a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 7/2018)
ANNO B – 15 luglio 2018
XV Domenica del Tempo ordinario
Am 7,12-15
Ef 1,3-14
Mc 6,7-13
(Visualizza i brani delle Letture)
XV Domenica del Tempo ordinario
Am 7,12-15
Ef 1,3-14
Mc 6,7-13
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CAMBIARE PEDAGOGIA NELLA MISSIONE
Noi siamo testardi. Se qualcosa non funziona, non di rado intensifichiamo la nostra azione, ma senza rinnovarla. Gesù, invece, è capace di comprendere la difficoltà e di cambiare strategia. Gesù aveva chiamato i suoi discepoli per predicare e scacciare i demoni. Ma si rende conto che i discepoli, dopo l'insuccesso nella sinagoga, dove Gesù ha defraudato le aspettative nazionaliste da essi professate, non sono al suo fianco. Continuano a essere attaccati agli ideali del giudaismo, alla restaurazione della gloria d'Israele.
In queste condizioni Gesù non può inviarli alla missione universale. Perciò cambia pedagogia. Sceglie di inviarli "a due a due". Non è preoccupato di raggiungere quanti più luoghi possibile, ma che si affermi l'uguaglianza fraterna. E che si escluda la subordinazione degli uni agli altri. Questa volta non conferisce loro il potere per scacciare i demoni, ma l'autorità sugli spiriti impuri. Li mette in condizione di accostarsi a ogni persona, senza pretese di superiorità. E quanto all'abbigliamento, le indicazioni di Gesù non si riferiscono soltanto alla povertà, ma principalmente alla fiducia che essi devono dare alla gente: né denaro, né pane e, soprattutto, non la bisaccia per accumulare! Vuole che si fidino delle persone che incontreranno, senza confidare nelle proprie provviste.
La domanda quindi è: perché Gesù manda in missione i Dodici in questo modo? È chiaro: vuole far maturare in loro un nuovo atteggiamento. Vuole convertire la loro idea di missione. Vuole trasformare il loro giudaismo esclusivista, in un atteggiamento di uguaglianza fraterna, fiducia reciproca, dignità, mancanza di ambizione, semplicità; questo è il messaggio che devono trasmettere con il loro modo di comportarsi.
Con questo invio dei Dodici si può già vedere il proposito di Gesù; avendoli convinti con il suo esempio, vuole metterli a contatto con le genti, perché sia l'esperienza a far cambiare la loro mentalità. È una terapia d'urto. Non li manda a predicare, ma a imparare dal contatto umano. Non stabilisce la durata, né traccia un itinerario. E, soprattutto, non lo limita al popolo giudaico. Dovranno convincersi che la frontiera tra la bontà e la cattiveria umana non coincide con la frontiera etnica d'Israele. Come oggi non coincide con il dentro o fuori la Chiesa. Questa istruzione implica un cambiamento radicale di mentalità: si tratta di entrare "in casa d'altri", magari anche pagani, e dipendere da loro per la sopravvivenza.
Non c'è annuncio del Regno fintanto che noi non rinunciamo alle nostre categorie di giudizio, ai nostri schemi etnici, culturali e perfino religiosi e morali, affermando l'amore universale. L'annuncio del Regno si compie affidandosi all'altro. È un annuncio che viene rivolto a noi, prima che ai lontani. È un "secondo annuncio", per chi pensa di avere sicurezze e di custodire la "vera" fede. La fede in Gesù non viene proclamata con una dottrina certa e sicura, ma con il suo stile. Uno stile che abbatte ogni distinzione e annuncia la fine di ogni barriera tra gli uomini.
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