XIX Domenica del Tempo ordinario (B)

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Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 8/2024)


ANNO B – 11 agosto 2024
XVIX Domenica del Tempo ordinario

1Re 19,4-8 • Salmo 33 • Efesini 4,30-5,2 • Giovanni 6,41-51
(Visualizza i brani delle Letture)


IL PANE DELLA LIBERTÀ

Il Vangelo del "pane di vita" che ascoltiamo in queste domeniche è la risposta di Gesù alla radicale incomprensione del segno della moltiplicazione dei pani. Non è una generica folla, ma una folla sfamata e sazia quella che lo cerca per farlo re. Gesù risponde con parole dure nel contenuto come nel linguaggio, non solo per ciò che vorrebbero fare di lui, un re, ma soprattutto per ciò che fanno di loro stessi: dei sudditi. Questa folla che vuole fare re l'uomo che l'ha sfamata rivela il bisogno profondo che c'è nell'umanità di sottomettersi, di avere qualcuno di fronte al quale piegare le ginocchia. Solo un cuore da schiavo cerca un re da adorare.
Gesù sa bene che ogni uomo è un affamato, sempre pronto a farsi schiavo di chi lo sfama. O a barattare la sua libertà per un pezzo di pane. Sa che l'uomo non vuole essere libero e cerca sempre qualcuno molto potente che lo liberi dal peso della libertà, dalla responsabilità di decidere giorno per giorno. Sì, l'uomo cerca un liberatore che lo liberi dalla libertà. Non dimentichiamo mai che nel deserto, nel difficile cammino di liberazione, i figli d'Israele arrivano perfino a rimpiangere il pane della loro schiavitù, che è pane di morte, mormorando contro Mosè: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d'Egitto» (Es 16,3). L'uomo preferisce essere uno schiavo sazio piuttosto che un figlio affamato. Per questo «Libertà e pane sono tra loro inconciliabili» (Dostoevskij).
Anche Gesù, in risposta a una mormorazione dichiara: «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». A dire che il pane che Gesù dà non è qualcosa che ha e che dona. Ma il pane che lui dà è ciò che lui è. Non ha altro pane da dare se non la sua carne, cioè la povertà della sua condizione umana, la sua fragilità di creatura. La sua carne è l'anima della sua vita, la verità di ciò che lui è. Perché carne è ciò che lui, il figlio di Dio, ha scelto liberamente di essere per l'umanità e con l'umanità. Il Verbo non è stato fatto carne, ma «il Verbo si è fatto carne» (Gv 1,14). Solo colui che ha scelto nella libertà di farsi carne per amore del mondo, può dare sé stesso come pane per la vita del mondo.
In Gesù libertà e pane si sono conciliati, perché non è rimasto schiavo della sua condizione divina ma, come uomo, ha scelto la misera condizione di povero e di bisognoso. Ha scelto di vivere l'angoscia esistenziale della fame e della sete, che è la condizione di ogni essere umano. Per questo, la sua carne mortale è per noi cibo di vita eterna.
Nutrendoci del pane eucaristico noi non fuggiamo ma riconosciamo la nostra condizione di affamati e assetati. Uomini e donne che hanno fame di vita, ma che non sono disposti a vendere la loro libertà per un pezzo di pane. Dicendo l'"Amen" della fede al pane eucaristico che riceviamo nelle mani, noi confessiamo che il pane che ci fa vivere è la vita che Gesù Cristo ha vissuto e che solo lui può darci. L'eucaristia è il pane che non ci chiede in cambio la libertà, ma ce la dona liberandoci da noi stessi. Perché l'eucaristia è sempre un pane spezzato e condiviso che ci libera dalla nostra avidità, dall'egoismo, dalla brama del possesso, dall'amore di noi stessi. E per questo fin da ora ci libera dalla morte.
L'eucaristia è pane di libertà che nutre non saziando ma accrescendo la nostra fame di vita.


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