a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 4/2018)
ANNO B – 1° aprile 2018
Domenica di Pasqua
At 10,34a.37-43
Col 3,1-4 [1Cor 5,6-8]
Gv 20,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)
Domenica di Pasqua
At 10,34a.37-43
Col 3,1-4 [1Cor 5,6-8]
Gv 20,1-9
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LA RISURREZIONE DI GESÙ: UN NUOVO INIZIO
Nessun brano del Vangelo racconta il momento della risurrezione di Gesù, ma in tutti viene narrato che cosa accade dopo la risurrezione. Non esiste la fotografia del momento in cui Gesù è risorto e, per di più, non si riesce neanche a fare un selfie con il Signore risorto. Perché tutto questo? Semplicemente perché la risurrezione del Signore si vede dalla nostra vita e nella nostra vita. Prima di tutto si può credere alla risurrezione del Signore solo se si è in movimento. Maria Maddalena, Maria di Giacomo e Salome vanno al sepolcro all'alba. Non vanno perché credono nella risurrezione, ma vanno per affetto, come ci mostra Maria Maddalena che giunta al sepolcro e non avendo trovato il corpo di Gesù, scoppia in pianto e chiede a colui che crede il giardiniere se ha visto il corpo del Signore.
Solo chi è disposto a recarsi al sepolcro, cioè a mettersi in movimento, può vivere l'esperienza della fede. Non si tratta di avere capito tutto, non ci è richiesto di essere perfetti, ma di fare un passaggio: dalla lamentela alla ricerca. Vivere la fede, infatti, significa smettere di lamentarsi per orientare le nostre energie nella direzione della ricerca. Il cercare diventa la cifra della nostra fede.
Di che cosa sono alla ricerca? Che cosa desidero? Per che cosa mi muovo? La risurrezione non è una magia, ma un cambio di prospettiva. Giungendo al sepolcro, la reazione immediata è quella di dire: «Hanno portato via il Signore!». Oppure, mentre si sta andando, la preoccupazione è quella di spostare la pietra che chiude l'ingresso del sepolcro. Non appena si arriva ci si accorge, però, che occorre un cambio di prospettiva; un cambio possibile solo se si ha il coraggio di entrare nel sepolcro per andare oltre a quella paura o a quello sgomento («Hanno portato via il Signore») che subito ci prende. Si tratta di superare la reazione immediata ed emotiva che ci fa pensare che la risurrezione del Signore sia come una magia, per abbracciare la logica nuova: la risurrezione di Gesù ci chiama a cambiare la prospettiva con cui vediamo le cose, a partire dalla nostra vita.
Infatti, la fede nella risurrezione non è una semplice fiducia nella vita, ma è credere che la vita nasca dalla morte, grazie alla forza dell'amore di Cristo. Si tratta di entrare nelle situazioni di morte guardando oltre a essa, vivendo la risurrezione, cioè amando come Cristo ha amato. E, soprattutto, credendo al suo amore per noi. Ciò significa che, nella nostra vita, le situazioni di morte non si risolvono magicamente o facendo finta che non esistano, ma possiamo trovare una strada nella misura in cui scorgiamo in esse la possibilità di vivere l'esperienza dell'amore. Il Signore risorto non è colui che risolve magicamente i miei problemi, ma è una presenza certa nel cammino della mia vita, è colui che mi dice di non avere paura?
Così la risurrezione appare in tutta la sua portata: non è la soluzione dei problemi, ma semplicemente un nuovo inizio. Sì, il Signore risorto non ha risolto tutti i problemi, a partire dai suoi, per arrivare a quelli del mondo, ma ha mostrato che è possibile un nuovo inizio. Credere nella risurrezione significa credere in un nuovo inizio.
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