Domenica di Pasqua (A)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 4/2020)



ANNO A – 12 aprile 2020
Domenica di Pasqua

Atti 10,34a.37-43 • Sal 117 • Colossesi 3,1-4 [1Corinzi 5,6-8] • Giovanni 20,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)

CAMBIARE PROSPETTIVA

La Pasqua ricorre sempre nel cuore della primavera, per l'esattezza ricorre sempre nella domenica dopo il primo novilunio di primavera e coincide con il tempo in cui la natura, dopo il sonno invernale, torna a vivere. Come la natura dopo il sonno invernale si risveglia e germoglia, per portare frutto a suo tempo, cosi anche noi siamo chiamati a risorgere insieme a Cristo, perché come scrive papa Francesco: «La risurrezione di Gesù, non è una cosa del passato; contiene una forza viva che continua a penetrare il mondo» (EG 276.278).
Il Vangelo ci ricorda che possiamo sperimentare la risurrezione se sappiamo correre e vedere. Innanzitutto, correre: come Maria di Magdala che corre da Simon Pietro, innescando un'altra corsa, quella del discepolo amato e di Pietro verso il sepolcro. Il Vangelo non parla di un correre affannoso, per Giovanni correre significa: partire, ricominciare, cercare, non sentirsi arrivati… Perché se stiamo fermi, bloccati dalla paura o dalle nostre false convinzioni, non possiamo sperimentare il dinamismo della risurrezione.
Correre, ma anche vedere. O, meglio, correre, per entrare e vedere, cioè per cambiare prospettiva e cogliere il senso di quello che si vive. Giovanni nel Vangelo racconta di un vedere sempre più penetrante che permette di comprendere in profondità e di credere. Il rischio delle nostre vite è quello di fare mille cose, ma senza vedere e cogliere il bandolo della nostra storia. Proprio correndo e vedendo in profondità cambieremo prospettiva e risorgeremo. Infatti, la risurrezione è cambiare modo di vedere le cose per riconoscere la vita che rinasce lì dove tutti gli altri vedono solo un sepolcro vuoto con dei teli e un sudario. Si risorge quando si cambia prospettiva e si coglie che il vero senso della vita non è l'apparire, l'esteriorità, le cose che possediamo; si risorge quando si scopre che il segreto della vita sta in un sepolcro, in una vita donata per amore e vissuta nella fedeltà alla propria coscienza e al bene comune fino alle estreme conseguenze.

Giovanni ci ricorda che si arriva a cambiare prospettiva e a risorgere quando non si corre da soli, ma insieme; si risorge quando si inizia a guardare con lo sguardo dell'altro. Giovanni non ci racconta di una corsa solitaria, ma della corsa di due uomini: uno giovane, che è più veloce e che arriva per primo al sepolcro, e uno adulto, più lento, che arriva dopo e viene aspettato: «Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro, ma non entrò».
Risorgeremo come Chiesa se sapremo correre e aspettarci insieme, giovani e adulti. A noi adulti che siamo sempre pronti a criticare i giovani, il Vangelo ricorda che per risorgere dobbiamo anche noi metterci a correre insieme a loro: non possiamo stare fermi e pretendere di trovarci sulla loro lunghezza d'onda. I giovani hanno qualcosa del profeta: arrivano e vedono prima, hanno la capacità di immaginare il futuro e di dire quello che pensano. I giovani sanno smascherare le ambiguità di noi adulti e hanno anche la capacità di guardare più avanti. Noi adulti siamo più lenti, però abbiamo un passo più costante e perseverante anche nelle difficoltà.
Per risorgere è necessario lo sforzo dei giovani per aspettare e lo sforzo degli adulti per accelerare e per aiutare i giovani a entrare nella vita nuova.


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