III Domenica di Quaresima (C)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 3/2019)



ANNO C – 24 marzo 2019
III Domenica di Quaresima

Esodo 3,1-8a.13-15 • Salmo 102 • 1 Corinzi 10,1-6.10-12 • Luca 13,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)

CONVERTIRE IL NOSTRO SGUARDO SU CIÒ CHE ACCADE

Il cammino quaresimale ci ripropone, in questa terza tappa, il tema della conversione secondo una nuova prospettiva: quella che muove dalle domande che sorgono a partire dagli avvenimenti della vita. L'episodio di oggi si snoda su due scene: nella prima si racconta, da un lato, dell'uccisione da parte di Pilato di alcuni fedeli presso il Tempio, forse effetto della più tipica delle rappresaglie di regime, per cui si tratta di colpire qualcuno per educarne molti. L'altro episodio è quello di una torre crollata a Siloe, con la conseguente morte di diciotto persone.
La domanda che scaturisce da queste circostanze è se ci sia un collegamento tra disgrazie e colpe personali. Gesù è categorico: «No, io vi dico». Si tratta di un passo di importanza straordinaria perché possiamo conoscere l'autentico volto di Dio, che non ha propositi di vendetta né uno stile educativo basato sulla punizione. Eppure Gesù, con il suo approccio "laico" alla disgrazia, afferma al contempo che gli eventi della vita vanno presi sul serio. Si può essere sorpresi da quanto accade, dormendoci sopra come abbiamo visto nell'episodio della trasfigurazione; oppure lasciarsene interpellare e chiedersi se non sia per noi richiamo alla conversione. La storia ci presenta continuamente episodi che spiazzano: siamo molto più sensibili alle esperienze spiacevoli, che non alle cose che vanno per il meglio.
Questa prima scena del testo non deve però condurci su una strada erronea. La forza e l'urgenza della conversione non vanno collegati a un'ipotetica impazienza di Dio. Occorre cambiare vita in fretta per noi stessi, per la nostra Chiesa e per la nostra società. La fretta non è la categoria di Dio, che al contrario è paziente, concede "ancora un anno" e magari un altro ancora. Gesù, oltre che buon pastore, si presenta come il vignaiolo appassionato che continua a sperare che l'albero di fico porti frutto. Non gli costa zappargli intorno, né concimarlo, perché la sua prospettiva è rivolta al futuro; la speranza non gli viene meno, perché l'avvenire può ancora caricarsi di frutti. Questo è lo sguardo di Dio: rivolto a un futuro fruttuoso, deluso ma non scoraggiato da tre anni di sterilità. Il Signore resiste a quelle tentazioni di urgenza che spingono noi a "tagliare" quanto sembra non funzionare. Dio propende più per la moratoria che per la resa dei conti.

E i nostri tempi come sono? Calamità naturali, violenze degli uomini e tragedie di vario genere non mancano, oggi come ieri. Viviamo in un presente di incertezze e scandali. Eppure, lo sguardo del cristiano deve tendersi al futuro. Senza essere disilluso, ma al contrario ben consapevole delle tragedie e delle colpe umane, è chiamato a restare pieno di speranza. I cristiani non devono aver paura di impegnarsi, perché la speranza riesce a dare un senso alle tante e prolungate sterilità nelle quali si incorre. È solo quando viene meno la conversione che la disperazione prende il sopravvento: la fortuna della Chiesa è che il suo vignaiolo è il Signore Gesù e bastano solo un po' di forze per continuare a zappare e concimare, in vista e a partire dalla conversione.


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