Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 11/2023)
ANNO B – 25 dicembre 2023
Natale del Signore
Isaia 52,7-10• Salmo 97 • Ebrei 1,1-6 • Giovanni 1,1-18
(Visualizza i brani delle Letture – Messa del Giorno)
Natale del Signore
Isaia 52,7-10• Salmo 97 • Ebrei 1,1-6 • Giovanni 1,1-18
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TROVERETE UN BAMBINO
Dalla parola dell'angelo, «è nato per voi un Salvatore», nasce la parola dei pastori: «Andiamo fino a Betlemme e vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Quello che attraverso l'angelo il Signore ha fatto conoscere loro, i pastori lo definiscono "avvenimento". Il vocabolo greco reso in italiano con "avvenimento" è rema, che significa al tempo stesso "parola" e "fatto". Così, si potrebbe anche tradurre «Andiamo fino a Betlemme e vediamo questa parola che il Signore ci ha fatto conoscere». Vedere la parola, questo è quello che fanno i pastori quella notte.
Quel fatto, la nascita del bambino, è divenuto avvenimento perché su di essa c'è stata la parola rivelativa dell'angelo. Diversamente i pastori non lo avrebbero conosciuto, sarebbe stata una nascita come ne avvengono tante. L'avvenimento di cui parlano tra loro i pastori è, al tempo stesso, fatto e parola, un fatto eloquente, portatore di senso. Il credere alla parola dell'angelo fa sì che quella parola sia per loro un avvenimento presso il quale andare per poterlo vedere. «Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia». Giunti non fanno nulla di particolare. Vedono ciò che l'angelo aveva loro annunciato: «Questo per voi il segno, troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». I pastori vedono il segno che è di una esiguità estrema.
Quando i pastori decidono di andare, l'angelo e la luce della gloria del Signore scompaiono e vedono solo un uomo, una donna del tutto comuni e un bambino in una mangiatoia. Fanno un'esperienza che non ha nulla di unico e spettacolare, e che forse è capitato loro di vedere altre volte. Loro, gente semplice e un po' rozza, non si erano mai trovati in una situazione di trovare una giovane puerpera in condizioni molto umili, povere, magari senza casa, in una delle tante grotte di quella regione? Prima, quando si trovavano in mezzo al loro gregge, hanno ascoltato la parola dell'angelo, qui invece nessuno dice una parola, tutto è avvolto nel silenzio. Prima la luce della gloria di Dio li aveva avvolti, qui si trovano nella semioscurità di una stalla. A dire che quel segno non aveva bisogno di altre parole.
«Questo per voi il segno»: il bambino avvolto in fasce e adagiato nella mangiatoia è la rivelazione della parola del Signore. Così l'ha interpretato Karl Barth in un sermone sul Natale: «Chi cerca la rivelazione divina, cerca invano se non si attiene a questo segno. [...] La rivelazione divina è lo schiudersi di una porta che si può aprire solo dall'interno e non dall'esterno. Se ne può scoprire soltanto il segno, ma non si può scoprire colui che è "vero Dio e vero uomo". Si possono scoprire soltanto le "fasce" e la "mangiatoia" di Betlemme e la croce del Golgota».
L'annuncio del Natale è ascolto di una parola vissuta che è l'amore. Natale è l'amore fecondo, è la fragilità di un bambino accolto, ma è anche l'esclusione e lo smarrimento del povero lasciato fuori. Lì c'è Dio, che non è un concetto, ma un flusso di vita che precede la nostra vita e la illumina. Se non capiamo la vita non capiremo Dio, e se non la capiamo nell'alfabeto dell'umano semplice non illudiamoci di capirlo altrove. Se non conosciamo il mistero della vita racchiuso in un bambino che nasce non conosceremo mai il Dio fatto carne.
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