Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.
ANNO B - I Domenica di Avvento
Isaia 63,16b-17.19b;64,2-7 • Salmo 79 • 1Corinzi 1,3-9 • Marco 13,33-37
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DOMENICA «DELLA VENUTA DEL FIGLIO DELL'UOMO»
1. La vigilanza cristiana (Beda il Venerabile., In Evang. Marc., 4,13,33-37)
2. Ascoltare vigilanti la parola di Dio (Agostino, Sermo 219, passim)
3. Il giudizio di Dio è alle porte (Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 20, 5 s.)
4. Non piace a Dio condannare, ma salvare (Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo)
5. Le due venute di Cristo (Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo - Cat. 15,1.3; PG 33,870-874)
6. Esortazione alla vigilanza sui moti istintivi (Girolamo, Le Lettere, II, 54,9 - a Furia)
7. Sulle parole dell'Evangelo di Mc 13,32: "quanto poi al giorno e all'ora nessuno li sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma il Padre soltanto" (S. Agostino vescovo: Discorso 97, VERBRAKEN 9 PL 38, 589-591 RB 78 [1968], 216-219)
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1. La vigilanza cristiana
"State attenti! Vegliate e pregate, perché non sapete quando verrà il momento" (Mc 13,33-34).
«È come un uomo che, partito per un lungo viaggio, ha lasciato la sua casa e ha conferito ai suoi servi l'autorità di compiere le diverse mansioni, e ordini al guardiano di vigilare. Chiaramente rivela il perché delle parole: «Riguardo poi a quel giorno o a quell`ora nessuno sa nulla, né gli angeli che sono in cielo, né il Figlio, ma solo il Padre". Non giova agli apostoli saperlo affinché, stando nell`incertezza, credano con assidua attesa che stia sempre per venire quel giorno di cui ignorano il momento dell`arrivo. Inoltre non ha detto "noi non sappiamo" in quale ora verrà il Signore, ma "voi non sapete" (cf. Mt 24,42). Coll`esempio del padrone di casa spiega con maggiore chiarezza perché taccia sul giorno della fine. Questo è quanto dice:
"Vigilate dunque; non sapete infatti quando viene il padrone di casa, se di sera, se a mezzanotte, se al canto del gallo, se di mattina; questo affinché, venendo all'improvviso, non vi trovi a dormire" (Mc 13,35-36).
«L'uomo - che è partito per un viaggio e ha lasciato la sua casa, - non v'è dubbio che sia Cristo, il quale, ascendendo vittorioso al Padre dopo la risurrezione, ha abbandonato col suo corpo la Chiesa, che tuttavia mai è abbandonata dalla sua divina presenza poiché egli rimane in lei per tutti i giorni fino alla fine dei secoli. Il luogo proprio della carne è infatti la terra, ed essa viene guidata come in un paese straniero quando è condotta e alloggiata in cielo dal nostro Redentore» (cf. Mt 28,20).
Egli ha dato ai suoi servi l'autorità per ogni mansione, in quanto ha donato ai suoi fedeli, con la grazia concessa dello Spirito Santo, la facoltà di compiere opere buone. Ha ordinato poi al guardiano di vegliare, in quanto ha stabilito che incombe alla categoria dei pastori e delle guide spirituali di prendersi cura con abile impegno della Chiesa loro affidata.
"Ciò che dico a voi, lo dico a tutti: Vigilate!" (Mc 13,37).
Non solo agli apostoli e ai loro successori, che sono le guide della Chiesa, ma anche a tutti noi ha ordinato di vigilare. Ha ordinato a tutti noi con insistenza di custodire le porte dei nostri cuori, per evitare che in essi irrompa l'antico nemico con le sue malvagie suggestioni. Ed affinché il Signore, venendo, non ci trovi addormentati, dobbiamo tutti stare assiduamente in guardia. Ciascuno infatti renderà a Dio ragione di se stesso.
«Ma veglia chi tiene aperti gli occhi dello spirito per guardare la vera luce; veglia chi conserva bene operando ciò in cui crede; veglia chi respinge da sé le tenebre del torpore e della negligenza. Per questo Paolo dice: Vegliate giusti e non peccate; e aggiunge: È ormai il momento di destarci dal sonno» (cf. 1Cor 15,34; Rm 13,11).
(Beda il Venerabile, In Evang. Marc., 4, 13, 33-37)
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2. Ascoltare vigilanti la parola di Dio
Veglia, quindi, in questa notte, tanto il mondo ostile, quanto il mondo riconciliato. Questo, veglia per lodare, liberato, il proprio medico; quello, condannato, per abbandonarsi alla bestemmia. Veglia questo, fervido e luminoso nei pii pensieri; quello digrignando i denti e struggendosi per la rabbia. Finalmente, a questo la carità, a quello l'iniquità; a questo il cristiano vigore, a quello il diabolico livore, mai permetterebbero di dormire in questa solennità.
Persino dai nostri incoscienti nemici, veniamo dunque ammoniti circa il modo di vegliare per noi, se, a nostro vantaggio, vegliano financo coloro che ci invidiano.
Questa notte, nondimeno, di tutti coloro che in alcun modo sono segnati nel nome di Cristo, tanti per dolore, molti per pudore, alcuni, poi, che, avvicinandosi alla fede, già più non dormono per timore di Dio. In diversi modi li eccita invero questa solennità.
Come dunque deve vegliare, nella gioia, l`amico di Cristo, allorché veglia, nel dolore, persino il nemico? Quanto conveniente, per chi è entrato a far parte di questa grande casa, è il vegliare in questa sua grande festività, allorché già veglia chi si dispone ad entrarvi!
Vegliamo, dunque, e preghiamo, per solennizzare dentro e fuori questa vigilia. Dio ci parli nelle sue letture; a Dio parliamo nelle nostre orazioni. Se ascoltiamo obbedienti le sue parole, in noi abita colui che preghiamo.
(Agostino, Sermo 219, passim)
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3. Il giudizio di Dio è alle porte
Se un uomo ti indicasse sulla terra un luogo sicurissimo per custodire il tuo tesoro, non esiteresti a seguirlo anche se ti conducesse in un deserto, e là tu deporresti questo tesoro con piena tranquillità. Ebbene, non gli uomini, ma Dio stesso ti offre questa sicurezza, non in un deserto, ma in cielo; eppure tu non vuoi ascoltarlo. Quand`anche i tuoi beni fossero qui in terra completamente al sicuro, non per questo cesseresti di vivere nell'inquietudine. Potresti infatti non perdere le tue ricchezze, ma non riusciresti certo a liberarti dalla preoccupazione e dal timore di perderle. Ma quando saranno custodite lassù, non avrai niente da temere. E non solo il tuo oro sarà perfettamente al sicuro, ma darà frutti. Il tuo denaro sarà cosi, nello stesso tempo, un tesoro e una semente. Anzi, sarà qualcosa di piú ancora. La semente non dura sempre: mentre il tuo oro, così moltiplicato, durerà eternamente. Il tesoro che tu sotterri quaggiù non germoglia né fruttifica; mentre, se lo depositi in cielo, produce frutti che non periranno mai.
Se ora vieni a dirmi che occorre aspettare molto tempo, se lamenti il fatto che la ricompensa che riceverai non ti giungerà subito, ebbene io posso ben mostrarti e dirti quali sono i vantaggi che otterrai già in questo mondo se depositerai in cielo le tue ricchezze. Ma, senza soffermarmi su questo, mi sforzerò di convincerti dell'inutilità e della falsità del pretesto che adduci, servendomi proprio delle condizioni in cui viviamo in terra.
Quante cose, infatti, tu cerchi di procurarti in questa vita, senza aver mai la possibilità di goderne! Se qualcuno ti accusasse per questo motivo, gli risponderesti che ti consideri sufficientemente consolato delle tue fatiche, pensando ai figli e ai nipoti. Se, nella più avanzata vecchiaia, ti metti a costruire splendidi palazzi, che spesso la morte ti impedisce di terminare, se pianti alberi che daranno frutti solo molti anni dopo la tua morte, se acquisti poderi e un'eredità di cui diverrai proprietario solo dopo molto tempo, se, insomma, ti procuri altri simili beni di cui non potrai mai godere i frutti: ebbene, tutto questo lo fai per te, oppure per coloro che saranno vivi dopo di te? Non è dunque una completa follia non turbarsi in questi casi per il trascorrere del tempo quando esso è la causa che ci priverà della ricompensa delle nostre fatiche, e d'altra parte scoraggiarci e intorpidirci quando si tratta del cielo, per un rinvio che però servirà ad aumentare il tuo guadagno senza che i tuoi beni passino in mano d'altri e servirà a farti godere personalmente tutti i doni che ricevi?
Pensa, inoltre, che questo rinvio non è affatto così lungo. Il giudizio di Dio è alle porte e non siamo certi che la fine di tutte le cose non venga nell'epoca in cui viviamo; non possiamo essere sicuri che non giunga tra poco il terribile giorno in cui vedremo quel tribunale così temibile e severo. Numerosi segni si sono già compiuti: il Vangelo è già stato annunziato a quasi tutta la terra, e le guerre, i terremoti, le carestie sono arrivati: quel giorno, perciò, non può essere molto lontano. Tu dici di non vedere questi segni: ebbene, proprio questa tua incredulità è il segno più grande. Nessuno, al tempo di Noè, vide segni premonitori del diluvio, che portò la morte in tutto il mondo: mentre gli uomini non pensavano che a divertirsi, a banchettare, a sposarsi e a fare tutte le cose che erano soliti compiere, di colpo furono sorpresi da quella spaventosa inondazione, che fece giustizia di tutti i peccati. La stessa cosa accadde agli abitanti di Sodoma: mentre vivevano tra le delizie e non avevano il minimo sospetto di quanto stava per capitare loro, proprio in quel momento furono arsi vivi dai fulmini infocati che piombarono su loro.
Ricordandoci di questi esempi, teniamoci sempre pronti a partire da questa vita. Anche se il giorno della fine comune non fosse così prossimo, il giorno della morte di ciascuno di noi, vecchi e giovani, è sempre alle porte. In quel momento non sarà più possibile andare a comprar l'olio per accendere le nostre lampade e, nonostante le nostre preghiere, non potremo ottenere il perdono, anche se intercedessero per noi Abramo o Noè, Giobbe o Daniele (cf. Mt 25,1ss). Finché, dunque, ci resta un po' di tempo, dobbiamo usare in anticipo e copiosamente la facoltà di parlare e di chiedere grazie, dobbiamo procurarci olio abbondante e mettere tutto in deposito in cielo. Se faremo così, nel momento opportuno e quando ne avremo estremo bisogno, ritroveremo e potremo godere di tutti i beni; per la grazia e la misericordia di nostro Signore Gesù Cristo.
(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 20, 5 s.)
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4. Non piace a Dio condannare, ma salvare
«Viene il nostro Dio, e non sta in silenzio». Cristo Signore, Dio nostro, Figlio di Dio, al suo primo avvento si rese presente in modo velato, ma la sua seconda venuta sarà manifesta. Quando venne in forma velata non fu riconosciuto che dai suoi servi; quando verrà in forma palese lo vedranno i buoni e i malvagi.
Quando venne sotto il velo della sua umanità, venne per essere giudicato; quando verrà manifestamente, verrà per giudicare. Quando fu giudicato tacque e del suo silenzio il profeta aveva predetto: «Come agnello condotto al macello, come pecora di fronte ai suoi tosatori, non aprì la sua bocca» (Is 53,7).
Ma «viene il nostro Dio, e non sta in silenzio». Tacque mentre subiva il giudizio, ma non allo stesso modo tacerà quando sarà lui a giudicare. E ora non tace, se c'è qualcuno che l'ascolti; ma è detto: «Non tacerà»,quando riconosceranno la sua voce anche quelli che ora la disprezzano. Adesso, quando si annunciano i comandamenti di Dio, qualcuno ne ride. Perché le cose da Dio promesse non sono ora visibili, e non si tocca con mano per ora l'adempimento delle sue minacce, ci si fa gioco dei suoi precetti. Per ora la cosiddetta felicità di questo mondo l'hanno anche i malvagi: e la cosiddetta infelicità la soffrono anche i buoni.
Gli uomini che credono alle realtà presenti e non credono a quelle future osservano che i beni e i mali di questo mondo sono e dei buoni e dei cattivi, senza distinzione. Se desiderano ricchezze, le vedono possedute da gente pessima e da persone dabbene. E vedono anche, se hanno in orrore la povertà e le miserie di questo mondo, che di esse soffrono non solo i buoni, ma anche i malvagi. E in cuor loro dicono che Dio né guarda né governa le cose umane, ma ci ha completamente abbandonati al caso nel profondo abisso di questo mondo,e non ha di noi nessuna cura. E perché non vedono alcuna manifestazione di un suo giudizio, disprezzano i suoi comandamenti.
Però anche ora ciascuno deve riflettere che, quando vuole, Dio vede e condanna senza dilazioni, e quando vuole pazienta. E per qual motivo? Perché se al presente non manifestasse mai il suo giudizio, crederebbero che Dio non esiste; e se lo manifestasse sempre, non riserverebbe nulla per l'ultimo giudizio. Molte cose sono riservate per la condanna e alcune sono punite subito, appunto perché coloro ai quali è concessa una dilazione temano e si convertano. Non piace a Dio condannare, ma vuole salvare, e perciò è paziente con i malvagi, per renderli da malvagi buoni.
Dice l'Apostolo che l'«ira di Dio si rivela contro ogni empietà» e che «Dio renderà a ciascuno secondo le sue opere» (Rm 2,6). Ma ammonisce e rimprovera l'uomo che non si cura di Dio: «Ti prendi gioco della ricchezza della sua bontà e della sua tolleranza?» (Rm 2,4).
Perché egli è buono con te, è longanime, è paziente, perché ti aspetta e non ti toglie dal mondo, tu lo disprezzi, e consideri affatto nullo il giudizio divino, e non riconosci che «la bontà di Dio ti spinge alla conversione. Tu, con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere».
(Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo)
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5. Le due venute di Cristo
Noi annunziamo che Cristo verrà. Infatti non è unica la sua venuta, ma ve n'è una seconda, la quale sarà molto più gloriosa della precedente. La prima, infatti, ebbe il sigillo della sofferenza, l'altra porterà una corona di divina regalità. Si può affermare che quasi sempre nel nostro Signore Gesù Cristo ogni evento è duplice. Duplice è la generazione, una da Dio Padre, prima del tempo, e l'altra, la nascita umana, da una vergine nella pienezza dei tempi.
Due sono anche le sue discese nella storia. Una prima volta è venuto in modo oscuro e silenzioso, come la pioggia sul vello. Una seconda volta verrà nel futuro in splendore e chiarezza davanti agli occhi di tutti.
Nella sua prima venuta fu avvolto in fasce e posto in una stalla, nella seconda si vestirà di luce come di un manto. Nella prima accettò la croce senza rifiutare il disonore, nell'altra avanzerà scortato dalle schiere degli angeli e sarà pieno di gloria. Perciò non limitiamoci a meditare solo la prima venuta, ma viviamo in attesa della seconda. E poiché nella prima abbiamo acclamato: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21,9), la stessa lode proclameremo nella seconda. Così andando incontro al Signore insieme agli angeli e adorandolo canteremo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21,9). Il Salvatore verrà non per essere di nuovo giudicato, ma per farsi giudice di coloro che lo condannarono. Egli, che tacque quando subiva la condanna, ricorderà il loro operato a quei malvagi, che gli fecero subire il tormento della croce, e dirà a ciascuno di essi: Tu hai agito così, io non ho aperto bocca (cfr. Sal 38,10). Allora in un disegno di amore misericordioso venne per istruire gli uomini con dolce fermezza, ma alla fine tutti, lo vogliano o no, dovranno sottomettersi per forza al suo dominio regale. Il profeta Malachia preannunzia le due venute del Signore: «E subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate» (Ml 3,1). Ecco la prima venuta. E poi riguardo alla seconda egli dice: «Ecco l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, ecco viene... Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare» (Ml 3,1-3). Anche Paolo parla di queste due venute scrivendo a Tito in questi termini: «È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2,11-13). Vedi come ha parlato della prima venuta ringraziandone Dio? Della seconda invece fa capire che è quella che aspettiamo. Questa è dunque la fede che noi proclamiamo: credere in Cristo che è salito al cielo e siede alla destra Padre. Egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti. E il suo regno non avrà fine. Verrà dunque, verrà il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; verrà nella gloria alla fine del mondo creato, nell'ultimo giorno. Vi sarà allora la fine di questo mondo, e la nascita di un mondo nuovo.
(Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo. Cat. 15, 1. 3; PG 33, 870-874)
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6. Esortazione alla vigilanza sui moti istintivi
Tutti gli altri vizi toccano l'uomo dal di fuori, e a quanto è al di fuori è facile rinunciare. Soltanto l'istinto carnale, che Dio ha radicato in noi in vista della procreazione, se esce fuori dai suoi limiti, diventa un vizio prepotente e, in forza di una legge naturale, diventa un desiderio sfrenato che tende all'unione dei corpi. Ci vuole una virtù eroica e un'attenzione sempre viva, per poter dar la volta alla tua natura carnale, a non vivere carnalmente, a combattere giorno per giorno contro te stesso, e a tener sotto osservazione con i cento occhi di Argo - come dice la mitologia - il nemico che ti sta dentro. È quanto l'Apostolo esprimeva in altri termini: Ogni altro peccato che l'uomo commette non tocca il suo corpo; ma chi commette fornicazione pecca contro il proprio corpo (1Cor 6,18).
Dicono i medici e coloro che hanno trattato di fisiologia umana (particolarmente Galeno nel suo libro intitolato L'igiene [«Ughienôn lógôn» 1,15; 5,5. Galeno, nato a Pergamo nel 131 d.C. e mortovi nel 201, celebre medico, autore di numerosissime opere - pare circa 500 - di cui la maggior parte andarono perse]) che il corpo dei giovanetti e delle giovanette, degli uomini e delle donne di matura giovinezza, arde per un calore congenito; che a dette età sono nocivi tutti i cibi che ne aumentano l'eccitazione, e che aiuta meglio la salute ingerire sempre alimenti freddi, sia solidi che liquidi, mentre i vecchi, che sono soggetti ai reumatismi e al freddo, trovano giovamento nei cibi caldi e nel vino invecchiato. Anche il Salvatore ha detto: State attenti che non vi succeda d'appesantirvi il cuore nei bagordi, nell'ubriachezza e nell'affanno di questa vita! (Lc 21,34).
(Girolamo, Le Lettere, II, 54,9 - a Furia)
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7. Sulle parole dell'Evangelo di Mc 13,32: "quanto poi al giorno e all'ora nessuno li sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma il Padre soltanto"
Ci trovi preparati il nostro ultimo giorno.
1. Fratelli miei, poiché avete udito poc'anzi la Scrittura che ci esorta dicendo d'essere vigilanti a causa dell'ultimo giorno, ciascuno pensi al proprio ultimo giorno; e ciò per evitare che, allorché crederete o penserete che l'ultimo giorno del mondo è lontano, dormicchiate al vostro ultimo giorno. A proposito dell'ultimo giorno di questo mondo, avete sentito che cosa dice il Cristo, che cioè non ne conoscono la data né gli angeli del cielo, né il Figlio, ma soltanto il Padre (Mt 24,36; cf Mc 13,32). Quest'affermazione veramente racchiude un difficile problema: non dobbiamo pensare secondo la nostra mentalità umana che il Padre sappia qualcosa che non sappia il Figlio. Cristo però dicendo: Lo sa solo il Padre, disse certamente così in quanto anche il Figlio lo sa nel Padre. Che c'è infatti nel giorno che non sia stato fatto nel Verbo, per mezzo del quale fu fatto il giorno? "Nessuno - dice - cerchi di conoscere quando arriverà l'ultimo giorno". Ma cerchiamo tutti di vigilare vivendo bene, perché l'ultimo giorno di ciascuno di noi non ci trovi impreparati e, come ciascuno uscirà di vita quaggiù nel proprio ultimo giorno, così venga trovato nell'ultimo giorno del mondo. Non ti sarà d'alcun aiuto ciò che non avrai fatto quaggiù. Per ciascuno saranno di sollievo o di tormento le proprie opere.
Fare buon uso del castigo della morte.
2. In che modo abbiamo cantato nel salmo al Signore? Pietà di me, Signore, poiché l'uomo mi opprime (Sal 55,2). Viene chiamato "uomo" uno che vive conforme alla natura umana. Per conseguenza a coloro che vivono secondo Iddio la Scrittura dice: Voi tutti siete dèi e figli dell'Altissimo (Sal 81,6). Ai reprobi invece, chiamati ad essere figli di Dio mentre preferirono essere semplici uomini, cioè vivere secondo la natura umana, la Scrittura dice: Voi invece morrete come uomini e cadrete come uno dei principi (Sal 81,7). Poiché il fatto che l'uomo è mortale gli deve servire per regolare la sua vita, non per montare in superbia. Di che cosa si vanta un verme destinato a morire in un domani? Fratelli, lo dico alla vostra Carità; i mortali superbi devono vergognarsi di fronte al diavolo. Esso infatti, benché superbo, è tuttavia immortale: è uno spirito, anche se cattivo. Per lui l'ultimo giorno è riservato per la fine come castigo; esso però non subisce la morte che invece abbiamo noi. L'uomo infatti si sentì dire: Morirai di morte (Gn 2,17). Faccia quindi buon uso del proprio castigo. Che significa quel che ho detto: "Faccia buon uso del proprio castigo"? Vuol dire: "Non monti in superbia per il fatto per cui ha ricevuto il castigo; si riconosca mortale e reprima l'alterigia. Ascolti la Scrittura che gli dice: Perché insuperbisce chi è polvere e cenere?" (Sir 10,9). Anche se il diavolo insuperbisce, non è polvere o cenere. Ecco perché la Scrittura dice: Voi invece morrete come uomini, come uno dei principi cadrete (Sal 81,7). Voi non riflettete non fosse altro al fatto che siete mortali, eppure siete superbi come il diavolo. Tragga dunque l'uomo vantaggio dal suo castigo, fratelli; faccia buon uso del proprio male perché progredisca per il suo bene. Chi ignora che la morte è un castigo ed è inevitabile che noi moriamo e, quel ch'è peggio, non sappiamo quando? È una pena certa, ma la sua ora è incerta; tra gli eventi umani, di questa sola pena noi siamo certi.
La sola morte è certa.
3. Tutti gli altri nostri casi, buoni e cattivi, sono incerti; solo la morte è certa. Che significa ciò che dico? È stato concepito un bambino: forse nascerà, forse avverrà un aborto. In tal modo l'evento è incerto. Forse crescerà, forse non crescerà, forse arriverà alla vecchiaia, forse non ci arriverà; forse sarà ricco, forse povero; forse onorato, forse umiliato; forse avrà figli, forse non ne avrà; forse prenderà moglie, forse non la prenderà. E così per qualunque altro bene vorrai nominare. Considera anche i mali. Forse si ammalerà, forse non si ammalerà; forse sarà morso da un serpente, forse non sarà morso; forse sarà divorato da una belva, forse non lo sarà. E così considera tutti i mali. In ogni circostanza esiste l'alternativa: "Forse avverrà, forse non avverrà". Puoi forse dire: "Forse morrà, forse non morrà"? Allo stesso modo che i medici, quando diagnosticano una malattia e la riconoscono mortale, danno questo responso: "Morirà, non la scamperà". Dal momento che nasce un uomo, si deve dire: "Non la scamperà". Appena nato comincia a star male; quando muore mette fine alla malattia, ma non sa se va a cadere in una peggiore. Quel famoso ricco aveva finito un'infermità piena di godimenti, ma andò a finire in un'altra piena di tormenti; al contrario quel povero terminò l'infermità e giunse alla sanità (Cf Lc 16,22). Questi però aveva già scelto prima quaggiù quel che avrebbe avuto poi; e aveva seminato quaggiù quel che mieté poi di là. Quando perciò siamo in questa vita, dobbiamo vigilare e dobbiamo scegliere ciò che potremo possedere nella vita futura.
Cristo ha vinto il mondo e lo vinceremo anche noi se saremo uniti a Dio.
4. Cerchiamo di non amare il mondo; esso opprime coloro che lo amano, non li conduce al bene. Bisogna sforzarci che non ci faccia prigionieri piuttosto che temere che perisca. Ecco, il mondo perisce, ma il cristiano persiste, perché Cristo non perisce. Perché mai, infatti, dice il Signore: Rallegratevi! poiché io ho vinto il mondo (Gv 16, 33)? Potremmo rispondergli, se fosse consentito: "Ma sei tu che devi rallegrarti. Se hai vinto tu, sei tu che devi rallegrarti. Perché dovremmo rallegrarci noi?". Per qual motivo ci dice: Rallegratevi, se non perché è per noi ch'egli ha vinto, è per noi ch'egli ha lottato? In qual modo infatti ha lottato? Per il fatto che ha preso la natura umana. Escludi la sua nascita dalla Vergine, escludi il fatto che si spogliò della sua divinità prendendo la natura di schiavo e divenendo simile agli uomini e per il suo comportamento fu riconosciuto come un vero uomo (Cf. Fil 2,7); se escludi ciò, come sarebbe stata possibile la lotta, il combattimento, la prova attraverso le sofferenze, la vittoria non preceduta dal combattimento? Al principio c'era il Verbo e il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio. Egli era al principio con Dio. Per mezzo di lui è stato creato tutto e senza di lui non è stato creato nulla (Gv 1,1-3). Avrebbe potuto forse il giudeo crocifiggere questo Verbo? avrebbe forse l'empio potuto oltraggiarlo? Avrebbe potuto forse questo Verbo essere schiaffeggiato? essere coronato di spine? Perché potesse sopportare tutti questi patimenti il Verbo si fece carne (Gv 1,14), e, dopo aver subito queste sofferenze, è risuscitato e così ha vinto. Ha vinto dunque per noi, ai quali ha mostrato la certezza della risurrezione. Dirai dunque a Dio: Pietà di me, o Signore, perché un uomo mi ha calpestato (Sal 52,2). Tu non opprimerti e l'uomo non ti vincerà. Poiché, ecco, un potente ti spaventa. Come ti spaventa? "Ti spoglierò, ti farò condannare, torturare, uccidere". Allora tu griderai: Pietà di me, Signore, poiché un uomo mi ha calpestato. Se dirai la verità, è te stesso che tu hai nella mente. Poiché temi le minacce d'un uomo, è un morto colui che ti calpesta; e poiché non avresti paura se tu non fossi un uomo, è sempre un uomo che ti opprime. Qual rimedio c'è dunque? Amico, rimani unito a Dio, dal quale sei stato creato uomo; rimani attaccato a lui, confida in lui, invoca lui, la tua forza è lui. Digli: In te, Signore, è la mia forza (Sal 55,4). Allora al riparo dalle minacce degli uomini canterai; lo stesso Signore dice quello che potrai cantare in seguito: Spererò in Dio, non avrò paura di ciò che mi potrà fare un uomo (Sal 55,12).
(S. Agostino vescovo: Discorso 97, VERBRAKEN 9 PL 38, 589-591 RB 78 [1968], 216-219)
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