da L'Eucaristia
di Chiara Lubich
Unità con Cristo e con i fratelli
L'Eucaristia unisce a Cristo
L'Eucaristia e la risurrezione della carne
L'Eucaristia e la trasformazione del cosmo
L'Eucaristia e la comunione coi fratelli
L'Eucaristia e l'Ideale dell'unità
Aver letto la Scrittura ed averne un po' spiegato quanto riguarda l'istituzione dell'Eucaristia, aver meditato sullo sviluppo liturgico e dogmatico dell'Eucaristia: ci può dar l'impressione di aver detto tutto.
Ma quali abissi racchiudono le parole di Dio! Esse contengono Dio stesso.
L'Eucaristia unisce a Cristo
Cerchiamo perciò di vedere che differenza passa tra l'unione con Dio che l'Eucaristia opera e quella che è effetto di altri sacramenti.
Per gli altri sacramenti si è collegati a Gesù per la «virtù» loro propria. cioè per la grazia specifica di ciascun sacramento.
Per esempio, il sacramento del matrimonio dà la grazia per vivere uniti a Cristo nella vita matrimoniale.
Nell'Eucaristia invece si è uniti a Gesù stesso sostanzialmente presente, dato che nell'Eucaristia, come dice Giovanni (cf. 6,53-56), si mangia la sua carne e si beve il suo sangue.
Il battesimo, per il quale si usa l'acqua a significare il lavacro dell'uomo dal peccato originale e dagli altri peccati, è il sacramento della nuova nascita. Essa è personale e si verifica una volta per sempre.
L'Eucaristia è un nutrimento. E il nutrimento viene preso quotidianamente e mira a mantenere e intensificare la vita.
Tommaso d'Aquino dice: «…questo sacramento viene dato sotto forma di cibo e di bevanda. Perciò ogni effetto che viene prodotto dal cibo e dalla bevanda materiale quanto alla vita corporale, cioè sostentare, far crescere, rigenerare e dilettare, tutto ciò viene operato da questo sacramento quanto alla vita spirituale»28.
E ancora: «Come il cibo corporale è necessario per la vita, a tal punto che senza di esso non si può vivere, [...] cosi il cibo spirituale è necessario per la vita spirituale, in modo che senza di esso la vita spirituale non si può mantenere»29.
Tommaso d'Aquino fa pure considerare che il generatore (e cosi Cristo nel battesimo) fa il generato (l'uomo) a sua immagine, ma non lo assimila alla sua propria sostanza30.
L'Eucaristia invece realizza un'unione del fedele con Dio che va molto oltre quella operata dal battesimo: arriva ad un'assimilazione sostanziale.
Questa naturalmente va intesa in modo da rispettare la distanza tra Creatore e creatura. Non c'è fusione fisica tra il comunicante e Cristo; c'è un'assimilazione mistica, spirituale ma reale, che permette appunto di parlare di «corpo», di un solo corpo31.
La Lumen Gentium dirà che «la partecipazione al corpo e al sangue di Cristo altro non fa, se non che ci mutiamo in ciò che prendiamo»32.
E ciò è dimostrato dai vertici di esperienza mistica, dall'unione trasformante a cui sono arrivati certi santi proprio per la comunione: è il carattere nuziale del sacrificio dell'alleanza fra Cristo e la sua Chiesa, che si sperimenta anche nell'unione fra Cristo e l'anima.
Detto questo, si può capire la formidabile affermazione di Tommaso d'Aquino: «L'effetto proprio dell'Eucaristia è la trasformazione dell'uomo in Dio»33: la divinizzazione.
Leggendo i Padri e i santi, la realtà dell'Eucaristia e il suo effetto sulle persone che la ricevono con le dovute disposizioni appaiono nuovissimi.
L'avevamo intuito nel '61 quando, in un discorso alla prima scuola internazionale, tra l'altro dicevo: «Dio si è fatto uomo per salvarci. Ma, fattosi uomo, ha voluto addirittura farsi cibo perché, nutrendoci di. lui, diventassimo altri-lui. Ora, una cosa è vedere Gesù (come se fossimo vissuti ai suoi tempi), un'altra cosa è riessere Gesù: poter essere un altro-Gesù sulla terra. E l'Eucaristia ha proprio questo scopo: nutrirci di Gesù per farci essere altri-lui, perché Gesù ci ha amati come se stesso».
Noi cristiani abbiamo detto ed ascoltato troppe parole, ma troppo poco abbiamo capito l'amore di Cristo per noi: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi» (Gv. 15,9). È proprio vero quel «come». Cosi siamo amati. E allora siamo altri-Cristo, per l'Eucaristia. Ma ce ne rendiamo conto? Se ce ne rendessimo conto, il mondo sarebbe ora cambiato.
Gesù Eucaristia, dammi la grazia, leggendo i Padri della tua Chiesa e i tuoi santi, di farti conoscere un po'. È l'ansia che mi prende in questi giorni, è un'angoscia quasi per l'inadeguatezza, l'incapacità di dire quel qualcosa che m'hai fatto sentire accanto a te, perché troppo grande. Lo Spirito Santo supplisca. No, faccia tutto lui. Lui ha molto a che fare coll'Eucaristia.
Lui può accendere la luce sotto le parole dei Padri, dei santi e scuotere i cuori, aprire gli occhi sul nostro destino, sull'amore (per il quale non abbiamo più aggettivi) di Gesù per noi.
Ecco che cosa troviamo in Cirillo di Gerusalemme: «…in figura di pane ti è dato il corpo e in figura di vino ti è dato il sangue, per diventare, avendo partecipato del corpo e del sangue di Cristo, concorporeo e consanguineo di lui»34.
Si può parlare di concorporei e consanguinei non perché avvenga un'unione fisica, ma per l'unione delle nostre persone col corpo glorificato di Cristo - presente nell'Eucaristia -, vivificato dallo Spirito Santo. Siamo dunque concorporei, realmente, ma in un senso nuovo, mistico.
Continua Cirillo: «Cosi infatti diventiamo anche portatori di Cristo, perché il suo corpo ed il suo sangue si distribuiscono nelle nostre membra; così, secondo l'espressione di san Pietro, diveniamo "partecipi della natura divina" (2Pt 1,4)»35.
E Leone Magno: «La partecipazione al corpo e al sangue di Cristo fa sì che noi ci trasformiamo in ciò che riceviamo e con pienezza portiamo, nello spirito e nella carne, colui nel quale siamo con lui morti, con lui sepolti e con lui risuscitati»36.
Anche Agostino, quasi udisse una voce dall'alto, scrive: «Sono il cibo dei grandi. Cresci e mangerai di me. E non tu cambierai me in te, come il cibo della tua carne, ma sarai trasformato in me»37.
E il dottore della Chiesa Alberto Magno in vari testi scrive: «Questo sacramento ci trasforma in corpo di Cristo, di modo che siamo ossa delle sue ossa, carne della sua carne, membra delle sue membra»38.
«Ogni volta che due cose si uniscono in modo che una si deve trasformare in tutto il resto, allora ciò che è più potente trasforma in sé ciò che è debole. Perciò, siccome questo cibo possiede una forza più potente di coloro stessi che ne mangiano, questo cibo trasforma in sé coloro che lo mangiano»39.
«Coloro che lo hanno ricevuto (Gv 1,12) nel sacramento, mangiandolo spiritualmente, diventano concorporei del figlio suo e cosi sono e si chiamano figli di Dio»40.
«Il corpo del Signore, in questa generazione, è quasi un seme che per sua virtù attrae a sé l'uomo e lo trasforma in sé»41.
«Quanto dobbiamo ringraziare Cristo che con il suo corpo vivificante ci trasforma in sé, di modo che diventiamo il suo corpo santo, puro e divino»42.
Ed ecco qualche santo. A leggerli da soli forse possono sembrare esagerati, sentimentali, pazzi. Ma i Padri li confermano e confermano che essi sono santi.
Santa Teresa di Lisieux: «Quel giorno non era più uno "sguardo", ma una "fusione", non erano più due, Teresa era scomparsa come la goccia d'acqua nell'oceano. Gesù restava solo, era il padrone, il re»43.
Ma questo non dovrebbe esser un caso isolato e riservato ad anime straordinarie. Dovrebbe essere e diventare esperienza comune dei cristiani, se essi premettono alla comunione tutte le condizioni richieste di cui si parlerà.
Ne sono testimoni alcune persone del Movimento alle quali (poiché vissero con intensità quanto era richiesto affinché l'Eucaristia producesse tutto il suo effetto) Dio manifestò d'esser immedesimate col Cristo e, perché tali, usci dal loro labbro, posta dallo Spirito, la parola « Abba, Padre », e si sentirono immerse nel seno del Padre.
Dice infatti Stolz nel suo libro Teologia della mistica: «Nell'Eucaristia l'unione più intima possibile al Cristo, nel senso di una totale trasformazione del nostro essere nel Cristo trasfigurato, diviene una realtà sacramentale. [...] Coloro poi che gli sono divenuti simili, il Cristo li porta fuori, in modo sacramentale, dall'angustia dell'esistenza terrena e li conduce innanzi al Padre. [...] Partecipando all'Eucaristia, il fedele è dunque "rapito" da questo mondo: è condotto per mezzo del Figlio nel circolo degli angeli fino al Padre e, in unione col Figlio, può avvicinarsi a lui con la parola (Abba) "Padre" sulle labbra»44.
Santa Teresa scrive pure: «"Il mio cielo" è nascosto nella particola dove Gesù, il mio sposo, si vela per amore. [...] Quale divino istante quando, o Benamato, nella tua tenerezza, vieni a trasformarmi in te! Questa unione d'amore ed ineffabile ebbrezza, "ecco il cielo ch'è mio"!»45.
«Gesù [...] - dice ancora Teresa ogni mattina trasforma in se stesso una bianca particola per comunicarti la sua vita; anzi, con un di più d'amore ti vuol trasformare in lui stesso»46.
E san Pier Giuliano Eymard: «…È un'unione ineffabile, che viene subito dopo l'unione ipostatica...
«Perché Gesù Cristo ha voluto stabilire una tale unione con noi? Per consolarci con la sua amicizia, per arricchirci con le sue grazie ed i suoi meriti. Soprattutto, con la sua unione di vita, ha voluto deificarci in lui e realizzare così il desiderio del Padre celeste di incoronarlo (incoronare Gesti) anche in noi, membra del suo corpo mistico»47.
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28. Tommaso d'Aquino, Sum. theol. III, q. 79, a 1.
29. Id., In Jo. 6, 54, 1. VII, 968.
30. Cf. Id., C. in 1 Cor., c. II, 1. 5.
31. Cf. Y. Congar•- P. Rossano, Proprietà essenziali della Chiesa, «Myst. Sal.» VII, Brescia 1972, p. 469•471.
32. LG 26; cf. Leone Magno, Serm. 63, 7 (PL 54, 357).
33. Tommaso d'Aquino, Sent. IV, dist. 12, q. 2, a 1.
34. Cirillo di Gerusalemme, Cat. myst. 4, 3 (PG 33, 1100).
35. Ibid.
36. Leone Magno, Serm. 63, 7 (PL 54, 357).
37. Agostino, Confess. VII, 10, 16 (PL 32, 742).
38. Alberto Magno, De Euch., d. 3, tr. l, c. 5 (B. 38, 257).
39. Id., IV Sent., d. 9, a. 2 (B. 29, 217).
40. Id., De Euch., d. 3, tr. 1, c. 8, n. 2 (B. 38, 272).
41. Ibid.
42. Ibid.
43. Teresa di Lisieux, Scritto Autobiografico A, n. 109, in op. cit., p. 118.
44. D.A. Stolz, Teologia della mistica, Brescia 1947, p. 206•207.
45. Teresa di Lisieux, Poesie, 19, 3, in op. cit., p. 856.
46. Id., Poesie, 15, 14, in op. cit., p. 848.
47. Pier Giuliano Eymard, op. cit., p. 247•248.
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L'Eucaristia e la risurrezione della carne
Ed ora passiamo ad un altro effetto sull'uomo, prodotto dall'Eucaristia in chi la riceve con le condizioni dovute. Già lo abbiamo accennato: essa è causa della risurrezione della carne.
E, giacché i tempi che attraversiamo sono cosi poveri di fede, o così bizzarri nell'alterare la fede genuina, noi ritorniamo ai nostri Padri o ai grandi o al Papa per vedere come essi abbiano interpretato o interpretino le parole di Gesti già tanto chiare.
Sentiamo Ireneo: «Se dunque il calice mescolato ed il pane preparato accolgono la parola di Dio e diventano eucaristia, cioè sangue e corpo di Cristo, con i quali la sostanza della nostra carne si fortifica e si consolida, come possono (gli gnostici) affermare che la carne non è capace di accogliere il dono di Dio che è la vita eterna, essa che viene nutrita dal sangue e dal corpo del Signore e che è membro di lui?...
«E - continua Ireneo - come il legno della vite, piantato in terra, a suo tempo fruttifica e come il grano di frumento che cade in terra, dopo essersi decomposto, rispunta [...], così anche i nostri corpi, nutriti da essa (= l'Eucaristia) e deposti sottoterra e qui decomposti, a loro tempo risorgeranno, ché il Verbo di Dio dona loro la risurrezione per la gloria di Dio Padre. È lui che riveste il mortale di immortalità e dona gratuitamente al corruttibile l'incorruttibilità, perché la forza di Dio si manifesta nella debolezza...»48.
Giustino, che è dello stesso pensiero di Ireneo di Lione e di Ignazio di Antiochia sull'Eucaristia pegno di immortalità, di risurrezione, secondo alcuni commentatori «si esprime come se già da questa vita l'Eucaristia rendesse immortali i nostri corpi e iniziasse effettivamente la risurrezione»49.
Anche Origene afferma: «…e a chi lo mangia comunica la sua immortalità, perché il Verbo di Dio è immortale»50.
Tommaso d'Aquino scrive: «...ed è giusto attribuire questo effetto al sacramento dell'Eucaristia perché, come dice Agostino, il Verbo risuscita le anime, ma il Verbo fatto carne vivifica i corpi. Però in questo sacramento non c'è soltanto il Verbo con la sua divinità, ma anche nell'unità con la sua carne. E perciò è causa della risurrezione non soltanto delle anime, ma anche dei corpi»51.
Paolo VI nel messaggio pasquale del 1976 diceva: «Cristo, il Signore, è veramente risorto. [...] Noi pure, fratelli e figli, noi pure risorgeremo! [...] se con cuore puro e sincero abbiamo "fatto la Pasqua", [...] perché chi di tale vitale alimento si è cibato: "io, Cristo ha detto, lo risusciterò all'ultimo giorno" (Gv 6,54)52.
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48. Ireneo, Adv. Haer. V, 2, 3 (PG 7, 1124).
49. D. van den Eynde, L'Eucaristia in S. Ignazio, S. Giustino e S. Ireneo, in Eucaristia, a cura di A. Piolanti, Roma 1957, p. 120.
50. Origene, De orat. 27, 9 (GCS II, 365, 22•24).
51. Tommaso d'Aquino, In Jo. 6,55, 1. VII, 973.
52. «L'Osservatore Romano», 20-21/4/'76.
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L'Eucaristia e la trasformazione del cosmo
Ma l'effetto dell'Eucaristia nell'uomo va oltre.
Dice Paolo: «La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di Colui che l'ha sottomessa e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,19-21).
Ciò vuol dire che anche il creato è chiamato in qualche modo alla gloria.
Gesù che muore e risorge è certamente la causa vera della trasformazione del cosmo.
Ma, dato che Paolo ci ha rivelato che noi uomini completiamo la passione di Cristo (cf. Col 1,24) e che la creazione attende la rivelazione dei figli di Dio (Rm 8,19), Dio aspetta anche il concorso degli uomini, cristificati dall'Eucaristia, per operare il rinnovamento del cosmo. Si potrebbe quindi dire che in forza del pane eucaristico l'uomo diventa «eucaristia» per l'universo, nel senso che è, con Cristo, germe di trasfigurazione dell'universo.
Infatti, se l'Eucaristia è causa della risurrezione dell'uomo, non può essere che il corpo dell'uomo, divinizzato dall'Eucaristia, sia destinato a corrompersi sottoterra per concorrere al rinnovamento del cosmo?
Non possiamo dunque dire di esser noi dopo morti, con Gesù, l'Eucaristia della terra?
La terra ci mangia come noi mangiamo l'Eucaristia: non quindi per trasformare noi in terra, ma la terra in «cieli nuovi e terre nuove».
È affascinante pensare che i corpi dei nostri morti cristiani hanno il compito di collaborare con Dio alla trasformazione del cosmo. E nasce nel cuore un grande affetto e venerazione per coloro che ci hanno preceduto. Così si comprenderebbe ancor meglio il culto secolare per coloro che chiamiamo morti - e soprattutto per i corpi dei santi -, ma che stanno già nascendo, nel cosmo, ad una nuova vita.
L'Eucaristia redime e fa Dio noi. Noi, morendo, concorriamo con Cristo alla trasformazione della natura. Per cui la natura risulta come il proseguimento del corpo di Gesti. E del resto Gesù, incarnandosi, ha assunto la natura umana in cui confluisce tutta la natura.
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L'Eucaristia e la comunione coi fratelli
Ed ecco un secondo effetto mirabile dell'Eucaristia: essa non produce solo nei singoli quei frutti divini straordinari di cui abbiamo parlato, ma da vero «sacramento d'unità» produce anche l'unità fra gli uomini. Ed è logico: se due sono simili ad un terzo, a Cristo, sono simili tra loro.
L'Eucaristia produce la comunione tra i fratelli. E questo è splendido e, se preso sul serio dall'umanità, avrebbe delle conseguenze paradisiache, impensate.
Perché, se l'Eucaristia ci fa uno fra noi, è logico che ognuno tratti gli altri come fratelli. L'Eucaristia forma la famiglia dei figli di Dio, fratelli di Gesti e tra loro.
Nella stessa famiglia naturale esistono delle regole che portate su piano soprannaturale e su vasta scala cambierebbero il mondo.
Nella famiglia tutto è in comune: la vita, la casa, il mobilio... La buona famiglia ha la sua intimità: i membri conoscono le situazioni gli uni degli altri perché se le sono comunicate.
I componenti d'una famiglia escono nel mondo portando il calore del focolare e possono essere utili alla società se integri, se provenienti da una famiglia sana.
Una famiglia è felice quando si raduna attorno al tavolo, o canta, o prega insieme.
Se la famiglia è una delle più belle opere del creatore, che cosa sarà la famiglia dei figli di Dio?
In oriente era molto sentito il valore del convito. Gesù non solo vuole attorno i suoi più intimi nell'ultima cena, ma addirittura, facendo circolare fra i discepoli il proprio calice e spezzando il suo pane per distribuirlo, sembra voglia stringere maggiormente a sé i suoi, quasi unirli alla sua persona.
Questi atti di Gesù sono segni esteriori dell'Eucaristia come sacramento d'unità.
Ciò che poi vi è di prodigioso nel banchetto di Gesù è che egli ha elevato ad una realtà infinitamente più alta quella cena.
Infatti, unendo i cristiani mediante l'Eucaristia a se stesso e fra loro in un unico corpo, che è il suo, dà vita alla Chiesa nella sua essenza più profonda: corpo di Cristo, fraternità, unità, vita, comunione con Dio.
L'Eucaristia attualizza quindi la Chiesa, dove sono riunite persone per partecipare al banchetto eucaristico; e vi realizza non soltanto parte della Chiesa, ma la Chiesa intera: è tutto il corpo di Cristo presente in un dato luogo, come si capisce dalla lettera di Paolo: «Alla Chiesa di Dio che è in Corinto» (1Cor 1,2).
L'Eucaristia rende anche presenti tutte le membra del corpo mistico al di là delle distanze e al di là della morte, perché le distanze di spazio e di tempo sono soppresse nel Cristo glorioso li presente.
La Lumen Gentium afferma infatti: «Quando celebriamo il sacrificio eucaristico ci uniamo in sommo grado al culto della Chiesa celeste»53.
Che l'Eucaristia abbia influito subito sui cristiani nel sentirsi un unico corpo fra loro lo dicono gli Atti degli Apostoli: «La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune» (Atti 4, 32).
E Giovanni Damasceno scrive: «(L'Eucaristia) è detta comunione e lo è veramente, perché per essa noi comunichiamo al Cristo [...] e poi perché per essa comunichiamo e ci uniamo gli uni con gli altri: [...] diventiamo membra gli uni degli altri, dato che siamo concorporei di Cristo»54.
Anche Origene dice che chi partecipa all'Eucaristia deve prendere coscienza di ciò che significa «comunione alla Chiesa». Infatti, come osserva un suo commentatore, «la comunione al corpo di Cristo è comunione al suo pane, ma allo stesso tempo alla sua Chiesa. La verità dell'assemblea eucaristica e di ciascuno dei suoi partecipanti non ha meno valore della realtà del pane eucaristico»55.
Alberto Magno sottolinea questa realtà in vari brani: «Come il pane, la materia di questo sacramento, è fatto uno da molti chicchi i quali si comunicano tutto il loro contenuto e l'un l'altro si compenetrano, così il vero corpo di Cristo è fatto di molte gocce di sangue della nostra natura [...] tra di loro mescolate, e cosi molti fedeli [...], uniti nell'affetto e comunicanti con Cristo-Capo, misticamente costituiscono l'unico corpo di Cristo [...] e perciò questo sacramento ci fa fare la comunione di tutti i nostri beni temporali e spirituali»56.
«…Nelle specie di questo sacramento viene significata la comunione, che vuol dire l'unione di molti nell'uno, cioè nel pane e nel vino; perché il pane viene preparato da molti chicchi e il vino da molti acini...» 57.
«Per il fatto stesso che (Cristo) unisce tutti a sé, li unisce vicendevolmente; perché, se più cose sono unite ad una terza, sono unite anche fra loro»58.
Alberto Magno dice ancora che il vero corpo di Cristo è la causa dell'unità del corpo mistico e che l'effetto speciale dell'Eucaristia è la grazia dell'incorporazione, la quale è il massimo dell'unione59.
Il Santo Padre Paolo VI, Vicario di quel Cristo che in questi giorni meditiamo così «amore», ha delle espressioni incomparabili sull'Eucaristia. Ne cito una soltanto: «...l'Eucaristia [...] è istituita perché diventiamo fratelli; [...] perché da estranei, dispersi e indifferenti gli uni agli altri, noi diventiamo uniti, eguali ed amici; è a noi data perché, da massa apatica, egoista, gente fra sé divisa e avversaria, noi diventiamo un popolo, un vero popolo, credente ed amoroso, di un cuore solo e d'un'anima sola»60.
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53. LG 50.
54. Giovanni Damasceno, De fide orth. IV, 13 (PG 94, 11.'54).
55. P. Jacquimont, Origène, in L'Eucharistie chez les premiers chrétiens, Parigi 1976, p. 181.
56. Alberto Magno, In Jo., 6, 64 (B. 24, 288).
57. Id., De eccl. Hierarch. 3, 2 (B. 14. 561).
58. Id., IV Sent., d. 8, a. 11 (B. 29, 206).
59. Cf. Id., De Euch., d. 3, tr. 2, c. 5, n. 5 (B. 38, 300).
60. Insegnamenti di Paolo VI, Poliglotta Vaticana, 1966, III, p. 358.
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L'Eucaristia e l'Ideale dell'unità
Il nostro è l'Ideale dell'unità. Ora, non vi sembra sintomatico che Gesti, rivolto al Padre, nella famosa preghiera, chieda l'unità fra i suoi e fra quelli che verranno, dopo aver istituito l'Eucaristia che rendeva ciò possibile? Cosi Gesù prega, uscendo di casa verso l'orto degli ulivi: «Padre Santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi» (Gv 17,11). Siamo uno fra noi a mo' del Padre e del Figlio, quindi una sola cosa per l'Eucaristia.
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,20-22). Noi siamo in Gesù, che è nel Padre, per l'Eucaristia.
«E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità...» (Gv 17,22-23).
Non si entra nel Regno se non con un'unità con Gesù e fra noi, per l'Eucaristia, simile a quella fra il Padre e il Figlio, i quali sono uno.
Se amiamo il nostro grande Ideale, la nostra vocazione all'unità, dobbiamo amare appassionatamente l'Eucaristia.
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