Intervista a Mons. Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Siracusa
L'Amico del Clero, n. 12 Dicembre 2016
Mons. Pappalardo, come giudica per la Chiesa in generale, e per l'arcidiocesi di Siracusa in particolare, il ripristino del diaconato permanente?
Personalmente guardo il diaconato permanente come un dono riscoperto dal Concilio Vaticano II. Come avviene per ogni dono dello Spirito nella Chiesa, non tutti i frutti appaiono ancora maturi, ma certamente il diaconato rientra, a mio avviso, tra le sfide della nuova evangelizzazione, tanto cara al Santo Padre Francesco, che vede nella ministerialità della Chiesa una risorsa importante.
Nella nostra Arcidiocesi guardo al diaconato permanente come una occasione propizia non solo per la riscoperta di questo ministero, ma anche come possibilità per ritrovare tutti il proprio servizio... Guardo il diacono come colui che stimola il presbitero a vivere pienamente da presbitero, mi riferisco ai tanti servizi che oggi i miei presbiteri compiono per il servizio alla Chiesa, ma certamente in alcuni di questi il diacono potrebbe assolvere piene responsabilità. Il libro degli Atti ci ricorda proprio ciò... Mi piace inoltre guardare il diacono come il servo che stimola tutta la Chiesa al servizio della carità, dell'accoglienza, il servo delle "periferie esistenziali".
Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?
Che abbia una vita di fede, salda, provata, pienamente inserita nella comunità! Il diaconato permanente, come ogni ministero, non è a beneficio della singola persona, che si sente investita di un determinato carisma, ma è a servizio di tutta la comunità, di cui e per cui costituisce un segno molto significativo. Bisogna quindi pensare a uomini, che godono già di buona fama nella comunità, che abbiano qualità umane scaturite da una buona familiarità con il Vangelo: devono quindi aver già dato, precedentemente e per un tempo significativo, prova di una vera testimonianza di vita cristiana e di un serio e apprezzato impegno pastorale nella propria comunità di riferimento.
Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua arcidiocesi per chi diventa diacono?
Nella mia diocesi abbiamo da qualche anno attuato un "Itinerario per la formazione al diaconato permanente e per la formazione permanente dei diaconi". Progetto sperimentato già con un gruppo di nuovi diaconi che sto ordinando proprio in questi mesi dopo un cammino di quasi 5 anni. Per la formazione teologica ho costituito una scuola con un collegio di docenti che in questi anni hanno tenuto i corsi specifici per una formazione teologica-liturgica-pastorale legata al ministero diaconale. Sono stato spinto alla realizzazione di una scuola propria per i candidati, pur avendo in diocesi un Istituto Superiore di Scienze Religiose, per dare la possibilità della frequenza alle lezioni frontali che si svolgono tutti i sabati mattina. Gli orari e i tempi dell'Istituto non avrebbero permesso tale itinerario.
Un altro aspetto importante del cammino formativo che si è ben realizzato in diocesi è la "comunità diaconale". Gli aspiranti, sia attraverso gli incontri di formazione teologica, sia attraverso i ritiri mensili, hanno costituito spontaneamente una comunità che adesso si sta ben amalgamando con la esistente comunità diaconale.
Per quanto riguarda la formazione permanente dei diaconi sto proprio in questi giorni lavorando con la commissione diocesana per attuare un cammino annuale in sintonia con il cammino diocesano e specifico al ministero del diacono.
Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?
Le resistenze sono normalissime nella comunità ecclesiale, tanti cambiamenti nella vita della Chiesa si sono realizzati lungo lo scorrere di anni, per non dire secoli. Nel clero si trovano diverse fasce di età con differenti cammini formativi, capisco bene quindi delle possibili reazioni o non accettazioni dinanzi alla riscoperta del diaconato permanente. Devo però constatare con gioia che tanti sono i presbiteri i quali, dinanzi alla scelta conciliare, hanno invogliato e accompagnato coloro che oggi sono dei buoni diaconi a servizio del Vangelo. Penso comunque che si tratti di una vera e propria "conversione pastorale" che attraverso il diaconato oggi la Chiesa può realizzare.
Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nell'arcidiocesi di Siracusa?
Ritengo che oggi urge nella Chiesa rendere attuale ciò che papa Francesco insiste nel direi: la nuova evangelizzazione. Ciò di cui abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi, sono testimoni credibili che con la vita e anche con la parola rendano visibile il Vangelo. Mi piace dunque vedere questa missione nella vita propria dei diaconi che, non solo nelle comunità cristiane, ma anche nel mondo del lavoro, nella società culturale che vivono giornalmente, possono dare ragione del proprio credo. Forse oggi la Chiesa può giungere a tante povertà e periferie esistenziali anche attraverso coloro che sono icona del Servo.
Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua arcidiocesi?
Ad oggi la comunità diaconale è composta da 31 diaconi permanenti. Tra questi c'è già qualcuno che per motivi di età e salute non può svolgere regolarmente il ministero, ma c'è anche da aggiungere che nei prossimi mesi avrò la gioia di celebrare in alcune parrocchie della diocesi il Rito di ordinazione. Ci siamo inoltre già attivati per iniziare un cammino di discernimento con un nutrito gruppo di adulti con le loro rispettive famiglie e, secondo il nostro programma, ad ottobre avvieremo per la seconda volta il corso di studi teologici per la formazione degli aspiranti. Per il futuro spero che la mia Chiesa diocesana abbia la garanzia di una ministerialità viva e feconda che, nella buona comunione tra il collegio dei presbiteri e il collegio dei diaconi con la presenza del Vescovo, vivificano la Chiesa.
Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?
Le vocazioni sono dono di Dio e il Signore non fa mai mancare ciò che è essenziale per l'annuncio del Vangelo, penso inoltre che la buona testimonianza degli attuali diaconi sia la via migliore per suscitare le vocazioni a questo servizio. Le vocazioni poi nascono nelle comunità parrocchiali, è quindi anche compito dei presbiteri sensibilizzare e proporre il cammino di discernimento.
L'Amico del Clero, n. 12 Dicembre 2016
Mons. Pappalardo, come giudica per la Chiesa in generale, e per l'arcidiocesi di Siracusa in particolare, il ripristino del diaconato permanente?
Personalmente guardo il diaconato permanente come un dono riscoperto dal Concilio Vaticano II. Come avviene per ogni dono dello Spirito nella Chiesa, non tutti i frutti appaiono ancora maturi, ma certamente il diaconato rientra, a mio avviso, tra le sfide della nuova evangelizzazione, tanto cara al Santo Padre Francesco, che vede nella ministerialità della Chiesa una risorsa importante.
Nella nostra Arcidiocesi guardo al diaconato permanente come una occasione propizia non solo per la riscoperta di questo ministero, ma anche come possibilità per ritrovare tutti il proprio servizio... Guardo il diacono come colui che stimola il presbitero a vivere pienamente da presbitero, mi riferisco ai tanti servizi che oggi i miei presbiteri compiono per il servizio alla Chiesa, ma certamente in alcuni di questi il diacono potrebbe assolvere piene responsabilità. Il libro degli Atti ci ricorda proprio ciò... Mi piace inoltre guardare il diacono come il servo che stimola tutta la Chiesa al servizio della carità, dell'accoglienza, il servo delle "periferie esistenziali".
Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?
Che abbia una vita di fede, salda, provata, pienamente inserita nella comunità! Il diaconato permanente, come ogni ministero, non è a beneficio della singola persona, che si sente investita di un determinato carisma, ma è a servizio di tutta la comunità, di cui e per cui costituisce un segno molto significativo. Bisogna quindi pensare a uomini, che godono già di buona fama nella comunità, che abbiano qualità umane scaturite da una buona familiarità con il Vangelo: devono quindi aver già dato, precedentemente e per un tempo significativo, prova di una vera testimonianza di vita cristiana e di un serio e apprezzato impegno pastorale nella propria comunità di riferimento.
Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua arcidiocesi per chi diventa diacono?
Nella mia diocesi abbiamo da qualche anno attuato un "Itinerario per la formazione al diaconato permanente e per la formazione permanente dei diaconi". Progetto sperimentato già con un gruppo di nuovi diaconi che sto ordinando proprio in questi mesi dopo un cammino di quasi 5 anni. Per la formazione teologica ho costituito una scuola con un collegio di docenti che in questi anni hanno tenuto i corsi specifici per una formazione teologica-liturgica-pastorale legata al ministero diaconale. Sono stato spinto alla realizzazione di una scuola propria per i candidati, pur avendo in diocesi un Istituto Superiore di Scienze Religiose, per dare la possibilità della frequenza alle lezioni frontali che si svolgono tutti i sabati mattina. Gli orari e i tempi dell'Istituto non avrebbero permesso tale itinerario.
Un altro aspetto importante del cammino formativo che si è ben realizzato in diocesi è la "comunità diaconale". Gli aspiranti, sia attraverso gli incontri di formazione teologica, sia attraverso i ritiri mensili, hanno costituito spontaneamente una comunità che adesso si sta ben amalgamando con la esistente comunità diaconale.
Per quanto riguarda la formazione permanente dei diaconi sto proprio in questi giorni lavorando con la commissione diocesana per attuare un cammino annuale in sintonia con il cammino diocesano e specifico al ministero del diacono.
Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?
Le resistenze sono normalissime nella comunità ecclesiale, tanti cambiamenti nella vita della Chiesa si sono realizzati lungo lo scorrere di anni, per non dire secoli. Nel clero si trovano diverse fasce di età con differenti cammini formativi, capisco bene quindi delle possibili reazioni o non accettazioni dinanzi alla riscoperta del diaconato permanente. Devo però constatare con gioia che tanti sono i presbiteri i quali, dinanzi alla scelta conciliare, hanno invogliato e accompagnato coloro che oggi sono dei buoni diaconi a servizio del Vangelo. Penso comunque che si tratti di una vera e propria "conversione pastorale" che attraverso il diaconato oggi la Chiesa può realizzare.
Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nell'arcidiocesi di Siracusa?
Ritengo che oggi urge nella Chiesa rendere attuale ciò che papa Francesco insiste nel direi: la nuova evangelizzazione. Ciò di cui abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi, sono testimoni credibili che con la vita e anche con la parola rendano visibile il Vangelo. Mi piace dunque vedere questa missione nella vita propria dei diaconi che, non solo nelle comunità cristiane, ma anche nel mondo del lavoro, nella società culturale che vivono giornalmente, possono dare ragione del proprio credo. Forse oggi la Chiesa può giungere a tante povertà e periferie esistenziali anche attraverso coloro che sono icona del Servo.
Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua arcidiocesi?
Ad oggi la comunità diaconale è composta da 31 diaconi permanenti. Tra questi c'è già qualcuno che per motivi di età e salute non può svolgere regolarmente il ministero, ma c'è anche da aggiungere che nei prossimi mesi avrò la gioia di celebrare in alcune parrocchie della diocesi il Rito di ordinazione. Ci siamo inoltre già attivati per iniziare un cammino di discernimento con un nutrito gruppo di adulti con le loro rispettive famiglie e, secondo il nostro programma, ad ottobre avvieremo per la seconda volta il corso di studi teologici per la formazione degli aspiranti. Per il futuro spero che la mia Chiesa diocesana abbia la garanzia di una ministerialità viva e feconda che, nella buona comunione tra il collegio dei presbiteri e il collegio dei diaconi con la presenza del Vescovo, vivificano la Chiesa.
Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?
Le vocazioni sono dono di Dio e il Signore non fa mai mancare ciò che è essenziale per l'annuncio del Vangelo, penso inoltre che la buona testimonianza degli attuali diaconi sia la via migliore per suscitare le vocazioni a questo servizio. Le vocazioni poi nascono nelle comunità parrocchiali, è quindi anche compito dei presbiteri sensibilizzare e proporre il cammino di discernimento.
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