiamati

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Professionisti del sacro?

Nessuno è così vicino al suo signore come il servo che ha accesso alla dimensione più privata della sua vita. In questo senso "servire" significa vicinanza, richiede familiarità. Questa familiarità comporta anche un pericolo: quello che il sacro da noi continuamente incontrato divenga per noi abitudine. Si spegne così il timor riverenziale. Condizionati da tutte le abitudini, non percepiamo più il fatto grande, nuovo, sorprendente, che Egli stesso sia presente, ci parli, si doni a noi.
Contro questa assuefazione alla realtà straordinaria, contro l'indifferenza del cuore dobbiamo lottare senza tregua, riconoscendo sempre di nuovo la nostra insufficienza e la grazia che vi è nel fatto che Egli si consegni così nelle nostre mani.

Missa Chrismalis, 20 marzo 2008
Come il Padre…, vol. I, Donati a Dio, in ascolto di Lui

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Realizzarsi nel "sì"

L'unirsi a Cristo suppone la rinuncia. Comporta che non vogliamo imporre la nostra strada e la nostra volontà; che non desideriamo diventare questo o quest'altro, ma ci abbandoniamo a Lui, ovunque e in qualunque modo Egli voglia servirsi di noi. (...)
Nel "sì" dell'ordinazione sacerdotale, abbiamo fatto questa rinuncia fondamentale a voler essere autonomi, alla "autorealizzazione". Ma bisogna giorno per giorno adempire questo grande "sì" nei molti piccoli "sì" e nelle piccole rinunce. Questo "sì" dei piccoli passi che insieme costituiscono il grande "sì", potrà realizzarsi senza amarezza e senza auto commiserazione soltanto se Cristo è veramente il centro della nostra vita, se entriamo in una vera familiarità con Lui. Allora, infatti, sperimentiamo in mezzo alle rinunce, che in un primo tempo possono causare dolore, la gioia crescente dell'amicizia con Lui, tutti i piccoli e a volte anche grandi segni del suo amore, che ci dona continuamente. «Chi perde se stesso, si trova». Se osiamo perdere noi stessi per il Signore, sperimentiamo quanto sia vera la sua parola.

Missa Chrismalis, 9 aprile 2009
Come il Padre…, vol. I, Donati a Dio, in ascolto di Lui

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Essere e agire

Non è tanto importante che cosa fai, ma è importante che cosa sei nel nostro impegno sacerdotale. Senza dubbio dobbiamo fare tante cose e non cedere alla pigrizia, ma tutto il nostro impegno porta frutto soltanto se è espressione di quanto siamo, se appare nei nostri fatti il nostro essere profondamente uniti con Cristo: essere strumenti di Cristo, bocca per la quale parla Cristo, mano attraverso la quale agisce Cristo.
L'essere convince e il fare convince solo in quanto è realmente frutto e espressione dell'essere.

Ai sacerdoti della diocesi di Aosta, 25 luglio 2005
Come il Padre…, vol. II, Testimoni prima che maestri

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Pervasi dalla Parola

I discepoli vengono tirati nell'intimo di Dio mediante l'essere immersi nella Parola di Dio. La Parola di Dio è, per così dire, il lavacro che li purifica, il potere creatore che li trasforma nell'essere di Dio.
E allora come stanno le cose nella nostra vita? Siamo veramente pervasi dalla Parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto non lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa parola al punto che essa realmente dà un'impronta alla nostra vita e forma il nostro pensiero?
O non è piuttosto che il nostro pensiero sempre di nuovo si modella con tutto ciò che si dice e che si fa? Non sono forse assai spesso le opinioni predominanti i criteri secondo cui ci misuriamo? Non rimaniamo forse, in fin dei conti, nella superficialità di tutto ciò che, di solito, s'impone all'uomo di oggi? Ci lasciamo veramente purificare nel nostro intimo dalla Parola di Dio?

Missa Chrismatis, 9 aprile 2009
Come il Padre…, vol. II, Testimoni prima che maestri

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Parliamo perché abbiamo trovato

Noi sappiamo tutti come è difficile per un giovane di oggi vivere da cristiano. Il contesto culturale, il contesto mediatico, offre tutt'altro che la strada verso Cristo. Sembra proprio rendere impossibile vedere Cristo come centro della vita e vivere come Gesù ce la mostra. Tuttavia mi sembra che molti sentono sempre di più l'insufficienza di queste offerte, di questo stile di vita che alla fine lascia vuoti (...).
I giovani devono sentire che non diciamo parole non vissute da noi stessi, ma parliamo perché abbiamo trovato e cerchiamo di trovare ogni giorno di nuovo la verità come verità per la mia vita. Solo se siamo in questo cammino, se cerchiamo di assimilare noi stessi a questa vita e di assimilare la nostra vita a quella del Signore, allora anche le parole possono essere credibili e avere una logica visibile e convincente.

Al Clero di Roma, 7 febbraio 2008
Come il Padre…, vol. II, Testimoni prima che maestri

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Essere "voce" della Parola

La predicazione cristiana non proclama "parole", ma la Parola, e l'annuncio coincide con la persona stessa di Cristo (...).
Quindi, un autentico servizio alla Parola richiede da parte del sacerdote che tenda ad una approfondita abnegazione di sé, sino a dire con l'Apostolo: «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me». Il presbitero non può considerarsi "padrone" della Parola, ma servo. Egli non è la Parola, ma, come proclamava Giovanni il Battista (...) è "voce" della Parola.
Ora, essere "voce" (...) presuppone un sostanziale "perdersi" in Cristo, partecipando al suo mistero di morte e di risurrezione con tutto il proprio io: intelligenza, libertà, volontà e offerta dei propri corpi, come sacrificio vivente. (cf Rm 12,1-2). Solo la partecipazione al Sacrificio di Cristo, alla sua kènosi, rende autentico l'annuncio!

Catechesi all'udienza generale, 24 giugno 2009
Come il Padre…, vol. II, Testimoni prima che maestri

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Con gli occhi di Cristo

L'amore del prossimo consiste nel fatto che io amo, in Dio e con Dio, anche la persona che non gradisco o neanche conosco. Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento.
Allora imparo a guardare quest'altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo (...). Al di là dell'apparenza esteriore dell'altro scorgo la sua interiore attesa di un gesto di amore, di attenzione, che io non faccio arrivare a lui soltanto attraverso le organizzazioni a ciò deputate, accettandolo magari come necessità politica. lo vedo con gli occhi di Cristo e posso dare all'altro ben più che le cose esternamente necessarie: posso donargli lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno.

Deus caritas est 18
Come il Padre…, vol. II, Servi per amore

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Duplice comunione

L'idea della comunione come partecipazione alla vita trinitaria è illuminata con particolare intensità nel Vangelo di Giovanni. Nel tempo del pellegrinaggio terreno il discepolo, mediante la comunione col Figlio, può già partecipare della vita divina di Lui e del Padre: «La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1Gv 1,3).
Questa vita di comunione con Dio e fra noi è la finalità propria dell'annuncio del Vangelo, la finalità della conversione al cristianesimo: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi» (1Gv 1,2).
Quindi, questa duplice comunione con Dio e tra di noi è inseparabile. Dove si distrugge la comunione con Dio, che è comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo, si distrugge anche la radice e la sorgente della comunione fra di noi. E dove non viene vissuta la comunione fra di noi, anche la comunione col Dio Trinitario non è viva e vera.

Udienza Generale, 29 marzo 2006
Come il Padre…, vol. II, Fratelli tra i fratelli

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Laici corresponsabili

Occorre (...) migliorare l'impostazione pastorale, così che, nel rispetto delle vocazioni e dei ruoli dei consacrati e dei laici, si promuova gradualmente la corresponsabilità dell'insieme di tutti i membri del Popolo di Dio. Ciò esige un cambiamento di mentalità riguardante particolarmente i laici, passando dal considerarli "collaboratori" del clero a riconoscerli realmente "corresponsabili" dell'essere e dell'agire della Chiesa, favorendo il consolidarsi di un laicato maturo ed impegnato.
Questa coscienza comune di tutti i battezzati di essere Chiesa non diminuisce la responsabilità dei parroci. Tocca proprio a voi, cari parroci, promuovere la crescita spirituale e apostolica di quanti sono già assidui e impegnati nelle parrocchie: essi sono il nucleo della comunità che farà da fermento per gli altri.

Convegno Pastorale della Diocesi di Roma, 26 maggio 2009
Come il Padre…, vol. II, Fratelli tra i fratelli

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Un futuro dalla comunione

È importante avere intorno a sé la realtà del presbiterio, della comunità dei sacerdoti che si aiutano, che stanno insieme in un cammino comune.
Questo mi sembra importante anche perché se i giovani vedono sacerdoti molto isolati, tristi, stanchi, pensano: se questo è il mio futuro, allora non ce la faccio.
Si deve creare realmente questa comunione di vita che dimostra ai giovani: sì, questo può essere un futuro anche per me, così si può vivere.

Ai sacerdoti della diocesi di Aosta, 25 luglio 2005
Come il Padre…, vol. II, Fratelli tra i fratelli

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Moltiplicare le piccole comunità

Prodigatevi a ridar vita in ogni parrocchia (...) ai piccoli gruppi o centri di ascolto di fedeli che annunciano Cristo e la sua Parola, luoghi dove sia possibile sperimentare la fede, esercitare la carità, organizzare la speranza.
Questo articolarsi delle grandi parrocchie urbane attraverso il moltiplicarsi di piccole comunità permette un respiro missionario più largo, che tiene conto della densità della popolazione, della sua fisionomia sociale e culturale, spesso notevolmente diversificata.
Sarebbe importante se questo metodo pastorale trovasse efficace applicazione anche nei luoghi di lavoro, oggi da evangelizzare con una pastorale di ambiente ben pensata, poiché per l'elevata mobilità sociale la popolazione vi trascorre gran parte della giornata.

Convegno Pastorale della Diocesi di Roma, 26 maggio 2009
Come il Padre…, vol. III, Testimoni di Gesù vivo

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Perché il mondo creda

Le divisioni esistenti fra i cristiani sono uno scandalo per il mondo ed un ostacolo per la proclamazione del Vangelo. Alla vigilia della propria passione e morte, il Signore, attorniato dai discepoli, pregò con fervore che essi fossero uno, così che il mondo possa credere (cf Gv 17,21).
È solo attraverso la comunione fraterna tra i cristiani e attraverso il reciproco amore che il messaggio dell'amore di Dio per ogni uomo e donna diverrà credibile.
Chiunque getti uno sguardo realistico al mondo cristiano oggi scoprirà l'urgenza di tale testimomanza.

Durante la Divina Liturgia di S. Giovanni Crisostomo, 30 novembre 2006
Come il Padre…, vol. III, Icone dell'unitrinità

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La missione di Pietro: servire l'unità

«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». A questa ispirata professione di fede da parte di Pietro, Gesù replica: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa (...). A te darò le chiavi del regno dei cieli».
È la prima volta che Gesù parla della Chiesa, la cui missione è l'attuazione del disegno grandioso di Dio di riunire in Cristo l'umanità intera in un'unica famiglia. La missione di Pietro, e dei suoi successori, è proprio quella di servire quest'unità dell'unica Chiesa di Dio formata da giudei e pagani; il suo ministero indispensabile è far sì che essa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura, ma che sia la Chiesa di tutti i popoli, per rendere presente fra gli uomini (...) la pace di Dio e la forza rinnovatrice del suo amore.
Servire dunque l'unità interiore che proviene dalla pace di Dio, l'unità di quanti in Gesù Cristo sono diventati fratelli e sorelle: ecco la peculiare missione del Papa.

Angelus, 24 agosto 2008
Come il Padre…, vol. III, Icone dell'unitrinità

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Accogliere la crisi dell'alterità

Noi stessi, sacerdoti, sia giovani che adulti, dobbiamo imparare la necessità della sofferenza, della crisi. Dobbiamo sopportare, trascendere questa sofferenza. Solo così, la vita diventa ricca.
Per me ha un valore simbolico il fatto che il Signore porti per l'eternità le stimmate. Espressione dell'atrocità della sofferenza e della morte, esse sono adesso sigilli della vittoria di Cristo, di tutta la bellezza della sua vittoria e del suo amore per noi. Dobbiamo accettare, sia da sacerdoti sia da sposati, la necessità di sopportare la crisi dell'alterità, dell'altro, la crisi in cui sembra che non si possa più stare insieme.

Ai sacerdoti della diocesi di Albano, 31 agosto 2006
Come il Padre…, vol. III, Sacerdoti e… vittime

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Vendetta d'amore

Lottare contro il male, contro ogni forma di egoismo e di odio, e morire a se stessi per vivere in Dio è l'itinerario ascetico che ogni discepolo di Gesù è chiamato a percorrere con umiltà e pazienza, con generosità e perseveranza (...). Potremmo dire che questo interiore atteggiamento ci aiuta a meglio evidenziare anche quale debba essere la risposta cristiana alla violenza che minaccia la pace nel mondo. Non certo la vendetta, non l'odio e nemmeno la fuga in un falso spiritualismo.
La risposta di chi segue Cristo è piuttosto quella di percorrere la strada scelta da Colui che, davanti ai mali del suo tempo e di tutti i tempi, ha abbracciato decisamente la Croce, seguendo il sentiero più lungo ma efficace dell' amore.

Mercoledi delle Ceneri, 1° marzo 2006
Come il Padre…, vol. III, Sacerdoti e… vittime

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Confessionali deserti?

I sacerdoti non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo sacramento.
Al tempo del Santo Curato d'Ars, in Francia, la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormenta rivoluzionaria aveva soffocato a lungo la pratica religiosa. Ma egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un'esigenza intima della Presenza eucaristica. Seppe così dare il via a un circolo virtuoso. Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo fece sì che i fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all'ascolto e al perdono. (...)
Si diceva allora che Ars era diventata "il grande ospedale delle anime".

Lettera per l'indizione dell'Anno Sacerdotale, 16 giugno 2009
Come il Padre…, vol. IV, Con Gesù crocifisso e risorto

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Dialogo di salvezza

Dal Santo Curato d'Ars noi sacerdoti possiamo imparare non solo un'inesauribile fiducia nel sacramento della Penitenza che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del "dialogo di salvezza" che in esso si deve svolgere.
Il Curato d'Ars aveva una maniera diversa di atteggiarsi con i vari penitenti.
Chi veniva al suo confessionale attratto da un intimo e umile bisogno del perdono di Dio, trovava in lui l'incoraggiamento ad immergersi nel "torrente della divina misericordia" che trascina via tutto nel suo impeto. (...)
Faceva nascere il pentimento nel cuore dei tiepidi, costringendoli a vedere, con i propri occhi, la sofferenza di Dio per i peccati quasi "incarnata" nel volto del prete che li confessava.
A chi, invece, si presentava già desideroso e capace di una più profonda vita spirituale, spalancava le profondità dell'amore, spiegando l'indicibile bellezza di poter vivere uniti a Dio e alla sua presenza.

Lettera per l'indizione dell'Anno Sacerdotale, 16 giugno 2009
Come il Padre…, vol. IV, Con Gesù crocifisso e risorto

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Perdonarci instancabilmente

In che cosa consiste il "lavarci i piedi gli uni gli altri"? Che cosa significa in concreto? Ecco, ogni opera di bontà per l'altro è un servizio di lavanda dei piedi. A questo ci chiama il Signore: scendere, imparare l'umiltà e il coraggio della bontà e anche la disponibilità ad accettare il rifiuto e tuttavia fidarsi della bontà e perseverare in essa.
Ma c'è ancora una dimensione più profonda. Il Signore toglie la nostra sporcizia con la forza purificatrice della sua bontà.
Lavarci i piedi gli uni gli altri significa soprattutto perdonarci instancabilmente gli uni gli altri, sempre di nuovo ricominciare insieme per quanto possa anche sembrare inutile. Significa purificarci gli uni gli altri sopportandoci a vicenda e accettando di essere sopportati dagli altri; purificarci gli uni gli altri donando ci a vicenda la forza santificante della Parola di Dio e introducendoci nel Sacramento dell'amore divino.

Giovedì Santo, 13 aprile 2006
Come il Padre…, vol. IV, Con Gesù crocifisso e risorto

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Non più muri di separazione

Nella croce, Cristo ha abbattuto il muro di separazione. Dandoci il suo Corpo, Egli ci riunisce in questo suo Corpo per fare di noi una cosa sola.
Nella comunione del "Corpo di Cristo" tutti diventiamo un solo popolo, il Popolo di Dio, dove - per citare di nuovo san Paolo - tutti sono una cosa sola e non c'è più distinzione, differenza, tra greco e giudeo, circonciso e incirconciso, barbaro, scita, schiavo, ebreo, ma Cristo è tutto in tutti. Ha abbattuto il muro della distinzione di popoli, di razze, di culture: tutti siamo uniti in Cristo.

Convegno Pastorale della Diocesi di Roma, 26 maggio 2009
Come il Padre…, vol. IV, Con Gesù crocifisso e risorto

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Unità, non somma di individui

Se è la Parola a convocare la Comunità, è l'Eucaristia a farla essere un corpo: «Poiché c'è un solo pane - scrive san Paolo -, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane» (1Cor 10,17).
La Chiesa dunque non è il risultato di una somma di individui, ma un'unità fra coloro che sono nutriti dall'unica Parola di Dio e dall'unico Pane di vita.
La comunione e l'unità della Chiesa, che nascono dall'Eucaristia, sono una realtà di cui dobbiamo avere sempre maggiore consapevolezza, anche nel nostro ricevere la santa comunione, sempre più essere consapevoli che entriamo in unità con Cristo e così diventiamo noi, tra di noi, una cosa sola. Dobbiamo sempre nuovamente imparare a custodire e difendere questa unità da rivalità, da contese e gelosie che possono nascere nelle e tra le comunità ecclesiali.

Convegno Pastorale della Diocesi di Roma, 26 maggio 2009
Come il Padre…, vol. IV, Con Gesù crocifisso e risorto

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Scuola di vita e libertà

L'Eucaristia deve diventare per noi una scuola di vita, nella quale impariamo a donare la nostra vita.
La vita non la si dona solo nel momento della morte e non soltanto nel modo del martirio. Noi dobbiamo donarla giorno per giorno.
Occorre imparare giorno per giorno che io non possiedo la mia vita per me stesso. Giorno per giorno devo imparare ad abbandonare me stesso; a tenermi a disposizione per quella cosa per la quale Egli, il Signore, sul momento ha bisogno di me, anche se altre cose mi sembrano più belle e più importanti.
Donare la vita, non prenderla. È proprio così che facciamo l'esperienza della libertà. La libertà da noi stessi, la vastità dell'essere. Proprio così, nell'essere utile, nell'essere una persona di cui c'è bisogno nel mondo, la nostra vita diventa importante e bella. Solo chi dona la propria vita, la trova.

Omelia, IV domenica di Pasqua, 7 maggio 2006
Come il Padre…, vol. IV, Con Gesù crocifisso e risorto

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L'Amore oltre ogni amore

Cari giovani seminaristi e religiosi, voi stessi diverrete altari viventi, sui quali l'amore sacrificale di Cristo viene reso presente quale ispirazione e sorgente di nutrimento spirituale per quanti incontrerete.
Abbracciando la chiamata del Signore a seguirlo in castità, povertà e obbedienza, avete intrapreso il viaggio di un discepolato radicale che vi renderà "segni di contraddizione".
Modellate quotidianamente la vostra vita sull'amorevole auto-oblazione del Signore stesso in obbedienza alla volontà del Padre. In tal modo scoprirete la libertà e la gioia che possono attrarre altri a quell' Amore che è oltre ogni altro amore come sua fonte e suo compimento ultimo. Non dimenticate mai che la castità per il Regno significa abbracciare una vita dedicata completamente all'amore.

Omelia per la consacrazione di un altare a Sydney, 19 luglio 2008
Come il Padre…, vol. IV, Per una nuova umanità

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Dare la luce

Anche con tutte le contraddizioni, resistenze, opposizioni, la sete di Dio c'è e noi abbiamo la bella vocazione di aiutare, di dare la luce. Questa è la nostra avventura.
Certo ci sono tante cose imprevedibili, tante complicazioni, sofferenze, e tutto il resto. Ma anche la Madonna nel momento dell'annuncio sapeva che davanti a lei c'era una strada sconosciuta e, conoscendo le profezie del Servo di Dio, conoscendo la Sacra Scrittura, poteva calcolare che ci sarebbero state anche tante sofferenze su questa strada. Ma ha creduto alla parola dell'angelo: non temere perché alla fine Dio è più forte, non temere neppure la croce, tutte le sofferenze, perché alla fine Dio ci guida, e anche queste sofferenze aiutano per arrivare alla pienezza della luce.

Ai seminaristi del Pontificio Seminario Romano, 1° febbraio 2008
Come il Padre…, vol. IV, Per una nuova umanità

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La nuova Famiglia

La maternità di Maria, iniziata col fiat di Nazaret, si compie sotto la Croce. Se è vero - come osserva sant'Anselmo - che «dal momento del fiat Maria cominciò a portarci tutti nel suo seno», la vocazione e missione materna della Vergine nei confronti dei credenti in Cristo iniziò effettivamente quando Gesù le disse: «Donna, ecco il tuo figlio!» (Gv 19, 26).
Vedendo dall'alto della croce la Madre e lì accanto il discepolo amato, il Cristo morente riconobbe la primizia della nuova Famiglia che era venuto a formare nel mondo, il germe della Chiesa e della nuova umanità.
Il Figlio di Dio compì così la sua missione: nato dalla Vergine per condividere in tutto, eccetto il peccato, la nostra condizione umana, al momento del ritorno al Padre lasciò nel mondo il sacramento dell'unità del genere umano: la Famiglia «adunata dall'unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».

Omelia a Efeso, 29 novembre 2006
Come il Padre…, vol. IV, Per una nuova umanità

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Come risolvere i problemi

Ci sono tanti problemi (...) che devono essere risolti, ma che tutti non vengono risolti se Dio non viene messo al centro, se Dio non diventa nuovamente visibile nel mondo, se non diventa determinante nella nostra vita e se non entra anche attraverso di noi in modo determinante nel mondo. In questo, ritengo, si decide oggi il destino del mondo in questa situazione drammatica: se Dio - il Dio di Gesù Cristo - c'è e viene riconosciuto come tale, o se scompare.
Noi ci preoccupiamo che sia presente. Che cosa dovremmo fare? In ultima istanza? Ci rivolgiamo a Lui! (…)«Lava quod est sordidum), riga quod est aridum, sana quod est saucium. Flecte quod est rigidum, fove quod est frigidum, rege quod est devium». Lo invochiamo affinché irrighi, scaldi, raddrizzi, affinché ci pervada con la forza della sua sacra fiamma e rinnovi la terra.

Ai Vescovi Svizzeri, 7 novembre 2006
Come il Padre…, vol. IV, Missione senza confini

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Davanti al Tabernacolo

È importante che al cuore della vostra vita ci sia la partecipazione all'Eucaristia, in cui Gesù dà se stesso per noi. Egli desidera entrare in comunione con ciascuno di voi, bussa alla porta del vostro cuore per donarvi la sua grazia. Andate all'incontro con Lui nella Santa Eucaristia, andate ad adorarlo nelle chiese e restate inginocchiati davanti al Tabernacolo: Gesù vi colmerà del suo amore e vi manifesterà i pensieri del suo Cuore.
Se vi porrete in ascolto, sperimenterete in modo sempre più profondo la gioia di far parte del suo Corpo mistico, la Chiesa, che è la famiglia dei suoi discepoli stretti dal vincolo dell'unità e dell'amore. Imparerete inoltre a lasciarvi riconciliare con Dio. Specialmente nel sacramento della Riconciliazione Gesù vi attende per perdonare i vostri peccati e riconciliarvi con il suo amore attraverso il ministero del sacerdote. Confessando con umiltà e verità i peccati riceverete il perdono di Dio stesso mediante le parole del suo ministro.

Messaggio ai giovani d'Olanda, 21 novembre 2005
Come il Padre…, vol. IV, Missione senza confini

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Una nuova primavera

Mi è caro rivolgere ai sacerdoti (...) un particolare invito a saper cogliere la nuova primavera che lo Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa, non per ultimo attraverso i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità. (...)
A questo proposito, vale l'indicazione del Decreto Presbyterorum ordinis: «Sapendo discernere quali spiriti abbiano origine da Dio, (i presbiteri) devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono ammetterli con gioia e fomentarli con diligenza» (n. 9).
Tali doni che spingono non pochi a una vita spirituale più elevata, possono giovare non solo per i fedeli laici ma per gli stessi ministri.
Dalla comunione tra ministri ordinati e carismi, infatti, può scaturire un valido impulso per un rinnovato impegno della Chiesa nell'annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza e della carità in ogni angolo del mondo.

Lettera per l'indizione dell'Anno Sacerdotale, 16 giugno 2009
Come il Padre…, vol. IV, Missione senza confini


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