Intervista a Mons. Lino Fumagalli, Vescovo di Viterbo
L'Amico del Clero, n. 7-8 Luglio-Agosto 2016
Mons. Lino, come giudica per la Chiesa in generale, e per la diocesi di Viterbo in particolare, il ripristino del diaconato permanente?
È un grande dono, non ancora compreso e valorizzato a sufficienza, ma pur sempre un dono prezioso, icona attraente di una "Chiesa in uscita" che vuole raggiungere l'uomo ovunque si trovi, per amarlo e servirlo con cuore stesso di Cristo.
Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?
Oggi più che mai, in un mondo diviso e frammentato, dove aumentano conflitti e incomprensioni, il diacono deve essere l'uomo della comunione. Anche la comunità ecclesiale non è esente da divisioni e contrapposizioni, da relazioni difficili, non sempre animate da autentico spirito evangelico. In questo contesto il diacono è chiamato ad esercitare la "diaconia della comunione". La capacità di "fare comunione" è requisito indispensabile per un candidato al diaconato permanente.
Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua diocesi per chi diventa diacono?
Il cammino – che inizia con un primo periodo di discernimento nella comunità di provenienza dove il candidato è chiamato ad esercitare per un congruo tempo la ministerialità istituita del lettorato e dell'accolitato – prevede tre anni di formazione teologico-pastorale presso la Scuola Diocesana di Teologia per laici. Inoltre, si richiede al candidato che inizi un serio cammino di discernimento con l'incaricato per il Diaconato permanente e il Direttore Spirituale e che partecipi agli incontri mensili di formazione con gli altri diaconi.
Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?
Che la figura, il ruolo e il servizio del diacono permanente ancora fatichi ad essere compreso e accolto tra molti presbiteri è, purtroppo, un dato di fatto abbastanza diffuso. Le cause sono molteplici e non è questo il momento di analizzarle. Quello che è certo è che è necessario e urgente che passi nelle nostre comunità l'idea di una "Chiesa tutta ministeriale", dove ogni carisma viene accolto e valorizzato come dono dello Spirito per l'utilità comune.
Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Viterbo?
Nell'urgenza di una nuova evangelizzazione e nel contesto di una "Chiesa in uscita" vedo e sogno un diaconato sempre più impegnato in questa direzione perché "il Vangelo della carità" giunga in ogni ambito o settore – ecclesiale, familiare, professionale… – in cui il diacono è chiamato a vivere e operare.
Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?
I diaconi attualmente sono tredici di cui due ordinati lo scorso anno. Un altro è in cammino. Il futuro?
Dipenderà dalla maturazione di una nuova visione di Chiesa "tutta ministeriale" e certamente dalla testimonianza significativa e attraente dei diaconi stessi.
Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?
Non dobbiamo mai dimenticare quanto affermava Benedetto XVI: «… non possiamo "produrre" vocazioni, esse devono venire da Dio. Non possiamo, come forse in altre professioni, per mezzo di una propaganda ben mirata, mediante, per così dire, strategie adeguate, semplicemente reclutare delle persone. La chiamata, partendo dal cuore di Dio, deve sempre trovare la via al cuore dell'uomo. E tuttavia: proprio perché arrivi nei cuori degli uomini è necessaria anche la nostra collaborazione » (Discorso ai sacerdoti e ai diaconi permanenti della Baviera, 14 settembre 2016).
Ecco, quindi, la preghiera al Padrone della messe. Sì, intensificare prima di tutto la preghiera e poi, certamente, pensare e trovare occasioni e modalità con cui presentare e far conoscere di più e meglio nelle comunità parrocchiale la bellezza di questa specifica vocazione.
L'Amico del Clero, n. 7-8 Luglio-Agosto 2016
Mons. Lino, come giudica per la Chiesa in generale, e per la diocesi di Viterbo in particolare, il ripristino del diaconato permanente?
È un grande dono, non ancora compreso e valorizzato a sufficienza, ma pur sempre un dono prezioso, icona attraente di una "Chiesa in uscita" che vuole raggiungere l'uomo ovunque si trovi, per amarlo e servirlo con cuore stesso di Cristo.
Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?
Oggi più che mai, in un mondo diviso e frammentato, dove aumentano conflitti e incomprensioni, il diacono deve essere l'uomo della comunione. Anche la comunità ecclesiale non è esente da divisioni e contrapposizioni, da relazioni difficili, non sempre animate da autentico spirito evangelico. In questo contesto il diacono è chiamato ad esercitare la "diaconia della comunione". La capacità di "fare comunione" è requisito indispensabile per un candidato al diaconato permanente.
Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua diocesi per chi diventa diacono?
Il cammino – che inizia con un primo periodo di discernimento nella comunità di provenienza dove il candidato è chiamato ad esercitare per un congruo tempo la ministerialità istituita del lettorato e dell'accolitato – prevede tre anni di formazione teologico-pastorale presso la Scuola Diocesana di Teologia per laici. Inoltre, si richiede al candidato che inizi un serio cammino di discernimento con l'incaricato per il Diaconato permanente e il Direttore Spirituale e che partecipi agli incontri mensili di formazione con gli altri diaconi.
Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?
Che la figura, il ruolo e il servizio del diacono permanente ancora fatichi ad essere compreso e accolto tra molti presbiteri è, purtroppo, un dato di fatto abbastanza diffuso. Le cause sono molteplici e non è questo il momento di analizzarle. Quello che è certo è che è necessario e urgente che passi nelle nostre comunità l'idea di una "Chiesa tutta ministeriale", dove ogni carisma viene accolto e valorizzato come dono dello Spirito per l'utilità comune.
Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Viterbo?
Nell'urgenza di una nuova evangelizzazione e nel contesto di una "Chiesa in uscita" vedo e sogno un diaconato sempre più impegnato in questa direzione perché "il Vangelo della carità" giunga in ogni ambito o settore – ecclesiale, familiare, professionale… – in cui il diacono è chiamato a vivere e operare.
Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?
I diaconi attualmente sono tredici di cui due ordinati lo scorso anno. Un altro è in cammino. Il futuro?
Dipenderà dalla maturazione di una nuova visione di Chiesa "tutta ministeriale" e certamente dalla testimonianza significativa e attraente dei diaconi stessi.
Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?
Non dobbiamo mai dimenticare quanto affermava Benedetto XVI: «… non possiamo "produrre" vocazioni, esse devono venire da Dio. Non possiamo, come forse in altre professioni, per mezzo di una propaganda ben mirata, mediante, per così dire, strategie adeguate, semplicemente reclutare delle persone. La chiamata, partendo dal cuore di Dio, deve sempre trovare la via al cuore dell'uomo. E tuttavia: proprio perché arrivi nei cuori degli uomini è necessaria anche la nostra collaborazione » (Discorso ai sacerdoti e ai diaconi permanenti della Baviera, 14 settembre 2016).
Ecco, quindi, la preghiera al Padrone della messe. Sì, intensificare prima di tutto la preghiera e poi, certamente, pensare e trovare occasioni e modalità con cui presentare e far conoscere di più e meglio nelle comunità parrocchiale la bellezza di questa specifica vocazione.
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