Tempo ordinario (C) [2] - 2013

Parola che si fa vita

Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)


"Parola-sintesi" proposta per ogni domenica,
corredata da un commento e da una testimonianza.


Santissima Trinità (26 maggio 2013)
Lo Spirito vi guiderà a tutta la verità (Gv 16,13)

Corpus Domini (2 giugno 2013)
Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13)

10adomenica del tempo ordinario (9 giugno 2013)
Ragazzo, dico a te, alzati!(Lc 7,14)
11adomenica del tempo ordinario (16 giugno 2013)
La tua fede ti ha salvata; va' in pace(Lc 7,50)

12adomenica del tempo ordinario (23 giugno 2013)
Tu sei: Il Cristo di Dio (Lc 9,20)

13a domenica del tempo ordinario (30 giugno 2013)
A un altro disse: seguimi (Lc 9,59)

14a domenica del tempo ordinario (7 luglio 2013)
Pregate dunque il Signore della messe (Lc 10,2)

15a domenica del tempo ordinario (14 luglio 2013)
Va' e anche tu fa' così (Lc 10,37)

16a domenica del tempo ordinario (21 luglio 2013)
Maria ha scelto la parte migliore (Lc 10,42)

17a domenica del tempo ordinario (28 luglio 2013)
Signore, insegnaci a pregare (Lc 11,1)

18a domenica del tempo ordinario (4 agosto 2013)
Arricchire presso Dio (Lc 12,21)

19a domenica del tempo ordinario (11 agosto 2013)
Dov'è il vostro tesoro, sarà anche il vostro cuore (Lc 12,34)

Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2013)
Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente (Lc 1,49)

20a domenica del tempo ordinario (18 agosto 2013)
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra (Lc 12, 49)

21a domenica del tempo ordinario (25 agosto 2013)
Sforzatevi di entrare per la porta stretta (Lc 13, 24)

22a domenica del tempo ordinario (1° settembre 2013)
Chi si umilia sarà esaltato (Lc 14, 11)

23a domenica del tempo ordinario (8 settembre 2013)
Se uno viene a me e non mi ama più della propria vita… (Lc 14,26)

24a domenica del tempo ordinario (15 settembre 2013)
Rallegratevi con me perché ho trovato la mia pecora (Lc 15,6)

25a domenica del tempo ordinario (22 settembre 2013)
Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13)

26a domenica del tempo ordinario (29 settembre 2013)
Hanno Mosè e i profeti: ascoltino loro (Lc 16,29)

27a domenica del tempo ordinario (6 ottobre 2013)
Accresci in noi la fede (Lc 17,6)

28a domenica del tempo ordinario (13 ottobre 2013)
Gesù, Maestro, abbi pietà di noi (Lc 17,13)

29a domenica del tempo ordinario (20 ottobre 2013)
L'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona (2Tm 3,17)

30a domenica del tempo ordinario (27 ottobre 2013)
Tornò a casa sua giustificato (Lc 18,14)

Tutti i Santi (1° novembre 2013)
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5,8)

31a domenica del tempo ordinario (3 novembre 2013)
Oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5)

32a domenica del tempo ordinario (10 novembre 2013)
Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38)

33a domenica del tempo ordinario (17 novembre 2013)
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,19)

Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (24 novembre 2013)
Oggi con me sarai nel paradiso (Lc 23,43)



_______________



Santissima Trinità (26 maggio 2013)
Lo Spirito vi guiderà a tutta la verità (Gv 16,13)

La Trinità è la manifestazione di Dio come comunione. Gesù ce l'ha fatta conoscere come Sapienza che crea, come Parola che rivela, come Amore che dà vita. Celebrare la festa della Trinità è per noi credenti una risposta al nostro desiderio di conoscere Dio, è disponibilità alla sua rivelazione, è rendergli testimonianza nella e con la nostra vita.
Tre verbi descrivono l'azione dello Spirito: guidare verso la verità, dire ciò che avrà udito, comunicare ai discepoli ciò che è del Figlio. Le parole del salmo 25, Guidami nella tua verità e istruiscimi, ora sono esaudite. Lo Spirito conduce noi discepoli alla verità e ce la rende sempre più trasparente.
È bello pensare che la vita cristiana è un cammino di comprensione e di amore senza fine. E di questo cammino la guida è lo Spirito. Egli rafforza la fede perché possiamo adempiere la nostra missione nel mondo: essere testimoni di un Dio Trinità, comunione; essere persone di comunione, di dialogo, che sanno gettare ponti verso ogni persona e realtà; essere costruttori di fraternità. Essere, in definitiva, persone che vivono nella certezza che il male non è più forte del bene.

Testimonianza di Parola vissuta

Dopo due anni di matrimonio, nostra figlia stava attraversando un periodo di crisi.
All'inizio di quest'anno, lei e suo marito sono arrivati a separarsi.
L'abbiamo accolta di nuovo nella nostra casa, cercando di sostenerla in questo periodo difficile e doloroso. Ci sono stati momenti di tensione, ma abbiamo cercato di mantenerci calmi, col perdono nel cuore, conservando un rapporto di apertura verso tutti e due. Volevamo aiutarli entrambi, non privilegiare solo nostra figlia stando dalla sua parte.
Dopo tre mesi di separazione (e da parte nostra di ospitalità, di continuo ascolto, di aiuto discreto e di molte preghiere), sono tornati insieme con una nuova consapevolezza e una fiduciosa speranza.


M. L., Malta
torna su

Corpus Domini (2 giugno 2013)
Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13)

La festa di oggi pone al centro il mistero della comunione tra Dio e l'uomo. Il Corpo di Cristo, l'intera sua persona ed esistenza, è il dono che Dio ha fatto all'umanità. E Gesù ha fatto dono di se stesso, del suo Corpo, a noi.
Il Vangelo di questa domenica mostra una folla che viene nutrita da Gesù. Il segno dei pani moltiplicati e distribuiti, unisce insieme il mangiare e il ricevere in dono il Corpo di Cristo. Attraverso il pane, spezzato e donato, i cristiani continuano nel tempo a partecipare al corpo donato di Cristo, che chiede sempre collaborazione: voi stessi date loro da mangiare.
Gesù oggi ci ricorda che chi dà non perde, ma moltiplica; che la condivisione non è un'utopia, ma il modo di agire di Dio; che la sazietà non dipende dal possesso, ma dalla fiducia data alla parola di Colui che si è messo al nostro servizio.
I cristiani, da veri discepoli del Signore, sanno bene che celebreranno l'Eucaristia non solo spezzando il pane insieme, ma anche procurando il nutrimento ai poveri, che mai devono essere esclusi dalla comunità. Mediante il servizio dei discepoli la comunità è attenta a tutti coloro che hanno bisogno; così Gesù ci chiama a essere collaboratori della sua opera.

Testimonianza di Parola vissuta

Non vogliamo rimanere indifferenti a ciò che accade nel mondo. Quando qualche anno fa c'è stato il terremoto in Pakistan, il pensiero di tante persone al freddo, senza casa, mi continuava ad interrogare. Ma cosa potevo fare io che ero così lontano?
Parlando con mia moglie Licia, ci è venuta l'idea di vendere del pane e di mandare il ricavato ai terremotati. Ne abbiamo anche parlato con vari amici che sono stati molto contenti di aiutarci. Così, per una settimana, di sera la nostra casa si è trasformata in un panificio. A chi entrava incuriosito spiegavamo il perché di questa vendita e tanti compravano il pane.
Nel fare questa esperienza per aiutare gli altri, insieme ci siamo accorti che forse l'aiuto più grande lo ricevevamo noi. Tanti nel nostro paese erano contenti di collaborare in vario modo e fra noi nascevano nuove amicizie.
L.M.S., Portogallo
torna su

10a domenica del tempo ordinario (9 giugno 2013)
Ragazzo, dico a te, alzati!(Lc 7,14)

Ancora un gesto di misericordia verso una madre vedova e il suo giovane figlio morto, che viene portato alla sepoltura. Due cortei si incontrano alla porta della città: quello di Gesù accompagnato dai suoi discepoli e da molta folla e quello della madre che segue la bara del figlio, accompagnata da molta gente della città. L'attenzione di Gesù è per la madre sofferente; la sua partecipazione al dolore è immediata. È Lui che per primo si avvicina, parla alla madre per consolarla, comanda al ragazzo e lo consegna alla madre. Già questo particolare ci mostra come Gesù sa farsi prossimo con ogni persona sofferente.
Compiendo questo miracolo Gesù arresta questo corteo e lo fa tornare indietro. Infatti basta il comando di Gesù e il corso degli avvenimenti viene immediatamente rovesciato: il giovane è restituito vivo alla madre.
Noi cristiani abbiamo la certezza e la consapevolezza che con la nostra vita, con la nostra compassione, con la nostra attenzione all'altro, con il nostro farci prossimi possiamo continuare l'azione di Gesù.

Testimonianza di Parola vissuta

Lavoro in carcere, dove non mancano le difficoltà. Una sera, mentre stavo per andarmene avendo concluso il mio turno, sento delle grida. Continuo a camminare perché ero stanco e volevo arrivare subito a casa, ma le urla continuano. Penso: "Non serve tornare, ci penseranno quelli che mi hanno dato il cambio…". Ma poi giro i tacchi; potrebbe essere qualcosa di grave. Infatti alcuni poliziotti stavano picchiando un uomo perché confes-sasse qualcosa che lui non sapeva.
Appena sono entrato hanno smesso, perché sanno che io non sono d'accordo con questi metodi. Mi sono fermato a parlare con loro e l'atmosfera è divenuta più tranquilla.
Ho accompagnato l'uomo nella sua cella,l'ho lavato e gli ho curato le ferite. Alla fine si è scoperto che non c'entrava con quella storia e non aveva commesso nessun reato. È stato messo in libertà. Mentre usciva dal carcere mi ha abbracciato piangendo. Siamo rimasti molto amici.
A., Brasile
torna su

11a domenica del tempo ordinario (16 giugno 2013)
La tua fede ti ha salvata; va' in pace(Lc 7,50)

Il Vangelo di oggi ci mostra la vera identità di Gesù. Egli non si accontenta di annunciare la misericordia di Dio; alla donna, che tutti conoscevano come peccatrice egli dichiara: ti sono perdonati i tuoi peccati. La tua fede ti ha salvata. Gesù in queste parole e in questo gesto si mostra come la misericordia stessa di Dio fatta carne. La donna ha compiuto verso Gesù gesti straordinari di accoglienza e di venerazione, quasi. a dirci che c'è un intimo legame tra il perdono dei peccati e l'amore generoso. Perdono che ha la sua radice profonda nella fede.
Il perdono è un "sacramento" e proprio per questo ha bisogno di segni e di parole. Quanto la donna fa, è per Gesù la fede che salva. Perché la fede è accogliere l'amore di Dio per noi; e la salvezza è amarlo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la forza e con tutta la mente. Viviamo questa pagina fidandoci dell'amore di Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

Mi ero impegnato molto nella vita professionale, arrivando al top della carriera. Ero sempre fuori casa. Sposato da 19 anni, con quattro figli, pian piano mi sono allontanato dalla famiglia ed ho cominciato una relazione con una collega di lavoro, finché ho deciso di lasciare la famiglia. Susan, mia moglie, non si aspettava una situazione del genere. Le è crollato tutto restando sola con quattro figli. Quello più grande si è ribellato alla situazione e se ne è andato di casa. Ho saputo poi che alcune famiglie amiche l'hanno sostenuta nei giorni di disperazione e di dolore. Lei ha avuto la forza di stringersi gli altri tre figli ed insieme hanno cominciato a pregare chiedendo a Dio la grazia che tornassi. Io avevo un cuore pieno di orgoglio. Poi mi capitò tra le mani un libro di Chiara Lubich che parlava di unità. Ho capito che i momenti di sofferenza consentono di maturare. Mi accorsi che ero fuori dal mio posto, che non potevo far soffrire la mia famiglia. Ho trovato la forza per tornare a casa. La donna con la quale vivevo lavorava nella mia stessa azienda. Per cominciare una vita nuova ho deciso di lasciare il lavoro. Sono rimasto disoccupato finché ho trovato un impiego molto semplice come quello che avevo all'inizio della carriera. Vivere l'umiltà mi faceva bene. Ringrazio Dio per aver avuto il sostegno delle altre famiglie e soprattutto per il perdono di mia moglie e dei mie figli, perché stiamo ricominciando il nostro cammino. Da poco inoltre è arrivata anche la proposta di un nuovo lavoro.
S.T., USA
torna su

12a domenica del tempo ordinario (23 giugno 2013)
Tu sei: Il Cristo di Dio (Lc 9,20)

La domanda chi sei Gesù?, al centro del Vangelo di oggi, contrassegna la ricerca di ogni uomo e donna della terra. Gesù si era appartato a pregare e ad un certo momento egli si rivolge agli apostoli e chiede loro: Chi sono io secondo la gente? Essi gli riportano le varie voci che circolavano su di lui. E voi – chiede Gesù – chi dite che io sia? Pietro prende la parola e gli risponde: Tu sei il Cristo di Dio.
Professare Gesù Messia significa avere fede e speranza nella giustizia, nella riconciliazione e nella fraternità. Il titolo di Messia di Dio esprime l'intuizione di fede che proclama in Gesù l'uomo scelto da Dio per attuare le sue promesse di salvezza. Pietro risponde anche per gli altri undici, a dirci che la sua è la risposta della comunità cristiana.
È bello e consolante e impegnativo pensare che la mia fede è fede di una comunità. Nello stesso tempo sentire che la fede è una risposta personale, una relazione a tu per tu con il Signore, che è il Signore della vita e della vita piena. Per questo noi possiamo camminare alla luce e alla forza di questa presenza.

Testimonianza di Parola vissuta

Alla nona settimana di gravidanza ho contratto la rosolia. I giorni successivi sono stati i più duri della nostra vita coniugale: ci siamo trovati davanti a un problema più grande di noi.
Avevamo sempre cercato di vivere secondo il Vangelo, ma quella volta la prima reazione è stata di paura. Secondo i medici, la possibilità di avere un bambino normale si riduceva al 5 per cento. Avendo già tre figli, il rischio di averne un altro "diverso" ci avrebbe creato dei problemi angosciosi. E il rifiuto della gravidanza, ragionando con la mentalità corrente, sembrava la soluzione più giusta.
Mio marito mi lasciava libera di decidere, ma io desideravo che lui mi dicesse di accettarlo, come nel mio cuore di mamma avevo già fatto fin dal primo istante. Credo di non aver mai pregato così intensamente.
A un certo punto lui mi fa: "E se questo figlio non avesse niente o poco?". Era il segno che aspettavo! Ci siamo abbracciati e da quel momento ci siamo sentiti più uniti. Dopo sei mesi è nato un bellissimo bambino.
J.O., Svizzera
torna su

13a domenica del tempo ordinario (30 giugno 2013)
A un altro disse: seguimi (Lc 9,59)

Seguire Gesù nella libertà è quanto ci viene proposto dalla Parola della liturgia di questa domenica. Ciò che caratterizza il discepolo di Gesù non è una dottrina o sapienza umana, ma il seguire Lui, l'adesione di fede alla sua persona e alla sua proposta. Questa fede trova la sua verifica nella disponibilità a metterci al servizio degli altri. La vita di ciascuno di noi è una risposta ad una chiamata: alla vita, alla vita cristiana, alla vita di una comunità.
Nel suo cammino verso Gerusalemme, Gesù incontra persone che vorrebbero mettersi al suo seguito. Questi interlocutori restano indeterminati e anonimi, quasi a dirci che ciascuno di noi potrebbe mettere il proprio nome e sentirsi chiamato dal Signore. Alle obiezioni dei chiamati Gesù dà risposte che ci possono impressionare; sembra quasi che abbia poco riguardo verso tradizioni, sentimenti, affetti. Ma non è così: chiede a chi vuole seguirlo di essere deciso e libero da tutto.
Appare chiaro che Gesù chiama tutti a seguirlo, ad essere testimoni, a collaborare con Lui alla costruzione del suo regno. Chiama tutti alla santità, alla perfezione nell'amore. E queste si esprimeranno nel vivere la Parola di Dio con fedeltà e coerenza in tutte le nostre attività.

Testimonianza di Parola vissuta

Ero in una classe dove nessuno aveva una gran voglia di studiare. Mi sedevo in fondo all'aula, non parlavo, né partecipavo alle attività dei vari gruppi, temendo di invischiarmi in cattive compagnie. Non conoscevo neanche il nome del ragazzo che era seduto accanto a me. Lui, d'altra parte, non faceva altro che giocare con il cellulare. Dopo pochi giorni ho deciso di cambiare classe. Alcuni mesi dopo ho saputo che il mio vecchio compagno di banco era in carcere per un crimine terribile. È stato uno choc: anch'io avevo la mia quota di colpa! E quante idee adesso su come avrei potuto amarlo e magari mostrargli un altro tipo di vita, ed invece non avevo neanche tentato, avevo mollato... "Una cosa del genere - mi sono ripromesso - non deve succedere mai più!" Perciò ho iniziato a relazionarmi in modo nuovo con i miei compagni, iniziando con un bel "Buongiorno!" Un saluto non formale, ma che potesse dare a chi lo riceveva la certezza di essere amato.
È stato fantastico! Pian piano alcuni compagni hanno cominciato a dirmi: "Non sai quanto mi faccia bene sentirmi dire Buongiorno, sei l'unica persona che mi tratta bene".
Oggi conosco molto meglio le persone che sono in classe ed ho visto che iniziando da un piccolo gesto si può cambiare non soltanto se stessi, ma la vita di chi vive insieme a te.
Giovanni, Brasile
torna su

14a domenica del tempo ordinario (7 luglio 2013)
Pregate dunque il Signore della messe (Lc 10,2)

Seguire Gesù si trasforma in missione, una missione povera di mezzi, ma ricca di gioia. Il discepolo che segue Gesù diventa portatore nel mondo di un messaggio di speranza. Il Vangelo di questa domenica racconta di come Gesù invia in missione i suoi discepoli: vi mando come agnelli in mezzo ai lupi... in qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Alla fine li invita a rallegrarsi perché i loro nomi sono scritti nei cieli.
Nella missione, però, è importante tenere presente il punto di partenza: essa non è il frutto di decisioni o impegni umani. Il primo responsabile è il Padre: a Lui per primo sta a cuore la salvezza degli uomini, è Lui a suscitare gli annunciatori del regno. Per questo per Gesù la priorità è data alla fiducia nel Signore della messe. Ecco l'importanza del pregare. La preghiera, comunione col Padre, è la sorgente della missione perché ne è anche il fine. Poiché c'è la messe, bisogna pregare, per prima cosa; non fare o mietere, ma pregare. L'unione con Dio è il primo e più efficace mezzo apostolico. Coltiviamo in questa settimana l'unione con Dio, sorgente della missione a cui ogni cristiano è chiamato.

Testimonianza di Parola vissuta

Un giorno a scuola, un mio compagno è venuto a dirmi che un ragazzo mi doveva picchiare... Io sono rimasto un po' stupito perché non sapevo il motivo di questa cosa. Ho cercato però di non pensarci. Tornando a casa sulla metro, mi sono accorto che quel ragazzo che mi voleva picchiare era seduto di fronte a me. Vedendomi si è avvicinato e mi ha dato uno schiaffo molto forte. Dentro di me sentivo rabbia, anche perché lui mi aveva picchiato senza alcun motivo. La tentazione di restituirgli lo schiaffo era fortissima. Intanto altri miei amici si erano messi intorno e mi guardavano come per dire: "Dai! Fagli vedere che non hai paura di lui". È stato un momento molto critico, perché se non avessi reagito, i miei compagni mi avrebbero deriso e quel ragazzo ne avrebbe preso lo spunto per continuare a fare il prepotente. In quel momento però ho pensato che quella era la mia occasione per vivere fino in fondo la parola del Vangelo essendo sicuro che il perdono non equivale alla sottomissione. Così mentre tutti si aspettavano che io mi scagliassi su di lui, con calma mi sono seduto e nel mio cuore ho detto: "Ti perdono!". Per quel ragazzo è stata una doccia fredda perché anche lui s'aspettava una reazione violenta. Scendendo dalla metropolitana uno dei miei amici mi ha chiesto il perché di quel mio comportamento e così io ho potuto spiegargli della parola di vita sul perdonare. Il Vangelo - ho detto - è più forte ed efficace di qualsiasi schiaffo!
Davide, Italia
torna su

15a domenica del tempo ordinario (14 luglio 2013)
Va' e anche tu fa' così (Lc 10,37)

Il Vangelo di questa domenica sembra dirci che il senso della nostra vita non sta nelle norme esteriori, ma in un agire che ci avvicina a Dio; il nostro modo di fare ha come modello l'agire di Gesù, che per noi è l'immagine visibile del Dio invisibile. Questa regola ci viene esemplificata attraverso il racconto del Samaritano buono. La via di una nuova umanità è quella che passa per la trasformazione del cuore, dall'indifferenza al riconoscere l'altro, al prendersi cura del fratello che ha bisogno di noi. Perché il Dio che amiamo e nel quale poniamo tutta la nostra fiducia è così: Dio è colui che ha compassione dell'uomo, è colui che in Gesù si è fatto prossimo a ciascuna delle sue creature.
Gesù conclude il racconto ordinando: "Va', e anche tu fa' così". Qui Gesù non ribadisce una legge. Fa invece un annuncio evangelico: in lui, il Samaritano, Dio si è preso cura di me e mi ha amato; perché anch'io, guarito dal mio male, possa amare lui con tutto il cuore e i fratelli come me stesso. Se Gesù infatti è la Parola diventata vicina perché la si possa mettere in pratica, allora il farsi prossimo non è più, per nessuno, una meta lontana, irreale o irraggiungibile. Se Gesù, il Samaritano, si è preso cura di me e mi ha amato, anch'io posso amare Dio e il prossimo, anch'io posso farmi solidale con chi è nella difficoltà. E si ama veramente il prossimo se lo si guarda con gli occhi stessi di Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

Un giorno scompaiono le chiavi di casa, lo stipendio del marito e altri oggetti di valore. Chi sarà stato? L'autore del furto deve essere necessariamente qualcuno vicino alla famiglia…Questo provoca in Mirta Zanella (Argentina) una grande sofferenza, tanto da non riuscire neppure a pregare. Poi, ricordandosi che Gesù invita a perdonare, lo fa, anche per la persona che l'ha derubata. Dopo alcuni giorni si viene a sapere che una signora in difficoltà che chiedeva l'elemosina nel quartiere e con la quale esisteva da tempo un cordiale rapporto, ha rubato in casa di una vicina: mentre lei la minacciava con una pistola, il marito portava via la refurtiva. Anche Mirta, qualche tempo dopo, riceve da questa donna pesanti minacce e per difendersi chiama la polizia. La donna, viene arrestata e, riconosciuta colpevole di vari delitti, condannata a 17 anni di carcere.
Nei mesi seguenti il marito suggerisce a Mirta di andare a trovarla in carcere. "Neppure per sogno!", risponde anche perché ha paura… Poco tempo dopo una nuova richiesta: stavolta è un sacerdote della parrocchia, che le propone di andare con un gruppo di altre signore nel carcere femminile dove, tra l'altro, è reclusa anche la donna che l'ha derubata. Un po' confusa, Mirta accetta, ricordandosi della parola del Vangelo: "Andate dunque ed imparate cosa significhi: misericordia io voglio e non sacrificio". Si reca quindi, con il gruppo, alla prigione e alla conclusione della Messa vede la donna. È un attimo: decide di salutarla con un abbraccio. "Lei si mette a piangere e mi chiede perdono – racconta Mirta -. Le rispondo che il Signore l'ha già perdonata e anch'io. Mi chiede di pregare per i suoi figli e le prometto che lo farò".

torna su

16a domenica del tempo ordinario (21 luglio 2013)
Maria ha scelto la parte migliore (Lc 10,42)

Il messaggio proposto dal testo evangelico di questa domenica potrebbe suonare così: l'essenziale per seguire Gesù è ascoltarlo. Gesù appare come ospite. Accoglierlo e ascoltarlo è segno della disponibilità della fede. Chi non lo accoglie non ha possibilità di convertirsi, di cambiare la sua vita. È ascoltandolo che si è trasformati in discepoli. Marta e Maria sono, nel Vangelo di oggi, modelli dell'essere discepoli: accolgono il Signore nella loro casa, nella disponibilità dell'ospitalità e dell'ascolto. L'ascolto prelude all'adesione di fede, che giunge a maturazione con la messa in pratica di quanto si è ascoltato: l'udire culmina nell'ubbidire. In questo brano Maria, come la mamma di Gesù, al Signore dice eccomi, ne accoglie la Parola.
Il nostro essere cristiani ha nell'ascolto il suo fondamento; essere discepoli del Signore non consiste nelle cose che si fanno, che pure sono importanti, ma nell'ascoltare la Parola che è Gesù. Perché questa Parola è un seme che, accolto, fruttifica nel pane che ci dà la vita del Figlio. È questa la parte migliore: è Gesù che nella Parola tu accogli e quando l'accogli egli ti unisce al suo cammino, metti il tuo centro di attenzione nella Parola. Cerchiamo in questa settimana di dare la precedenza all'ascolto della parola di Dio, all'accoglienza della sua voce nel nostro intimo, al lasciarsi formare la mente e il cuore, all'imparare a ragionare secondo il pensiero di Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

Quando incontro persone alla ricerca della fede o toccate da un lutto o in situazioni matrimoniali non regolari, le invito all'Incontro sul Vangelo, specificando che non c'è intenzione di condurle alla pratica religiosa.
Sono oramai circa 200 le persone che si ritrovano a piccoli gruppi per leggere il Vangelo: oltre la metà non ha nessuna pratica religiosa e circa un terzo vive situazioni familiari non regolari. Colgono uno speciale clima di gioia che dapprima le rassicura, poi le coinvolge.
Ricordo Antonio, un uomo molto retto ma non credente. Convive con Silvia, divorziata, che da poco si è avvicinata alla fede. Si commentava quel giorno il Vangelo della donna malata che tocca il mantello di Gesù e viene guarita. Antonio dice: "Io non so se Gesù è Dio. Però venendo qui, mi sembra di toccare il suo mantello, perché vengo sempre guarito dalla mia tristezza. Inoltre qui non sento differenza tra chi va in chiesa e chi non ci va. Voi non fate differenze".
(don Carlo Malavasi, parroco a Carpi)
torna su

17a domenica del tempo ordinario (28 luglio 2013)
Signore, insegnaci a pregare (Lc 11,1)

Il dialogo con Dio, la preghiera, è al centro della Parola di questa domenica. Essa ci viene proposta come un ulteriore atteggiamento con cui si caratterizza l'essere discepoli del Signore. La preghiera insegnata da Gesù unisce insieme Dio e uomo; non riduce Dio a tappabuchi delle insufficienze umane e non riduce l'uomo a burattino irresponsabile. La vita del discepolo che si pone in ascolto del Signore trova nella preghiera, che Gesù ci ha insegnato, il modello del suo dialogo con il Padre.
Luca ci fa conoscere che un discepolo indeterminato, cioè ogni discepolo, rivolge a Gesù una domanda su come pregare e Gesù risponde insegnando a chiamare Dio Abbà, papà. Lui è il Figlio che conosce e rivela il Padre. È quindi il solo maestro di preghiera. Questa è l'unica cosa che il discepolo chiede al Signore di insegnargli. E non gli chiede poco. La preghiera che Gesù ci insegna è entrare nel dialogo di Gesù col Padre. La vita di Gesù è il suo colloquio di amore con il Padre, dal quale tutto riceve e al quale tutto dà. Così anche noi, figli nel Figlio, abbiamo nella preghiera la sorgente della nostra vita. Per questo, come diceva sant'Agostino, chi ha imparato a pregare ha imparato a vivere. E si impara a pregare chiedendo a Gesù di insegnarcelo. La preghiera è dono suo, non conquista nostra. Chiediamo anche noi, perché discepoli, a Gesù che ci insegni a conoscere e accettare la paternità di Dio e la conseguente fraternità.

Testimonianza di Parola vissuta

Un giorno ho ricevuto una telefonata da una conoscente che mi ha confidato di aspettare un bambino. Aveva un'età avanzata, due figli grandi ed il marito non voleva assolutamente che portasse avanti questa gravidanza. Era confusa, si sentiva incapace di andare contro la sua famiglia... Le ho detto parole che mi venivano dal cuore, diverse da ciò che sentiva attorno a sé, assicurandole il sostegno mio e anche della mia comunità, purché dicesse sì alla vita. Le ho ricordato che Dio ha un disegno su ciascuno di noi, su ogni suo figlio che viene al mondo. E se diventasse un santo? Ti sentiresti di privare la famiglia umana di questo dono? è stata la domanda con cui l'ho lasciata, in attesa di conoscere la sua decisione.
Nei giorni seguenti ho pregato perché avesse la luce per scegliere ciò che doveva fare. E quando si è rifatta viva, era per dirmi che, d'accordo con i suoi, voleva portare avanti questa gravidanza, certa che noi l'avremmo aiutata nei momenti di debolezza. Tra varie incertezze per la sua salute, è nato Francesco, un bambino bellissimo, sano. Da allora spesso quella signora mi ripete: È anche tuo figlio!
N.L., Italia
torna su

18a domenica del tempo ordinario (4 agosto 2013)
Arricchire presso Dio (Lc 12,21)

Oggi risuona l'invito ad abbandonare le false sicurezze, quelle legate soprattutto al possesso dei beni terreni, per cercare le cose di lassù. Certo, tra i bisogni fondamentali dell'uomo c'è la ricerca di sicurezza, la ricerca di un fondamento stabile della vita. La parabola evangelica dell'uomo ricco, che ha a disposizione molti beni, ma che viene chiamato a riflettere sulla provvisorietà della sua esistenza terrena, è parabola di tutta la nostra vita. Il messaggio conclusivo del Vangelo è chiaro: arricchire presso Dio è più importante dell'accumulare tesori per sé.
Ricco per Dio è colui che con quanto possiede aiuta il prossimo e la vita eterna dipende dalla gestione della propria vita terrena. Perché non siamo proprietari dei beni né della vita. Tutto ci è dato in dono, vita e beni, e noi siamo amministratori. Amministrare bene è non lasciarsi guidare dal desiderio ardente di accumulare beni per dare consistenza alla propria vita. La stoltezza sta nell'appoggiare la propria vita sui beni terreni e non su quel Dio vivente, che è l'unico che possa provvedere alla nostra vita e garantirle un futuro con la sua Provvidenza. Gesù ci dice: Cercate il regno di Dio e la sua giustizia. Arricchire presso Dio è scegliere Dio e far sì che l'intera vita corrisponda al disegno di Dio. Questo implica il pregare, il meditare e vivere la Parola di Dio, il praticare la carità, il dare un orientamento cristiano al lavoro, all'amore, alle scelte sociali e politiche, a tutta la vita.

Testimonianza di Parola vissuta

Per le vacanze avevamo affittato una piccola casetta a buon prezzo. Marlies lavorava a casa, cucinava, io facevo la spesa. C'erano lì molte "tentazioni" per i figli. Tante belle cose da comprare, ma a noi mancavano i soldi. Erano scontenti, trovavano ingiusta la loro situazione e manifestavano il loro disappunto. Noi genitori ci sentivamo interrogati, abbiamo trovato la risposta nella Parola del Vangelo: "Cercate prima il regno di Dio...", che per noi, in quel momento, significava essere pazienti, non reagire con parole poco gentili e dare ai figli la responsabilità sul modo di spendere i soldi.
Abbiamo messo tutto sul tavolo e con loro abbiamo deciso come spendere i soldi per il tempo rimanente. Cominciavano a far bene i conti. Il cestino poi era disponibile a tutti e ognuno dimenticava le richieste superflue per far spazio all'altro. Abbiamo ritrovato la pace in famiglia e i figli hanno cominciato a dare il loro aiuto in cucina e a fare le pulizie. Cantavamo. Giocavamo. L'armonia regnava in queste vacanze speciali ed è rimasta anche dopo... per un tempo abbastanza lungo.
H.G.S., Austria
torna su

19a domenica del tempo ordinario (11 agosto 2013)
Dov'è il vostro tesoro, sarà anche il vostro cuore (Lc 12,34)

Tutti noi abbiamo partecipato insieme agli amici al gioco "caccia al tesoro". E certamente ricordiamo l'entusiasmo che ci muoveva nella ricerca. Poi l'esperienza della vita ci ha aiutato a capire che c'è tesoro e tesoro. Spesso ci accorgiamo che uno degli errori più frequenti dell'uomo è quello di non avere il cuore dov'è il tesoro vero. Gesù più volte ci dice che la vita non dipende da ciò che hai, né da ciò che non hai, ma da ciò che sei: figlio di Dio.
La differenza tra credente e non credente non sta nel fatto che questi lavora e l'altro ozia. Sta nel fatto che uno si preoccupa e l'altro si occupa, uno con angoscia e l'altro con fiducia, uno per possedere e accumulare, l'altro per ricevere in dono e donare. Chi dà, dice Gesù, arricchisce davanti a Dio della ricchezza stessa di colui che è ricco di misericordia. Il tesoro vero non è ciò che hai, ma ciò che dai. Perché, dice il libro dei Proverbi (19,17) "Chi dà al povero, fa un prestito a Dio". E allora teniamo il nostro cuore dov'è il tesoro vero. Diamo: un sorriso, un ascolto, un'attenzione, la gioia di camminare insieme, di condividere, di perdonare, un bicchiere d'acqua. Perché l' "Avete fatto a me"; e Lui è il tesoro.

Testimonianza di Parola vissuta

Riflettendo sul mercante che vende tutto perché intravede l'affare della sua vita, ho ripensato al momento in cui per me si è presentata la perla della mia esistenza: non era una ragazza, non era un posto di lavoro… era un essere misterioso e vicino. Qualcuno mi aveva chiesto: "Lo sai che Dio ti ama?". Dio mi ama?
Fino a quel momento lo avevo immaginato lontano, seduto pensoso su un trono, che si sarebbe accorto di me soltanto se avessi fatto qualcosa di eroico. Che mi amasse prima che io avessi fatto qualcosa, mi sconvolgeva. Di colpo mi trovai ricco e non dovevo far nulla, soltanto credere e accogliere l'amore di Dio in tutti i momenti della mia vita.
Ciò mi ha reso capace di stabilire rapporti più liberi, finire le azioni con entusiasmo, accettare gli incidenti di percorso. Scomparvero i modelli su cui far combaciare la mia vita, il tempo divenne amico, ogni persona che incontravo era occasione di provare come anche il mio cuore fosse capace di un amore non interessato. La sorgente della felicità si trovava in me, non c'era più da cercare sorgenti di gioia. Per questa perla valeva vendere tutto il resto.
C.M., Italia
torna su

Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2013)
Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente (Lc 1,49)

La Chiesa celebra oggi in Maria il compimento del mistero pasquale: la Madre è associata alla risurrezione del Figlio. Questo sguardo diventa sguardo di elezione per ogni creatura umana: in Maria vediamo noi stessi trasformati in collaboratori del progetto di salvezza che Dio ha dell'umanità. Da credenti possiamo iniziare già qui a costruire il nuovo mondo che attendiamo da Dio: vivere rivolti ai beni eterni, per condividere la stessa gloria di Maria.
Nel Vangelo di questa festa ascoltiamo Luca che ci racconta l'incontro di Maria ed Elisabetta, entrambe in attesa di un figlio che rappresenta per loro un inatteso dono di Dio: Gesù e Giovanni Battista. Al centro del racconto è Dio, che dà corso al suo progetto attraverso le due donne. In Maria si compiono le promesse fatte al popolo di cui lei faceva parte. La sua vita diventa motivo di lode per tutti coloro che si collocano nella lunga scia di questa storia di salvati. È bello lo sguardo di Maria su questa storia: scopre l'agire misericordioso e potente di Dio, che mantiene le sue promesse e diffonde su tutti il suo amore. Maria si vede "graziata" da Dio, dal Dio che ha fatto grandi cose "per me". Guardiamo anche noi, come Maria, alla nostra vita come "luogo" dove si riversano le misericordie del Signore. Anche per noi Dio porterà a compimento le sue promesse. E, a nostra volta, diventeremo collaboratori della misericordia divina.

Testimonianza di Parola vissuta

Una ragazza, che vivendo fino in fondo il Vangelo, a soli 19 anni, si è realizzata pienamente ed ha conquistato la felicità che dura per sempre!
"Felice, sì, piena di gioia" è questo il titolo che ora le riconosce la Chiesa chiamandola beata!
Chiara Luce Badano. Ma cos'ha fatto di speciale nella sua vita, come è arrivata a questa meta?
A 14 anni scrive: "Ho riscoperto il Vangelo sotto una nuova luce. Ho capito che non ero una cristiana autentica perché non lo vivevo fino in fondo. Ora voglio fare di questo magnifico libro l'unico scopo della mia vita. Non voglio e non posso rimanere analfabeta di un così straordinario messaggio. Come per me è facile imparare l'alfabeto, così deve esserlo anche vivere il Vangelo. (...)".
È significativo che sia proprio una ragazza dei nostri tempi, ad avere completato in un arco breve di vita (19 anni) il "santo viaggio" della vita. Colpisce il fatto che il cammino di santità sia maturato in un'esistenza "ordinaria", con gli slanci, le emozioni, i turbamenti e i tentennamenti tipici dei giovani, ma nella capacità costruita "insieme" di ricominciare sempre e di affrontare anche i momenti bui.
È questa "straordinaria" normalità, questo rapporto con Dio accessibile anche oggi, che pensiamo possa essere "messo sul moggio" per tanti giovani di oggi (e non solo), alla ricerca di ideali non vanificabili al primo ostacolo.

torna su

20a domenica del tempo ordinario (18 agosto 2013)
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra (Lc 12,49)

C'è un'urgenza nella pagina evangelica di questa domenica che il Signore vuole comunicarci: l'urgenza di annunciare a tutti che il Regno di Dio è in mezzo a noi. Gesù ha portato sulla terra il fuoco dell'amore di Dio. È un fuoco che brucia anzitutto dentro il suo cuore e che lo spinge ad andare "per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e guarendo ogni malattia ed ogni infermità". Questo fuoco in Gesù ha un nome: compassione. È un desiderio struggente che non può tenere per sé.
Purtroppo questa urgenza, che pure guidava Gesù, oggi è tante volte frenata, oscurata, persino soffocata. Quante volte ci sottraiamo all'invito del Signore per seguire le nostre urgenze, oppure ci lasciamo trasportare dai nostri interessi, dalle abitudini e dalle preoccupazioni. Tante volte il fuoco che brucia in noi è il fuoco fatuo dell'amore per noi stessi. L'amore di Gesù è un amore dolce e sconvolgente, fa dimenticare se stessi e prevalere l'interesse per l'altro, qualsiasi altro che il Signore ti mette accanto. Questo amore è dono e per tutti noi battezzati è stato riversato nei nostri cuori. Nello stesso tempo questo dono domanda la nostra fedeltà alla Parola di Dio. Certo è che se lo lasciamo ardere nel nostro cuore, il mondo cambierà.

Testimonianza di Parola vissuta

«Per servizio sono stato a controllare il ristorante aperto da una ragazza cinese. Insieme al collega dovevo verificare se tutto fosse a posto. C'era il fratello della ragazza. Noto con meraviglia che al collo porta una catenina con la croce. "Sei cristiano?", gli chiedo. "Sono cristiano evangelico", risponde.
Controlliamo il ristorante, tutto a posto. Qualche giorno dopo, mi ritrovo a passare da quelle parti.
Rivedo il giovane evangelico. Mi chiede: "Ma tu vai in chiesa?". "Certo". "Tutte le domeniche?". "Anche durante la settimana, se posso", gli rispondo. Il giovane è sbalordito: un vigile che frequenta la chiesa!».
Nasce così un'amicizia. Qualche tempo dopo il vigile gli propone se per caso gli farebbe piacere leggere un commento a una frase della Scrittura. È d'accordo. Così ogni mese gli passa il foglio della Parola. La madre lo guarda, ed è contenta: «Ti comporti così perché sei un vero cristiano», commenta.
Marco P., vigile urbano
torna su

21a domenica del tempo ordinario (25 agosto 2013)
Sforzatevi di entrare per la porta stretta (Lc 13,24)

L'accoglienza del regno di Dio impegna il cristiano in una scelta continua. Questo è il significato della "porta stretta" di cui parla il vangelo di questa domenica. L'esempio di Gesù che dona la sua vita sta davanti a noi come indicazione chiara per comprendere l'immagine della porta stretta. La strettezza è invito ad addentrarsi nei territori più impegnativi e misteriosi della fede. Sappiamo che Gesù ha dichiarato di essere lui stesso la porta. Ognuno può entrare. Per entrarvi basta riconoscersi peccatori davanti al perdono di Dio. Perché nessuno si salva per i propri meriti, ma tutti siamo dei salvati. La porta è chiamata stretta perché l'io e le sue presunzioni non vi passano.
Certo, la salvezza è dono. Costa solo la fatica di aprire il cuore (ma questo talvolta è di pietra!) e la mano (e questa talvolta è rattrappita!) per accoglierlo. Il dono non toglie l'iniziativa, che è quella dell'umiltà. Entrare per la porta stretta è convertirsi, è accettare di vivere della sua misericordia. Per questa porta stretta si passa mediante la compunzione. Come quella che trafisse il cuore degli abitanti di Gerusalemme quando udirono da Pietro che il Signore e il Messia è quel Gesù che "voi avete crocifisso" (Atti 2,36). È bello pensare che il messaggio cristiano non è di allargare la porta, ma di educare il nostro cuore. E lo educhiamo vivendo la Parola che il Signore ci rivolge.

Testimonianza di Parola vissuta

In famiglia si era aperta una discussione e si è arrivati a momenti di tensione con alcune frasi che mi hanno ferito. La Domenica, molto amareggiato, sono andato a Messa. Non sono riuscito a seguire molto di quella celebrazione, ma durante la consacrazione ho pensato "Gesù si sta offrendo anche per me, così come sono!". Mi sono sentito amato immensamente da Dio: nonostante le mie incapacità e le mie infedeltà Lui continua ad amarmi! È stato un momento molto forte che ha spazzato via ogni incertezza. Di fronte ad un Amore così grande non poteva più esserci posto alle mie povertà, al mio risentimento, dovevo rispondere con tutto il cuore. Sono ritornato a casa cambiato e ho ristabilito la pace.
P.N.
torna su

22a domenica del tempo ordinario (1° settembre 2013)
Chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,11)

Il tema dell'umiltà vera, che contraddistingue il credente davanti a Dio, riassume il messaggio della liturgia di oggi. La vera fede sta nel riconoscere che la sorgente della nostra dignità non sta nelle nostre mani. Quando l'uomo riconosce i propri limiti, Dio è a lui vicino. Nel Vangelo Gesù sollecita i suoi a non lasciarsi travolgere dalla corsa ai primi posti. Qui Gesù non ci dà una norma di buon comportamento sociale. Ma è quanto lui stesso ha vissuto: egli ha scelto l'ultimo posto, si è fatto servo di tutti e si è umiliato.
Ciascuno di noi è chiamato a vivere come Lui. Per questo l'umiltà riconosce quello che siamo: creature infinitamente amate dal Padre. L'umiltà è la verità sull'uomo ed è la verità su Dio che, essendo amore, non può essere superbo. San Paolo dice che Gesù si svuotò e divenne uno di noi: "dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte" (Fil 2,7-8). Un modo concreto per vivere questa parola è riconoscere che quello che abbiamo e che siamo è dono, è grazia di Dio, e noi siamo amministratori, chiamati cioè a diventare dono per gli altri, con le doti e le capacità a me affidate per il prossimo.

Testimonianza di Parola vissuta

Qualche anno fa dopo aver convinto la mamma a lasciare il papà, siamo andate insieme via di casa. Eravamo sicure che fosse la cosa giusta poiché era molto difficile vivere con papà e ci sembrava meglio andare ad abitare lontano da lui. Anche quando è venuto a chiederci perdono non lo abbiamo voluto ascoltare. Qualche tempo dopo, però, io ho conosciuto ragazzi che vivono il Vangelo. Il loro stile di vita mi ha colpito. Per me e per la mamma è stato sperimentare l'amore di Dio personale per noi al quale dovevamo rispondere. Per tutte e due è stato chiaro che Dio ci chiedeva un amore verso tutti e quindi anche verso il papà. All'inizio facevo fatica a pensare di doverlo perdonare, perché ero quasi certa che non sarebbe mai cambiato.
Poi però, cercando di volergli bene giorno dopo giorno, l'ho visto cambiare. Ho capito che quella era la strada giusta e che dovevo proprio perdonarlo con tutto il cuore. Dopo otto mesi siamo tornati a vivere insieme e non avrei mai pensato che la mia famiglia potesse essere così bella!
Kharyll - Filippine
torna su

23a domenica del tempo ordinario (8 settembre 2013)
Se uno viene a me e non mi ama più della propria vita… (Lc 14,26)

Il Vangelo di questa domenica contiene un insegnamento sull'essere discepoli di Gesù. Egli è in cammino verso la passione e la croce, cioè verso il dono totale di se stesso a noi. Alla luce di questo viaggio possiamo comprendere la radicalità delle esigenze prospettate. Le condizioni poste ad ogni discepolo sono formulate in un linguaggio categorico. Gesù dice ad ogni discepolo che nessun rapporto umano può anteporsi a Lui. È Gesù il punto di attrazione. Essere discepoli si fonda innanzitutto su una libera adesione, perché all'amore si risponde con l'amore.
Poi c'è una comunanza di destino tra Maestro e discepolo: egli si colloca decisamente alla testa della schiera dei discepoli, anticipando il destino di morte e di gloria. Per questo il rapporto con Gesù è così profondo ed esigente da relativizzare ogni altra realtà umana, anche la propria vita. La radicalità e serietà dell'impegno possono venire assunte solo nel libero assenso della persona interpellata, perché affascinata convinta da Gesù e dalla sua bella notizia. Viviamo questa pagina evangelica realizzando la richiesta di Gesù e soprattutto scoprendo la bellezza e la gioia dell'essere cristiani. Una bellezza che sazia il cuore e riempie la vita.

Testimonianza di Parola vissuta

Sono gli ultimi giorni di ferie, quelli che normalmente, ogni anno dedico alla cura della casa. Oggi inizio della verniciatura della recinzione. Intanto i bimbi giocano, come insensibili alla calura cocente. Dalla cucina arriva l'invito, la pasta è cotta, si va a tavola. Ma, sul più bello, ecco presentarsi al cancello uno dei tanti ragazzi africani in cerca di aiuto economico. Subito spero che, vedendomi molto indaffarato nei miei lavori, passi direttamente alla prossima casa. Paola è alla finestra e mentre aspetta la truppa a tavola, ne approfitta per lucidare i vetri... un suo sguardo mi illumina. Mi ricordo dell'omelia di papa Francesco, a Lampedusa che avevamo letto insieme. Ci eravamo commossi alle sue ripetute affermazioni sull'indifferenza globale, sulla domanda che Dio continuamente fa ad ognuno di noi: "dove è tuo fratello?". Così mi fermo, metto via gli attrezzi, gli vado incontro, ci presen-tiamo, lo invito in casa per rinfrescarsi, pranziamo insieme, ci raccontiamo le nostre storie, i nostri progetti, le nostre speranze. Sono in ferie e ho tutto il tempo, anche quello per far mia la sua necessità di poter raggiungere Francoforte dove, attraverso un suo conoscente, poter trovare un posto di lavoro. Verifichiamo su internet le possibilità dei voli e vediamo. insieme come fare. Domenico, così si chiama, è contentissimo, ci ringrazia; gli scappa sottovoce la domanda: "voi siete cristiani, vero? Si vede". A noi basta la gioia di questo incontro, di questo rapporto umano che ci fa sentire famiglia. Grazie Gesù che sei passato a trovarci.
Paolo - Mantova
torna su

24a domenica del tempo ordinario (15 settembre 2013)
Rallegratevi con me perché ho trovato la mia pecora (Lc 15,16)

L'esperienza del perdono di Dio è ciò che può cambiarci dall'interno, perché ci fa sperimentare la gratuità della sua misericordia e una inesauribile possibilità di vita. In primo piano non sta la nostra possibile conversione, ma la gioia del perdono, gioia anzitutto di Dio nell'offrirci il suo perdono. Gesù nell'accoglienza dei peccatori ci fa intravedere questa gioia. Le tre parabole che costituiscono il Vangelo di questa domenica trasmettono con chiarezza la buona notizia: Dio è padre buono, la sua casa è uno spazio sicuro. L'attenzione dei tre racconti si concentra sulla gioia di Dio per il cambiamento.
Nella parabola della pecora perduta l'attenzione è richiamata sull'attività del pastore che ricerca: egli lascia, va dietro, finché non trova. E proprio all'intensità della ricerca si collega la gioia del ritrovamento. Dio gioisce del perdono. La parabola ci racconta ciò che prova Dio, non ciò che il peccatore deve fare. La simpatia di Dio e il suo amore per il peccatore precedono la conversione. Ci si converte perché amati. Ci si converte perché perdonati. Il pastore va in cerca della pecora smarrita perché essa continua ad essere preziosa ai suoi occhi. Come è bello poter celebrare il sacramento della riconciliazione: ti fa sperimentare la gioia di Dio che diventa la tua forza.

Testimonianza di Parola vissuta

Mentre passavo con il mio carico di "lecca-lecca" ho notato un assembramento di gente intorno a un ragazzo: aveva rubato e rivenduto un pacchetto di sigarette per mangiare qualcosa.
Quando succedono fatti del genere da noi non si chiama la polizia, ma ti picchiano bene bene sul posto.
Come trarre dagli impicci quel ragazzo che non era poi così furfante come volevano farlo apparire? Dal ricavato del giorno ho preso dei soldi e ho pagato per lui. Così è tornata la calma e io ho potuto ammonire il ragazzo. Dopo qualche giorno ripasso da quelle parti: una persona mi riconosce, mi ferma e, ricordando l'episodio delle sigarette, ringrazia per l'esempio che ho dato.
K.Y. - Camerun
torna su

25a domenica del tempo ordinario (22 settembre 2013)
Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13)

La parabola dell'amministratore disonesto raccontata dal Vangelo ci dice che la vera sapienza sta nel liberarsi dalle schiavitù della terra, in particolare dalla schiavitù del denaro. I beni terreni, di cui il denaro è simbolo per eccellenza, vanno messi al servizio della comunione fraterna. Talvolta capita che invece di affidarsi a Dio, si può scegliere di affidarsi al denaro, che offre illusione di sicurezza e salvezza, tanto desiderate dall'uomo. In tal caso esso diventa una realtà paragonabile a un padrone, a cui l'uomo si sottomette. L'alternativa posta tra i due padroni, Dio e la ricchezza, è per Luca solo teorica dato che il lettore cristiano è chiamato a scegliere Dio.
Non potete servire Dio e la ricchezza, vale come ammonimento circa l'incompatibilità tra le due realtà e richiama l'importanza che i piccoli gesti quotidiani dell'essere fedeli nel poco, siano guidati da tale consapevolezza. La fede in Dio si vive nella fedeltà in ciò che egli ci ha affidato. Tutto ciò che esiste è dono suo ed è un mezzo per entrare in comunione con il Padre e con i fratelli. Sì, la vita per essere conservata e sviluppata ha bisogno di essere alimentata con i mezzi necessari. L'importante è che siano mezzi necessari e non superflui, risposta di amore per il prossimo. Ci servano per vivere secondo il fine che è di amare il Padre amando i fratelli.

Testimonianza di Parola vissuta

Attratto dalle vetrine di un negozio e con qualche intenzione di rinnovare il mio guardaroba (debbo essere vestito bene, sia per lavoro sia perché mi piace), stavo accingendomi ad entrare per acquistare due paia di scarpe di marca, una da portare "sui marroni" l'altra "sui grigi".
All'improvviso mi è venuta in mente una richiesta di aiuto letta sull'ultimo numero di una rivista cattolica che leggo sempre: una persona esponeva le condizioni di indigenza in cui viveva con la famiglia a carico, chiedendo soccorso. La sua sofferenza per un istante era diventata la mia sofferenza. Ne avevo parlato con mia moglie e, vagamente avevamo tra noi ipotizzato di dare un aiuto. Io sono benestante e così la mia comoda vita è proseguita, piena di certezze, sino al giorno della vetrina.
Mentre stavo per entrare, un senso di vergogna mi ha assalito. Mi son detto: qui ora sei pronto a spendere solo per la tua vanità una somma che invece potrebbe essere di aiuto a quella famiglia...
Invece di entrare nel negozio ho chiamato mia moglie al telefono. Abbiamo deciso di fare subito un bonifico pari al costo delle due paia di scarpe in vetrina, in favore di quella persona, tramite la rivista Città Nuova. Le scarpe non le ho più acquistate.
C.D., Italia
torna su

26a domenica del tempo ordinario (29 settembre 2013)
Hanno Mosè e i profeti: ascoltino loro (Lc 16,29)

Anche in questa domenica ci viene proposto il tema dell'uso della ricchezza. Essa non viene demonizzata, ma presentata come rischio serio di allontanare dal Regno. Il confronto tra il ricco anonimo, che veste di porpora e bisso e banchetta lautamente, con il povero Lazzaro, che chiede di sfamarsi con le briciole che cadono dalla mensa, costituisce nel Vangelo un contrasto di forte intensità. Non per la sua ricchezza, però, viene giudicato il ricco, ma per la sua indifferenza. Egli non si accorge della fame del povero.
Scrive p. Silvano Fausti: l'esistenza terrena è un ponte gettato sull'abisso tra l'inferno e il seno di Abramo. È lungo l'arco di una vita, poi crolla. Lo si attraversa esercitando quella misericordia che allora sarà invocata da chi l'ha derisa. Per prendere decisioni corrette è utile porsi dal punto di vista della fine, e fare ora ciò che si vorrebbe aver fatto. Bisogna convertirsi ora alla Legge e ai Profeti, che dicono "che fare". Ricordando che da sempre l'amore al Signore passa attraverso l'amore al fratello. La Legge infatti si sintetizza nel comandamento dell'amore (Rm 13,10) e i Profeti invitano a convertirci ad essa. Sappiamo che la fede non si fonda sui miracoli, ma sulla Parola, ascoltata e vissuta, contenuta nelle Scritture rilette alla luce della vita di Gesù, tutta comunione e amore.

Testimonianza di Parola vissuta

Con Pino, un amico, sto rientrando a casa dopo una pizza. Davanti alla nostra auto, un'altra procede a zig zag. Inutile lampeggiare, suonare il clacson. Solo affiancandoci, riusciamo a mettere fine alla pericolosa corsa. Per noi i due ragazzi a bordo, in preda a droga o alcol, non possono essere degli estranei: sono prossimi da amare.
Sono diretti in un paese vicino, ma irritati dalle nostre premure, rifiutano di esservi accompagnati e ripartono. Eppure non possiamo abbandonarli così. Li seguiamo fino in paese, dove urtano contro una panchina. Tentiamo un approccio diverso: fingiamo di essere dei vecchi conoscenti. Un po' rassicurati, ci chiedono aiuto per trovare ancora della "roba", indicando anche chi può fornircela. Riusciamo a distoglierli a fatica e ci preoccupiamo di farli lavare ad una fontana: sono infatti sporchi di sangue. In un momento di lucidità uno dei due dice: "Non è vero che tu mi conosci! Chi sei per trattarmi così? È la prima volta che uno si interessa a me quando sono in questo stato".
Salvo C.- Catania
torna su



27a domenica del tempo ordinario (6 ottobre 2013)
Accresci in noi la fede! (Lc 17,6)

La richiesta degli Apostoli risuona anche oggi in tutta la sua attualità. Viviamo infatti in un contesto in cui dare concretezza alla fede che professiamo comporta un vero e proprio camminare controcorrente. Perché la fede non è tanto un credere a delle dottrine o ad alcune verità, quanto un riferirsi deciso e decisivo alla persona e alla vita di Gesù. La fede è un concreto fare spazio a Cristo nella propria esistenza, un far regnare lo spirito di Cristo nelle relazioni e situazioni quotidiane.
La fede è sempre, in radice, credere all'amore di Dio per noi, per me, per te, per ciascuno. L'amore di Dio narrato da Gesù, reso visibile dalla sua vita in mezzo a noi. Per questo la fede nasce dall'ascolto di quello che Gesù ci ha detto e si manifesta nel parlare. San Paolo dice: "Anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù" (2Cor 4, 13-14).
Per ogni credente la richiesta degli Apostoli "Accresci in noi la fede", risulta quanto mai attuale: aumentare la fede non nel senso della quantità, ma nel senso della profondità e convinzione. La fede è realtà che unifica tutta la nostra vita attorno a Gesù.

Testimonianza di Parola vissuta

Ho sempre pensato che sia una grande ricchezza che le persone vivano insieme e che la diversità umana sia portatrice di grande umanità per il mondo. Era il sentimento fortissimo che portavo nel cuore ma che non riuscivo a vivere concretamente nella mia città a Parigi.
Grazie a Dio ho incontrato una comunità cristiana che mi ha proposto di vivere il Vangelo. Mi proponeva di vivere quel sogno straordinario che confusamente era nel mio cuore e di viverlo in una vita ordinaria. Senza bisogno di andare all'altro capo del mondo. I poveri erano lì alla mia porta, alle porte di Parigi.
Che scoperta! Anziani soli a casa che aspettavano una visita, persone senza casa al centro di Parigi accanto alla cattedrale di Notre-Dame che hanno bisogno soltanto di amore, di riconoscenza, che si concretizza nell'incontro sulla strada in cui vivono. Bambini e giovani della periferia, sperduti ai piedi delle torri, che hanno ritrovato la speranza grazie a scuole della pace nelle quali imparano a vivere insieme la pace e la solidarietà.
Ho imparato a vivere concretamente l'amore per gli altri, in particolare per i più poveri, come se fossero la mia famiglia, attraverso la preghiera comune, la frequentazione quotidiana della Parola di Dio e l'amicizia autentica e vera.
Che gioia poter vivere questa realtà, scoprire che è possibile vivere insieme umanamente e spiritualmente nella grande Parigi secolarizzata. La preghiera, i poveri, la pace: ecco ciò che cambia il mondo. Si, il mondo può cambiare! Si può vivere la straordinarietà del Vangelo nell'ordinarietà della Vita.

Valerie Regnier, responsabile per la Francia
della Comunità di Sant'Egidio

torna su



28a domenica del tempo ordinario (13 ottobre 2013)
Gesù, Maestro, abbi pietà di noi (Lc 17,13)

In una delle tappe del cammino di Gesù verso Gerusalemme, il Vangelo ci mette davanti un miracolo di guarigione da parte di Gesù: egli guarisce dieci persone malate di lebbra.
I lebbrosi sulle prime se ne stanno fermi a distanza: un'immobilità e una lontananza che sono immagini di una vita. In seguito all'ordine di Gesù "Andate a presentarvi ai sacerdoti", si mettono in movimento e proprio mentre camminano, sono risanati.
Uno dei dieci torna da Gesù e riceve un altro ordine: "Alzati e va".
Il movimento del risanato diventa il movimento del credente. Il lebbroso che ritorna, va da Gesù perché capisce e riconosce in Lui il Salvatore: si fida e si affida, consegna la propria vita ad una persona, che sola è fonte di salvezza. Tutto questo nasce da un atteggiamento: "Gesù, Maestro, abbi pietà di noi". La sua Presenza dà pienezza alla nostra umanità e ci apre alla gratitudine, che diventa atto di fede e azione di lode a Colui che sta all'origine.

Testimonianza di Parola vissuta

Quando avevo un anno, mio padre se ne andò di casa lasciando mia madre incinta del sesto figlio e con gli altri figli piccoli. La nostra situazione diventò critica: non avevamo niente da mangiare e siamo rimasti soltanto con l'essenziale. Non avendo i soldi per la bolletta ci tagliarono la luce e poi il gas. Per anni abbiamo vissuto usando delle lampade a olio e cucinando con il fuoco a legna.
Intanto mio padre si mise con una altra donna ed ebbe altri figli, ma mia madre ci insegnò sempre a riconoscerlo come padre. Quando lo vedevamo, lei ci diceva: Quello è vostro padre, andate da lui a chiedere la benedizione.
Fino ai diciotto anni ho fatto il venditore ambulante. Spesso mi nascondevo quando vedevo un amico perché mi vergognavo. Ho fatto anche il contadino e il muratore. Poi mi hanno convocato per lavorare come volontario nel Ministero della Giustizia, dove edificati dal mio impegno, mi hanno dato un buon posto di lavoro.
Un giorno un amico mi ha invitato ad un incontro di un Movimento di cui faceva parte. Sono andato e lì ho scoperto che Gesù, che aveva sofferto e vissuto l'abbandono in Croce. Poteva dare significato al mio soffrire personale e a quello della mia famiglia. Ho creduto che tutto poteva avere un senso e che il mio dolore mi faceva più sensibile al soffrire degli altri: questa scoperta mi avvicinò a Dio.
Poi sono riuscito a laurearmi in Lettere. Avevo tutto: studi, un posto sicuro e fisso, ma - crescendo nel rapporto con Dio - ho sentito molto forte la sua chiamata a donarmi a Lui, a lasciare tutto per seguirlo.
Posso testimoniare che l'esperienza più forte della mia vita, che oggi è una certezza, è l'esperienza che il dolore mi ha condotto e i conduce a un incontro personale con Dio e ad un amore nuove verso il prossimo.

Lizomar Do Santos, Movimento dei Focolari - Brasile

torna su



29a domenica del tempo ordinario (20 ottobre 2013)
L'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona (2Tm 3,17)

La seconda lettura proposta dalla liturgia di questa domenica sottolinea l'importanza della Sacra Scrittura nella vita della Chiesa e del singolo credente. Il cristiano maturo e completo nasce solo attraverso una fedele e continua adesione alla Parola di Dio. Perché è attraverso la Scrittura che Dio comunica il suo progetto di salvezza in Gesù. In ciascuno di noi troviamo l'aspirazione di giungere alla propria completezza. Nella Scrittura, ci dice san Paolo, si trova tutto ciò che è utile, così che "l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona".
È un invito a prendere in seria considerazione la Parola di Dio, a far sì che essa diventi sempre più nutrimento della nostra fede e roccia sulla quale costruiamo l'edificio della nostra esistenza quotidiana. Diventi cioè Parola di vita. Parola che dà consistenza e qualità al nostro agire. Parola che desta in noi gli atteggiamenti autentici che caratterizzano chi cerca Dio con cuore sincero. È Parola che nutre la preghiera quotidiana liberandola da qualsiasi arroganza e prepotenza e insegnando la mitezza. È Parola che educa alle scelte e ai comportamenti della vita di ogni giorno, facendo di tutta l'esistenza un culto reso a Dio. Attraverso la Parola, la preghiera, risposta ad una comunicazione di amore, sfocia nell'impegno.

Testimonianza di Parola vissuta

Da un po' di tempo nel nostro quartiere stiamo una situazione molto critica a causa di molti rumeni senzatetto che si sono dapprima stabiliti nell'ex centrale dell'Enel e in altri fabbricati abbandonati, e poi dopo lo sgombero forzato da parte delle forze dell'ordine per motivi di sicurezza e degrado, anche sotto i portici della chiesa e in altri posti trasformando i luoghi intorno in latrine a cielo aperto. Contemporaneamente sono aumentati i furti di biciclette e quant'altro. Ogni volta che esco di casa mi prende l'ansia per la paura di subire furti. In questa situazione "amare tutti" mi ha messo proprio in crisi!
Mi sono confrontata su questo con chi mi guida spiritualmente: ma perché continuare a dare aiuto a queste persone che il più delle volte sono delinquenti, che se ne approfittano e che rifiutano gli aiuti "ufficiali" tipo Caritas. E lei diceva sì è vero, il più delle volte sembra fatto tutto per niente…, ma ogni tanto grazie a questi aiuti qualcuno ce la fa a ricostruirsi una vita dignitosa e nella legalità, uno su mille magari, ma ci riesce. E per quell'uno vale la pena continuare.
La mattina dopo, meditando su questo, ho pregato l'Arcangelo Michele di aiutarmi a combattere quel "male" che sentivo in me. Poco dopo per strada ho visto in lontananza il solito rumeno senzatetto che incrocio tutte le mattine davanti al supermercato, ma mi sono accorta che quel giorno camminava scalzo, a piedi nudi! Lì per lì, anche se ho provato subito tanta pena per lui, ho cercato di allontanare da me l'immagine sua e ho proseguito per la mia strada, ma, appena fatto questo pensiero, improvvisamente mi sono ricordata che in canonica, dimenticate da un anno, c'erano un paio di scarpe da ginnastica che nessuno era venuto più a reclamare: era inutile tenerle là ancora quando c'era chi era senza! Allora mi sono avvicinata e con delicatezza gli ho chiesto come mai era senza scarpe: mi ha risposto che non ce le aveva più.
Sono quindi passata a prenderle e gliele ho consegnate: erano proprio il suo numero.
Nel momento presente, nel momento del bisogno, l'ho amato.

Marzia, Vicenza

torna su



30a domenica del tempo ordinario (27 ottobre 2013)
Tornò a casa sua giustificato (Lc 18,14)

Tutti gli uomini cercano Dio. E la ricerca sincera di Dio è la premessa per poterlo incontrare. La ricerca umile di Dio è condizione per sperimentare la sua salvezza e la gioia che questa produce in noi.
La parabola del fariseo e del pubblicano, messi a confronto proprio nel loro modo di pregare, mostra la direzione corretta dell'agire cristiano. I due appartengono a mondi diversi. Sul piano sociale il fariseo raccoglie consensi ed è apprezzato per la sua condotta ineccepibile; il pubblicano invece è percepito come un amico dei Romani invasori, per questo è odiato. Dal primo si leva una preghiera; dal secondo parole disperate.
In questa situazione Gesù rivela ai suoi ascoltatori il vero rapporto con Dio. Dio ci ama non perché siamo meritevoli, ma perché è Padre buono. Considerarsi piccoli, farsi ultimi, riconoscersi umilmente peccatori: tutto ciò permette di farsi trovare da Dio, di risultare a Lui graditi, di essere da Lui giustificati. Dio ama tutti gli uomini in maniera gratuita. Per questo i suoi doni, gratuitamente ricevuti, devono farsi servizio, non ragione di vanto.

Testimonianza di Parola vissuta

Durante gli anni dell'università ho commesso dei reati. Per questo sono stato processato e condannato. Ora sto scontando la mia pena. Sono venuti a visitarci in carcere alcuni cristiani. Mi ha colpito il loro modo di parlare del Vangelo. Oltretutto affermavano che il Vangelo si può "mettere in pratica". Hanno usato questa espressione. "Mettere in pratica"? Non avevo mai pensato che il Vangelo potesse stare anche fuori dalle chiese. Uno di loro ha citato una frase: "Ama il prossimo tuo come te stesso". "Come me stesso", mi ripetevo quasi fosse un mantra. Mi martellava il pensiero che anch'io – proprio io – potessi mettermi ad amare. Amare? Io non so come si faccia. Non sono abituato a dimostrare affetto, neppure ai miei genitori, alla mia famiglia, agli amici. E poi "chi" amare?
Ho alzato lo sguardo, davanti a me c'era un mio compagno di cella. Dopo poco è arrivato il pasto. Lui aveva più fame di me. Fossi stato nei suoi panni, mi avrebbe fatto piacere mangiare di più. Ho diviso con lui la mia razione. Allora ho capito: il mio stomaco era più vuoto, ma il mio cuore era molto più pieno di prima! Forse questo significa amare?

N.N., Nigeria

torna su



Tutti i Santi (1° novembre 2013)
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5,8)

Nella solennità di Tutti i Santi la Liturgia ci propone il Vangelo delle Beatitudini. Sono il ritratto di Gesù e del discepolo. Esse sono la proclamazione del modo di essere uomini e donne evangelici, costruttori di una nuova civiltà.
Oggi soffermiamo la nostra attenzione su "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio". Il cuore è l'intimo dell'uomo, il centro della persona, appare come la sede dei pensieri e della comprensione, delle aspirazioni e delle attività.
La purezza del cuore è adesione sincera, limpida, amorosa, fedele a tutta la volontà di Dio su di noi. A questa purezza di cuore viene fatta la promessa di vedere Dio, di servirlo, di lodarlo, di contemplarlo. I Santi, uomini e donne dal cuore puro, hanno visto Dio, l'hanno servito, gli sono stati accanto fin da questa terra. Perché il cuore puro rende capaci gli occhi al contemplare la presenza di Dio in ogni situazione. La beata Madre Teresa di Calcutta diceva: "Quando ci occupiamo del malato e del bisognoso, noi tocchiamo il Corpo sofferente di Cristo".

Testimonianza di Parola vissuta

Ero a Praga per studi. Una sera stavo preparando un esame per il mattino seguente. Venne a trovarmi nel collegio, alla periferia della città, Daniel, un amico che stava passando un momento difficile. Gli ho detto qual era la mia situazione, ma le sue preoccupazioni non gli permettevano di pensare che non fosse lui solo il centro del mondo. L'ho ascoltato a lungo, per ore ed ore dimenticandomi dell'esame, ma tutto quello che dicevo sembrava inutile. Il suo problema gli aveva chiuso orecchie e cuore.
Ormai non c'erano bus per rientrare in città e, approfittando del fatto che l'altro letto della camera era libero, Daniel è rimasto a dormire nella mia stanza.
L'indomani mattina veniamo svegliati dalla portiera che mi dice che mi stavano cercando dall'università per l'esame a cui non mi ero presentato.
Fu lì che Daniel si svegliò realmente e si rese conto del guaio. Piangendo mi chiedeva perdono.
All'università fui interrogato per ultimo e l'esame, nonostante la mia stanchezza, è andato discretamente. Avrei potuto far meglio? Non mi importava. Speravo solo di aver fatto qualcosa per Daniel.
All'uscita dell'ateneo c'era Daniel con un dono per me. E lo vidi sorridere come non speravo più.

T.M.

torna su



31a domenica del tempo ordinario (3 novembre 2013)
Oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5)

Con la figura di Zaccheo, il Vangelo ci invita a cercare l'incontro con Gesù, accogliendolo nella propria casa. Se il desiderio di Zaccheo di vedere Gesù mette in moto l'azione, è lo sguardo del Salvatore a imprimere una svolta a tutto il racconto. I frenetici verbi di movimento entrare, attraversare, passare, correre, salire, scendere, lasciano il posto al fermarsi, di Gesù nella casa di Zaccheo.
E mentre i presenti ritengono che il Maestro dovrebbe tener conto anzitutto ed esclusivamente dell'essere peccatore di Zaccheo, Gesù rivendica la preferenza divina per il suo essere uomo. È Zaccheo che, per il fatto di sentirsi amato così com'è e non giudicato, sente il bisogno di un cambiamento radicale. E questo avviene nella direzione del dono e della condivisione.
Possiamo anche per noi avvicinare le persone con cuore aperto e accogliente, senza nessuna pretesa, solo con uno sguardo di benevolenza perché una persona non è solo quello che è, ma anche quello che può diventare: la gloria di Dio, come recita il salmo responsoriale.

Testimonianza di Parola vissuta

È notte fonda. Improvvisamente qualcuno spalanca con forza la porta di casa: "Tutti a terra!". Gridano. Sono banditi. Afferrano Marie-Francis, la mia sorellina piccola, la chiudono dentro l'armadio. Frugano dappertutto, prendono giacche, la radio, lo zaino di papà… Non trovano soldi perché siamo poveri. Allora tirano fuori dall'armadio Marie-Francis e uno di loro, con un grande coltello in mano, minaccia: "O ci date i soldi, oppure…". Mi alzo. Il coraggio mi viene da Gesù. Proprio quel giorno ci eravamo proposti di vederlo e amarlo in tutti. Guardo quell'uomo fisso negli occhi e gli dico: "Questo tu non lo puoi fare! Io lo so, in te c'è Gesù! Io vedo in te Gesù!". Il bandito mi guarda a bocca aperta, poi mette a terra la mia sorellina. Fa un cenno al suo compagno ed escono senza portare via niente. Lasciano pure i pochi spiccioli che avevano preso dal borsellino della mamma.

John, Camerum

torna su



32a domenica del tempo ordinario (10 novembre 2013)
Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38)

A Gerusalemme, in azione contro Gesù si muovono anche i sadducei. Polemici nei confronti dei farisei soprattutto sull'argomento della risurrezione dei corpi che essi negano, tentano di coinvolgere Gesù in una discussione teologica. Ma Gesù li rimanda all'essenziale della rivelazione: l'alleanza di Dio con gli uomini.
Gesù si pronuncia su due cose: sul fatto e sul modo della risurrezione: l'uomo prima di tutto si definisce attraverso la sua relazione filiale con Dio. E Dio è capace di ridare la vita a coloro che credono in Lui perché Egli è la fonte di ogni vita.
Proviamo a vivere questa parola in molteplici direzioni.
Siamo fatti per Dio, quindi per l'Infinito: allora possiamo vivere per Lui. Partecipiamo alla vita di Dio e Dio diventa il termine delle attese, delle speranze e dei desideri umani. Ma è anche importante che le mie scelte quotidiane nascano dall'infinito Amore: appartengo a Dio e Dio mi appartiene.

Testimonianza di Parola vissuta

Stavo tornando a casa da scuola quando vidi per strada una ragazza che piangeva disperata. "Che le sarà successo?", pensai. Senza esitare mi avvicinai a lei. Le chiesi come stava, se potevo in qualche modo aiutarla… Lei alzò lo sguardo e tra i singhiozzi cominciò a raccontarmi la sua storia. Quando era bambina aveva perso la mamma. Questo dolore era ancora così forte che pensava che la sua vita non avesse più alcun senso. Allora ho dimenticato i miei programmi per pensare solo a lei, per amarla e starle vicino. La conversazione è andata avanti e le ho raccontato di me. Anch'io, all'età di tre anni, avevo perso la mamma.
Col tempo avevo capito che la mia vita non si poteva fermare a questo dolore, perché avevo scoperto di avere un Padre, Dio, che mi ama immensamente. Questo amore ha riempito tutti i vuoti della mia vita. Le ho raccontato come cercavo di rispondere all'amore di Dio, amando a mia volta gli altri. La mia nuova amica era così felice che mentre mi salutava, ringraziandomi, sembrava un'altra persona.
Per me questo incontro imprevisto è stato molto importante. Ho visto che l'esperienza con Gesù, il nostro migliore amico, non solo mi aveva reso felice, ma mi dava la capacità di portare questa felicità agli altri.

Beatriz Estrela, Angola

torna su



33a domenica del tempo ordinario (17 novembre 2013)
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 19,21)

La venuta del Signore è presentata dal Vangelo come compimento e liberazione. Tuttavia, questo futuro di speranza ha per il cristiano senso se contribuisce a vivificare il presente. Gesù preannuncia le persecuzioni future e invita ad aver fiducia e a perseverare. La fiducia e la perseveranza del discepolo nascono dallo stare nel Signore, dal fondare la propria vita e il proprio credo in chi è realmente roccia salda.
L'uomo credente sa che le scelte fonda-mentali della vita si concretizzano nella quotidianità, anche quando questa si presenta come un monotono e noioso susseguirsi di azioni. Essere perseveranti significa: non stancarsi di operare secondo le convinzioni profonde e le scelte fondamentali fatte; non cessare di fare il bene; continuare ad amare nonostante le sofferenze che l'amore stesso genera; sopportare pazientemente i limiti e i difetti personali e altrui, riconciliandosi con le tante zone grigie presenti in noi e negli altri; vivere i giorni in modo tenace; impegnarsi spiritualmente in modo continuo superando così la prova del tempo.

Testimonianza di Parola vissuta

L'anno scorso una ragazza della mia scuola mi ha raccontato di aver avuto un rapporto sessuale con un ragazzo conosciuto su facebook, mai incontrato prima di allora.
In precedenza avevo cercato di dissuaderla dal farlo, dicendole che non era la cosa giusta e che stava perdendo qualcosa di molto importante. Più di questo non potevo fare, ma lei non aveva cambiato idea, non capendo ancora le conseguenze della sua scelta. A me era dispiaciuto molto. Quest'anno, essendo sempre nella stessa scuola, ho cercato di non perdere la sua amicizia, anche se non condivido certe sue idee. Un giorno - davvero non me lo sarei aspettato - si è avvicinata per dirmi: "Sai, ho capito che l'anno scorso ho fatto una cavolata. Mi sono pentita, adesso ho un'altra considerazione del mio corpo".
In quel momento mi sono reso conto che non avevo sbagliato nel proporle una visione diversa, né era stato inutile. Quest'esperienza mi ha fatto capire che non bisogna perdere la speranza, anche quando siamo i soli a presentare determinate verità.

Riccardo, Italia

torna su



Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (24 novembre 2013)
Oggi con me sarai nel paradiso (Lc 23,43)

Il Vangelo di questa domenica ci confronta con la scena del Calvario: la promessa di Gesù ad uno dei malfattori appeso alla croce accanto a Lui: "Oggi sarai con me nel paradiso" esprime con il linguaggio semplice delle immagini il contenuto della regalità di Cristo.
L'evangelista Luca non si preoccupa di fornire particolari e di indicarne l'ubicazione, ma mette in parallelo l'essere-in-paradiso e l'essere-con-Gesù. La felicità eterna consiste nell'essere con Gesù; il paradiso è Gesù stesso.
Certamente nel nostro cuore è sempre presente il desiderio della felicità. Tra le tante strade che vi conducono, scegliamo sempre quella che pensiamo sia la più adatta, la più facile, la più diritta. È consolante pensare a Gesù morto in croce per riconciliarci con Dio; è consolante pensare all'immagine di Dio che Gesù in quel momento ci ha mostrato: un volto e un cuore di Padre. Così possiamo essere anche noi cristiani: uomini e donne di riconciliazione; persone che mostrano un Dio Amore.

Testimonianza di Parola vissuta

Ho vissuto trenta anni all'insegna della droga, sesso usa e getta e devianza. Sono nata senza essere desiderata vivendo in un ambiente segnato da vicende difficili che scatenavano liti e incomprensioni. Ciò che ha rotto definitivamente i miei delicati sogni di ragazza è stata una violenza subita a 12 anni. È iniziata così la mia inarrestabile discesa negli inferi cominciando a drogarmi per non sentire il dolore. Nessuno si era accorto di niente.
Apparentemente tutto andava bene, ma pian piano mi spegnevo perdendo la voglia di vivere. Ho costruito una fortezza inespugnabile intorno al mio cuore. Crescevano in me dolore e rabbia, tanto bisogno di amore trasformato in superbia e presunzione. La mia unica compagna era l'eroina. Poi la cocaina in un escalation di soldi e potere nel campo immobiliare. Ero pronta a tutto per i soldi e la considerazione. Ma a quale prezzo? Al prezzo di usare le persone per poi gettarle quando non mi servivano più. Non conoscevo limiti, ma il vuoto interiore mi stava corrodendo. Mi sentivo sempre più terribilmente sola. Per ben cinque volte tentai di farla finita, ma non ci riuscii. Perché? Mi chiedevo. Perché non avevo ancora scoperto che Qualcuno mi aveva pensato fin dall'eternità e mi aveva amato al punto di dare se stesso per me.
Conobbi una realtà impegnata nell'evangelizzazione di strada. Mi decisi di entrare in comunità dove ho trovato una vera famiglia che mi ha accompagnato passo dopo passo in un cammino riabilitativo basato sul Vangelo. Da quel momento la mia vita è cambiata: ho conosciuto l'infinito amore di Dio attraverso i fratelli che hanno accolto con me il mio grido di dolore e solitudine.
Pian piano tutto sui è trasformato in Resurrezione, in esperienza di gioia e perdono, in capacità di ridonare gratuitamente la mia esistenza a chi è ancora imprigionato nella morte dell'anima testimoniando che l'Amore può fare miracoli perché Dio è Amore! Gesù si è inabissato nei miei inferi e li ha trasfigurati con il Suo immenso Amore. Voglio spendere ogni attimo della mia vita per essere strumento della gioia della Resurrezione!

Angela Croce, Comunità Nuovi Orizzonti
Testimonianza - Pentecoste 2013, Piazza San Pietro




----------
torna su
torna all'indice
home