a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 8/2018)
ANNO B – 2 settembre 2018
XXII Domenica del Tempo ordinario
Dt 4,1-2.6-8
Gc 1,17-18.21b-22.27
Mc 7,1-8.14-15.21-23
(Visualizza i brani delle Letture)
XXII Domenica del Tempo ordinario
Dt 4,1-2.6-8
Gc 1,17-18.21b-22.27
Mc 7,1-8.14-15.21-23
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CON UN CUORE UNICO
Le norme igieniche che avevano segnato il tempo nomade di Israele rimasero in uso per lungo tempo, acquisendo via via un carattere religioso. Il tema della purità e dell'impurità era strettamente legato al concetto di sacro nel culto ebraico: ci si accostava al Tempio e alla preghiera solo a condizione di essere in stato di purità. E perciò i lavaggi avevano un ruolo determinante. A Gesù veniva contestato il comportamento dei suoi discepoli, che prendevano cibo senza essersi lavate le mani. Da Gerusalemme (cuore del potere religioso) vennero così inviati degli "ispettori", allo scopo di verificare la coerenza tra quanto si raccontava di quest'uomo, ritenuto dalle folle straordinario, e i suoi comportamenti. L'accusa è che Gesù sia incapace di tenere la disciplina in tutti i suoi discepoli.
In realtà, non c'è nessuna trasgressione dei comandamenti di Dio: semplicemente non veniva seguita una tradizione "degli antichi". Si trattava del corpus di casistiche che traducevano in minuziosi comportamenti le leggi mosaiche. Ma erano rielaborazioni per decidere cosa fosse puro e impuro, giusto e sbagliato, esercizio di autogiustificazione e potere di discriminare gli altri. Si fa presto a far diventare "tradizionale" qualcosa: basta che il prodotto o l'avvenimento godano di una certa fama e riconoscimento, per diventare intoccabili.
Gesù risponde ricorrendo alla parola di Isaia: già l'antico profeta definì Israele un popolo vicino a parole, ma lontano con il cuore. Proprio questo aveva fatto sì che si fossero instaurate tradizioni contrarie al comandamento di Dio, come è il caso di un piccolo cavillo che consentiva di non destinare il patrimonio alla cura dei genitori, venendo meno al quarto comandamento. L'aggrapparsi a leggi e codicilli porta a fermarsi su minuzie e a rifiutare la Parola di Dio in funzione di parole di uomini. Ma, soprattutto, si basa sulla convinzione che la salvezza non provenga dall'alto come dono, ma si fondi su qualcosa che è prodotto dall'uomo.
Il tentativo di riportare la barra al centro, da parte di Gesù, motiva lo sviluppo del ragionamento su puro e impuro, interno ed esterno, cuore ed osservanza, verità e ipocrisia. La prima Chiesa rimase incerta se seguire in modo tassativo la legge mosaica (Giacomo) oppure dichiararla definitivamente superata (Paolo). Gesù prende una posizione differente: quella della re-interpretazione alla luce del cuore. Il compito è mantenere retto il cuore. Non si tratta di fare con coraggio ciò che si sente in coscienza, ma di custodire pulito il cuore, perché è da lì che originano tutti i mali. È come se lo stesso cuore fosse capace, al contempo, di grandi slanci e di azioni estremamente tristi.
Culto e morale, fede e amore per Gesù non sono compartimenti stagni, che impediscono di far tracimare un aspetto nell'altro. Al contrario sono un corpo unico, reso tale dall'unico cuore. E quando il cuore è corrotto, lo è tutto l'uomo. Non è ciò che proviene dall'esterno a renderlo impuro: non sono né gli alimenti né la mancanza di ossessive norme igieniche. A rendere impura una persona sono un cuore che si allontana, una pratica quotidiana che si svuota di affetto, una relazione che si indurisce e si raffredda.
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