Triduo pasquale

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 4/2019)



ANNO C – 18-20 aprile 2019
Triduo pasquale


Visualizza i brani delle letture:
Giovedì santo
Venerdì santo
Veglia di Pasqua


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Giovedì Santo: Un pane e un calice di vita
Veglia di Pasqua: Un amore che attraversa la nostra storia


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18 aprile 2019
Giovedì Santo

UN PANE E UN CALICE DI VITA

Nel celebrare il triduo pasquale corriamo sempre un rischio molto concreto: quello di ridurre i riti a una sorta di spettacolo da guardare estatici e immobili, senza lasciarci coinvolgere. Rischiamo di ridurre la memoria dell'ultima cena a un ricordo nostalgico, facendo del pane e del vino dell'eucaristia una sorta di reperti archeologici da chiudere dentro ostensori e tabernacoli dorati. Proprio il libro dell'Esodo, nel racconto dell'uscita del popolo di Israele dall'Egitto, e il racconto della lavanda dei piedi, ci impediscono invece di fare della Pasqua e dell'eucaristia degli oggetti da museo.
La celebrazione odierna ci ricorda che c'è un cibo che ci permette di non restare prigionieri nell'Egitto delle nostre pigrizie, perché l'eucaristia è da mangiare con l'abito del pellegrino: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano. Come ha ricordato papa Francesco ai giovani nella Gmg di Cracovia, l'eucaristia è il pane che vuole farci rialzare dai nostri comodi divani, perché la felicità sono due piedi pronti a lasciarsi lavare da Gesù, per essere a loro volta capaci di andare verso gli altri non per essere serviti, ma per servire.
Certamente il cammino non è affatto semplice. Ma, come ricorda anche Paolo alla comunità di Corinto, in questo cammino di decentramento noi non siamo soli: Dio si fa nostro cibo, per sostenerci con il suo amore e con la sua misericordia. Mangiare quel piccolo pezzo di pane bianco e bere al calice significa, per noi uomini e donne moderni, evoluti, supertecnologici e disincantati, riconoscere che viviamo non solo in forza di noi stessi e del nostro progresso, ma soprattutto in forza di un dono "altro", che viene dall'alto. Il sacramento dell'eucaristia ci ricorda che Dio è presente nella nostra vita. Ed è grazie alla sua parola e al suo pane, che i nostri orizzonti si allargano, e che noi diventiamo capaci di vivere il segreto della vita che non è trattenere per sé, ma è spezzare e versare la propria vita per gli altri.

La celebrazione di oggi ci spinge anche a superare un fraintendimento - ancora molto diffuso - tra noi cristiani: l'idea che l'eucaristia sia un alimento destinato solo a chi è perfetto. La Parola che abbiamo ascoltato ci ricorda che, come Gesù ha acqua nel catino per lavare i piedi di tutti, anche di Giuda, così il pane dell'eucaristia non è il pane dei giusti ma dei peccatori. Come ha scritto Francesco nell'Evangelii gaudium (47): «L'eucaristia non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli». L'eucaristia non è sbandieramento di una virtù; è invece riconoscimento della nostra pochezza e del nostro desiderio di riprendere il cammino sulle vie del Vangelo.
Mangiare quel piccolo pezzo di pane bianco e bere al calice, non è né ostentazione di una nostra presunta giustizia, né un gesto magico che ci dà delle grazie particolari. Mangiare quel piccolo pezzo di pane significa fare comunione con Gesù, significa fare di tutto perché la logica che ha animato Gesù sia incarnata nella nostra vita e incida profondamente sulle nostre scelte quotidiane.


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20 aprile 2019
Veglia di Pasqua

UN AMORE CHE ATTRAVERSA LA NOSTRA STORIA

Nella veglia "madre di tutte le veglie" (sant'Agostino), con parole, azioni e segni, con il nostro corpo e i suoi sensi, con il fuoco, l'acqua, il pane e il vino noi celebriamo la risurrezione di Gesù, la vittoria della vita eterna sulla morte, sulla nostra morte di umani deboli e mortali. «Cristo è risorto! È veramente risorto!»: questo è il nostro grido, la nostra fede, la nostra speranza e lo scaturire della nostra gioia. La nostra fede pasquale non è una favola, ma una storia di amore, in cui Dio si rivela come il Dio della misericordia, il Dio "lento all'ira e grande nell'amore", un amore che in Gesù si rivela più forte di tutto, anche della morte.
In questa notte la Chiesa ci invita a ripercorrere questa storia fm dal suo principio. Dio si rivela, innanzitutto, come creatore, come origine delle nostre storie. In principio Dio si rivela come il Dio della gratuità, il Dio che dona all'uomo la vita e il creato. Come ricorda Francesco nella Laudato si' la vita e la terra ci precedono e ci sono state donate. Ecco il primo tratto dell'amore di Dio: il dono sovrabbondante e gratuito. Nello svolgersi della nostra storia Dio continua a rivelarsi come amico dell'uomo, come colui che non gradisce i sacrifici umani e blocca la mano di Abramo, come un Dio che non gradisce il sangue, nemmeno del peccatore (Ez 33,11), perché il Dio in cui crediamo è amante della vita!
Questa è la gioia della Pasqua: Dio è amore sovrabbondante e gratuito, è venuto per aprire cammini di liberazione, per ascoltare il grido dei miseri e degli oppressi e per donarci il suo amore dal quale nulla e nessuno ci può separare. N ella Pasqua ci viene rivelato il volto di un Dio che non ci lascia prigionieri nemmeno della morte. La notte della risurrezione è la grande notte in cui il Padre risuscita il Figlio, ridandogli vita e rivelandosi come amore più forte anche del nostro nemico tremendo che tutto sembra divorare.
Nel vangelo di Luca, la risurrezione nasce dalla capacità di fare memoria. Si legge che le donne "si ricordarono". Etimologicamente "ri-cordare" significa "riportare al cuore". Ci sarà Pasqua e risurrezione se sapremo fare memoria dell'amore di Dio per noi, se sapremo tenere vivi nei nostri cuori la certezza che la nostra storia non solo ha una buona origine, ma anche una buona meta.

In questa notte la Chiesa ci invita a fare memoria dell'amore di Dio che ha attraversato e continua ad attraversare la nostra storia. Memoria che diventa, per ciascuno di noi, responsabilità. Di fronte a questo Dio che è amore sovrabbondante, non possiamo restare indifferenti. Abbiamo ascoltato: «Le donne ricordarono e annunciarono». La memoria diventa annuncio e testimonianza.
Ci sarà Pasqua se sapremo custodire il creato, considerandolo non come un possesso, ma come un prestito che Dio ci ha fatto e che dobbiamo restituire più bello e abitabile ai nostri figli e nipoti. Ci sarà risurrezione se matureremo una fede profonda come quella di Abramo, per scoprire e vivere nell'amicizia con Dio. Ci sarà Pasqua se, come Mosè, daremo voce e carne al Dio che sta dalla parte degli oppressi e degli ultimi, aprendo cammini di giustizia e di equa distribuzione dei beni. Infine, ci sarà Pasqua se capiremo che solo l'amore dà senso pieno non solo al nostro vivere, ma anche al nostro morire.


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