III Domenica di Pasqua (A)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 4/2020)



ANNO A – 26 aprile 2020
III Domenica di Pasqua

Atti 2,14a.22-33 • Salmo 15 • 1 Pietro 1,17-21 • Luca 24,13-35
(Visualizza i brani delle Letture)

GESTI SEMPLICI CHE PROFUMANO DI RISURREZIONE

Nella vita ci sono momenti di grande fatica, momenti di sofferenza e confusione, momenti in cui non riusciamo a trovare il bandolo della matassa del nostro vivere. Questa è l'esperienza dei due discepoli di cui ci parla il Vangelo. Uno di essi si chiama Clèopa, l'altro è anonimo: Luca utilizza questo stratagemma letterario per dirci che quel discepolo siamo proprio noi, con il volto triste e con i progetti in frantumi. Incapaci di credere alla promessa del Signore, anche a noi a volte viene da ripetere: «Noi speravamo... però...».
Come spesso ci accade, i due discepoli discutono delle loro delusioni e tristezze; letteralmente nel testo greco si legge: «si buttano addosso» parole tristi e senza speranza, si rimpallano il proprio malessere. Ma in questa sabbia mobile di discorsi che sembra risucchiarli sempre più, qualcuno si affianca e fa loro alcune domande. Luca annota che i due discepoli si fermano: forse perché non si può allo stesso tempo camminare, pensare e parlare. Quando si deve pensare e parlare di cose serie bisogna fermarsi e guardarsi negli occhi. È grazie alle domande di Gesù che i due riescono a tirar fuori la loro tristezza ricordano e rileggono il loro vissuto da una prospettiva diversa, la prospettiva della parola di Dio, della fiducia e della speranza. E così il loro cuore inizia a scaldarsi.
Questa è l'esperienza della risurrezione che nasce dalla capacità di tirare fuori quello che si porta nel cuore, di confrontarsi in modo schietto e franco, a volte anche con parole dure che ci scuotono dal nostro torpore: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!». Un rimprovero che, però, è accompagnato da una vicinanza che viene rinnovata, che siede a tavola insieme, che condivide e spezza insieme il pane. La risurrezione, infatti, è esperienza di relazione e non di isolamento. Nasce dal dialogo e dalla condivisione con l'altro. Un dialogo che, all'inizio, sembra uno scambio di parole come tanti altri, una condivisione che sembra avere il sapore di una cena improvvisata tra amici delusi; un dialogo e un pasto che, invece, quando sono vissuti con autenticità e profondità, si trasformano in vere e proprie eucaristie, in cui ci si scambiano parole che sono realmente "evangelo" ("buona notizia"), in cui si condivide il pane della vita e si recupera speranza e fiducia.

Il dialogo a cuore aperto con un amico, un pasto con persone a cui vuoi bene, una sosta in cui facciamo silenzio e ascoltiamo il Vangelo, l'eucaristia domenicale in cui ci ritroviamo insieme come comunità portando al Signore le nostre gioie e le nostre delusioni: si tratta di gesti semplici, che talvolta sembrano anche un po' banali; sono però gesti che, quando sono vissuti con genuinità, portano in sé il profumo e la forza della risurrezione.
Si tratta, infatti, di gesti che ci restituiscono la speranza, la gioia del vivere; sono gesti che scaldano il cuore e ci danno la forza di ritornare alla comunità e alle relazioni che volevamo abbandonare o che forse abbiamo già abbandonato. A volte la tentazione dell'abbandono può farsi sentire per i più svariati motivi: è difficile restare fedeli alle nostre relazioni, a volte è difficile rimanere anche nella Chiesa. Ma il Vangelo ci dice che proprio le nostre relazioni e la Chiesa sono il reale luogo della fraternità che permette il recupero della fede e del nostro desiderio di amare e di essere amati.


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