Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.
ANNO B - XXII Domenica del Tempo Ordinario
DOMENICA «DEI FARISEI E DELLA TRADIZIONE»
Deuteronomio 4,1-2.6-8 • Salmo 14 • Giacomo 1,17-18.21b-22.27 • Marco 7,1-8.14-15.21-23
(Visualizza i brani delle Letture)
1. L'esteriorità inquina l'uomo (Beda il Vener., In Evang. Marc., 2, 7, 1-14)
2. I comandamenti dell'Antico e del Nuovo Testamento (Ireneo di Lione, Adv. haer., 4, 11, 4-12)
3. L'amore verso i genitori (Ambrogio, Exp. in Luc., 8, 75.77)
4. Le cose che macchiano l'uomo (Cromazio di Aquileia, In Matth., Tract., 53, 1 s.)
5. Il primo e più grande precetto della legge e del vangelo è l'amore di Dio (Ireneo, dal trattato «Contro le eresie»)
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1. L'esteriorità inquina l'uomo
E si radunarono presso di lui i farisei e alcuni scribi venuti da Gerusalemme. I quali avendo visto alcuni dei discepoli di lui che mangiavano il pane con mani impure, cioè non lavate, li rimproverarono (Mc 7,1-2). Quanto è giusta quella lode che rivolge al Padre il Signore dicendo: "Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai saggi e le hai rivelate ai piccoli!" (Mt 11,25). Gli uomini della terra di Gennesaret, che erano considerati uomini ignoranti, non soltanto personalmente accorrono dal Signore, ma portano con sé i loro infermi, anzi li trasportano sulle lettighe, affinché possa capitare loro almeno di toccare la frangia del suo vestito ed essere salvati: per questo ottengono subito la meritata ricompensa della salvezza che avevano desiderata. Al contrario, i farisei e gli scribi, che dovevano essere maestri del popolo, accorrono dal Signore non per ascoltare la sua parola, non per ottenere la guarigione, ma soltanto per sollevare questioni e contrasti. Rimproverano i discepoli di non aver lavate le mani del corpo, benché non riuscissero a trovare nelle loro opere, compiute con le mani o con le altre membra del corpo, alcuna impurità; avrebbero fatto meglio a incolpare sé stessi, che pur avendo le mani ben lavate con l'acqua, recavano la coscienza insozzata dall'invidia. I farisei infatti e tutti i giudei, attaccati alla tradizione degli antichi, non mangiano se non si sono accuratamente lavate le mani, e non prendono cibo, di ritorno dal mercato, se non si sono prima purificati (cf. Mc 7,3-4). È una superstiziosa tradizione quella di lavarsi ripetutamente, dopo essersi già lavati, per mangiare il pane, e non prendere cibo di ritorno dal mercato senza essersi prima purificati. Ma è necessario l'insegnamento della verità, secondo il quale coloro che desiderano aver parte al pane della vita che discende dal cielo, debbono purificare le loro opere con il frequente lavacro delle elemosine, delle lacrime e degli altri frutti della giustizia, per poter partecipare ai misteri celesti in purezza di cuore e di corpo. E' necessario che le impurità di cui ciascuno si macchia nell'occuparsi degli affari terreni, siano purificate dalla successiva presenza dei buoni pensieri e delle buone azioni, se egli desidera godere dell'intimo ristoro di quel pane. Ma i farisei che accoglievano carnalmente le parole spirituali dei profeti - i quali ordinavano la purificazione del cuore e delle opere dicendo: "Lavatevi, siate puri, e purificatevi voi che portate i vasi del Signore" (Is 1,16) - osservavano tali precetti soltanto purificando il corpo (cf. Is 52,11). Ma invano i farisei, invano i giudei tutti si lavano le mani e si purificano tornando dal mercato, se rifiutano di lavarsi alla fonte del Salvatore. Invano osservano la purificazione dei vasi coloro che trascurano di lavare la sporcizia dei loro cuori e dei loro corpi, quando è fuor di dubbio che Mosè e i profeti - i quali ordinarono sia di lavare con l'acqua i vasi del popolo di Dio, sia di purificarli col fuoco, sia di santificarli con l'olio - non stabilirono tali prescrizioni per un motivo generico o per ottenere la purificazione di questi oggetti materiali, ma piuttosto per comandarci la purificazione e la santificazione degli spiriti e delle opere e la salvezza delle anime.
(Beda il Venerabile, Evang. Marc., 2, 7, 1-4)
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2. I comandamenti dell'Antico e del Nuovo Testamento
Da parte del Padre, poi, egli ha portato la libertà a coloro che lo servivano con fedeltà, con prontezza e di tutto cuore invece a coloro che lo disprezzavano, che non ubbidivano a Dio, ma per semplice gloria umana cercavano la mondezza esteriore -mondezza che era una semplice figura degli eventi futuri, una semplice ombra: la legge infatti prescriveva e delineava con mezzi temporanei le realtà eterne, e con mezzi terrestri le realtà del cielo - ma dentro erano pieni di ipocrisia, di cupidigia e di ogni malvagità... a costoro ha portato la perdizione, il taglio definitivo dalla vita.
Di fatto la tradizione dei loro anziani, che fingevano di osservare la legge, era invece contraria alla legge data da Mosè. Per questo dice Isaia: "I tuoi osti aggiungono acqua al vino" (Is 1,22), mostrando così che gli anziani mistificavano gli austeri precetti di Dio con tradizioni annacquate, con una legge cioè adulterata e contraria alla vera legge. Anche il Signore lo dichiarò, dicendo loro: "Perché trasgredite il precetto di Dio per la vostra tradizione?" (Mt 15,3). Non contenti di violare la legge con l'inosservanza e di mescolare l'acqua al vino, promulgarono una legge contraria, che resta fino ad oggi e si chiama «legge farisaica». In essa hanno abrogato alcune disposizioni, altre ne hanno aggiunte e altre poi le interpretano come vogliono; i loro maestri le applicano a loro capriccio. Per rivendicare le loro tradizioni, non vollero sottomettersi alla legge che li preparava alla venuta di Cristo; anzi rimproverarono il Signore perché guariva di sabato (il che, come abbiamo detto, non era vietato dalla legge; anch'essa in un certo senso curava, circoncidendo l'uomo di sabato), ma non sapevano rimproverare a sé stessi di trasgredire il precetto di Dio per la tradizione e per la suddetta legge farisaica, e di non avere quello che è l'essenziale della legge, cioè l'amore verso Dio.
Questo è infatti il primo e sommo comandamento, e il secondo è l'amore verso il prossimo. Ce l'ha insegnato il Signore, soggiungendo che da questi due precetti dipendono tutta la legge e i profeti. Egli poi non diede un altro precetto superiore a questo, ma lo rinnovò comandando ai suoi discepoli di amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come sé stessi...
Paolo dice: "L'amore è l'adempimento della legge" (1Cor 13,13), e soggiunge che quando tutto il resto verrà abolito, rimarranno la fede, la speranza e l'amore; ma piú grande di tutto è l'amore. Afferma poi che senza l'amore verso Dio, nulla giovano né la gnosi né la comprensione dei misteri né la fede né la profezia: tutto è inutile e vuoto, senza amore. L'amore rende l'uomo perfetto; chi ama Dio è perfetto in questo secolo e nel secolo futuro; mai infatti cesserà il nostro amore per Dio: quanto piú lo contempleremo, tanto piú lo ameremo...
"Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei; tutto quello che vi dicono, fatelo dunque ed osservatelo; ma non agite come loro agiscono: infatti dicono e non fanno. Confezionano grossi fardelli e li pongono sulle spalle degli uomini, ma loro non li vogliono spostare neppure con un dito" (Mt 23,2s). Non denunciava la legge data da Mosè - che anzi invitava ad osservare fino a quando sarebbe esistita Gerusalemme - ma rimproverava coloro che avevano sulle labbra le frasi della legge, ma non avevano amore ed erano perciò ingiusti verso Dio e verso il prossimo. Cosi aveva detto Isaia: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me; è inutile il culto che mi rendono, perché insegnano dottrine e comandamenti umani" (Is 29,13). Non chiamava comandamenti umani la legge data da Mosè, ma le tradizioni degli anziani, che quelli si erano congegnate e pretendevano di osservare violando la legge di Dio e disubbidendo perciò al suo Verbo.
(Ireneo di Lione, Adv. haer., 4, 11, 4-12)
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3. L'amore verso i genitori
Ma c'è un onore non solo di ossequio, ma anche di liberalità: "Onora le vedove, che sono veramente vedove" (1Tm 5,3). Onorare, infatti, significa trattare secondo i meriti.
Nutri dunque tuo padre, nutri tua madre. E se nutrirai tua madre, non la ricompenserai certo per il dolore, per i tormenti ch'ella ha sofferto per te, non le restituirai le cure che per te ha avuto, non le renderai il cibo che ella ti ha dato con tenera pietà versando il latte delle sue mammelle nelle tue labbra, non le restituirai la fame che ha sopportato per te, quando non mangiava ciò che poteva nuocerti, ciò che poteva sciupare il suo latte. Per te ella ha digiunato, per te ha mangiato, per te non ha preso il cibo che desiderava e ha preso quello che non le piaceva, per te ha vegliato, per te ha pianto: e tu puoi tollerare che le manchi qualcosa? Oh, figlio, quale condanna ti attiri sulla testa, se non nutri tua madre? A lei devi ciò che hai, a lei devi ciò che sei...
Tu forse dai agli altri? E se questi ti obietteranno: va' prima a nutrire tua madre? Infatti, anche se sono poveri, essi non vogliono fruire di un'empia elemosina. Non hai udito parlare poco fa di quel ricco, disteso sul letto di porpora e di bisso e dal cui tavolo Lazzaro raccoglieva le briciole, il quale ha subíto le torture dell'eterno supplizio per non aver dato cibi al povero? Se è grave colpa non dare agli estranei, quanto piú grave è escludere i genitori !
Tu potresti replicare che preferisci donare alla Chiesa ciò che potresti dare ai tuoi genitori: ebbene, Dio non ti chiede un dono fondato sulla fame dei tuoi genitori. Non a caso il Signore, ai giudei che si lamentavano perché i discepoli di Cristo non si lavavano le mani, ha risposto: "Chiunque dirà: - E' sacra offerta il sussidio che dovrei darti, - non onora il padre e la madre" (Mt 15,5-6).
(Ambrogio, Exp. in Luc., 8, 75.77)
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4. Le cose che macchiano l'uomo
Dio, infatti, non richiede dall'uomo se mentre sta per mangiare si lava le mani, ma se ha il cuore puro e la coscienza monda dalle impurità dei peccati.
In effetti, cosa giova lavare le mani ed avere la coscienza macchiata ?
Quindi i discepoli del Signore poiché erano puri di cuore e preferivano una coscienza monda ed immacolata, non davano importanza a lavarsi le mani, che con tutto il corpo, insieme, nel battesimo avevano lavato, mentre il Signore diceva a Pietro: "Chi una volta è lavato, non ba bisogno di lavarsi di nuovo, ma è tutto puro, come siete voi" (Gv 13,10). Invece, che quel lavacro dei Giudei fosse necessario al popolo, il Signore da tempo lo aveva mostrato per mezzo del profeta, dicendo: "Lavatevi, siate puri, togliete l'iniquità dai vostri cuori" (Is 1,16). Con questo lavacro, quindi, fu prescritto non che si lavassero le mani, ma che togliessero le iniquità dai loro cuori. Per questo, se gli scribi e i farisei, avessero voluto capire o accettare questa celeste purificazione non si lamenterebbero mai delle mani impure.
Per mostrare ancora piú ampiamente inutile il rimprovero degli scribi e dei farisei sulle mani non lavate, il Signore, chiamata a sé la folla disse: "Non ciò che entra nella bocca macchia l'uomo, ma ciò che esce lo rende impuro" (Mt 15,11) dimostrando che non dal cibo che entra per la bocca, ma piuttosto dai cattivi pensieri dell'anima, che provengono dal cuore, l'uomo si rende immondo. I cibi, infatti, che prendiamo da ingerire, sono stati creati da Dio per l'uso della vita umana e benedetti, e perciò non possono macchiare l'uomo.
Ma i cattivi e contrari pensieri che provengono dal cuore, come lo stesso Signore ha interpretato, cioè, "gli omicidi, gli adulteri, le impurità, i furti, le false testimonianze, le bestemmie" (Mt 15,19) e tutte le altre azioni malvagie, che provengono dal demonio, che ne è l'autore, queste sono le cose che veramente macchiano l'uomo.
(Cromazio di Aquileia, In Matth., Tract., 53, 1 s.)
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5. Il primo e più grande precetto della legge e del vangelo è l'amore di Dio
La tradizione degli stessi anziani, che essi simulavano di osservare come derivante dalla legge, era in contrasto con la legge data da Mose. Per questo Isaia dice: «Il tuo vino migliore è diluito con acqua» (Is 1,22), mostrando che gli anziani avevano unito al severo precetto di Dio una tradizione annacquata, cioè falsata e contraria alla legge, come mostrò chiaramente il Signore quando disse: «Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la vostra tradizione» (Mc 7,8.9). Ed elusero la legge di Dio non solo mescolando il vino all'acqua, cioè prevaricando; ma anche stabilendo una propria legge contrastante con quella di Dio, che ancor oggi si chiama farisaica. In essa tolgono qualcosa, qualche altra ne aggiungono, altra ne interpretano a modo loro: e di tutto questo si servono i loro maestri, ciascuno a modo suo.
Volendo rivendicare queste tradizioni, non vollero essere soggetti alla legge di Dio che li preparava alla venuta di Cristo, ma rimproveravano il Signore che guariva di sabato, il che non era proibito dalla legge: questa stessa infatti in alcuni casi lo prevedeva, circoncidendo l'uomo di sabato. Ma non rimproveravano a se stessi di trasgredire il comandamento di Dio per la tradizione e per la suddetta legge farisaica, non tenendo conto del principale precetto della legge, cioè dell'amore verso Dio.
Poiché questo è il primo e massimo comandamento, e il secondo è l'amore del prossimo; il Signore insegnò che tutta la legge e i profeti erano compresi in questi due precetti (cf. Mt 23,37. Egli stesso poi non venne a portare un precetto più grande di questo,ma lo rinnovò,ordinando ai suoi discepoli di amare Dio con tutto il cuore e gli altri . come se stessi. Anche san Paolo dice che «pieno compimento della legge è l'amore» (Rm 13,10); e quando finiranno tutte le altre cose, «rimangono la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità» (1Cor 13,13). Né la scienza senza l'amore vale qualcosa davanti a Dio, né la comprensione dei misteri, né la fede, né la profezia: tutte le cose sono vuote e vane senza l'amore. Conseguire l'amore, invece, rende perfetto l'uomo, e chi ama Dio è perfetto in questo tempo e nel futuro; infatti amando Dio non periamo, ma quanto più l'avremo contemplato, tanto più lo ameremo.
E chiaro che l'autore della legge e del vangelo è il medesimo, poiché in tutti e due il primo e massimo comandamento è amare Dio con tutto il cuore, e il secondo, amare il prossimo come se stessi, è simile al primo. Dunque i comandamenti della vita, compendiati tanto nel nuovo che nell'antico Testamento, essendo uguali, manifestano lo stesso Dio; il quale comandò i particolari precetti adatti a tutti e due i Testamenti, mentre i più importanti e sublimi, senza i quali non ci sì può salvare, li prescrisse tanto nell'uno che nell'altro.
(Ireneo, dal trattato «Contro le eresie»)
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