Intervista a Mons. Antonio Suetta,
Vescovo di Ventimiglia-Sanremo



Intervista a Mons. Antonio Suetta, Vescovo di Ventimiglia-Sanremo
L'Amico del Clero, n. 11 Novembre 2016

Mons. Suetta come giudica per la Chiesa in generale, e per la diocesi di Ventimiglia-Sanremo in particolare, il ripristino del diaconato permanente?

Si tratta indubbiamente di una preziosa ed efficace opportunità sia sotto il profilo teologico come visibilità ed evidenza completa del Sacramento dell'Ordine nei suoi tre gradi, sia come servizio concreto reso non come supplenza o supporto, ma come autentico e tipico ministero.

Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?

Innanzitutto una vera vocazione adeguatamente riconosciuta ed accolta nel discernimento spirituale personale e nella compagine della Chiesa particolare. Il diaconato non dev'essere né una sorta di "premio di consolazione" per presbiteri mancati né un "riconoscimento" per collaboratori meritevoli. Occorre poi che, in conseguenza di ciò, la formazione teologica, spirituale, liturgica e pastorale del diacono permanente lo conduca a vivere il proprio ministero nella giusta sinergia del presbiterio, nella ineludibile specificità del ruolo ministeriale e nel proficuo equilibrio della sua interessante posizione "di confine" tra il laico in relazione a impegni professionali e familiari, ed il ministro ordinato.

Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua diocesi per chi diventa diacono?

Il tempo complessivo della formazione dura, come minimo 4 anni: un primo anno è totalmente dedicato al discernimento vocazionale ed il successivo triennio allo studio delle discipline teologiche e al tirocinio pastorale e liturgico.

Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?

Ritengo che il diacono debba essere e sentirsi inserito a pieno titolo nel contesto del presbiterio diocesano, partecipando effettivamente alle diverse occasioni di formazione spirituale e pastorale e condividendo responsabilità nell'ambito dei diversi organismi diocesani, soprattutto nei settori maggiormente legati al ministero diaconale, come la carità, la catechesi e l'amministrazione.

Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Ventimiglia-Sanremo?

Nella mia Diocesi credo che i diaconi possano essere maggiormente coinvolti nell'ambito della catechesi, soprattutto per quanto concerne la pastorale familiare.

Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?

Attualmente i diaconi permanenti sono 15 e sono 3 gli aspiranti, che stanno iniziando un percorso di discernimento. Sono convinto che sia nell'ambito della pastorale familiare come nella prospettiva delle unità pastorali il futuro riservi al diaconato permanente un ruolo significativo e molto ricco.

Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?

Insieme alla preghiera per le Vocazioni e alle molteplici iniziative di sensibilizzazione vocazionale, credo che si debba direttamente "chiamare" molti laici impegnati nelle Parrocchie e in Associazioni e Movimenti invitandoli a prendere in considerazione una forma di servizio particolare che comporta un dono di consacrazione, una speciale grazia sacramentale e un ruolo specifico, indispensabile alla vita della Chiesa e non assimilabile alla testimonianza e al servizio reso da un laico.


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