Il diaconato in Italia n° 173
(marzo/aprile 2012)
ANALISI
Nuovo e antico nel comunicare il Vangelo
di José Gabriel Mesa Angulo
Quando si pensa alla Nuova Evangelizzazione, subito possono sorgere due idee: una è quella di pensare a rinnovare la Chiesa, ma un'altra è quella di pensare che per sé stessa, l'evangelizzazione si riferisca a un compi di novità che non richiede dei nuovi nomi. Si potrebbe dire che ambedue le idee siano importanti, ma la naturalezza della Nuova Evangelizzazione non si sviluppa né a partire dall'idea che la Chiesa debba essere rinnovata, né di cambiare il processo di evangelizzazione dentro di essa. Invece si tratta di una novità nel processo, nei metodi, nelle espressioni; cioè una nuova proposta per fare dell'evangelizzazione in alcuni contesti, particolarmente toccati dal secolarismo, una realtà che risponda alle nuove sfide del mondo odierno, attraverso un processo di trasmissione della fede in maniera ancora più forte, più dinamica, più gioiosa, più incoraggiante e più prossima alle diverse realtà concrete che vive l'uomo nel mondo di oggi. È una proposta per mettere di nuovo Gesù Cristo al centro dei nuovi scenari, riprendendo il kerygma apostolico attraverso la via della bellezza in senso ampio, cioè quella che non riferisce soltanto a cose estetiche, ma alla stessa creazione di cui l'essere umano è la sua più alta espressione.
Ma la Nuova Evangelizzazione condivide un cammino con il mondo della comunicazione. Si vogliono sottolineare quattro idee possibili di questo cammino condiviso: 1) La nuova evangelizzazione ha una propria storia che mette in dialogo popoli e culture. 2) È una necessità, che risponde a una problematica concreta sull'annuncio del Vangelo quest'oggi. 3) Richiede una formazione speciale. 4) Ha come sfide una credibilità indebolita della Chiesa e la mancanza di coraggio per vivere la fede.
La prima idea è questa: l'espressione "Nuova Evangelizzazione" di cui stiamo parlando, ha una propria storia che dall'inizio, mette in dialogo diversi popoli e culture; è senz'altro la storia della evangelizzazione stessa che parte dal Vangelo, che però trova un posto speciale nel magistero degli ultimi pontefici. È importante dirlo, perché se non c'è un contesto storico, potremmo trovarci di fronte semplicemente a un argomento "alla moda" che ha il rischio di passare di moda! Per questo motivo, sembrerebbe importante rinfrescare la memoria su alcuni dati. Occorre ricordare che, sebbene l'espressione venga usata inizialmente in un altro contesto (Viaggio apostolico in Polonia, 9-6-979), si può dire che la "nascita" della espressione "Nuova Evangelizzazione" appare nei discorsi di Giovanni Paolo II nell'ambito ecclesiale dell'America Latina e non dell'Europa. Questo non vuol dire che non sia legittimo che prenda lo slancio dall'Europa; infatti, anche lo stesso Papa Wojtila lo spiega nella Redemptoris Missio, 35 e progetta, in un altro discorso, il rinnovamento spirituale e umano dell'Europa. Tuttavia è utile sottolineare il contesto di quella famosa frase che ancora si ascolta nell'America latina: «Una evangelizzazione nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni» (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/3, 1982, l, 260) è sopratutto una chiamata ecclesiale a un vigore maggiore, a più creatività e a rinforzare in più la dignità umana nel contesto di una grande esperienza e di un impegno missionario, che nasce dell'annunzio kerygmatico e gioioso della Buona Novella di Gesù Cristo. È chiaro che il proposito originario non è quello di ristabilire le vecchie forme dell'antichità cristiana, nemmeno la restaurazione dell'Europa cristiana.
Al contrario, la Nuova Evangelizzazione come sfida, lavorata già in questi ultimi trent'anni fra successi e fallimenti in America latina, mette subito in dialogo la vita cristiana, sopratutto delle chiese delle Americhe con quelle dell'Europa, nonché con alcune chiese più storiche in altre parti del mondo, cosiddette nuove. Tutto questo ci mette di fronte al presente e al futuro, più che al passato, fatto che ci apre subito le porte delle nuove forme di evangelizzazione in cui i mezzi di comunicazione hanno un posto importantissimo.
La plasticità della bellezza evangelica
Il papa Benedetto XVI, nel Motu Proprio Ubicumque et semper, con cui stabilisce il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, vincola il comandamento da Gesù agli apostoli con il dono dello Spirito Santo alla Pentecoste, per concludere con l'esortazione di «far conoscere al mondo intero la bellezza del Vangelo». Così, sin dall'inizio, l'attuale pontefice lega la Nuova Evangelizzazione con un tema carico di comunicazione: far conoscere la bellezza del Vangelo. Ma... comunicativamente, si potrebbe domandare, come si possono vedere i suoi colori? Come si fa sentire la sua musica? Come si può offrire un "prodotto" ineguagliabilmente estetico? E come si può andare verso la bellezza, al di là dell'estetica? Ecco il primo grande compito per i comunicatori, riguardo la Nuova Evangelizzazione e viceversa: andare avanti con tutto quello che ha a che fare con la bellezza del Vangelo!
La seconda idea è questa: la Nuova Evangelizzazione è stata proposta dal Beato Giovanni Paolo II come una necessità, che risponde a una problematica concreta sull'annuncio del Vangelo nei paesi di tradizione cristiana, dove tanti credenti hanno perso il senso vivente della fede e se ne sono allontanati. Si potrebbe dire che tra di loro i rumori son diventati più forti che il messaggio, e così il messaggio non si ascolta, nemmeno si capisce. Dunque, sembrerebbe importante farsi alcune domande: in cosa consiste la novità di questa evangelizzazione nuova? Quali sono i suoi canali di comunicazione? Cosa può contribuire per identificare e superare i rumori? Se cominciamo dai rumori, bisogna riferirsi ad alcuni, sopratutto quelli identificati dalla stessa Chiesa, che devono essere superati, come la mancanza di apertura al dialogo con le realtà sociali del mondo odierno, una evangelizzazione insufficiente, la incapacità di permeare le strutture sociali, le incoerenze riguardo la giustizia e la solidarietà, la fatica, gli scandali, la secolarizzazione e l'incredulità. Ma la sua grande novità consiste nell'essere capace di toccare la vita e di cambiaria.
È proprio questa la capacità che la Chiesa ha perso in tante parti. E questo si può fare meglio attraverso un messaggio semplice, chiaro, breve e profondo... magari "audiovisivo"! Si può pensare che le comunità cristiane, quest'oggi, abbiano bisogno di un dialogo vero tra fede e vita umana, tra sentimenti e ragioni, tra Vangelo e cultura, tra compassione e giustizia, tra persona e società, tra silenzio e parola; cioè la vitalità della profezia che mette in dialogo senza rumori, sia emittenti che riceventi, attraverso un canale comune capace d'interattività. Se il cristianesimo è una esperienza di vita, tutte le novità, soprattutto nei metodi, dovrebbero incamminarsi a far vivere questa esperienza e a promuovere una vita cristiana ogni volta più testimoniale.
La terza idea riguarda la formazione. Bisogna affermare con chiarezza che i nuovi evangelizzatori hanno bisogno di una formazione speciale, per presentare la fede nel linguaggio delle culture di oggi. Sembra che sia fondamentale per un evangelizzatore/comunicatore, formarsi nella chiarezza dei contenuti, la certezza della propria fede e la capacità di condividere il messaggio cristiano in maniera creativa; cioè far sentire Cristo con la voce reale dell'uomo che va a piedi, far toccare la Sua croce nelle sofferenze e nel dolore della vita umana e farlo vivere risorto nel superamento delle proprie debolezze. In altre parole, essere capaci di scrivere lo storyboard della fede cristiana nella vita di tante persone e mettere gli spettatori in scena! In poche parole, si tratta di formarsi per diventare veramente creativi nell'annuncio del Vangelo. Dicono che una delle cose più difficili da imparare nella vita di un comunicatore è la creatività: se un comunicatore non è creativo, i suoi risultati non saranno buoni. Qualcosa di simile si potrebbe dire riguardo ai nuovi evangelizzatori. Intendiamo per "creativo" tutto quello che ha a che vedere con la varietà e la differenza, la originalità e l'utilità per la vita. Così stiamo anche dicendo che il Vangelo è creativo per sé stesso, ma non sempre è creativa la forma di condividerlo e di portarlo alla vita degli uomini. Ecco il problema!
Dunque, la sfida appare nel momento di fare della missione evangelizzatrice una missione vincolante, portatrice di una verità limpida davanti agli occhi delle persone, più istruita delle realtà del mondo a cui vuole avvicinarsi e, certo, più capace d'interagire con quanti ricevono il messaggio. Tuttavia occorre ricordare le recenti parole del papa Benedetto XVI, dette alla chiesa africana nella Africae Munus (n. 166), riguardo ai mezzi di comunicazione: «nessun mezzo può e deve sostituirsi al contatto personale, all'annunzio verbale, come pure alla testimonianza di una vita cristiana autentica». Bisogna, allora, formarsi per comunicare la fede non soltanto alle grandi masse, ma per farlo persona a persona, cuore a cuore!
La quarta idea è quella delle sfide per i nuovi evangelizzatori, di fronte a una credibilità indebolita della Chiesa, all'abbandono di molti e alla mancanza di coraggio per vivere la fede. Sembrerebbe che tra i motivi per abbandonare la Chiesa, più che i problemi, senza dubbio, veri e gravissimi come la pedofilia, che hanno allontanato tante persone, ci siano anche altre problematiche, forse più complesse, che passano per le strutture interne di potere e danno un'immagine che né piace né convince tante persone soprattutto fra le nuove generazioni. È fondamentale che "dentro casa", stiamo in ordine; questo è veramente necessario, così è un bene che la Chiesa riconosca i suoi peccati e prenda decisioni rigide riguardo ai suoi membri. Ma, altra faccenda, molto diversa, è che la casa sia vecchia e che debba essere rinnovata, "rimpastata". E in questo il compito degli evangelizzatori può essere molto importante, per far cambiare un'immagine che non è limpida per tante persone al mondo, sopratutto per i più poveri, i sofferenti, gli affamati, nonché quanti hanno bisogno di essere ascoltati oppure accolti.
Perché i nostri riceventi continuano ad avere un messaggio che noi, emittenti, inviamo già carico di rumori: non possiamo offrire un'immagine che non abbiamo. Così il rinnovamento, il "rimpasto" ecclesiale di cui ha bisogno una Nuova Evangelizzazione, incomincia con la vita dei suoi membri, con noi stessi, con il nostro stile, che a volte non è attraente. Sarebbe bello immaginare ognuno di noi, come nuovi evangelizzatori/comunicatori, capaci di annunciare Cristo in maniera più luminosa e attraente, una storia della salvezza con simboli e metafore chiare per l'uomo di oggi. A niente servirebbe avere conoscenza delle tecniche comunicative, se non s'impara prima a fare del proprio cuore uno schermo aperto dove si possa "proiettare" il film di un Cristo Vivente. Dobbiamo diventare capaci di presentare in maniera autentica e creativa una nuova Chiesa nel palcoscenico della vita quotidiana.
Come conclusione vorrei prendere alcune delle parole dal Cardinale Robert Dulles, che diceva che «la Chiesa è comunicazione». La Chiesa, affermava, per sua essenza è comunicazione, che proviene, scorre fuori dalla comunicazione della Santa Trinità. La Chiesa, senz'altro è nata per continuare la comunicazione di Gesù Cristo in parole e opere. Tutto questo vuoi dire che la comunicazione ha molto a che vedere con la Nuova Evangelizzazione, perché condividono un cammino, e che bisogna avere cura del suo ruolo in questo processo, particolarmente diaconale, di annunciare in maniera gioiosa la Buona Novella di Gesù Cristo risorto e vivente in mezzo a noi.
professore all'Università San Tommaso della Colombia
e formatore per i candidati al diaconato per l'America Latina)
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