Il diaconato in Italia n° 213
(novembre/dicembre 2018)
EDITORIALE
Conversione e, quindi, sinodia
di Giuseppe Bellia
A leggere il bel documento della Commissione Teologica Internazionale su «La sinodalità nella vita e nella missione della chiesa», si ha la rassicurante impressione che tutto sia teologicamente ben documentato e argomentato, pronto per essere accolto e attuato nella prassi pastorale delle chiese. Non è la prima volta che ci vengono offerti dagli esperti documenti per noi densi di dottrina, esposta con cognizione e competenza oltre che con padronanza linguistica e precisione concettuale. Il passato dolorosamente c'insegna che questi encomiabili documenti sembrano destinati ad avere una risonanza effimera, più mediatica che effettiva, subito rimpiazzati da altri progetti, mancando sempre una seppur minima ricognizione critica sui frutti delle proposte precedenti. Chi conserva un ricordo operoso dei non pochi progetti di evangelizzazione proposti autorevolmente negli ultimi decenni per la vita delle nostre comunità? Del Convegno ecclesiale di Firenze, chi conserva ancora fattiva memoria?
A una osservazione più attenta, sembra che dopo un fuoco iniziale, tutto vada a spegnersi, a esaurirsi perché ogni volta è come se lo scritto non avesse risorse adeguate per incidere e durare. Non dico dal punto di vista della dottrina, esposta come in questo caso con una pervasiva riflessione sistematica e con abbondanza di argomentazioni esegetiche, patristiche e teologiche ma per un'insufficiente opera di illuminazione e di consolazione, quasi che lo Spirito non avesse la forza d'interpellare e trasformare il nostro reale vissuto quotidiano. Si ha la sensazione che, ogni volta, si è chiamati a imparare o a convenire su principi ed esortazioni per tradurre in qualcosa da fare, da applicare nel breve tempo, per realizzare subito quanto esposto, bypassando quella dimensione interiore e radicale che richiede non un'adesione a istruzioni giuste e a legittime indicazioni, ma l'ardua e continua conversione del cuore.
Un percorso questo in salita che non è orientato quindi direttamente al fare, per attuare cose anche sacrosante. La parola del Vangelo ci ricorda che si deve percorrere la via angusta della spoliazione, della diminuzione, della kenosi, se si vuole entrare per la porta stretta che conduce alla vita (Mt 7,13-14). Chi voleva aderire a Lui per amarlo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente (Mt 22,37), doveva imparare a conoscere e a discernere se il suo generoso attaccamento al Cristo era secondo lo Spirito di sapienza donata dall'alto o invece era secondo il fallace «sentire degli uomini», come nell'infortunio accaduto a Pietro (Mt 16,23). Una non meno vivida e toccante indicazione a riguardo è narrata da Luca nell'episodio delle due sorelle (Lc 10,38-42). Con garbo e amabile ironia l'evangelista racconta come Marta è ripresa da Gesù nel suo atteggiamento risoluto, ostentatamente servizievole e in affanno per le preoccupazioni dettate da una pronta e decorosa regola di ospitalità. Impegni comprensibili che la agitano, facendole dire a Gesù parole forti e avventate, proprie di chi non ha avuto tempo per pensare e discernere ciò che è bene «secondo Dio».
Apprensione che non tocca invece il cuore riconciliato di Maria che, disposto all'ascolto innamorato della Parola, se ne sta tutta assorta ai piedi di Gesù. Pacificata nella sua mente, illuminata nel suo modo di pensare dall'esercitato discernimento del paziente ascolto, comportandosi non secondo le consuetudini convenzionali del suo ristretto ambiente sociale ma andando oltre il naturale buon senso, scegliendo l'irrinunciabile parte buona da cui nessuno la può allontanare. Parola ascoltata, accolta che prepara la risposta del credente, nella reciprocità di una vera, continua e trasformante relazione personale. Sono questi gli elementi costitutivi di un progressivo e incessante percorso di conversione, in un dialogo mai ripetitivo e asfittico con l'amabile maestro e Signore. Ogni altra vistosa impresa, anche se produttiva, rischia di essere condannata dal giusto giudizio del Signore come opera d'iniquità (Mt 7,22-23).
Ecco, è in questa prospettiva profetica di un discepolato che conosce la fatica quotidiana della croce, di una sequela animata da una reale esigenza di conversione che sento d'invitare i diaconi e quanti hanno a cuore il servizio nella Chiesa, a leggere e meditare l'invito alla sinodalità proposto nel documento della Commissione teologica che riprende e amplifica puntualmente le parole di papa Francesco: «Camminare insieme è la via costitutiva della Chiesa; la cifra che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; la condizione per seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito» (120). C'è in questa breve pericope tutto ciò che serve per comprendere perché abbiamo legato in questo numero monografico sinodalità e spiritualità. Non a caso synodia evoca, in Lc 2,41-50, il cammino periglioso della fede che racchiude la paura di una perdita impensabile, l'ansia di una ricerca e lo stupore di un ritrovamento inatteso.
A una osservazione più attenta, sembra che dopo un fuoco iniziale, tutto vada a spegnersi, a esaurirsi perché ogni volta è come se lo scritto non avesse risorse adeguate per incidere e durare. Non dico dal punto di vista della dottrina, esposta come in questo caso con una pervasiva riflessione sistematica e con abbondanza di argomentazioni esegetiche, patristiche e teologiche ma per un'insufficiente opera di illuminazione e di consolazione, quasi che lo Spirito non avesse la forza d'interpellare e trasformare il nostro reale vissuto quotidiano. Si ha la sensazione che, ogni volta, si è chiamati a imparare o a convenire su principi ed esortazioni per tradurre in qualcosa da fare, da applicare nel breve tempo, per realizzare subito quanto esposto, bypassando quella dimensione interiore e radicale che richiede non un'adesione a istruzioni giuste e a legittime indicazioni, ma l'ardua e continua conversione del cuore.
Un percorso questo in salita che non è orientato quindi direttamente al fare, per attuare cose anche sacrosante. La parola del Vangelo ci ricorda che si deve percorrere la via angusta della spoliazione, della diminuzione, della kenosi, se si vuole entrare per la porta stretta che conduce alla vita (Mt 7,13-14). Chi voleva aderire a Lui per amarlo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente (Mt 22,37), doveva imparare a conoscere e a discernere se il suo generoso attaccamento al Cristo era secondo lo Spirito di sapienza donata dall'alto o invece era secondo il fallace «sentire degli uomini», come nell'infortunio accaduto a Pietro (Mt 16,23). Una non meno vivida e toccante indicazione a riguardo è narrata da Luca nell'episodio delle due sorelle (Lc 10,38-42). Con garbo e amabile ironia l'evangelista racconta come Marta è ripresa da Gesù nel suo atteggiamento risoluto, ostentatamente servizievole e in affanno per le preoccupazioni dettate da una pronta e decorosa regola di ospitalità. Impegni comprensibili che la agitano, facendole dire a Gesù parole forti e avventate, proprie di chi non ha avuto tempo per pensare e discernere ciò che è bene «secondo Dio».
Apprensione che non tocca invece il cuore riconciliato di Maria che, disposto all'ascolto innamorato della Parola, se ne sta tutta assorta ai piedi di Gesù. Pacificata nella sua mente, illuminata nel suo modo di pensare dall'esercitato discernimento del paziente ascolto, comportandosi non secondo le consuetudini convenzionali del suo ristretto ambiente sociale ma andando oltre il naturale buon senso, scegliendo l'irrinunciabile parte buona da cui nessuno la può allontanare. Parola ascoltata, accolta che prepara la risposta del credente, nella reciprocità di una vera, continua e trasformante relazione personale. Sono questi gli elementi costitutivi di un progressivo e incessante percorso di conversione, in un dialogo mai ripetitivo e asfittico con l'amabile maestro e Signore. Ogni altra vistosa impresa, anche se produttiva, rischia di essere condannata dal giusto giudizio del Signore come opera d'iniquità (Mt 7,22-23).
Ecco, è in questa prospettiva profetica di un discepolato che conosce la fatica quotidiana della croce, di una sequela animata da una reale esigenza di conversione che sento d'invitare i diaconi e quanti hanno a cuore il servizio nella Chiesa, a leggere e meditare l'invito alla sinodalità proposto nel documento della Commissione teologica che riprende e amplifica puntualmente le parole di papa Francesco: «Camminare insieme è la via costitutiva della Chiesa; la cifra che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; la condizione per seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito» (120). C'è in questa breve pericope tutto ciò che serve per comprendere perché abbiamo legato in questo numero monografico sinodalità e spiritualità. Non a caso synodia evoca, in Lc 2,41-50, il cammino periglioso della fede che racchiude la paura di una perdita impensabile, l'ansia di una ricerca e lo stupore di un ritrovamento inatteso.
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