Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.
ANNO C - VII Domenica di Pasqua
ASCENSIONE DEL SIGNORE
(Sostituisce la DOMENICA «DELLA PREGHIERA SACERDOTALE»)
Atti 1,1-11 • Salmo 46 • Ebrei 9,24-28;10,19-23 • Luca 24,46-53
(Visualizza i brani delle Letture)
1. Discorso tenuto a Cartagine nella basilica di Fausto - Ascensione del Signore (Agostino, Discorso 261 - PL 38, 1202-1207)
2. Discorso sull'Ascensione del Signore (Agostino, Discorso 263/A - PLS 2, 494-497)
3. Discorso sull'Ascensione del Signore (Agostino, Discorso 265/F - PLS 2, 828-830)
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1. Discorso tenuto a Cartagine nella basilica di Fausto - Ascensione del Signore
Saliamo insieme a Cristo
1. La risurrezione del Signore è la nostra speranza, l'ascensione del Signore è la nostra glorificazione. Celebriamo oggi la solennità dell'Ascensione. Se vogliamo celebrare l'ascensione del Signore rettamente, fedelmente, devotamente, santamente, piamente, saliamo insieme a lui e teniamo in alto il nostro cuore. Nel salire però non insuperbiamoci. Dobbiamo infatti tenere il cuore in alto, ma rivolto al Signore. Avere il cuore in alto ma non rivolto al Signore significa essere superbi; invece avere il cuore in alto rivolto al Signore significa rifugiarsi in lui. Al Signore infatti che è asceso noi diciamo: Signore, tu sei il nostro rifugio (Sal 89,1). È risorto infatti per darci un motivo di speranza, poiché risorge ciò che muore; affinché, essendo destinati alla morte, non disperassimo e non pensassimo che con la morte la nostra vita è totalmente finita. Eravamo infatti preoccupati perfino della sorte dell'anima; ma lui risorgendo ci ha dato la certezza anche sulla sorte del corpo. Dunque ascese, ma chi? Colui che prima discese (Cf. Gv 3,13). È disceso per guarirti; ascende per elevarti. Cadrai se vorrai elevarti da te stesso; rimarrai in alto se ti eleverà lui. Avere dunque il cuore in alto, ma rivolto al Signore, significa rifugiarsi in lui; avere il cuore in alto ma non rivolto al Signore significa essere superbi. Diciamo pertanto a Cristo che risorge: Tu, Signore, sei la mia speranza; a Cristo che ascende: Hai posto in alto il tuo rifugio (Sal 90,9). Come potremo essere superbi se avremo il cuore in alto rivolto verso colui che per noi è diventato umile, proprio perché noi non rimanessimo superbi?
Conoscere Dio con la fede
2. Cristo è Dio e lo sarà sempre; mai terminerà di esserlo perché mai ha cominciato ad esserlo. Se infatti per suo dono hanno avuto inizio alcune cose che mai avranno termine, come potrà aver termine lui, che mai ha cominciato ad essere? Che cosa ha avuto inizio e mai avrà termine? La nostra immortalità avrà un inizio, ma non avrà un termine. Infatti non ce l'abbiamo ancora l'immortalità; però, quando avremo cominciato ad averla, non la perderemo più. Cristo dunque è sempre Dio. E in che modo? Cerchi in che modo? È uguale al Padre. Nell'eternità non cercare il modo ma la felicità. In che modo Cristo sia Dio cerca di capirlo, se puoi. Te lo dico, non voglio disattendere la tua attesa. Cerchi in che modo Cristo sia Dio? Ascoltami, anzi ascolta insieme con me; ascoltiamo insieme, impariamo insieme. Per il fatto che io parlo e voi ascoltate non è che non ascolti anch'io insieme con voi. Dunque, sentendo dire che Cristo è Dio, cerchi in che modo Cristo sia Dio? Ascolta con me; non ti dico: Ascolta me, ma: Con me. In questa scuola tutti infatti siamo condiscepoli. È il cielo la cattedra del nostro maestro. Ascolta dunque in che modo Cristo è Dio. In principio era la Parola. Dove era? e la Parola era presso Dio (Gv 1,1). Ma di parole ne ascoltiamo tante tutti i giorni. Non pensare alla Parola che era Dio alla stessa maniera come a quelle che sei solito ascoltare. Cerco in che modo [la Parola sia Dio]. Infatti credo con certezza che sia Dio; ma cerco in che modo lo sia. Cercate sempre il suo volto (Sal 104,4). Nessuno, cercando, venga meno nella fede, faccia anzi dei passi in avanti. Fa passi in avanti nella ricerca se è la pietà che cerca, non la vanità. In che modo cerca la pietà, in che modo cerca invece la vanità? La pietà cerca credendo, la vanità contraddicendo. Se infatti volessi disputare con me e dirmi: "Che Dio adori? Come è il Dio che adori? Mostrami ciò che adori", io ti risponderò: "Esiste, sì, colui che potrei mostrarti, ma tu non sei in grado di vederlo".
L'umiltà di San Paolo
3. Io certo non oso dire di aver già raggiunto ciò che tu cerchi. Seguo infatti, per quanto posso, le orme di quell'eccelso atleta di Cristo, cioè dell'apostolo Paolo, il quale diceva: Fratelli, io non ritengo che io stesso vi sia giunto. Io... io stesso. Perché io e poi io stesso? Io che ho lavorato più di tutti loro. So, o Apostolo, in che senso dici: Io. È una costatazione, questa, non un'affermazione superba. Vuoi infatti ascoltare in che senso egli dica: io? Dopo aver affermato: Ho lavorato più di tutti loro non aggiunge più io stesso. Ho lavorato - dice - più di tutti loro. E come se noi gli dicessimo: chi? risponde: Non però io, ma la grazia di Dio con me (1Cor 15,10). Colui a cui era stata concessa tanta grazia da Dio che, benché chiamato per ultimo, ha lavorato più di coloro che lo avevano preceduto, afferma: Fratelli, io non ritengo di esservi ancora giunto. Usa il termine io dove dice che non è arrivato. Non arrivare infatti è proprio della limitatezza umana. Quando afferma invece che è stato rapito fino al terzo cielo e che ha ascoltato parole ineffabili che nessun uomo può ripetere, non ha detto: Io. Che cosa ha detto? Conosco un uomo che quattordici anni fa... (2Cor 12,2-4). Conosco un uomo. Era la stessa persona colui che parlava e colui di cui raccontava il fatto ma (lo raccontò) come se a un altro fosse successo e per questo non venne meno. Non disputare pertanto, non discutere, pretendendo di sapere da me quale Dio adoro. Non è infatti un idolo per cui, indicandotelo con il dito, possa dirti: "Ecco il Dio che adoro". Né è un qualche astro o una qualche stella, o il sole o la luna, per cui indicandotelo con il dito puntato verso il cielo possa dirti: "Ecco quello che adoro". Dio non può essere indicato con un dito ma deve essere percepito dal cuore. Guarda l'Apostolo che pur non potendolo pienamente comprendere tuttavia lo cerca, lo segue, aspira a lui, lo sospira, lo desidera. Guardalo, osserva che cosa protende verso il suo Dio se il dito o il cuore. Che cosa dice? Io non ritengo ancora di esservi giunto; questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù (Ef 3,13-14). Dice: corro; dice: cammino, sono per la via. Seguilo, secondo le tue possibilità: andiamo insieme verso la patria, dove tu non dovrai chiedere niente a me né io a te. Ora cerchiamo insieme nella fede, per godere poi insieme nella visione.
La purificazione del cuore è necessaria per vedere Dio
4. Chi ti ha indicato in che senso Cristo è Dio? Quelle cose che egli si è degnato di dire attraverso il suo servo, le dica a voi, miei conservi e servi suoi, anche attraverso me, suo servo. Ti è stato detto: In principio era il Verbo. Volevi sapere dove fosse e ti è stato risposto: Il Verbo era presso Dio. E perché non ritenessi di poco significato queste parole intendendole secondo l'uso del linguaggio umano, ti è stato aggiunto: e il Verbo era Dio. Chiedi ancora in che senso Cristo è Dio? Tutto è stato fatto per mezzo di lui (Gv 1,1.3). Ama lui! Qualunque cosa ami, viene da lui. Non amiamo la creatura dimenticando il Creatore, ma contempliamo la creatura e lodiamo il Creatore. Non ti posso mostrare il mio Dio: ti mostro le cose che ha fatte, ti ricordo ciò che ha fatto. Tutto è stato fatto per mezzo di lui. Mai nuovo, egli fece le cose nuove; eterno, fece le cose temporali; immutabile, fece le cose mutevoli. Osserva le creature e loda il Creatore. Credi per essere purificato. Vuoi vederlo? È cosa bella, è cosa grande quella che vuoi: ti esorto a volerlo. Vuoi vederlo? Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5,8). Prima quindi pensa a purificare il cuore; applicati a questo lavoro, sollecita te stesso a farlo, insisti in quest'opera. Ciò che vuoi vedere è puro, mentre impuro è il mezzo con il quale vuoi vedere. Tu pensi a Dio come fosse una sfolgorante o un'abbagliante luce che colpisca questi tuoi occhi; aumentane pure l'estensione quanto vuoi: in realtà non ne poni il limite dove non vuoi ma lo poni dove vuoi. Queste sono immagini che ti costruisci nella tua mente: sono l'impurità del tuo cuore. Toglila, allontanala via da te. Se un granello di polvere ti entra nell'occhio e vuoi che io ti mostri la luce, prima i tuoi occhi hanno bisogno di uno che li pulisca. Così nel tuo cuore c'è tanta impurità. Dove c'è avarizia c'è anche molta impurità. Ammucchi cose che non porterai con te. Non sai che quando ammucchi porti fango nel tuo cuore? Come potrai vedere perciò quanto cerchi?
Hai riempito la cassa ma hai fatto scempio della coscienza
5. Tu mi dici: "Fammi vedere il tuo Dio". Io ti rispondo: "Guarda un poco il tuo cuore". sì, mentre tu mi dici: "Fammi vedere il tuo Dio", io ti rispondo: "Guarda un poco il tuo cuore". Tutto quanto vi vedrai che dispiace a Dio toglilo via di lì. Dio vuol venire da te; ascolta Cristo Signore: Io e il Padre verremo a lui e dimoreremo presso di lui (Gv 14,23). Ecco quanto promette Dio. Se io ti promettessi di venire in casa tua tu la puliresti. Dio vuol venire nel tuo cuore e tu sei pigro nel fargli trovare la casa pulita? Egli non vuole abitare insieme all'avarizia, con questa donna immonda e insaziabile. Tu servivi a lei come a padrona e pretendevi di vedere Dio! Che cosa hai fatto di quello che Dio ti ha comandato? Che cosa invece non hai fatto di quanto l'avarizia ti ha comandato? Che cosa hai fatto di quello che Dio ti ha comandato? Ti mostro io che cosa alberga nel tuo cuore, mentre tu vorresti vedere Dio. Avevo detto: "Esiste, sì, colui che potrei mostrarti, ma tu non sei in grado di vederlo". Di quello che ti ha comandato Dio quanto hai fatto? Di quel che ti ha comandato l'avarizia che cosa hai trascurato? Dio ti ha comandato di vestire l'ignudo: tu sei rimasto titubante; l'avarizia ti ha comandato di spogliare chi è vestito: tu l'hai fatto con frenesia. Se avessi fatto ciò che Dio ti ha comandato, che cosa ti direi: avresti in ricompensa questo o quello? Ma avresti Dio stesso! Se avessi fatto quanto Dio ti ha comandato, avresti Dio stesso. Invece hai fatto ciò che ti ha comandato l'avarizia: che cosa ti ritrovi in mano? So che mi risponderai: Mi rimane quanto mi son preso. Dunque hai qualcosa, ma rubando! Puoi dire di avere qualcosa presso di te se hai perduto te stesso? Ho qualcosa, tu dici. Ma dove? Dove? dimmelo. Certo lo terrai nella tua camera o in una borsa o in una cassa, e non voglio dilungarmi ancora. In qualunque posto lo tieni, certamente ora non ce l'hai con te. Ora pensi che l'hai nella cassa: ma forse non c'è più e tu non lo sai; forse, ritornando a casa, non troverai quanto vi avevi lasciato. Io cerco il tuo cuore; ti chiedo che cosa hai lì dentro. Hai sì riempito la tua cassa, ma hai fatto scempio della tua coscienza. Considera l'esempio di Giobbe che si sentiva soddisfatto e impara anche tu ad accontentarti: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, è avvenuto come è piaciuto al Signore: sia benedetto il nome del Signore (Gb 1,21). E aveva perduto ogni cosa! Come mai dalla sua bocca uscivano queste bellissime espressioni di lode al Signore?
Chi compie il male è nelle tenebre
6. Purifica dunque il tuo cuore, per quanto è nelle tue possibilità: a questo devi attendere, questo devi fare. E prega, supplica, umiliati [davanti al Signore], perché sia lui a mondare il tuo cuore, ove poi egli possa rimanere. Tu non puoi comprendere la portata di queste espressioni: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutto fu fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla fu fatto ciò che fu fatto, in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. E la luce risplende fra le tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta (Gv 1,1-5). Ed ecco perché non puoi capire: La luce risplende fra le tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta. Che cosa sono le tenebre se non le opere cattive? Che cosa sono le tenebre se non le cattive brame: la superbia, l'avarizia, l'ambizione, l'invidia? Tutte queste cose sono tenebre: per questo non vedi la luce. La luce, infatti, risplende nelle tenebre ma fa' che ci sia chi l'accolga.
Cristo è la tua strada e la tua meta
7. Sta' attento a non interpretare come ti pare queste parole: Il Verbo si è fatto carne ed abitò in mezzo a noi (Gv 1,14). Attraverso l'umanità di Cristo puoi arrivare alla divinità di Cristo. Dio è troppo lontano da te, ma Dio si è fatto uomo. Colui che era lontano da te, assumendo l'umanità si è fatto vicino a te. È insieme Dio e uomo: Dio in cui rimanere, uomo per il quale andare. Cristo è insieme la tua strada e la tua meta. È lo stesso Verbo che si è fatto carne ed abitò in mezzo a noi. Assunse ciò che non era senza perdere ciò che era. Sembrava in tutto un uomo, ma in lui si nascondeva Dio. Fu ucciso in quanto uomo, fu ripudiato in quanto Dio; ma risuscitò nella sua umanità e fu riconosciuto Dio. Rifletti perciò a ciò che ha fatto in quanto Dio e a ciò che ha sofferto in quanto uomo. Fu ucciso, ma non in quanto Dio; eppure la persona di Cristo fu uccisa. Non sono infatti due persone: Dio e uomo - in tal caso non avremmo e non conosceremmo una Trinità ma una "quaternità" -. L'uomo è uomo e Dio è Dio; ma Cristo nella sua totalità è uomo e Dio, lo stesso Cristo è uomo e Dio. Come tu, in quanto uomo, sei composto di corpo e di spirito, così il Cristo intero è uomo e Dio. Dunque Cristo, nella sua totalità, è corpo, anima e Dio. Egli stesso, quando parla, a volte si riferisce alla sua divinità, a volte alla sua anima, a volte al suo corpo: ma tutto riguarda lo stesso Cristo. Che cosa dice, ad esempio, in quanto Dio? Come il Padre ha in sé la vita, così pure ha dato al Figlio d'aver la vita in se stesso. Qualunque cosa il Padre fa, la fa ugualmente anche il Figlio (Gv 5,19). Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30). Che cosa dice Cristo in riferimento alla sua anima? La mia anima è triste fino alla morte (Mt 26,38). Che cosa dice in riferimento al suo corpo? Disfate questo tempio e in tre giorni io lo farò risorgere (Gv 2,19). Palpatemi ed osservate: uno spirito infatti non ha carne ed ossa come vedete che ho io (Lc 24,39). Queste parole sono tesori di sapienza e di scienza (Cf. Col 2,3).
In Cristo ami Dio e il prossimo
8. Tutta la Legge - lo sappiamo - si riduce a due comandamenti: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la tua mente... amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti (Mt 22,7-40). In Cristo hai tutto. Vuoi amare il tuo Dio? Lo trovi in Cristo: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio (Gv 1,1). Vuoi amare il prossimo? Lo trovi in Cristo: Il Verbo si è fatto carne ed abitò in mezzo a noi (Gv 1,4).
Abbandonate subito il peccato
9. Ci purifichi la sua grazia, ci purifichi soccorrendoci e consolandoci. Fratelli miei, vi scongiuro per lui e in lui: siate ricchi di opere buone, di misericordia, di benevolenza, di bontà. Perdonate subito quando qualcuno pecca contro di voi. Nessuno mantenga l'ira contro un altro, per non precludere la possibilità che la sua preghiera arrivi a Dio. Vi dico queste cose perché viviamo in questo mondo, perché, anche se camminiamo [nella via del bene], anche se viviamo rettamente, qui non riusciamo a vivere senza peccato. I peccati infatti non sono soltanto quelli che chiamiamo delitti: adulteri, fornicazioni, sacrilegi, furti, rapine, falsa testimonianza; non questi soli sono i peccati. Guardare una cosa che non dovevi guardare è peccato; ascoltare deliberatamente qualcosa che non dovevi ascoltare è peccato; pensare a una cosa a cui non dovevi pensare è peccato.
Il rimedio giornaliero contro i peccati
10. Tuttavia nostro Signore, oltre a quel lavacro di rigenerazione [che è il battesimo], ci ha dato altri rimedi [contro i peccati] che possiamo utilizzare ogni giorno. Possiamo ogni giorno purificarci recitando la preghiera del Signore. Diciamo - e diciamolo sinceramente perché allora anche questo è elemosina -: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12). Fate elemosina e tutto sarà puro per voi (Lc 11,41). Ricordate, fratelli, che cosa dirà il Signore a coloro che porrà alla sua destra. Non dirà: "Avete fatto queste e quelle grandi opere", ma dirà: Ebbi fame e mi avete dato da mangiare (Mt 25,35). A coloro che porrà alla sua sinistra non dirà: "Avete fatto queste e quelle opere malvagie", ma dirà: Ebbi fame e non mi avete dato da mangiare (Mt 25,42). I primi per l'elemosina fatta ebbero in sorte la vita eterna; questi ultimi, per non aver fatto elemosina, si ebbero il fuoco eterno. Scegliete ora di essere posti a destra o a sinistra. Vi chiedo: che speranza può avere di guarire chi, pur essendo pieno di malattie, è pigro nel prendere le medicine? "Ma sono malattie leggere". Mettile insieme e (ti accorgerai che) diventano pericolose. "I peccati che ho sono piccoli". Ma non sono molti? Ma come sono piccoli se premono, se sommergono? Che cosa di più piccolo delle gocce di pioggia? Eppure se ne riempiono i fiumi. Che cosa di più piccolo dei chicchi di grano? Eppure se ne riempiono i granai. Tu badi al fatto che sono piccoli ma non badi al fatto che sono molti. Non hai voluto fare attenzione ad essi: ora contali, se ci riesci. Eppure Dio ci ha dato contro di essi un rimedio che possiamo usare ogni giorno.
Conclusione
11. Grande è la misericordia di colui che ascese in alto e fece prigioniera la prigionia (Cf. Ef 4,8; Sal 67,19). Che cosa significa fece prigioniera la prigionia? Uccise la morte. La prigionia è prigioniera: la morte è morta. Ma ha fatto solo questo colui che ascese in alto e fece prigioniera la prigionia? Ci ha dunque lasciati? Ecco io sono con voi sino alla fine del mondo (Mt 28,20). Pensa a queste parole: Diede doni agli uomini (Ef 4,8). Apri il grembo della pietà, raccogli il dono della felicità.
(Agostino, Discorso 261 - PL 38, 1202-1207)
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2. Discorso sull'Ascensione del Signore
Anche noi siamo già in cielo con Cristo
1. Oggi il Signore nostro Gesù Cristo è asceso al cielo: salga con lui anche il nostro cuore. Ascoltiamo le parole dell'Apostolo: Se siete risuscitati con Cristo, cercate le cose del cielo, dov'è Cristo, assiso alla destra di Dio: aspirate alle cose di lassù e non a quelle della terra (Col 3,1-2). Come infatti egli è asceso al cielo ma non si è allontanato da noi, così anche noi siamo già lassù con lui, benché ancora non si sia realizzato nel nostro corpo quanto ci è stato promesso. Egli è stato già esaltato sopra i cieli; tuttavia sulla terra soffre ogni pena a cui noi, sue membra, siamo soggetti. Di ciò ha dato la prova quando gridò dall'alto: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (At 9,4) ebbi fame e mi avete dato da mangiare (Mt 25,35). Perché anche noi, qui in terra, non ci adoperiamo a far sì che, per mezzo della fede, della speranza e della carità che ci uniscono a lui, già riposiamo con lui nei cieli? Cristo, pur essendo nei cieli, è anche con noi; e noi, pur stando qui in terra, siamo anche con lui. Egli lo può fare per la divinità, la potenza e l'amore che ha; noi, anche se non possiamo farlo per la divinità come lui, tuttavia lo possiamo con l'amore, però in lui. Egli non abbandonò il cielo quando ne discese per venire a noi né si è allontanato da noi quando salì di nuovo al cielo. Che egli fosse in cielo mentre era anche qui sulla terra lo afferma lui stesso: Nessuno - disse - è asceso al cielo se non chi è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo che è in cielo (Gv 3,13). Non disse: Il Figlio dell'uomo che sarà in cielo, ma: Il Figlio dell'uomo che è in cielo.
Formiamo un solo corpo con Cristo
2. Che Cristo rimanga con noi anche quando è in cielo, ce lo ha promesso prima di salirvi, dicendo: Ecco, io sono con voi sino alla fine dei secoli (Mt 28,20). I nostri nomi sono lassù, perché egli ha detto: Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti in cielo (Lc 10,20); anche se ancora con i nostri corpi e le nostre fatiche pestiamo la terra e siamo pestati dalla terra. Ci radunerà di qui integralmente colui che possiede le primizie del nostro spirito (Cf. Rm 8,23). Ma quando, dopo la risurrezione del nostro corpo, avremo cominciato a vivere nella gloria di Cristo, il nostro corpo non dimorerà più in mezzo a queste realtà mortali né su queste si riverserà il nostro affetto. Non dobbiamo pensare che per noi sia preclusa la perfetta dimora celeste degli angeli, per il fatto che Cristo ha detto: Nessuno è asceso al cielo se non chi è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo che è in cielo (Gv 3,13). Dicendo così sembra che solo a se stesso attribuisca questa possibilità, e che nessuno di noi la possa avere. Ma ha parlato così a motivo dell'unità [che c'è tra noi e lui], perché egli è nostro capo e noi sue membra. Certo, nessuno se non lui [ascenderà in cielo], perché anche noi siamo lui, nel senso che egli è Figlio dell'uomo per noi e noi siamo figli di Dio per lui. Così dice infatti l'Apostolo: Come il corpo è uno solo ed ha molte membra, ma tutte le sue membra, pur essendo molte, non sono che un corpo solo, così anche Cristo (1Cor 12,12). Non ha detto: Così Cristo, ma: così anche Cristo. Cristo dunque è formato da varie membra, pur essendo un corpo solo. Discese dunque dal cielo per misericordia e vi ascese lui solo; noi siamo ascesi in lui per grazia. Per questo soltanto Cristo è disceso e soltanto Cristo è asceso; non nel senso che la dignità del capo si diluisca nel corpo, ma che l'unità del corpo non viene separata dal capo. Non dice: "alle discendenze [di Abramo]", come se si trattasse di molte, ma come di una sola: "e alla tua discendenza" che è Cristo (Gal 3,16). Chiama Cristo discendenza di Abramo; e tuttavia lo stesso Apostolo disse: Voi siete discendenza di Abramo (Gal 3,29). Se dunque [si parla] non delle discendenze [di Abramo] come se si trattasse di molte, ma come di una sola; se questa discendenza di Abramo è Cristo; se anche noi siamo discendenza di Abramo: quando Cristo ascende in cielo, noi non veniamo separati da lui. Colui che è disceso dal cielo non ci rifiuta il cielo, ma in un certo qual senso grida: Siate mie membra se volete salire in cielo. Nel frattempo dunque rafforziamoci in questa fede, bramiamo questo con ogni desiderio. Pensiamo, ora qui in terra, che siamo già contati in cielo. Allora deporremo la carne mortale, ora deponiamo la vecchiezza del cuore. Facilmente il corpo sarà elevato nell'alto dei cieli se il peso dei peccati non opprime lo spirito.
Cristo è asceso con il suo vero corpo
3. Alcuni sono turbati da una questione mossa da eretici che falsano la verità: in che modo il Signore sarebbe disceso senza corpo, se è asceso con il corpo? Ciò contrasterebbe con le parole da lui stesso pronunciate: Nessuno è asceso al cielo se non colui che è disceso dal cielo (Gv 3,13). Un corpo - dicono essi - che non è disceso dal cielo come poté ascendere al cielo? Come se Cristo avesse detto: Niente è asceso al cielo se non ciò che è disceso dal cielo. Invece ha detto: Nessuno è asceso se non colui che è disceso. Ha riferito l'ascendere e il discendere alla persona, non al modo di essere della persona. È disceso senza il rivestimento del corpo, è asceso con il rivestimento del corpo. Nessuno tuttavia è asceso se non colui che è disceso. Infatti Cristo ci ha unito a lui come sue membra in maniera tale però che anche se noi siamo congiunti a lui egli rimane sempre identico a se stesso; quanto più dunque il corpo che egli ha assunto dalla Vergine può essere in lui senza costituire un'altra persona? Se uno, dopo esserne disceso, è salito su un monte o su un muro o in qualunque luogo più elevato, dice forse che non vi è salito da solo per il fatto che quando scendeva era svestito mentre nel salire è vestito? O perché, mentre è disceso disarmato, vi sale armato? Come perciò in questo caso si può dire: Nessuno è asceso se non colui che è disceso, benché sia asceso con qualcosa di diverso rispetto a quando era disceso; così nessuno è asceso in cielo se non Cristo, perché nessuno è disceso dal cielo se non Cristo: benché sia disceso senza un corpo e sia asceso con un corpo. Anche noi saliremo in cielo, non per capacità nostra ma perché saremo uniti a lui. Due sono in una carne sola; è un grande mistero, questo, in Cristo e nella Chiesa (Ef 5,31-32). Per questo anch'egli ha detto: Non saranno più due ma una carne sola (Mt 19,6).
Il digiuno di Cristo e la sua permanenza tra i discepoli dopo la risurrezione
4. Cristo digiunò allorché venne tentato, e si era nel tempo che precedette la sua morte, quando ancora aveva bisogno di cibarsi; invece mangiò e bevve, ormai nella gloria della risurrezione, quando non aveva bisogno di cibarsi. Nel primo caso manifestava in se stesso la nostra situazione di debolezza, nel secondo invece ci manifestava il suo stato di gloria: in ambedue i casi stabilendo un tempo di quaranta giorni. Digiunò quaranta giorni quando veniva tentato nel deserto, come è scritto nel Vangelo, prima che il suo corpo venisse messo a morte (Cf. Mt 14,1-2); e di nuovo per quaranta giorni rimase con i discepoli, come racconta Pietro negli Atti degli Apostoli, entrando e uscendo, mangiando e bevendo, dopo la risurrezione del suo corpo (Cf. At 10,40-41). Questo numero quaranta sembra che simboleggi la vita in questo mondo di coloro che sono chiamati alla grazia, per mezzo di colui che non è venuto per abolire la legge ma per portarla a compimento (Cf. Mt 5,17). Infatti i comandamenti della legge sono dieci. La grazia di Cristo si è diffusa in tutto il mondo e il mondo è diviso in quattro parti, e dieci moltiplicato quattro fa quaranta. Difatti coloro che sono stati redenti dal Signore li ha radunati da ogni terra, dall'Oriente e dall'Occidente, dal Nord e d'oltre il mare (Sal 106,2-3). Digiunando quindi quaranta giorni prima che il suo corpo venisse messo a morte voleva dire: Astenetevi dai desideri di questo mondo. Mangiando e bevendo per quaranta giorni dopo la risurrezione del corpo voleva dire: Ecco, io sono con voi sino alla fine dei secoli (Mt 28,20). Il digiuno infatti fa parte della fatica della lotta poiché chi è impegnato nella battaglia si astiene da tutto (1Cor 9,25). Il cibo invece si prende nella speranza della pace, che non sarà perfetta se non quando il nostro corpo, di cui attendiamo la redenzione (Cf. Rm 8,23), avrà indossato l'immortalità (Cf. 1Cor 15,54). Ci gloriamo di essa pur non avendola ancora ottenuta, però nella speranza già la godiamo. L'Apostolo ci fa capire che dobbiamo fare ambedue le cose con le parole: gioiosi nella speranza, pazienti nella tribolazione (Rm 12,12). La speranza è simboleggiata dal cibo, la tribolazione dal digiuno. Infatti mentre siamo incamminati sulla via del Signore dobbiamo insieme digiunare dalle vanità della vita presente e rifocillarci con la promessa di quella futura: non soffermando qui il nostro cuore ma alimentandolo con le cose di lassù.
(Agostino, Discorso 263/A - PLS 2, 494-497)
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3. Discorso sull'Ascensione del Signore
Cristo nostro fratello
1. In questo giorno, fratelli, come sapete, celebriamo la solennità dell'ascensione del Signore. Come avete udito, Cristo è asceso al Padre suo e Padre nostro, al Dio suo e Dio nostro (Cf. Gv 20,17). Come abbiamo meritato, di diventare fratelli di Cristo? In nessun modo avremmo potuto sperare di diventare suoi fratelli se egli non avesse assunto la nostra debolezza. Noi siamo diventati suoi fratelli perché egli è diventato uomo. Colui che era nostro Signore si è degnato di essere nostro fratello; nostro Signore da sempre, nostro fratello da un certo momento; nostro Signore nella natura di Dio, nostro fratello nella natura di servo. Infatti, pur possedendo la natura divina, non ritenne una rapina la sua uguaglianza con Dio: ecco il Signore. Come divenne nostro fratello? Annientò se stesso, prendendo la natura di servo (Fil 2,6). Se fosse diventato soltanto nostro fratello, sarebbe già tanto. Ma prese la natura di servo, si è degnato di essere servo. Servo nostro o no? Anche nostro. Di se stesso infatti Cristo disse: Non sono venuto per essere servito ma per servire (Mt 20,28). Di lui, il Profeta preannunziò che il giusto avrebbe giustificato le moltitudini con il suo servizio (Cf. Is 53,11). Ma non insuperbiamoci per questo. In genere qualunque padrone si mette a servire i suoi servi ammalati, per poter riavere dei servi sani che gli prestino i loro servizi. Si mette a servire i suoi servi ammalati per farli guarire. Nostro Signore ha servito degli ammalati. Non ha confezionato con la sua infermità delle medicine per degli ammalati? Per degli ammalati ha effuso il suo sangue, con il collirio del suo sangue ha spalmato, gli occhi di ciechi.
La diversa figliolanza di Cristo e degli uomini
2. È diventato dunque per bontà nostro fratello colui che per natura è nostro Signore. Disse: Ascendo al Dio mio e Dio vostro, al Padre mio e Padre vostro (Gv 20,17). A quali persone. Cristo, comandò di riferire queste sue parole? Va' - disse - di' ai miei fratelli, e poiché sono loro fratello, ascendo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro. Non disse: "Ascendo al Padre nostro", né: "Ascendo al Dio nostro". Non è priva di significato ben preciso la frase: Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro. Questa distinzione indica qualcosa che non debbo lasciare sotto silenzio. Padre mio perché sono il Figlio unigenito; Padre vostro perché per mio mezzo siete stati adottati. Ma perché Dio mio? Cristo non è stato creato, ma è l'Unigenito. Perché allora Dio mio? Lo spiega il Salmo. Dio mio perché ha assunto la natura di servo: Dal grembo di mia madre tu sei il mio Dio (Sal 21,11). Se prescindi dal grembo della madre nel quale è diventato uomo, colui al quale ascende non è il suo Dio ma il suo Padre. Padre suo lo è sempre, eterno Padre dell'eterno Figlio, Ma perché potesse essere anche Dio suo fu necessario che, ci fosse di mezzo un grembo materno; così il Profeta poté dire: Tu sei il mio Dio (Sal 21,11). Tuttavia non alla stessa maniera come lo è per noi. Infatti Dio è Dio nostro perché, pur essendo noi peccatori, ci ha salvati; è Dio suo invece perché egli divenne uomo, pur senza peccato. Perciò Cristo, arrivato al punto della frase: ascendo a Dio fece la distinzione: ... al Dio mio e al Dio vostro. Dio mio in che senso? Perché sono uomo. Perché allora non dici una volta sola "nostro" se anche tu sei uomo come noi siamo uomini? Ma una cosa è l'uomo senza peccato, venuto a togliere i peccati, un'altra è l'uomo con il peccato, presso il quale [l'uomo senza peccato] è venuto per liberarlo dal peccato. Si tratta qui di una distinzione, non di una separazione. Abbiamo tutti un Padre nei cieli, ma Cristo in modo diverso perché, Figlio unico senza peccato, ci ha adottati. Abbiamo tutti un Dio nei cieli, ma Cristo in modo diverso perché egli è senza peccato mentre noi siamo peccatori.
Facciamo parte di una grande famiglia
3. [Pur peccatori], siamo stati trattati con quella benevolenza di cui parla l'Apostolo: Eredi di Dio e coeredi di Cristo (Rm 8,17). Abbiamo un Padre nei cieli, facciamo parte di una grande famiglia. Di lì il Figlio scese fino a noi per diventare nostro fratello. Non lasciò il Padre quando venne in mezzo a noi né abbandonò noi quando ritornò al Padre. Crediamo in Cristo asceso al cielo, crediamolo presente in mezzo a noi. In che modo è in cielo se è rimasto con noi? In quanto Dio. La mia parola è con me ed è con voi; è con me nella mia mente ed è con voi nelle vostre orecchie. Se la mia parola ha questa possibilità, non la poté avere la Parola di Dio? Discese certo, quando era qui sulla terra. Che cosa significa che discese? Che si mostrò Cristo Gesù. In che modo Gesù si mostrò? Facendosi uomo. Che cosa significa dunque che ascese? Che il corpo di Cristo è stato innalzato in cielo, non che la divinità ha cambiato posto. Dove ascese, di lì discenderà di nuovo; e come è asceso così discenderà. Lo affermano gli angeli, non noi. I discepoli stavano guardandolo mentre Gesù ascendeva e veniva sottratto al loro sguardo. Dissero loro degli angeli: Uomini di Galilea, perché state a guardare? Questo Gesù ritornerà allo stesso modo come lo avete visto salire in cielo (At 1,11). Che cosa significa: ritornerà allo stesso modo? Verrà a giudicare nella stessa natura nella quale è stato giudicato. Si è reso visibile ai giusti e anche agli empi, e verrà per essere visto e dai giusti e dagli empi. Gli empi potranno vederlo, ma non potranno regnare con lui.
Conclusione esortativa
4. Festeggiamo dunque questo santo giorno dell'Ascensione a quaranta giorni dalla Risurrezione; insieme a noi lo celebra infatti il mondo intero. E anche la Pentecoste, a cinquanta giorni dalla risurrezione, viene celebrata insieme a noi dalla Chiesa intera sparsa in tutto il mondo. Le celebrazioni che si fanno a venti e a trenta giorni dalla risurrezione sono dunque una consuetudine africana, non hanno un significato liturgico riconosciuto dalla Chiesa intera.
(Agostino, Discorso 265/F - PLS 2, 828-830)
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