a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 8/2018)
ANNO B – 9 settembre 2018
XXIII Domenica del Tempo ordinario
Is 35,4-7a
Gc 2,1-5
Mc 7,31-37
(Visualizza i brani delle Letture)
XXIII Domenica del Tempo ordinario
Is 35,4-7a
Gc 2,1-5
Mc 7,31-37
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APRITI!
«Apriti!» (Mc 7,34): l'imperativo quasi gridato da Gesù ha per destinatario un sordo farfugliante, una persona che non è in grado di esprimersi correttamente perché non ha avuto la possibilità di ascoltare gli altri. Una situazione psico-fisica carica di un tale simbolismo che Gesù ritiene necessario "spalancare" i canali di comunicazione di questo pover'uomo che diversamente sarebbe stato destinato a un isolamento perpetuo. E non per propria scelta ma a causa della sua condizione fisica.
I discepoli attirano l'attenzione del Maestro, invocandone l'intervento: ritengono che sia sufficiente un'imposizione delle mani per ottenere la guarigione. Del resto, se all'emorroissa era bastato toccare il mantello di Gesù, come non pensare a quel gesto tipico dell' esorcismo che è l'imporre la mano, gesto semplice e poco "costoso"?
Invece Gesù si apparta con il malato e inizia un percorso ben diverso dalle richieste dei discepoli: non c'è nessuna imposizione delle mani, ma una serie di tocchi. Lo tocca anzitutto nelle orecchie e poi scambia un po' della propria saliva con quella dell'ammalato. Non solo Gesù ripete il gesto della creazione, ma entra nell'intimità di questa persona e le ordina di aprirsi alla relazione, di sciogliersi.
Ancora oggi, in occasione del battesimo, il segno viene ripetuto ed è sempre un atto al limite, quasi inappropriato, perché in genere chi può permettersi di mettere le dita nelle orecchie o in bocca a un bambino sono i suoi genitori e i dottori. Grazie a questo gesto si aprono le orecchie e si libera la lingua: quest'uomo, tagliato fuori dalla relazione con gli altri, si ritrova così nella condizione di poter nuovamente comunicare. Ma ciò avviene perché un altro uomo è entrato in stretta relazione con lui, ha sfondato quei muri difensivi eretti dalla sua malattia, si è implicato in prima persona: non c'è guarigione senza un coinvolgimento immediato e diretto.
Il luogo in cui il tutto avviene è ai confini di Israele, in un territorio semi-pagano. Questa volta non ci sono più esitazioni da parte di Gesù, né trattative da portarsi avanti per scalfire l'idea che il Figlio di Dio debba operare soltanto entro gli stretti confini nazionali del popolo eletto.
In più circostanze, l'obiezione che era seguita alle richieste di malati e indemoniati era quella di limitarsi alle pecore perdute della casa di Israele: ora non più. Una volta sciolto il dilemma, Gesù non rimette più in discussione un dato acquisito: anche i pagani si meritano parole e gesti di salvezza. Lui, del resto, aveva detto che se si mette mano all'aratro, non ci si può più volgere indietro. Ed è stato il primo a rimanervi fedele.
Per quest'uomo accade un nuovo inizio, come una seconda vita. Poi scende il silenzio sulle sue scelte future. Forse sarà diventato discepolo di Gesù oppure si sarà tenuto ben stretta la sua guarigione. Il risanamento portato da Gesù non ha mai un prezzo, neppure con l'obbligo della sequela. Non si possono mettere prezzi ai doni: ogni gesto e parola del Figlio di Dio sono solo nella logica del regalo gratuito. Allo stesso modo, anche la risposta dell'uomo non può che adeguarsi e seguire la medesima logica della gratuità. Chi vuole può seguirlo, ma non può essere né la promessa di un premio né la minaccia di un castigo il motore di una scelta di vita.
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