Triduo pasquale






Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 4/2023)


ANNO A, 6-8 aprile 2023
Triduo pasquale


Visualizza i brani delle letture:
Giovedì santo
Venerdì santo
Veglia di Pasqua



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Giovedì Santo: Un Dio che porta il grembiule
Veglia di Pasqua: L'amore che sfida la notte


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6 aprile 2023
Giovedì Santo


UN DIO CHE PORTA IL GREMBIULE



La comunione di mensa con i peccatori come con i suoi era ciò che racchiudeva mirabilmente il senso dell'esistenza e della missione di Gesù. Uomini tagliati fuori dalla relazione con Dio, attraverso l'amicizia e la condivisione offerte loro da Gesù, venivano riconciliati con Dio.
Quel pasto avrebbe dovuto narrare il linguaggio di un amore sconfinato senza preclusioni. Gesù si donava all'interno di una storia di tradimento: nella notte in cui veniva tradito egli prese il pane. Il segno del suo amore un pane spezzato in una notte di tradimento: perché sappiate fino a che punto siete stati e siete nel cuore di Dio.
Ore di buio quelle in cui veniva istituito il sacramento dell'amore. Ed era notte, ricorda l'evangelista, intendendo non tanto il tempo cronologico ma una cifra più ampia: la notte evoca l'oscurità, la vittoria delle forze del male, la sconfitta della luce. In quella notte un'esperienza conviviale.
La mensa è luogo di incontro e di condivisione. Una mensa sulla quale Gesù non dà qualcosa ma sé stesso. Quale capovolgimento! Un padrone è tale perché sa di disporre della vita altrui. Pilato lo ricorderà persino a Gesù: non sai che io ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce? Non così Gesù: nonostante conosca la qualità di quelle mani a cui si dona, egli, il Signore e il Maestro, si espone ugualmente. Anzi, userà il linguaggio dell'amicizia proprio con chi l'ha già venduto: amico!
Avrebbe sconcertato chiunque il gesto di quella sera. Ai suoi - oltre alla tavola - lasciava uno strumento: il grembiule. Quella sera, infatti, Dio ha deposto gli abiti dell'autorità e del prestigio per indossare un umile abito da lavoro. Non ha voluto abiti da cerimonia o da parata: quelli sono stati definitivamente deposti per indicare in che modo intendeva stare di fronte all'uomo. Un Dio che porta il grembiule. Il grembiule attesta che si avvicina a Dio solo chi accetta di stare di fronte all'altro nell'atteggiamento dell'umile servizio.
Perché quel gesto? Perché quanto celebriamo nell'eucaristia si svuota se non lo si traduce con un amore che rovescia i criteri mondani.
Affatto ovvio che Gesù lavi i piedi dei suoi discepoli, tanto è vero che suscita lo stupore imbarazzato e la loro resistenza. Lui il Signore e il Maestro si spoglia di ogni sua prerogativa per assumere quella dei suoi amici: non è forse proprio dell'amore voler condividere la sorte dell'amato? Quello di Gesù non era il gesto di un estroso: era il gesto di uno pienamente consapevole di ciò che stava per compiere. Faranno fatica a capirlo quel gesto se sarà necessario che il Maestro lo spieghi dopo averlo compiuto. Quanto di lì a poco egli avrebbe dovuto subire sulla sua pelle era segno dell'amore che giunge alla sua pienezza. Proprio ciò che Pietro faticherà ad accettare: essere amato fino a questo punto e a questo prezzo.
Ma lo sconcerto non finisce in quel gesto compiuto da lui perché in quel gesto, cioè in quel modo di stare davanti all'altro, egli racchiudeva il senso dell'essere suoi discepoli: se dunque io... anche voi... in quel gesto la traduzione esistenziale di quanto celebriamo ogni volta nel rito. Se dunque io... anche voi...: una tavola e un grembiule.


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8 aprile 2023
Veglia di Pasqua


L'AMORE CHE SFIDA LA NOTTE



Lo abbiamo accompagnato nel suo affidamento alle mani del Padre;ci siamo fatti compagni di cammino di Giuda e con lui abbiamo riconosciuto di essere soltanto dei poveri uomini; ci siamo poi riconosciuti in Pilato per la cui indifferenza l'acqua nel catino è sempre a temperatura giusta; ci siamo rivisti in Pietro, colui che riserva per sé sempre una via di sicurezza; ci siamo rispecchiati in Simone di Cirene che impara a seguire Gesù per amore dopo averlo fatto per forza; ci siamo riletti nella Veronica, il cui gesto di asciugare il volto dona una brezza di gratuità in un momento drammatico; ci siamo riconosciuti in Giovanni, l'amico che resta accanto anche quando l'altro dovesse toccare il livello più basso; ci siamo messi alla scuola di Maria per apprendere cosa significhi resistere continuando a mettere al mondo la vita quando tutto parla di morte. Forse siamo convinti che questo possa bastare per esprimere il nostro compianto nei confronti del Signore.
E invece no. Questa sera ci è chiesto di accodarci al pellegrinaggio delle donne, non per visitare una tomba ma per incontrare il Risorto. Troppe nostre notti sono senza memoria e senza attesa! Le attraversiamo non ricordando più ciò che Dio ha compiuto nelle grandi notti dell'umanità e perciò non attendendo più nulla se non che una pietra sigilli tutto definitivamente.
Una sorta di pensiero magico ci fa ritenere che la gioia sia qualcosa che rimpiazzi o si sostituisca al dolore, magari cancellandolo o ignorandolo. La gioia che viene dalla Pasqua, invece, è la gioia che matura dentro il dolore del mondo. La Pasqua ci attesta che l'amore di Dio si manifesta proprio nell'ora del dramma per vie a noi sconosciute.
Abbiamo bisogno di accodarci al pellegrinaggio delle donne perché se il dolore che provano è grande, lo è altrettanto e ancor di più l'amore che fa loro sfidare la notte. Le donne non si lasciano impietrire dal dolore ma cercano di vincerlo con gesti di pietà e di affetto. E non è ciò di cui abbiamo bisogno anche noi?
Il messaggio dell'angelo ha dell'assurdo: come si può dire a chi l'ha visto spirare, tirar giù dalla croce e chiuderlo in una tomba, non è qui, come se non fosse accaduto nulla? L'angelo, però, non ha detto che non è accaduto nulla. Ha detto che è risorto. È passato per davvero attraverso la morte e una morte orrenda, umiliante e dolorosa. Ma appunto vi è passato. La morte non è stata bypassata, anzi! Non continuare a cercare un morto: so che cercate Gesù il Crocifisso, dice l'angelo alle donne. L'angelo le invita ad accorgersi della novità avvenuta: qui non c'è più niente. Dio ha sconvolto le leggi dentro le quali eravate prigioniere.
Credere nella risurrezione non significa evitare la morte ma attraversarla e vincerla non attraverso una riedizione della vita precedente ma mediante l'ingresso nella vita stessa di Dio. Un anticipo di questo ingresso nella vita di Dio l'abbiamo già tutte le volte che amiamo qualcuno. Ripeterà san Giovanni: noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita se amiamo i fratelli. Tutte le volte chequalcuno ha acuore la vicenda diun altro, celebra la sua Pasqua perché esprime in questo modo ciò che un giorno vivremo in pienezza.


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