Il diaconato in Italia n° 175
(luglio/agosto 2012)
APPROFONDIMENTO
La diaconia martiriale di san Lorenzo
di Giovanni Chifari
Santi in Cristo e nella Chiesa
Nella testimonianza dei santi dobbiamo saper scorgere il primato di Dio, il suo amore per la Chiesa e per l'umanità, e l'umile diaconia dei discepoli che si sono resi disponibili all'agire di Dio, divenendo suoi collaboratori e strumenti di salvezza. Resi figli nel Figlio, per opera dello Spirito Santo, hanno cercato di esprimere l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Cristo presente in loro (cf. Ef 3,18), diventando anche modelli non di se stessi ma del loro essere radicati in Cristo (cf. Gal 2,20). Verità manifestata in diverso modo nei secoli dell'esperienza cristiana, secondo la multiforme varietà e fantasia che lo Spirito Santo ha inteso suggerire alla Chiesa, suscitando sentinelle profetiche, autentici discepoli e fedeli testimoni dell'unico Mediatore tra Dio e gli uomini, «l'uomo Cristo Gesù» (1Tim 2,5). Santi dunque perché in Cristo e nella Chiesa. Non tali per un fare o secondo le logiche di un carrierismo mondano, ma santi per comunione, nella verità di una relazione autentica con il Dio che è il Signore della vita e della storia, che ha pensieri diversi dai nostri (cf. Is 55,8), e attraversa l'esistenza degli uomini e le vicende dei popoli in modo inevidente (cf. Sap 6,22; Sir 42,19).
Se al grido dell'annuncio dell'eclissi e del nascondimento di Dio è corrisposta la rinuncia a ricercarlo pazientemente nelle mediazioni che Egli stesso si è scelto e che la Chiesa ci dona, in primis, Scrittura e Sacramenti, si è forse ritenuto di poterlo più facilmente rintracciare nella testimonianza e nel modello offerto dai santi. Ma se si guarda ad essi riducendoli a stereotipi mondani, raccontati sul modello dell'eroismo, e se si insiste nel celebrarli con linguaggio che ne decanta grandezza e maestosità, imponenza e magnificenza, come si potrà scorgere in essi il passaggio inevidente di Dio? Come si potrà comprendere ciò che lo Spirito attraverso la loro umile e fedele diaconia ha voluto dire alle Chiese e al mondo?
E questo vale anche per i santi diaconi. Guardando ad essi si potranno individuare dei modelli di santità, mettendosi in sintonia con lo Spirito, che li ha suscitati, facendo memoria del passaggio di Dio nella loro vita e nella loro storia e cercando di scorgere la profezia che essi, con il loro servizio, hanno donato e intendono offrire anche oggi. Ciò significa che l'esperienza storica diviene luogo d'incontro con Dio e la vicenda biografica, una categoria dove convivono storia e grazia, cadute e riprese, fallimenti e risalite, fatti concreti nei quali imparare a discernere la volontà di Dio e nei quali comprendere come seguire e servire anche oggi. Per questa ragione sarà decisivo il percorso di conversione di chi guarda ad essi, fedele o teologo, altrimenti, in particolar modo per quest'ultimo, verrà meno il suo ruolo di mediazione, la sua diaconia teologica. Si potrà così imparare a distinguere e discernere nella vita i tempi di Dio (cf. Dt 8,2), secondo una sapienza teologica e spirituale, metodo che non s'improvvisa, e che richiede l'umiltà di mettersi alla scuola di quanti l'hanno già praticato con frutto, favorendo attraverso la loro mediazione l'incontro con Cristo.
L'esperienza quotidiana e feriale del limite della propria condizione umana, la consapevolezza sempre nuova della miseria del proprio peccato, e nello stesso tempo la scoperta di essere oggetto di amore e di perdono, sono i punti di partenza dai quali i santi hanno potuto gustare il primato di Dio e della sua grazia, abbondantemente riversata in essi con ogni sapienza e intelligenza (cf. Ef 1,8), evidenza che determina sempre conversione. Cambia la loro relazione con Dio e quindi il loro modo di operare e di pensare. Le loro opere, infatti, capaci di scuotere e sorprendere, provocare e inquietare, saranno il frutto di questa fede nel Signore, per una fare che quasi più non appartiene, poiché è totalmente immerso nell'unico e indivisibile fare di Dio e nel suo progetto salvifico. Per questo l'Apostolo può affermare «siamo opera sua» (Ef 2,10). La loro stessa vita diviene allora diaconia, un servizio umile e discreto, una mediazione autentica ed efficace, un prolungamento dell'agire salvifico di Dio nella storia.
La diaconia di san Lorenzo
Può una figura o un modello illustrare più in profondità il senso teologico del ministero ordinato, in questo caso del diaconato? Proveremo a rispondere presentando la testimonianza del diacono Lorenzo, la cui vita ed opere lasciano trasparire l'azione stessa di Cristo nel suo discepolo e la novità di vita per la quale egli ha offerto la sua esistenza al progetto della divina provvidenza. Fonti: testi patristici e riferimenti liturgici, dalle lettere del vescovo Cipriano, seguite dal Martirologio Geronimiano, dalla Depositio Martyris (d.C. 354) e l'opera di Sant'Ambrogio De Officiis (cf. PL XVL 89-92), fino ad arrivare ai testi del Missale Romanum. Più leggendaria la versione della Passio Polychromi (IV s).
Origini: Lorenzo sarebbe nato nel 210 d.C. ad Osca (attuale Huesca), centro della comunità autonoma di Aragona in Spagna, a 72 km da Saragozza. La cittadina conobbe un certo sviluppo urbano sotto la dominazione romana (II a.c. - V). Anche oggi venera come suo patrono san Lorenzo e conserva una chiesa a lui intitolata.
Studio: il ragazzo, secondo le fonti, si distingueva per un'ottima propensione allo studio. Un dato da non trascurare perché il desiderio di conoscere, di studiare e di approfondire è una di quelle condizioni antropologiche di base delinea il sorgere di un amore che dovrà nel tempo chiarire il suo oggetto interesse vero. Il giovane Lorenzo dovette così sperimentare il fascino della lettera e della parola. Si apprende, infatti, che l'oggetto del suo interesse di ricerca fu dapprima umanistico e poi teologico. Per questo motivo sentì l'esigenza di perfezionare i suoi studi a Saragozza, chiamata al tempo Caesar Augusta, cittadina apprezzata per la sua vivacità culturale, sede di un centro di studi più specializzato e nei secoli successivi, dal 1474 in poi, di una nota università frequentata anche da illustri personaggi.
Possiamo indicare questa fase della sua vita come il tempo della conoscenza di se stesso, del riconoscimento delle proprie qualità o doni e anche dei propri limiti, ma anche un tempo di ricerca e di discernimento che lasciava intravedere la lenta e graduale azione della grazia divina. Un tempo nel quale invocare il dono della sapienza e nel quale ricercare una relazione più autentica e vera con il Signore, mediante la conversione. Dio si lascia incontrare anche nella fatica dello studio (cf. Sir 6,18.27; 39,1), se questo è accompagnato dal fiducioso abbandono nella sua grazia.
Mediazioni: percepire la volontà di Dio e fare esperienza del suo amore richiede molteplici mediazioni, da quelle della Parola e dei sacramenti a quelle che si avvalgono del concorso degli uomini. Di quest'ultime ne conosciamo una. Trasferitosi a Saragozza per gli studi teologici, Lorenzo poté partecipare alle lezioni di un docente di origini ateniesi. Di costui non sappiamo quale disciplina insegnasse, ma comprendiamo che dovette condividere con il suo allievo, non solo l'amore per la teologia ma il discepolato alla sequela di Cristo, se è vero che qualche tempo dopo li ritroveremo entrambi a Roma. Strumento inconsapevole dell'opera divina, ogni mediatore esercita una diaconia, rendendosi servo di un'opera che lo trascende, perché s'innesta nell'unica opera di Dio e nel suo progetto di salvezza. Si potranno rintracciare altre utili indicazioni indagando sul rapporto tra padre e figlio, giovane e anziano, discepolo e maestro che l'analisi sociologica mette a fuoco. Sappiamo che il ruolo del docente era socialmente apprezzato e riconosciuto, godendo di onore e di stima e che questi poteva essere ricercato per la sua saggezza e per i suoi consigli. In discontinuità con la consueta prassi ma secondo lo scarto che sgorgava dalla differenza cristiana, la condivisione fra Lorenzo e il suo maestro sarà fondata non sul piano ideologico ma sulla fede nella persona di Cristo.
Il quadro storico culturale del III secolo d.C., in particolar modo in riferimento all'Urbe, sembra essere attraversato da tensioni e crisi profonde, solo in parte di natura militare, a motivo delle pressioni barbariche ai confini europei dell'impero. Destavano, infatti, grosse preoccupazioni l'imprevedibilità e l'ingovernabilità di veri e propri flagelli come le catastrofi naturali e le pestilenze, come ricordato in un articolo di Fabrizio Bisconti1, mentre sul piano della gestione dell'impero era temuta la cristianizzazione e la laicizzazione dello stesso. Erano gli anni di Decio (249-251) al quale subentrò Valeriano (253-260). Di fronte alla scelta di apertura ad una visione cristiana o un'accentuazione pagana, si preferì, quest'ultima ipotesi. Furono promulgati due editti che prevedevano dapprima l'obbligo per i cristiani di rendere omaggio agli dèi pagani e il divieto di riunirsi nei cimiteri e poi la messa a morte dei cristiani (cf. Cipriano, Epistole I. XXX).
Diaconia: le violente persecuzioni imperiali determinarono la morte del papa Stefano I, al quale succederà proprio il docente di origini elleniche, amico di Lorenzo. Eletto con il nome di Sisto II, all'inizio poté esercitare il suo servizio in un clima di apparente tolleranza. Le fonti del periodo ci dicono che fu chiamato a dirimere la scottante questione del battesimo dei lapsi, che aveva già creato non poche tensioni con le chiese africane ed asiatiche. Il pontefice si distinse per una mediazione capace di generare pace e maggiore concordia. Nel suo servizio sembrò valorizzare notevolmente l'apporto dei diaconi.
Essi, indicati nel numero di sette, erano a servizio della Chiesa, riconoscendo nella figura del pontefice, vescovo di Roma, il vincolo della propria comunione ecclesiale. Sappiamo che Lorenzo fu uno di questi diaconi, arcidiacono per la precisione. Non è detto come poté maturare questa scelta, ma sappiamo che il discernimento avviene mediante la custodia della Parola di Dio e la centralità dell'eucarestia e anche attraverso l'utile direzione spirituale che forse proprio nel papa trovava il suo punto di riferimento. Altre utili indicazioni le ricaviamo dal servizio che gli fu assegnato: la responsabilità economica e finanziaria caritativa. La tradizione individua nella Chiesa di Santa Maria in Domenica, detta anche la "Navicella", il luogo dove l'arcidiacono aveva sede per esercitare tale reggenza.
Se questo servizio sul piano prettamente tecnico doveva pur prevedere doti di osservazione e di analisi, abilità gestionali e organizzative, nell'ottica della diaconia si esprimeva nel farsi carico dei bisogni dei poveri e degli ultimi, cercando di coniugare sapientemente l'annuncio della Parola con il servizio alle mense. Tuttavia la dote principale doveva essere un cuore libero e senza malizia (cf. Sal 17,3), condizione mai definitiva e sempre bisognosa di costante conversione. Lorenzo si trovò così nel suo servizio quotidiano e feriale a condividere la vita degli emarginati e dei bisognosi. In tempi di difficoltà e d'incertezza questa diaconia svelava il volto profetico di una Chiesa capace di fare memoria, nel servizio, del proprio essere discepola di Colui che è venuto per servire e non per essere servito (cf. Mc 10,45). L'esito finale della vita del diacono Lorenzo ci offrirà una chiave di lettura adeguata per cercare di discernere la natura di questo suo servizio, vissuto fin da queste fasi, non per adempiere ad un compito ma per amore di Cristo.
Quale modello di santità?
L'imperatore Valeriano, dopo un periodo di relativa pace, sferrò nuovi attacchi e persecuzioni alla Chiesa. In questo tempo d'incertezza e di crisi, troviamo una Chiesa che si mantiene salda in quelle mediazioni nelle quali ha imparato a riconoscere il suo Signore, vale a dire nell'annuncio e custodia della Parola e nella celebrazione dell'eucarestia (cf. Lc 24,13-35). Il tempo della persecuzione non è, infatti, da intendere come un'esperienza personale di un singolo, dell'eroe di turno che si oppone alle trame del male, ma è un'esperienza di Chiesa. È la Chiesa tutta che scende nelle catacombe, papa, presbiteri, diaconi e fedeli.
Martirio: comprendiamo adesso come il ministero e la testimonianza del diacono Lorenzo, quale segno di amore e di speranza, "preparato" dalla docilità alla grazia divina, per la quale aveva sempre ricercato la volontà di Dio, sfocerà nel martirio. Sarà preceduto dal papa Sisto II, che il 6 agosto del 258 con quattro diaconi, per alcuni sei2, fu catturato mentre celebrava l'Eucarestia presso il cimitero di san Callisto. Quattro giorni dopo, il 10 agosto, sarà la volta di Lorenzo, preso e martirizzato presso il cimitero di Ciriaca sulla via Tiburtina, «in agrum Veranum» (Liber Pontificalis). Non dobbiamo intendere la diaconia martiriale di Lorenzo come la grande testimonianza di un eroe o l'esito di un attacco motivato dall'odium fidei, ma come il sigillo dell'opera della grazia divina che mediante lo Spirito Santo sanciva adesso una donazione che era iniziata tanto tempo prima, con la conversione, la fede e la sequela di Cristo per amore, forgiando gradualmente una disponibilità che era divenuta assimilazione e conformazione, costantemente alimentata dall'ascolto della Parola, dal servizio eucaristico e dall'attenzione verso i poveri e gli ultimi.
Questo excursus sui fatti della vita del diacono Lorenzo, cercando di rintracciare i tempi di Dio, c'interroga sulla reale possibilità di delineare un modello di santità diaconale a partire dalla sua testimonianza profetica e martiriale. Alcuni autori hanno elaborato riletture e interpretazioni del suo martirio, facendo tuttavia ricorso a delle fonti che forse andavano interpretate con più cautela, ricercando in esse non tanto la veridicità dei fatti ma la verità teologale. Un certo fascino offre a tal proposito la lettura di Sant'Ambrogio che racconta un "dialogo virtuale" fra Lorenzo e papa Sisto II. Fra i due si evincerebbe una sorta di gara al martirio, con il primo che chiederebbe di morir prima del papa, così come Isacco fu offerto da Abramo e Stefano mandato innanzi a Pietro, e il secondo che gli indicherebbe la non necessità dell'immediatezza di tale offerta annunciandogli il raggiungimento di una maturità spirituale che donava al giovane autonomia e virtù. Lettura che ci spinge a evidenziare il valore indiscutibile dell'amicizia in Cristo così come l'intimo servizio che il diacono stesso offre per e nella Chiesa. All'interno del dialogo suonano particolarmente incisive le parole di Lorenzo: «Dove ti affretti, o santo vescovo, senza il tuo diacono? Non offrivi mai il sacrificio senza ministro...».
La tradizione vuole che il martirio del diacono Lorenzo sia avvenuto attraverso una sorta di "battesimo" del fuoco, e che arso vivo su una graticola il giovane abbia detto ai suoi aguzzini: «"Questa parte è cotta, disse, volta e mangia". Così con la sua forza d'animo vinceva l'ardore del fuoco»3.
Non sono tuttavia queste parole leggendarie a dare senso e valore al martirio di Lorenzo ma la sua sequela di Cristo e il suo amore per il Signore nella Chiesa. Insistere sull'eroicità dei gesti dei martiri o sulla pervasività inattaccabile dell'odium fidei, non aiuta a discernere l'inevidente presenza di Dio nella testimonianza profetica dei discepoli di Cristo. Allo stesso modo quindi cercare di elaborare una visione del diaconato dalle indicazioni presenti nel testo ambrosiano, risulta un'operazione ardita e forse incompleta, poiché se è vero che il diacono Lorenzo esprime nella martyria, come sostiene Moraglia4, il suo «essere ordinato per il ministero di una carità, espressa massimamente nella testimonianza fino all'effusione del suo sangue», è altrettanto evidente che si trascura il percorso di una vita segnata dalla costante relazione con Cristo e il servizio mediante la diaconia della Parola che certamente accompagnò la sua attenzione verso i poveri e verso gli ultimi. Il modello di santità diaconale che emerge dalla testimonianza profetica del martire Lorenzo è allora da rintracciare nell'inevidente quotidianità del suo discepolato, nella costante conversione a Cristo secondo una disponibilità che ha consentito allo Spirito Santo di completare la sua opera, offrendo mediante il proprio umile servo "nuove energie" alla sua Chiesa. Percorso sia antropologico sia religioso che ha implicato discernimento e formazione per un servizio che ha lasciato il segno in quanto icona dell'amore per Cristo e per la sua Chiesa, ponendosi come segno di speranza per i popoli e invito alla conversione.
Note
1. F. Bisconti, San Lorenzo martire nella Roma di Valeriano. Arcidicono con Libro e graticola, in L'Osservatore Romano, 9-10 agosto 2010.
2. Lettere del vescovo Cipriano. Si veda anche Epigrammata Damasiana, 17, di papa Damaso (366-384).
3. Sant'Ambrogio, De Officiis, Città Nuova Editrice, Roma 1977, pp. 148-151.
4. F. Moraglia, «San Lorenzo, protodiacono della Chiesa Romana». Conferenza a Roma in occasione del Giubileo dei diaconi permanenti, 19 febbraio 2000.
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