Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 2/2022)
ANNO C – 13 febbraio 2022
VI Domenica del Tempo ordinario
Geremia 17,5-8 • Salmo 1 • 1 Corinzi 15,12.16-20 • Luca 6,17.20-26
(Visualizza i brani delle Letture)
VI Domenica del Tempo ordinario
Geremia 17,5-8 • Salmo 1 • 1 Corinzi 15,12.16-20 • Luca 6,17.20-26
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LA VERA FISIONOMIA DELLA CHIESA
Una ben precisa fisionomia di Chiesa è quella che emerge dalla pagina di Luca: non un gruppo elitario di gente che si tiene in disparte ma una comunità collocata tra l'ascolto di Dio e la folla a cui è inviata. A questa comunità Gesù annuncia una parola che rovescia ogni parametro del vivere sociale. Agli occhi di Dio, infatti, è beato chi è povero, chi è affamato, chi piange e chi è respinto, mentre è da compiangere («sono addolorato per voi», afferma Gesù) chi è nella ricchezza, nella sazietà, coloro che ridono e quelli che godono della stima del mondo.
Beati voi poveri... Il povero è beato non per la sua situazione di indigenza da cui bisogna far di tutto per venirne fuori, ma perché, anche in quella condizione, non cessa di vivere affidato al Signore. "Beato" per la Scrittura non è quello che noi intendiamo per "felice". Beato è piuttosto chi trova la consistenza del suo essere e del suo agire in ciò che il Signore chiede, nella sua Parola. Beato è chi vive la consapevolezza di essere amato da Dio in qualunque condizione si trovi. Chi sperimentala sua fragilità e la sua debolezza può mettere in gioco sé stesso e non qualcosa di sé.
Quelli che sono da compiangere lo sono non per la condizione in cui si trovano ma perché presumono di sé, confidando solo in sé stessi ritenendosi autosufficienti e artefici della loro esistenza, rimuovendo dalla loro prospettiva il Signore a cui si deve la loro origine e la loro stessa sussistenza.
Dove sta la sfortuna del ricco secondo le parole del Signore? Nel voler prolungare il suo presente, senza attendere più nessuno. Il "guai" che Gesù pronuncia è il lamento su vite sbagliate la cui condanna è l'insignificanza e la solitudine avendo già ricevuto la propria ricompensa. Chi confida nel Signore, ricorda il profeta Geremia, è come un albero piantato lungo un corso d'acqua: egli non si dà pena nell'anno della siccità e non smette di produrre frutti persino nella stagione infausta.
Si è beati, allora, non quando si è poveri o affamati di per sé. Lo si è quando questa condizione non impedisce di essere signori. Chi è signore, infatti, non tiene per sé, ma condivide il suo essere, il suo avere, il suo sapere. Forse, molto più opportunamente, il nostro "beati" è tradotto in francese con "en marche", in cammino.
In cammino voi poveri: il regno di Dio è per gente come voi che non si sente arrivata e non è preoccupata di vivere le relazioni solo in base al profitto. In cammino... Chi è ricco, chi è sazio, chi vive la vita come un gioco non può sentire l'invito a stare sulla strada e a non assolutizzare nulla e nessuno, dal momento che la vita non dipende dagli esiti delle proprie conquiste ma dalla fiducia nel Signore che ha scelto di farsi via per noi.
Non è la povertà o il dolore ad attirare lo sguardo benevolo di Dio ma i poveri e gli afflitti. È a loro che si affida per farsi strada nel mondo. A ragione è stato detto che il discepolo è un povero che va a dire a un altro povero dove tutti e due potranno trovare pane in abbondanza. La storia avanza non sulle spalle dei prepotenti ma su quelle di chi non ha permesso a una situazione di indigenza, di dolore, di rifiuto, di abdicare all'umana dignità.
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