Il diaconato in Italia n° 197/198
(marzo/giugno 2016)
GIUBILEO
La priorità e l'urgenza della misericordia secondo il cuore di Dio
di Beniamino Stella
Ringrazio Monsignor Francesco Bestion per avermi invitato a quest'incontro con voi, cari diaconi permanenti della Chiesa che è in Francia, pellegrini a Roma in occasione del Giubileo della Misericordia. Che questa Misericordia vi avvolga durante questi giorni, perché possiate essere i testimoni della tenerezza di Dio nei luoghi dove esercitate il ministero. Vorrei cominciare ringraziandovi vivamente per il dono che avete fatto e che fate ogni giorno, a Cristo e alla sua Chiesa, nel ministero diaconale, in stretta collaborazione con i vostri Vescovi e Presbiteri. Voglio esprimere la riconoscenza della Chiesa alle vostre spose che hanno accettato la vostra risposta generosa all'appello del Signore e che, con la propria specificità, vi accompagnano quotidianamente nel servizio.
Il tema che mi è stato richiesto per questa conferenza è «la priorità e l'urgenza della misericordia secondo il cuore di Dio». Iniziamo dunque con il contemplare la misericordia nel cuore di Dio. Nella Bolla d'indizione per questo anno giubilare, Papa Francesco si mette all'ascolto della Parola di Dio e si ferma sulle tre parabole del capitolo 15 di San Luca: la pecorella e la moneta perdute, e il padre dei due figli. Il Santo Padre ci dice che, in queste tre parabole, «Dio è sempre presente come pienezza della gioia, soprattutto quando perdona» (MV 9). Come definire questa gioia di Dio? È la gioia di un cuore che è fatto per amare, per donarsi, per colmare. Dio è amore, Dio è dono. L'uno e l'altro sono inseparabili perché l'amore è dono. San Giovanni ci mostra questo legame tra amore e dono, quando scrive che Dio ha talmente amato il mondo che ha donato suo Figlio. Ora, per definizione, il dono è gratuito. Dio infinitamente buono trova la sua gioia nella gratitudine del dono.
Come poteva gioire con il fariseo, in piedi nel tempio, pieno di sé? Dio non può colmarlo gratuitamente. Il fariseo non ha bisogno di niente, egli basta a se stesso. Di contro, il pubblicano, il povero, il miserabile, che è cosciente delle sue fragilità e delle sue mancanze, esce dal tempio giustificato. La Misericordia ha potuto donarsi gratuitamente, molto più abbondante, perché il cuore del pubblicano esprimeva allo stesso tempo povertà e supplica. È lo stesso sentimento di fragilità che abita il figlio prodigo quando si appresta verso la casa paterna. Come il pubblicano, sente di non meritare nulla, non ha più la stessa confidenza di figlio: spera solo di essere trattato come servo di suo padre. Questo significa ignorare il cuore di Dio. Il Padre accorcia il suo tragitto. si getta al collo, lo copre di baci, lo accoglie e chiama tutti a partecipare alla sua gioia. Vi è più gioia in cielo per una pecorella che si converte che per 99 giusti che non hanno bisogno di conversione. Dio è gioioso nella misura della gratuità del dono che fa. Perché Dio fa Misericordia, Dio è gioia.
Nella Bolla d'indizione, il Santo Padre fa memoria di santa Faustina Kowalska, ma si sa che lui ama molto di più una santa del vostro paese, Teresa del Bambino Gesù, che ha giustamente scritto i suoi ricordi per «cantare le misericordie del Signore». Durante tutta la sua vita, lei si è sentita avvolta dalla misericordia. Le sue lunghe ore di preghiera silenziosa, che l'hanno immersa nel mistero di Dio, le hanno fatto scoprire che Dio è pieno di amore misericordioso. Lei, però, vede allo stesso tempo che questa misericordia è come se fosse compressa nel cuore di Dio, perché gli uomini non sono disposti a riceverla gratuitamente. Teresa percepisce quanto Dio sarebbe contento di riversare nel cuore degli uomini la pienezza di infinita tenerezza che lo abita.
Decide così di offrire se stessa all'amore misericordioso perché Dio abbia la gioia di donarsi a quelli che lo vogliono, non nella misura del cuore di Teresa, ma alla propria misura divina che va giustamente al di là di ogni misura. Qualche giorno più tardi, il Signore risponde alla sua offerta e la riempie d'amore. Santa Teresa così ne parla: «i fiumi o piuttosto gli oceani di grazia che sono venuti ad inondare la mia anima [...] Ah! da quei giorni felici, mi sembra che l'Amore mi penetri e mi avvolga, mi sembra che in ogni istante questo Amore Misericordioso mi rinnova, purifica la mia anima e non lascia alcuna traccia di peccato» (Ms A, 84 r°). Chi si apre alla Misericordia dona la gioia a Dio. Lo abbiamo mai pensato, quando preghiamo, quando ci comunichiamo, quando riceviamo il perdono del Signore, che gli doniamo la gioia? Molti di voi hanno figli e nipoti. Non sentite la gioia che provate nell'amarli gratuitamente e nel colmarli di affetto? i vostri sentimenti paterni e materni sono un riflesso della gioia di Dio che è infinitamente padre per ciascuno di noi.
Come ha scritto Papa Francesco, la misericordia è «la forza vittoriosa di tutti, che riempie il cuore di amore» e che riempie Dio di gioia. E questa misericordia del Padre ha un viso ed un nome: è Gesù. Tutte le parole, tutti i fatti della vita di Gesù, sono essi stessi, la manifestazione della Misericordia del Padre. «"Chi vede me vede il Padre". Ecco - dice il Papa - il nucleo del Vangelo e della nostra fede» (MV 9).
È in questa prospettiva che dobbiamo guardare il mistero della Chiesa. La Chiesa ha la missione di continuare l'opera di Cristo nel mondo. Come Gesù è il Volto della Misericordia del Padre, così la Chiesa deve essere il luogo dove Dio appare «come colui che è presente, prossimo, che previene, santo e misericordioso» (MV 6). Nel cuore della Chiesa e di ciascun battezzato risuona dunque l'appello di Cristo: «Siate misericordiosi come vostro Padre è misericordioso». Quando il Santo Padre ha voluto questo Giubileo straordinario della Misericordia, ha sottolineato, per questo anno, ciò che in realtà è una costante del suo pontificato: proclamare ai nostri contemporanei che tutto, in Dio, in Cristo, per mezzo della nostra fede e delle nostre azioni, tutto si riassume in una parola che è in se stesso il Vangelo, la buona Notizia: questa parola è «Misericordia».
Il Santo Padre ha voluto questo Giubileo perché ciascuno fosse beneficiario della misericordia del Padre e potesse prenderne coscienza attraverso un gesto molto semplice. Attraversare la Porta santa permette di «fare l'esperienza dell'amore di Dio che consola, perdona e dona speranza» (MV 3). Ciascuno così è chiamato a rinnovare la sua grazia battesimale e sentirsi dire nuovamente: «Tu sei mio figlio, tu sei mia figlia, in cui ho riversato tutto il mio amore». Ma il Giubileo non si limita al rinnovamento personale di ciascun battezzato. Noi sappiamo come il Papa voglia incoraggiare la Chiesa a rafforzare le sue dinamiche evangelizzatrici.
Ha voluto questo Giubileo perché «la testimonianza resa dai credenti fosse più forte e più efficace» (MV 3). La testimonianza deve essere sia personale che comunitaria. Così, nell'azione pastorale della Chiesa «tutto, dice il Santo Padre, deve essere avvolto dalla tenerezza con la quale ci si deve rivolgere i credenti» (MV 10). Dovrebbe essere chiaro agli occhi dei nostri contemporanei che «la misericordia è il pilastro che sostiene la vita della Chiesa» (MV ,10).
Come i diaconi partecipano di questa missione?
La Misericordia è irresistibilmente attratta da tutte le forme di povertà, di mancanza, di precarietà, di sofferenza. Ed è stato proprio questo il contesto che ha visto la nascita del gruppo dei diaconi nella comunità primitiva. Le vedove di lingua greca erano trascurate nel servizio quotidiano della tavola. Gli esegeti si chiedono se far risalire l'istituzione dei diaconi a questo passo degli Atti degli Apostoli al capitolo 6.
La preghiera di ordinazione fa questo riferimento secondo una costante tradizione la cui fonte si trova in sant'Ireneo di Lione il quale presenta Stefano come il «primo diacono scelto dagli apostoli» (AH III, 12,10;15,1). Anche se poi, il seguito degli Atti, mostra concretamente Stefano e Filippo impegnati nella proclamazione della Parola mentre l'istituzione del gruppo dei sette ha avuto lo scopo primario del servizio alle vedove. Quindi la precarietà e precisamente la condizione delle vedove. Gli Apostoli non possono trascurare il ministero della preghiera e della parola, ma loro sanno che la preoccupazione per i poveri è una caratteristica della Chiesa. Essi lo ricorderanno a san Paolo durante un incontro a Gerusalemme: egli deve sovvenire alle necessità dei poveri (Gali 2,10). Questa missione verso i poveri è sempre stata, con la liturgia e la Parola, una caratteristica del ministero diaconale. Sappiamo come san Lorenzo abbia spiegato al Prefetto di Roma che i poveri fossero l'unica ricchezza della Chiesa. Nel 3° secolo, Papa San Fabiano divide Roma in sette distretti ed a ciascuno affida un diacono per esercitare la carità e aiutare i poveri. Un testo dei primi secoli descrive il diacono come l'amico degli orfani e delle vedove. La Costituzione Lumen Gentium dice che i diaconi sono consacrati all'ufficio della carità. Il Papa Paolo VI precisa che questo ufficio comprende anche la visita agli ammalati; ciò corrisponde alla pratica antica secondo la quale i diaconi portavano l'Eucaristia agli assenti.
Come ci ricorda il Santo Padre, «quante situazioni di precarietà e di sofferenza esistono oggi nel mondo!» (MV 15). La priorità e l'urgenza della misericordia si trovano lì. In questa nostra società segnata dalla crisi a tutti i livelli, la Chiesa deve distinguersi per questa attitudine di gentilezza creativa che, come il Buon Samaritano del Vangelo, sa andare in soccorso dei nostri contemporanei che giacciono ai bordi delle strade, segnati nel corpo, nello spirito e nell'anima dalle ferite della vita. Il sacramento specifico che avete ricevuto al momento della vostra ordinazione diaconale vi dona una grazia speciale per essere attenti a tutti i bisogni di coloro ai quali siete inviati. Lo Spirito Santo vi è donato perché voi possiate, con la sua luce ed il suo amore, essere con loro l'icona del Padre misericordioso sapendo trovare modi per sostenerli e, se possibile, aiutarli. Saprete anche presentare le loro situazioni al vostro Vescovo che ha bisogno di voi per essere il Padre dei poveri della sua diocesi.
Vorrei sottolineare il ruolo delle vostre spose in questo campo. La compassione è una caratteristica tutta femminile e materna. Le vostre spose vi arricchiranno di tutte le qualità del loro cuore e della loro intelligenza in questa attenzione ai più poveri e nella scelta dei gesti, teneri e forti allo stesso tempo, discreti ed efficaci, che consolano, incoraggiano, rialzano e danno vita.
Un passaggio del Vangelo ci permette di scorgere un altro modo di esercitare la misericordia. «Gesù vide una grande folla. Egli fu pieno di compassione, perché erano pecore senza pastore. Così, si mise ad insegnare loro» (Mc 6,34). Insegnare è una forma di compassione. La Bolla di indizione ne fa menzione. I nostri contemporanei troveranno il loro vero pastore nella persona di Gesù. Ed una volta scoperto, avranno bisogno di ascoltarlo continuamente per conoscere la verità e poterlo seguire nel cammino del Regno. Gesù ha sempre insegnato alle folle stanche e senza pastore. San Paolo ha mostrato il legame tra istruzione e fede: «Come crederanno in lui senza averlo ascoltato? E come ascolteranno se nessuno la proclama?» (Rm 10,14). L'uomo non si nutre solo di pane, ma di tutto quello che esce dalla bocca di Dio. Chi darà da mangiare del cibo essenziale a tutta questa folla affamata? Siete stati ordinati diaconi per la diaconia della medicazione. Pensate che la vostra parola è un atto di misericordia perché porta alla vita in Cristo. Questo richiede, evidentemente, che la Parola di Dio vi sia familiare. Leggetela e rileggetela. La vostra formazione iniziale e permanente deve condurvi ad avere una conoscenza viva della Parola di Dio, letta e riletta alla luce della Tradizione della Chiesa. Permettetemi di insistere sulla qualità della vostra formazione perché da essa dipende in gran parte la fecondità del vostro ministero.
Per annunciare Cristo e mostrare al mondo la via del Regno, bisogna conoscere il mistero della fede che ci fa vivere. In particolare si rende necessaria una conoscenza approfondita del Catechismo della Chiesa Cattolica. Vi invito a studiare questo testo base, personalmente, in coppia, con la comunità diaconale, o con gli altri fedeli.
Con la diaconia della carità e della predicazione, voi siete stati ugualmente ordinati per la diaconia della liturgia. Anche lì si manifesta la misericordia, perché l'opera della salvezza si manifesta nella liturgia. Voi siete stati ordinati in particolare per il servizio dell'altare dove si realizza il sacrificio eucaristico. Voi sapete che tutto nella Chiesa scaturisce dall'Eucaristia e ad essa conduce. Vi ho già parlato della gioia che Dio prova nel comunicarsi gratuitamente ai cuori che lo accolgono. Dal vostro modo di assistere i preti durante l'azione liturgica, dalla vostra attenzione alle persone, dalla gioia che manifesterete nell'accoglienza, aiutandoli a pregare, dando loro la comunione, sarete i testimoni della tenerezza di Dio e aiuterete i fedeli ad entrare nel mistero della misericordia che è presente in ogni Eucaristia. E questo è altrettanto vero ogni volta che celebrate un Battesimo o un Matrimonio; così come durante le Esequie.
L'ultimo punto riguarda lo spirito con il quale vivete questa diaconia della misericordia. L'espressione «diaconia» lo esprime già in se stessa: il diacono è il servo. Egli ha ricevuto il sacramento dell'Ordine per essere configurato, nel suo essere, a Cristo servo, che non è venuto per essere servito ma per servire. Il Signore si è messo in ginocchio davanti ai suoi discepoli per lavare loro i piedi ed ha loro spiegato: È l'esempio che io vi dono: ciò che ho fatto io, fatelo anche voi [...]. Sarete felici se lo metterete in pratica» (Gv 13,15.17). La misericordia è un dono gratuito che vuole colmare il destinatario. Non si impone senza la personale condiscendenza. Santa Teresa di Gesù Bambino afferma che lo specifico dell'amore è inabissarsi. Il carattere sacramentale che avete ricevuto porta in se stesso il bisogno di piegarsi, di mettersi in ginocchio, di diventare sempre più umili nel servizio. Per la vostra ordinazione siete chiamati a diventare l'icona della Chiesa Serva, ad immagine del suo Signore. Forse voi sapete che i diaconi permanenti sono venuti a mancare nel primo millennio, in particolare perché erano diventati troppo forti e potenti. Non erano più al proprio posto, non erano più il segno che il mondo aveva diritto di aspettarsi da loro. Nei vostri rapporti con i Vescovi, con i preti, con la parrocchia, con i laici, assicuratevi soprattutto di testimoniare un servizio umile di cui la Chiesa ha tanto bisogno per essere credibile nel mondo.
Cari amici diaconi di Francia, in conclusione, non posso che riprendere, con il Vaticano II l'incoraggiamento che Policarpo di Smirne, nel I secolo, rivolge ai diaconi: «siate misericordiosi, pieni di zelo, camminate secondo la verità del Signore che si è fatto servo di tutti» (Lumen Gentium, n. 29). Come ci ricorda il Santo Padre nella Bolla d'indizione, la Misericordia è la parola che ci rivela la Trinità, è il pilastro che sostiene la vita della Chiesa, è il cammino che unisce Dio e l'uomo, perché ogni azione apra il cuore alla speranza di essere amati per sempre. La Misericordia, è Gesù, il Servo di Yahvé, al quale voi siete configurati per renderlo presente in mezzo al mondo contemporaneo.
Il tema che mi è stato richiesto per questa conferenza è «la priorità e l'urgenza della misericordia secondo il cuore di Dio». Iniziamo dunque con il contemplare la misericordia nel cuore di Dio. Nella Bolla d'indizione per questo anno giubilare, Papa Francesco si mette all'ascolto della Parola di Dio e si ferma sulle tre parabole del capitolo 15 di San Luca: la pecorella e la moneta perdute, e il padre dei due figli. Il Santo Padre ci dice che, in queste tre parabole, «Dio è sempre presente come pienezza della gioia, soprattutto quando perdona» (MV 9). Come definire questa gioia di Dio? È la gioia di un cuore che è fatto per amare, per donarsi, per colmare. Dio è amore, Dio è dono. L'uno e l'altro sono inseparabili perché l'amore è dono. San Giovanni ci mostra questo legame tra amore e dono, quando scrive che Dio ha talmente amato il mondo che ha donato suo Figlio. Ora, per definizione, il dono è gratuito. Dio infinitamente buono trova la sua gioia nella gratitudine del dono.
Come poteva gioire con il fariseo, in piedi nel tempio, pieno di sé? Dio non può colmarlo gratuitamente. Il fariseo non ha bisogno di niente, egli basta a se stesso. Di contro, il pubblicano, il povero, il miserabile, che è cosciente delle sue fragilità e delle sue mancanze, esce dal tempio giustificato. La Misericordia ha potuto donarsi gratuitamente, molto più abbondante, perché il cuore del pubblicano esprimeva allo stesso tempo povertà e supplica. È lo stesso sentimento di fragilità che abita il figlio prodigo quando si appresta verso la casa paterna. Come il pubblicano, sente di non meritare nulla, non ha più la stessa confidenza di figlio: spera solo di essere trattato come servo di suo padre. Questo significa ignorare il cuore di Dio. Il Padre accorcia il suo tragitto. si getta al collo, lo copre di baci, lo accoglie e chiama tutti a partecipare alla sua gioia. Vi è più gioia in cielo per una pecorella che si converte che per 99 giusti che non hanno bisogno di conversione. Dio è gioioso nella misura della gratuità del dono che fa. Perché Dio fa Misericordia, Dio è gioia.
Nella Bolla d'indizione, il Santo Padre fa memoria di santa Faustina Kowalska, ma si sa che lui ama molto di più una santa del vostro paese, Teresa del Bambino Gesù, che ha giustamente scritto i suoi ricordi per «cantare le misericordie del Signore». Durante tutta la sua vita, lei si è sentita avvolta dalla misericordia. Le sue lunghe ore di preghiera silenziosa, che l'hanno immersa nel mistero di Dio, le hanno fatto scoprire che Dio è pieno di amore misericordioso. Lei, però, vede allo stesso tempo che questa misericordia è come se fosse compressa nel cuore di Dio, perché gli uomini non sono disposti a riceverla gratuitamente. Teresa percepisce quanto Dio sarebbe contento di riversare nel cuore degli uomini la pienezza di infinita tenerezza che lo abita.
Decide così di offrire se stessa all'amore misericordioso perché Dio abbia la gioia di donarsi a quelli che lo vogliono, non nella misura del cuore di Teresa, ma alla propria misura divina che va giustamente al di là di ogni misura. Qualche giorno più tardi, il Signore risponde alla sua offerta e la riempie d'amore. Santa Teresa così ne parla: «i fiumi o piuttosto gli oceani di grazia che sono venuti ad inondare la mia anima [...] Ah! da quei giorni felici, mi sembra che l'Amore mi penetri e mi avvolga, mi sembra che in ogni istante questo Amore Misericordioso mi rinnova, purifica la mia anima e non lascia alcuna traccia di peccato» (Ms A, 84 r°). Chi si apre alla Misericordia dona la gioia a Dio. Lo abbiamo mai pensato, quando preghiamo, quando ci comunichiamo, quando riceviamo il perdono del Signore, che gli doniamo la gioia? Molti di voi hanno figli e nipoti. Non sentite la gioia che provate nell'amarli gratuitamente e nel colmarli di affetto? i vostri sentimenti paterni e materni sono un riflesso della gioia di Dio che è infinitamente padre per ciascuno di noi.
Come ha scritto Papa Francesco, la misericordia è «la forza vittoriosa di tutti, che riempie il cuore di amore» e che riempie Dio di gioia. E questa misericordia del Padre ha un viso ed un nome: è Gesù. Tutte le parole, tutti i fatti della vita di Gesù, sono essi stessi, la manifestazione della Misericordia del Padre. «"Chi vede me vede il Padre". Ecco - dice il Papa - il nucleo del Vangelo e della nostra fede» (MV 9).
È in questa prospettiva che dobbiamo guardare il mistero della Chiesa. La Chiesa ha la missione di continuare l'opera di Cristo nel mondo. Come Gesù è il Volto della Misericordia del Padre, così la Chiesa deve essere il luogo dove Dio appare «come colui che è presente, prossimo, che previene, santo e misericordioso» (MV 6). Nel cuore della Chiesa e di ciascun battezzato risuona dunque l'appello di Cristo: «Siate misericordiosi come vostro Padre è misericordioso». Quando il Santo Padre ha voluto questo Giubileo straordinario della Misericordia, ha sottolineato, per questo anno, ciò che in realtà è una costante del suo pontificato: proclamare ai nostri contemporanei che tutto, in Dio, in Cristo, per mezzo della nostra fede e delle nostre azioni, tutto si riassume in una parola che è in se stesso il Vangelo, la buona Notizia: questa parola è «Misericordia».
Il Santo Padre ha voluto questo Giubileo perché ciascuno fosse beneficiario della misericordia del Padre e potesse prenderne coscienza attraverso un gesto molto semplice. Attraversare la Porta santa permette di «fare l'esperienza dell'amore di Dio che consola, perdona e dona speranza» (MV 3). Ciascuno così è chiamato a rinnovare la sua grazia battesimale e sentirsi dire nuovamente: «Tu sei mio figlio, tu sei mia figlia, in cui ho riversato tutto il mio amore». Ma il Giubileo non si limita al rinnovamento personale di ciascun battezzato. Noi sappiamo come il Papa voglia incoraggiare la Chiesa a rafforzare le sue dinamiche evangelizzatrici.
Ha voluto questo Giubileo perché «la testimonianza resa dai credenti fosse più forte e più efficace» (MV 3). La testimonianza deve essere sia personale che comunitaria. Così, nell'azione pastorale della Chiesa «tutto, dice il Santo Padre, deve essere avvolto dalla tenerezza con la quale ci si deve rivolgere i credenti» (MV 10). Dovrebbe essere chiaro agli occhi dei nostri contemporanei che «la misericordia è il pilastro che sostiene la vita della Chiesa» (MV ,10).
Come i diaconi partecipano di questa missione?
La Misericordia è irresistibilmente attratta da tutte le forme di povertà, di mancanza, di precarietà, di sofferenza. Ed è stato proprio questo il contesto che ha visto la nascita del gruppo dei diaconi nella comunità primitiva. Le vedove di lingua greca erano trascurate nel servizio quotidiano della tavola. Gli esegeti si chiedono se far risalire l'istituzione dei diaconi a questo passo degli Atti degli Apostoli al capitolo 6.
La preghiera di ordinazione fa questo riferimento secondo una costante tradizione la cui fonte si trova in sant'Ireneo di Lione il quale presenta Stefano come il «primo diacono scelto dagli apostoli» (AH III, 12,10;15,1). Anche se poi, il seguito degli Atti, mostra concretamente Stefano e Filippo impegnati nella proclamazione della Parola mentre l'istituzione del gruppo dei sette ha avuto lo scopo primario del servizio alle vedove. Quindi la precarietà e precisamente la condizione delle vedove. Gli Apostoli non possono trascurare il ministero della preghiera e della parola, ma loro sanno che la preoccupazione per i poveri è una caratteristica della Chiesa. Essi lo ricorderanno a san Paolo durante un incontro a Gerusalemme: egli deve sovvenire alle necessità dei poveri (Gali 2,10). Questa missione verso i poveri è sempre stata, con la liturgia e la Parola, una caratteristica del ministero diaconale. Sappiamo come san Lorenzo abbia spiegato al Prefetto di Roma che i poveri fossero l'unica ricchezza della Chiesa. Nel 3° secolo, Papa San Fabiano divide Roma in sette distretti ed a ciascuno affida un diacono per esercitare la carità e aiutare i poveri. Un testo dei primi secoli descrive il diacono come l'amico degli orfani e delle vedove. La Costituzione Lumen Gentium dice che i diaconi sono consacrati all'ufficio della carità. Il Papa Paolo VI precisa che questo ufficio comprende anche la visita agli ammalati; ciò corrisponde alla pratica antica secondo la quale i diaconi portavano l'Eucaristia agli assenti.
Come ci ricorda il Santo Padre, «quante situazioni di precarietà e di sofferenza esistono oggi nel mondo!» (MV 15). La priorità e l'urgenza della misericordia si trovano lì. In questa nostra società segnata dalla crisi a tutti i livelli, la Chiesa deve distinguersi per questa attitudine di gentilezza creativa che, come il Buon Samaritano del Vangelo, sa andare in soccorso dei nostri contemporanei che giacciono ai bordi delle strade, segnati nel corpo, nello spirito e nell'anima dalle ferite della vita. Il sacramento specifico che avete ricevuto al momento della vostra ordinazione diaconale vi dona una grazia speciale per essere attenti a tutti i bisogni di coloro ai quali siete inviati. Lo Spirito Santo vi è donato perché voi possiate, con la sua luce ed il suo amore, essere con loro l'icona del Padre misericordioso sapendo trovare modi per sostenerli e, se possibile, aiutarli. Saprete anche presentare le loro situazioni al vostro Vescovo che ha bisogno di voi per essere il Padre dei poveri della sua diocesi.
Vorrei sottolineare il ruolo delle vostre spose in questo campo. La compassione è una caratteristica tutta femminile e materna. Le vostre spose vi arricchiranno di tutte le qualità del loro cuore e della loro intelligenza in questa attenzione ai più poveri e nella scelta dei gesti, teneri e forti allo stesso tempo, discreti ed efficaci, che consolano, incoraggiano, rialzano e danno vita.
Un passaggio del Vangelo ci permette di scorgere un altro modo di esercitare la misericordia. «Gesù vide una grande folla. Egli fu pieno di compassione, perché erano pecore senza pastore. Così, si mise ad insegnare loro» (Mc 6,34). Insegnare è una forma di compassione. La Bolla di indizione ne fa menzione. I nostri contemporanei troveranno il loro vero pastore nella persona di Gesù. Ed una volta scoperto, avranno bisogno di ascoltarlo continuamente per conoscere la verità e poterlo seguire nel cammino del Regno. Gesù ha sempre insegnato alle folle stanche e senza pastore. San Paolo ha mostrato il legame tra istruzione e fede: «Come crederanno in lui senza averlo ascoltato? E come ascolteranno se nessuno la proclama?» (Rm 10,14). L'uomo non si nutre solo di pane, ma di tutto quello che esce dalla bocca di Dio. Chi darà da mangiare del cibo essenziale a tutta questa folla affamata? Siete stati ordinati diaconi per la diaconia della medicazione. Pensate che la vostra parola è un atto di misericordia perché porta alla vita in Cristo. Questo richiede, evidentemente, che la Parola di Dio vi sia familiare. Leggetela e rileggetela. La vostra formazione iniziale e permanente deve condurvi ad avere una conoscenza viva della Parola di Dio, letta e riletta alla luce della Tradizione della Chiesa. Permettetemi di insistere sulla qualità della vostra formazione perché da essa dipende in gran parte la fecondità del vostro ministero.
Per annunciare Cristo e mostrare al mondo la via del Regno, bisogna conoscere il mistero della fede che ci fa vivere. In particolare si rende necessaria una conoscenza approfondita del Catechismo della Chiesa Cattolica. Vi invito a studiare questo testo base, personalmente, in coppia, con la comunità diaconale, o con gli altri fedeli.
Con la diaconia della carità e della predicazione, voi siete stati ugualmente ordinati per la diaconia della liturgia. Anche lì si manifesta la misericordia, perché l'opera della salvezza si manifesta nella liturgia. Voi siete stati ordinati in particolare per il servizio dell'altare dove si realizza il sacrificio eucaristico. Voi sapete che tutto nella Chiesa scaturisce dall'Eucaristia e ad essa conduce. Vi ho già parlato della gioia che Dio prova nel comunicarsi gratuitamente ai cuori che lo accolgono. Dal vostro modo di assistere i preti durante l'azione liturgica, dalla vostra attenzione alle persone, dalla gioia che manifesterete nell'accoglienza, aiutandoli a pregare, dando loro la comunione, sarete i testimoni della tenerezza di Dio e aiuterete i fedeli ad entrare nel mistero della misericordia che è presente in ogni Eucaristia. E questo è altrettanto vero ogni volta che celebrate un Battesimo o un Matrimonio; così come durante le Esequie.
L'ultimo punto riguarda lo spirito con il quale vivete questa diaconia della misericordia. L'espressione «diaconia» lo esprime già in se stessa: il diacono è il servo. Egli ha ricevuto il sacramento dell'Ordine per essere configurato, nel suo essere, a Cristo servo, che non è venuto per essere servito ma per servire. Il Signore si è messo in ginocchio davanti ai suoi discepoli per lavare loro i piedi ed ha loro spiegato: È l'esempio che io vi dono: ciò che ho fatto io, fatelo anche voi [...]. Sarete felici se lo metterete in pratica» (Gv 13,15.17). La misericordia è un dono gratuito che vuole colmare il destinatario. Non si impone senza la personale condiscendenza. Santa Teresa di Gesù Bambino afferma che lo specifico dell'amore è inabissarsi. Il carattere sacramentale che avete ricevuto porta in se stesso il bisogno di piegarsi, di mettersi in ginocchio, di diventare sempre più umili nel servizio. Per la vostra ordinazione siete chiamati a diventare l'icona della Chiesa Serva, ad immagine del suo Signore. Forse voi sapete che i diaconi permanenti sono venuti a mancare nel primo millennio, in particolare perché erano diventati troppo forti e potenti. Non erano più al proprio posto, non erano più il segno che il mondo aveva diritto di aspettarsi da loro. Nei vostri rapporti con i Vescovi, con i preti, con la parrocchia, con i laici, assicuratevi soprattutto di testimoniare un servizio umile di cui la Chiesa ha tanto bisogno per essere credibile nel mondo.
Cari amici diaconi di Francia, in conclusione, non posso che riprendere, con il Vaticano II l'incoraggiamento che Policarpo di Smirne, nel I secolo, rivolge ai diaconi: «siate misericordiosi, pieni di zelo, camminate secondo la verità del Signore che si è fatto servo di tutti» (Lumen Gentium, n. 29). Come ci ricorda il Santo Padre nella Bolla d'indizione, la Misericordia è la parola che ci rivela la Trinità, è il pilastro che sostiene la vita della Chiesa, è il cammino che unisce Dio e l'uomo, perché ogni azione apra il cuore alla speranza di essere amati per sempre. La Misericordia, è Gesù, il Servo di Yahvé, al quale voi siete configurati per renderlo presente in mezzo al mondo contemporaneo.
(Conferenza ai diaconi permanenti di Francia - 28 maggio 2016)
(card. B. Stella è Prefetto della Congregazione per il Clero)
(card. B. Stella è Prefetto della Congregazione per il Clero)
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