Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 4/2025)
ANNO C – 17-19 aprile 2025
Triduo pasquale
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Giovedì santo
Venerdì santo
Veglia di Pasqua
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Giovedì Santo: Dio ai piedi dell'uomo
Veglia di Pasqua: La Pasqua di Cristo è fuoco che arde
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17 aprile 2025
Giovedì Santo
DIO AI PIEDI DELL'UOMO
Per comprendere appieno il significato del gesto di Gesù di mettersi a lavare i piedi dei discepoli è necessario sapere che nella società ebraica questo gesto era compiuto dal servo. Si tratta di un compito ritenuto umiliante. Possiamo allora immaginare i volti attoniti dei discepoli davanti al gesto di Gesù: il maestro assume il ruolo dell'ultimo dei servi. Ne è prova la reazione di Pietro: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Il discepolo cerca con tutte le sue forze di dissuaderlo. Una posizione del genere è troppo umiliante per un uomo come lui. Per Pietro e i suoi compagni, il posto di colui che essi stessi chiamano "Signore e Maestro" è tra coloro che si lasciano servire e non il contrario.
Lavando i piedi ai discepoli alla vigilia della sua morte, Gesù non fa altro che trasformare nella forza di un gesto quanto aveva più volte insegnato: il più grande è chi si fa servo degli altri; che occorreva scegliere l'ultimo posto per essere i primi; che era venuto per servire e non per essere servito. I discepoli che lo seguivano avevano ascoltato queste sue parole senza comprenderne il significato profondo e senza cogliere l'importanza che esse avevano per Gesù. Per questo, quando vedono il loro Maestro e Signore alzarsi da tavola, cingersi attorno alla vita l'asciugamano, versare l'acqua nel catino e cominciare a lavare i loro piedi non capiscono né l'intenzione né il senso di quel gesto. Ma quello che Gesù fa non era altro che dare forma non solo a uno dei messaggi centrali del suo insegnamento, ma ancora di più dare sostanza al tratto più distintivo di come lui comprende il senso della sua esistenza.
Dov'è Dio, il Maestro e il Signore, come la comunità cristiana lo confessa? Egli è chinato ai piedi dei discepoli, vestito con gli abiti del servo, in un gesto ultimo, per farsi conoscere nella verità. Il rifiuto iniziale di Pietro mette in luce la natura scandalosa della scena e il lavoro interiore necessario per comprenderne il significato.
In Gesù Dio si inginocchia ai piedi dell'uomo e si mette al suo servizio. Il capovolgimento di prospettiva è radicale e totale. Nell'immaginazione religiosa Dio siede inaccessibile su un trono dorato come in una corte reale. Un Dio che si abbassa fino a questo punto, che abbandona il suo trono e inverte i ruoli, diventa persino pericoloso in un mondo e troppo spesso anche in una Chiesa in cui l'ordine gerarchico deve essere scrupolosamente rispettato. Dio ai piedi dell'uomo, è questa la visione che l'evangelista ci propone di meditare, nonostante coloro che vorrebbero che Dio rimanesse al suo posto. Il Signore sa quanto sia sconvolgente vederlo indossare per noi l'abito del servo. Come Pietro, siamo portati a dirgli di tornare a sedersi sul suo trono.
L'amore espresso nella lavanda dei piedi va oltre la nostra capacità di comprensione. Non riusciremo mai a comprenderne la profondità, perché noi siamo incapaci di una tale gratuità, di una tale dimenticanza di noi stessi. Tutto ciò che faccio è mascherato dal desiderio di superiorità e di potere sulle persone. Insegnami, Signore, a mettermi al servizio dei miei fratelli e sorelle senza mettere loro al mio servizio, a donarmi senza cercare di avere qualcosa in cambio, ad amare contro ogni previsione qualunque siail prezzo. Alla tua scuola so che un giorno imparerò ad amare "fino alla fine".
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19 aprile 2025
Veglia di Pasqua
LA PASQUA DI CRISTO È FUOCO CHE ARDE
Il gesto che dà inizio alla Veglia pasquale è l'accensione del fuoco, quasi a dire che la risurrezione di Cristo non è un rito da compiere ma un fuoco da accendere. La comunità riunita attorno al fuoco all'inizio della Veglia ha davanti a sé non solo un simbolo ma una delle realtà più intense ed evocative con la quale Gesù ha raccontato sé stesso come persona divorata da un fuoco interiore. Il suo compito sulla terra è stato quello di seminare il seme del fuoco che è la parola di Dio. «Come vorrei che fosse già acceso»; con la sua morte in croce e la sua risurrezione Gesù ha acceso quel fuoco che era venuto a portare, che altro non è che il suo Vangelo. Il fuoco della Veglia è il fuoco del Vangelo, e la Pasqua di Cristo è un incendio del mondo, non per bruciarlo ma per farlo ardere di amore!
«Luce di Cristo» e l'acclamazione dell'assemblea «Rendiamo grazie a Dio» in un grido di gioia, un canto di benedizione, un suono di vittoria. Questo è un momento intenso e altamente simbolico: il grido «Luce di Cristo» squarcia il silenzio come la fiamma del cero pasquale squarcia la tenebra. La fiamma di un cero elevato nel buio della notte è il simbolo di "Cristo luce del mondo". Ed ecco raffigurata l'essenza della fede cristiana e il suo paradosso: la luce di Cristo che risorge e disperde le tenebre nel cuore del mondo è come la debole e discreta luce della fiamma di una candela. Il simbolo della fiamma del cero pasquale elevato e per tre volte acclamato, annuncia che la luce di Cristo non è splendore che abbaglia, verità che acceca e umilia, perché non ha la forza sorda dell'evidenza che si impone da sé, ma la mitezza di una fiamma di luce e calore e che per la sua fragilità va custodita e protetta.
Ma la fiamma del cero pasquale non resta l'unica fiamma, irripetibile, perché tutti i presenti accendono la loro candela da quella fiamma e la luce del cero pasquale si estende a poco a poco alle candele, a significare che ogni credente riceve la luce di Cristo, la porta tra le sue mani e la custodisce. Nel giorno del battesimo a ciascuno è data una candela che viene accesa al cero pasquale. Il giorno del battesimo nasciamo alla fede con la fiamma di una candela in mano.
Il progressivo propagarsi della luce è uno dei momenti più suggestivi e commoventi della Veglia pasquale. Nessuno si procura da sé quella luce, ma la si può solo ricevere dalla fiamma del cero pasquale. E, a sua volta, trasmetterla a chi è vicino è un gesto intenso che esprime il donarsi reciproco della luce, segno che la fede in Cristo risorto la si riceve come dono, e donandola la si trasmette. La luce che ci si offre l'uno all'altro crea comunione, è luce di comunione. La comunione ecclesiale ha una sua luce ed è la luce della Veglia pasquale.
Il primo effetto che provoca la fiamma della candela tenuta in mano è quello di illuminare i volti di ciascuno, attesta la sua unicità, la personalità, il vissuto e la storia originali e irripetibili. Rinascere con Cristo a vita nuova significa comprendere che non rimanere prigionieri della morte e degl'inferi coincide con il riconoscimento dei volti degli altri come i volti di fratelli e sorelle, secondo le parole dell'evangelista: «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3,14).
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