Gesù Cristo, Re dell'universo
XXXIV Domenica del Tempo ordinario (A)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 10/2023)


ANNO A – 26 novembre 2023
Gesù Cristo, Re dell'universo - XXXIV Dom. del T.O.

Ezechiele 34,11-12.15-17 • Salmo 22 • 1 Corinzi 15,20-26.28 • Matteo 25,31-46
(Visualizza i brani delle Letture)


GESÙ SOTTO I PANNI DEL POVERO

Alla fine del Vangelo, mentre Gesù prenderà congedo dai suoi, ripeterà loro: «Ecco io sono con voi fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Certo egli è con noi mediante la sua grazia, la sua parola, i sacramenti. Tuttavia ha scelto un modo tanto insolito quanto dimesso da non essere immediatamente riconoscibile: la vulnerabilità dell'altro. Sotto i panni dell'altrui fragilità Dio ha scelto di stabilire la sua dimora, lì ha scelto di piantare la sua tenda e lì ha chiesto di essere onorato, proprio come lo si riconosce e si adora "sotto i veli che il grano compose". Tutte le volte che ci saremmo misurati con la debolezza altrui, lì egli fissava l'appuntamento da non disattendere.
Corpus hominis, corpus Domini: sotto il velo della mia umanità la presenza del Signore. Quale grandezza!
"Caro salutis cardo", ripeteva Tertulliano. La carne è il cardine della salvezza.
Rivestendo l'abito dimesso della fragilità e del bisogno, stabiliva che Dio non è da cercare ma da riconoscere e accogliere. Se Dio si è fatto uomo, è sempre con l'uomo che i credenti devono accettare di misurarsi se vogliono misurarsi con Dio. A determinare la riuscita di un'esistenza non è, così, il rapporto con Dio ma quello con gli uomini.
Alla fine, nessun giudizio, solo una rivelazione di quello che ha animato il cuore dell'uomo e perciò una separazione, la stessa che è possibile effettuare tra pecore e capre.
Stando così le cose, egli stabiliva che l'intera nostra esistenza, senza soluzione di continuità, sarebbe diventata la vera liturgia da offrire a Dio. C'è, forse, un istante della nostra giornata in cui qualcuno non fa appello implicitamente al nostro sguardo, alla nostra attenzione, alla nostra cura? Da chi ci tende una mano a chi ci mostra il suo viso triste, da chi è chiuso nel suo isolamento a chi non riesce a gustare un po' di serenità, da chi registra la ferita dell'abbandono a chi quella dell'incomprensione, noi siamo posti continuamente di fronte al mistero santo di Dio che si manifesta nascondendosi, ossia facendo appello alla tua libertà e a quella presenza di sé impressa dentro di te mentre venivamo plasmati a sua immagine e somiglianza.
Nessuno resterà uno sconosciuto per noi. Quand'anche non sapessimo nulla della sua vita, abbiamo l'informazione che più conta: Cristo lo ha unito a sé al punto da identificarcisi.
Un desiderio, a volte lancinante a volte quasi celato, anima il cuore di ogni uomo, ne sia consapevole o meno, quello di incrociare il volto di Dio. «Quando vedrò il suo volto?» (Sal 41), ripete il salmista. Non potrebbe non essere così. Creati a immagine e somiglianza di quel volto, noi andiamo continuamente alla ricerca dei frammenti che ci aiutino a delinearlo, a riconoscerlo. E poiché non poche volte facciamo fatica ad accogliere il nostro volto e la nostra storia, finiamo per credere che il volto di Dio abbia nulla a che spartire con i volti che incrociamo lungo il nostro cammino. L'incontro con il volto di Dio, invece, avviene già qui, già ora nell'incontro con i volti degli uomini.
Si riconosce così la signoria e la regalità di Dio solo quando ci si lascia interpellare dai volti dei fratelli.


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