Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.
ANNO C - I Domenica di Quaresima
DOMENICA «DELLE TENTAZIONI DEL SIGNORE»
Deuteronomio 26,4-10 • Salmo 90 • Romani 10,8-13 • Luca 4,1-13
(Visualizza i brani delle Letture)
1. In Cristo siamo stati tentati e in lui abbiamo vinto il diavolo (Agostino, dal «Commento sui salmi», Sal 60 2-3; CCL 39,766)
2. «Ecco il tempo favorevole, ecco il giorno della salvezza» (Leone Magno, Sermo 27[40],2-4)
3. Le tentazioni nel deserto (Ambrogio, In Luc., 4,7-9.41 s.)
4. Universalità del corpo di Cristo (Agostino, Enarr. in Ps., 60,2)
5. Ogni atto di Gesù è compiuto per impulso dello Spirito (Isacco della Stella, Sermoni, 30,1-2)
6. Gesù fu tentato perché la Chiesa imparasse che si va a lui attraverso molte tribolazioni e tentazioni (Origene, dai «Discorsi sul Cantico dei Cantici»)
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In Cristo siamo stati tentati e in lui abbiamo vinto il diavolo
«Ascolta, o Dio, il mio grido, sii attento alla mia preghiera» (Sal 60,1). Chi è colui che parla? Sembrerebbe una persona sola. Ma osserva bene se si tratta davvero di una persona sola. Dice infatti: «Dai confini della terra io t'invoco; mentre il mio cuore è angosciato» (Sal 60,2).
Dunque non si tratta già di un solo individuo: ma, in tanto sembra uno, in quanto uno solo è Cristo, di cui noi tutti siamo membra. Una persona sola, infatti, come potrebbe gridare dai confini della terra? Dai confini della terra non grida se non quella eredità, di cui fu detto al Figlio stesso: «Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra» (Sal 2,8).
Dunque, è questo possesso di Cristo, quest'eredità di Cristo, questo corpo di Cristo, quest'unica Chiesa di Cristo, quest'unità, che noi tutti formiamo e siamo, che grida dai confini della terra.
E che cosa grida? Quanto ho detto sopra: «Ascolta, o Dio, il mio grido, sii attento alla mia preghiera; dai confini della terra io t'invoco». Cioè, quanto ho gridato a te, l'ho gridato dai confini della terra: ossia da ogni luogo. Ma, perché ho gridato questo? Perché il mio cuore è in angoscia. Mostra di trovarsi fra tutte le genti, su tutta la terra non in grande gloria, ma in mezzo a grandi prove.
Infatti la nostra vita in questo pellegrinaggio non può essere esente da prove e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può conoscere se stesso, se non è tentato, né può essere coronato senza aver vinto, né può vincere senza combattere; ma il combattimento suppone un nemico, una prova.
Pertanto si trova in angoscia colui che grida dai confini della terra, ma tuttavia non viene abbandonato. Poiché il Signore volle prefigurare noi, che siamo il suo corpo mistico, nelle vicende del suo corpo reale, nel quale egli morì, risuscitò e salì al cielo. In tal modo anche le membra possono sperare di giungere là dove il Capo le ha precedute.
Dunque egli ci ha come trasfigurati in sé, quando volle essere tentato da Satana. Leggevamo ora nell'evangelo che il Signore Gesù era tentato dal diavolo nel deserto. Precisamente Cristo fu tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato anche tu. Perché Cristo prese da te la sua carne, ma da sé la tua salvezza, da te la morte, da sé la tua vita, da te l'umiliazione, da sé la tua gloria, dunque prese da te la sua tentazione, da sé la tua vittoria.
Se siamo stati tentati in lui, sarà proprio in lui che vinceremo il diavolo. Tu fermi la tua attenzione al fatto che Cristo fu tentato; perché non consideri che egli ha anche vinto? Fosti tu ad essere tentato in lui, ma riconosci anche che in lui tu sei vincitore. Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere, quando sei tentato.
(Agostino, dal «Commento sui salmi», Sal 60,2-3; CCL 39,766)
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2. «Ecco il tempo favorevole, ecco il giorno della salvezza»
Giusto a proposito è risuonata alle nostre orecchie la lezione tratta dall'insegnamento dell'Apostolo: "Ecco il tempo favorevole, ecco il giorno della salvezza" (2Cor 6,2). C'è, infatti, un tempo più favorevole di questo, giorni più adatti alla salvezza dei presenti, in cui è dichiarata guerra ai vizi e si accresce il progresso di tutte le virtù ? In ogni tempo, in verità, o anima cristiana, tu dovresti vigilare contro il nemico della tua salvezza, affinché il tentatore non trovi breccia alcuna aperta alle sue astuzie; ma in questo momento, ti sono necessarie ulteriori precauzioni ed una prudenza più attenta, allorché il tuo avversario, sempre lo stesso, raddoppia i suoi attacchi, per effetto di una gelosia più aggressiva: ora, difatti, gli è tolto quel potere che gli assicurava una dominazione secolare sul mondo intero, gli sono tolte le innumerevoli armi delle sue catture (cf. Mt 12,29; Mc 3,27). Folle di ogni nazione e di ogni lingua rinunciano al più crudele dei pirati; e non vi è più una sola razza umana che non si ribelli alle sue leggi tiranniche, poiché su tutta la faccia della terra milioni di uomini si preparano alla loro rigenerazione in Cristo, si avvicina l'evento della nuova creazione (cf. Gal 6,15), e lo spirito di malizia (cf. Ef 6,12) è espulso da coloro che ne erano posseduti...
"Se sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pane" (Mt 4,3). L'Onnipotente poteva certo farlo, ed era semplice per ogni creatura, qualunque fosse la sua specie, passare, al comando del suo Creatore, alla specie che gli fosse stata ordinata di assumere; è così infatti che, quando lo volle, egli cambiò l'acqua in vino durante il banchetto di nozze (cf. Gv 2,1-10). Ma era più conveniente all'economia divina della nostra salvezza che il Salvatore vincesse la furberia del più orgoglioso dei nemici non con la potenza della sua divinità, bensì con il ministero della sua umiltà. Alla fine, messo in fuga il diavolo e smascherato il tentatore in tutti i suoi artifici, gli angeli si avvicinarono al Signore e lo servivano: colui che era vero uomo e vero Dio tenne così la sua umanità fuori della minaccia di questioni capziose e manifestò la sua divinità davanti agli omaggi dei suoi santi (cf. Mt 4,11).
Alla scuola del nostro Redentore, o carissimi, apprendiamo dunque "che l'uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Lc 4,4), e che al popolo di Dio conviene, qualunque sia il livello di astinenza in cui è posto, auspicare di nutrirsi più della parola di Dio che di cibo materiale. Abbracciamo dunque questo digiuno solenne con una devozione premurosa e una fede vigile, e celebriamolo non con una dieta sterile, quale la dettano spesso e la debolezza del corpo e la malattia dell'avarizia, bensì con una larga generosità; così saremo tra quelli di cui la stessa Verità ebbe a dire: "Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati" (Mt 5,6). Facciano le opere di pietà le nostre delizie, riempiamoci di quei cibi che nutrono per l'eternità. Poniamo la nostra gioia nel sollievo dei poveri che sazieranno le nostre elargizioni; rallegriamoci di rivestire coloro di cui copriremo la nudità dei vestiti necessari; facciamo sentire la nostra bontà ai degenti nelle loro malattie, agli infermi nella loro debolezza, agli esuli nelle loro prove, agli orfani nel loro abbandono, alle vedove desolate nella loro tristezza (cf. 1Tm 5,5); non v'è alcuno insomma, che aiutandolo, non si sdebiti di una certa parte della beneficenza.
Nessuna rendita è trascurabile quando il cuore è grande e la misura della nostra misericordia non dipende dai limiti della nostra fortuna. L'opulenza della buona volontà non manca mai di merito, anche se si hanno poche risorse. Le elemosine dei ricchi sono più importanti, e minime quelle dei meno agiati, ma il frutto delle loro opere non differisce se le anima un medesimo amore.
(Leone Magno, Sermo 27[40],2-4)
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3. Le tentazioni nel deserto
"Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo" (Lc 4,1-2; Mt 4,1). Conviene ricordare come avvenne che il primo Adamo fu cacciato dal paradiso nel deserto, affinché tu rifletta in qual modo il secondo Adamo dal deserto sia tornato al paradiso.
Osservate come la condanna sia stata revocata, e i benefici di Dio reintegrati nei loro disegni. Adamo fu plasmato con la terra vergine, Cristo è nato da una vergine; quegli fu fatto ad immagine di Dio, questi è la stessa immagine di Dio; quello fu posto al di sopra di tutti gli animali sprovvisti di ragione, questo è al di sopra di tutti i viventi; per mezzo di una donna venne la perdizione, per mezzo di una vergine viene la sapienza la morte per mezzo di un albero, la vita per la croce.
L'uno, spoglio delle cose spirituali, si coprì con le foglie di un albero; l'altro, spoglio delle cose del mondo, non ebbe bisogno del rivestimento corporale. Nel deserto Adamo, nel deserto Cristo; questi infatti sapeva dove poter trovare l'uomo condannato per ricondurlo al paradiso, dopo averne cancellato la colpa. Ma, poiché l'uomo non poteva tornare al paradiso coperto delle spoglie di questo mondo - e non può essere cittadino del cielo se non chi si è spogliato di ogni colpa - abbandonò il vecchio uomo, e si rivestì del nuovo, di modo che si avesse più un mutamento di persona che di sentenza, poiché non si possono abrogare i decreti divini.
Colui che nel paradiso, senza guida, smarrì la via assegnatagli, come avrebbe potuto, senza guida, riprendere nel deserto la via smarrita, lì dove le tentazioni sono moltissime, difficile lo sforzo verso la virtù, facile la caduta nell'errore? La virtù è un po' come le piante dei boschi: quando sono ancora basse salgono da terra verso il cielo; quando la loro età cresce nel tenero fogliame, esposte come sono al pericolo di denti crudeli, possono essere facilmente tagliate e inaridite. Ma quando l'albero si sia stabilito su profonde radici, e si erga con l'altezza dei rami, invano sarebbe attaccato dai morsi delle fiere, dalle braccia dei contadini e dal soffio delle procelle.
Quale guida dunque egli avrebbe potuto seguire contro tanti adescamenti di questo mondo, contro tanti inganni del diavolo, sapendo che noi dobbiamo lottare prima di tutto «contro la carne e il sangue», poi contro le "potenze, contro i principi del mondo delle tenebre, e contro gli spiriti del male che circolano nell'aria" (Ef 6,11-12)?
Avrebbe potuto seguire un angelo? Ma l'angelo stesso è caduto; le legioni degli angeli a malapena sono state utili a qualcuno (cf. Mt 26,53; 2Re 6,17-18). Sarebbe potuto essere inviato un serafino? Ma un serafino discese sulla terra in mezzo a un popolo che aveva le labbra immonde (cf. Is 6,6-7), e riuscì soltanto a purificare le labbra di un profeta con un carbone ardente. Si dovette cercare un'altra guida, che tutti quanti noi potessimo seguire.
E chi poteva essere una guida così grande che potesse aiutare tutti, se non colui che è al di sopra di tutti? Chi avrebbe potuto mettersi al di sopra del mondo, se non chi è più grande del mondo? Chi poteva essere una guida così sicura, che potesse condurre nella stessa direzione l'uomo e la donna, il giudeo e il greco, il barbaro e lo scita, il servo e l'uomo libero, se non il solo che è tutto in tutti, cioè il Cristo?
Noi dunque non temiamo le tentazioni, ma piuttosto vantiamocene e diciamo: "È nella debolezza che siamo potenti" (2Cor 12,10), è allora infatti che viene intrecciata per noi la corona della giustizia (cf. 2Tm 4,8). Ma questa corona di cui si parla è quella adatta a Paolo, mentre noi, dato che vi sono diverse corone, dobbiamo sperare di riceverne una qualsiasi. In questo mondo corona è l'alloro, e corona è lo scudo. Ma ecco, a te viene offerta una corona di delizie, perché "una corona di delizie ti farà ombra" (Pr 8,6); e altrove: "Ti circonderà con lo scudo della sua benevolenza" (Sal 5,13; 90,5); infine, il Signore "ha coronato di gloria e onore colui che amava" (cf. Sal 8,6). Dunque, colui che vuol darci la corona permette anche le prove: se sarai tentato, sappi che egli ti sta preparando la corona. Togli i combattimenti dei martiri, hai tolto le corone; togli i loro tormenti, hai tolto i loro trionfi.
Forse che la tentazione di Giuseppe non è stata la consacrazione della sua virtù (cf. Gen 39,7ss), l'ingiustizia del carcere la corona della sua castità? In qual modo avrebbe potuto ottenere di essere associato in Egitto alla dignità regale, se non fosse stato venduto come schiavo dai suoi fratelli? (cf. Gen 41,43). Egli stesso dimostrò che tutto questo fu voluto da Dio per mettere alla prova il giusto, dicendo: "in modo da far sì che oggi molta gente si salvasse" (Gen 50,20). Non dobbiamo quindi temere come fossero sciagure le prove del mondo, grazie alle quali si preparano per noi le buone ricompense; piuttosto, tenendo conto della condizione umana, dobbiamo chiedere di subire quelle prove che possiamo sopportare.
(Ambrogio, In Luc., 4, 7-9.41 s.)
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4. Universalità del corpo di Cristo
"Esaudisci, Dio, la mia supplica; tendi l'orecchio alla mia preghiera" (Sal 60,2). Chi parla? Sembra un individuo. Ma osserva bene se sia davvero uno. Dice: "Dai confini della terra a te ho gridato, nell'angoscia del mio cuore" (Sal 60,3). Non si tratta dunque di un solo individuo (sebbene in Cristo, di cui siamo le membra, noi tutti abbiamo unità). Una persona singola, infatti, come potrebbe gridare dai confini della terra? Dai confini della terra grida soltanto quella eredità della quale fu detto al Figlio stesso: "Chiedi a me, e ti darò le genti in tua eredità, e in tuo possesso i confini della terra" (Sal 2,8). E' dunque, questo possesso di Cristo, questa eredità di Cristo, questo corpo di Cristo, questa unica Chiesa di Cristo, questa unità che noi siamo, che grida dai confini della terra. E che cosa grida? Ciò che ho detto prima: "Esaudisci, Dio, la mia supplica tendi l'orecchio alla mia preghiera. Dai confini della terra a te ho gridato" (Sal 60,2-3). Cioè, questo ho gridato a te, dai confini della terra; ossia, da ogni luogo.
Ma perché ho gridato questo? "Mentre il mio cuore era nell'angoscia". Mostra di trovarsi in grande gloria tra tutte le genti e in tutto il mondo; eppure è in mezzo a grandi prove. Infatti la nostra vita in questo esilio non può essere senza prove, e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può riconoscersi finché non è tentato; allo stesso modo che nessuno potrà essere incoronato se non dopo la vittoria, vittoria che non ci sarebbe se non ci fossero la lotta contro un nemico e le tentazioni. È, pertanto, nell'angoscia quest'uomo che grida dai confini della terra; è nell'angoscia ma non è abbandonato. Poiché il Signore ha voluto darci in antecedenza un'idea della sorte che attende il suo corpo [mistico] che siamo noi, nelle vicende di quel suo corpo col quale egli morì, risorse ed ascese al cielo: in modo che le membra possano avere speranza di giungere là dove il capo le ha precedute. Egli ci ha insegnato a riconoscerci in lui, quando volle essere tentato da satana (cf. Mt 4,1). Leggevamo ora nel Vangelo che il Signore Gesù Cristo fu tentato dal diavolo nel deserto. Cristo fu certamente tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato tu. Tua infatti era la carne che Cristo aveva presa perché tu avessi da lui la salvezza. Egli aveva preso per sé la morte, che era tua, per donare a te la vita; da te egli aveva preso su di sé le umiliazioni perché tu avessi da lui la gloria. Così, egli prese da te e fece sua la tentazione, affinché per suo dono tu ne riportassi vittoria. Se in lui noi siamo tentati, in lui noi vinciamo il diavolo. Ti preoccupi perché Cristo sia stato tentato, e non consideri che egli ha vinto? In lui fosti tu ad essere tentato, in lui tu riporti vittoria. Riconoscilo! Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere quando tu sei tentato. Non c'è, dunque, da stupirsi se, in mezzo alle tentazioni, il salmista grida dai confini della terra. Ma perché non è sconfitto? "Nella pietra mi hai innalzato".
(Agostino, Enarr. in Ps., 60, 2)
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5. Ogni atto di Gesù è compiuto per impulso dello Spirito
"Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto" (Mt 4,1), ecc. Il mio Signore, Cristo Gesù, compie tutti i suoi atti ricevendo una direttiva, o una missione, o una chiamata, o un'ingiunzione: non fa nulla da se stesso (cf. Gv 8,28). È una missione che lo porta nel mondo; è una direttiva che lo guida nel deserto; è una chiamata che lo ha risuscitato dai morti, giusta la parola: "Alzati, mia gloria, svegliatevi, arpa e cetra" (Sal 107,3). Ma quando si tratta della Passione egli si affretta spontaneamente e volontariamente, secondo il vaticinio del Profeta: "Si è offerto perché lo ha voluto" (Is 53,7), e tuttavia, anche in quel caso, si fece obbediente al Padre fino alla morte (cf. Fil 2,8). Dottore e modello di obbedienza, non ha minimamente voluto agire o soffrire al di fuori di essa, una via che nella verità conduce alla vita (cf. Gv 14,6).
"Fu dunque condotto dallo Spirito nel deserto", o come dice un altro evangelista: "Fu spinto dallo Spirito nel deserto" (Lc 4,1). "Tutti" coloro che sono spinti dallo Spirito di Dio sono figli di Dio (cf. Rm 8,14). Ma lui, che è Figlio ad un titolo del tutto speciale e con maggiore dignità, è spinto o condotto nel deserto diversamente dagli altri e con più eccellenza: "Uscì dal Giordano" - è detto - "pieno di Spirito Santo" (Lc 4,1s); e, immediatamente, fu spinto da lui nel deserto. A tutti gli altri lo Spirito viene dato solo in una certa misura (cf. Gv 3,34); ed è in questa stessa misura che essi sono spinti in tutte le loro azioni. Ma egli ha ricevuto la pienezza della divinità, che si è compiaciuta di abitare corporalmente in lui (cf. Col 2,8): per cui, egli è spinto più poderosamente e vigorosamente ad eseguire gli ordini del Padre.
(Isacco della Stella, Sermoni, 30,1-2)
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6. Gesù fu tentato perché la Chiesa imparasse che si va a lui attraverso molte tribolazioni e tentazioni
La vita dei mortali è piena di lacci insidiosi, è tutta una rete di inganni tesi al genere umano per odio contro il Signore, da quel gigante cacciatore chiamato Nembroth. Infatti chi, se non il diavolo, è il vero gigante che si ribella anche a Dio? I lacci delle tentazioni e l'inganno delle insidie sono chiamati appunto reti del diavolo. E poiché il nemico aveva teso ovunque queste reti e vi aveva fatto cadere quasi tutti, fu necessario che venisse a infrangerle uno più forte e potente di lui per poter aprire la via a quelli che lo avrebbero seguito. Per questa ragione anche il Salvatore, prima di giungere all'unione nuziale con la Chiesa, fu tentato dal diavolo, perché con la sua vittoria sulle tentazioni potesse prepararla e chiamarla a sé, insegnandole chiaramente col suo esempio che non nell'ozio e nei piaceri, ma attraverso molte tribolazioni e tentazioni doveva venire a Cristo. Nessun altro era stato capace di oltrepassare queste reti, com'è scritto: «tutti hanno peccato» (Rm 3,23). E ancora, dice la Scrittura: «Non c'è sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi» (Qo 7,20), e di nuovo: Non c'è nessuno senza peccato, anche se la sua vita fosse di un sol giorno (cfr Sal 50,7; Gb 15,14). Dunque il nostro Signore e Salvatore Gesù è stato il solo a non commettere peccato, ma il Padre «Io trattò da peccato in nostro favore» (2Cor 5,21), cosicché «mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato, e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne» (Rm 8,3).
Si accostò dunque a queste reti, ma fu l'unico a non rimanervi impigliato; anzi, spezzandole e distruggendole, diede alla sua Chiesa il coraggio di calpestarne i lacci e di oltrepassarle, dicendo con tutto l'ardore: «Noi siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori; il laccio si è spezzato e noi siamo scampati» (Sal 123,7).
Ma chi spezzò quel laccio se non colui che era il solo a non poterne essere avvinto? Poiché egli è morto, è vero, ma di sua spontanea volontà e non, come noi, per aver peccato. Ed essendo libero fra i morti, per questo, debellato chi aveva il potere sulla morte, liberò coloro che erano schiavi della morte. E non solo risuscitò se stesso, ma risvegliò anche loro e li fece sedere con sé nei cieli. Infatti, salendo al cielo, condusse come schiava la schiavitù, non solo liberando le anime ma risuscitando anche i corpi, come attesta l'Evangelo quando dice che «molti corpi di santi morti risuscitarono e apparvero a molti, ed entrarono nella città santa» del Dio vivente, Gerusalemme (Mt 27,52.53).
(Origene, dai «Discorsi sul Cantico dei Cantici»)
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